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Glossario musicale
Accordatura:
operazione diretta alla giusta intonazione delle corde o di quelle parti degli strumenti musicali che determinano la vibrazione sonora. Viene effettuata tenendo come punto di riferimento il suono di altezza fissa (440 hertz) prodotto dal diapason corrispondente alla nota la.
Accordo:
Combinazione di tre o più note di diversa altezza suonate simultaneamente (la combinazione di due sole note non è considerata accordo).E' oggetto di studio dell'armonia. Ogni accordo va analizzato, secondo il sistema tonale (tonalità), riconducendo le note che lo compongono entro il minore intervallo possibile, cioè in posizione stretta. Un accordo è allo stato fondamentale quando la sua nota più bassa (cioè la più grave) è la fondamentale. Qualsiasi disposizione in cui una o più note non si trovino al di sopra della fondamentale è detta rivolto. A seconda degli intervalli che separano le note più acute da quella più grave, l'accordo può assumere diverse denominazioni: accordo di settima, di sesta, di nona, ecc.; sempre secondo il sistema tonale se contiene rispettivamente intervalli ritenuti consonanti (l'ottava, la quinta giusta, la quarta, la terza e la sesta) oppure dissonanti (la seconda, la settima, ecc.) può essere consonante o dissonante (consonanza e dissonanza). L'accordo più elementare, per l'armonia occidentale, è la triade (accordo di tre note), combinazione simultanea della nota fondamentale con la relativa terza e quinta (intervalli). Una triade può essere maggiore (accordo perfetto maggiore) o minore (accordo perfetto minore) se la terza sopra la fondamentale e maggiore o minore (la quinta è comunque giusta); eccedente (accordo di quinta eccedente) o diminuita (accordo di quinta diminuita) quando l'intervallo tra la fondamentale e la quinta è eccedente o diminuito (ovvero è rispettivamente innalzato o abbassato di un semitono).
Altezza:
Una delle qualità del suono (le altre sono l'intensità e il timbro). Il suono può essere prodotto solo da un tipo di moto, il moto (vibrazione) originato da un corpo vibrante. Queste vibrazioni vengono trasmesse per risonanza alle particelle d'aria circostanti, e quindi raccolte dal nostro orecchio. L'altezza di un suono dipende dalla 'frequenza' (numero di vibrazioni al secondo) del corpo che vibra: maggiore è la frequenza, più alto e il suono; minore e la frequenza, più basso e il suono. Il limite minimo percepibile dall'uomo varia dalle 16 alle 20 vibrazioni al secondo, il limite massimo dalle 20.000 alle 25.000.
Armonia:
combinazione simultanea di più suoni diversi. Ha 'struttura verticale' e in questo senso può essere considerata l'opposto della melodia che, occupandosi della successione dei suoni diversi, ha invece 'struttura orizzontale'. La cosidetta armonia tradizionale, frutto degli studi teorici compiuti tra il XV e il XVII secolo, è un insieme di regole che definisce la struttura degli accordi e ne studia la funzione e le relazioni, determinandone il collegamento e la successione in base al principio della tonalità. Argomenti collegati: triade, consonanza e dissonanza, modulazione, cadenza.
Arpeggio:
esecuzione successiva anzichè simultanea delle note costituenti un accordo, vuoi partendo da quella più grave fino alla più acuta, vuoi procedendo in modo opposto, così come effettivamente avviene sull'arpa, da cui ha origine il nome. L'arpeggio, indicato mediante una linea serpentina annodata alla sinistra dell'accordo interessato (che generalmente ne prescrive un'ese cusione dal basso all'alto) può essere eseguito su tutti gli strumenti.
Arrangiamento:
nel campo della musica leggera e del jazz il termine sta ad indicare l'elaborazione e l'adattamento strumentale e/o vocale di una melodia originale. Come pratica musicale si sviluppa verso la metà degli anni venti per merito delle grandi orchestre jazz (Duke Ellington, Don Redman, Benny Carter, ecc..) affermandosi come reinvenzione ovvero invenzione 'ex novo', di una composizione originale. Elemento essenziale del jazz, scritto o memorizzato che sia, spesso l'arrangiamento fornisce al solista nuovi spunti di improvvisazione.
Assolo:
all'interno di una composizione indica una parte che deve essere eseguita da un solo strumento o comunque da un solo interprete. Nell'ambito della musica popolare, ma sopratutto nel jazz, è affidato molto spesso all'improvvisazione dello stesso interprete.
Baritono:
tipo di voce maschile che si colloca tra la voce di tenore e quella di basso; baritono e detto anche il cantante dotato di tale voce. Nell'ambito di una famiglia di strumenti il termine identifica il tipo la cui estensione corrisponde all'incirca a quella della voce di baritono (ad esempio sax baritono). La chiave di baritono e la chiave di fa posta sulla terza linea del pentagramma.
Battuta:
spazio del pentagramma compreso tra due stanghette verticali. Detta anche misura, la battuta contiene un certo numero di unità di tempo che viene espresso mediante una frazione scritta sul pentagramma subito dopo il simbolo di chiave. Il numeratore di questa frazione indica la quantità, menre il denominatore la qualità dei valori di base che ogni singola battuta deve contenere (ad esempio una battuta in 4/8 deve contenere quattro ottavi, dove l'ottavo è il valore di base; una battuta in 2/4 deve contenere due quarti, il quarto è il valore di base; il valore di base in pratica e l'unità di misura della battuta). L'impiego della battuta risale al XV secolo ma e dal XVII secolo che il suo uso si è generalizzato.
Bemolle:
accidente. Alterazione che abbassa di un semitono la nota alla quale si applica. Per abbassare di due semitoni una nota si fa ricorso al doppio bemolle.
Bequadro:
accidente. Alterazione che riporta allo stato naturale una nota precedentemente 'diesizzata o 'bemollizzata'. Il doppio bequadro annulla l'effetto di un precedente doppio diesis o doppio bemolle.
Bicordo:
combinazione simultanea di due note non all'unisono né in ottava. Non è considerato un accordo.
Blue notes:
note da cui dipende la caratteristica indeterminatezza modale del blues (nel quale ricorrono frequentemente). Inserite nell'ambito di un'armonia in modo maggiore si presentano infatti abbassate di un semitono (diminuite), richiamando di conseguenza il modo minore. Generalmente equivalgono al terzo (terza diminuita), o al settimo grado (settima diminuita) della scala della tonalità considerata; ma spesso è alterato anche il quinto grado (la quinta diminuita è stata introdotta dai jazzisti del be-bop). L'uso delle blue notes è una diretta conseguenza dell'incontro di due diversi sistemi musicali: quello africano, basato prevalentemente su scale pentatoniche (ovvero scale formate da cinque note), al quale erano sconosciuti il terzo e il settimo intervallo; e quello occidentale, fondato invece su scale di sette note (scale eptatoniche). Nell'adattare l'uno all'altro, la popolazione nera deportata in America dall'Africa (e i loro discendenti) prese a suonare indirerentemente la terza maggiore e la terza minore, la settima maggiore e la settima minore, senza un riferimento esplicito a ciò che per gli occidentali era considerato e sentito come tono maggiore o tono minore. Questa sorta e questo senso di indeterminatezza provocata dall'uso di note in minore in un contesto armonico maggiore, le 'note blu' appunto, costituirà una delle caratteristiche principali del blues, una delle piu originali espressioni della cultura nera in America.
Break:
nel suo significato piu attuale, in ambito jazzistico, indica una frase eseguita senza l'accompagnamento della sezione ritmica. Sempre relativamente al linguaggio jazz, per break si puo intendere anche l'interruzione del ritmo e della melodia d'assieme effettuata allo scopo di lasciare posto all'improvvisazione di uno o più solisti. I break possono essere di tre tipi: break bianco, break assolo e break orchestrale. Il primo prevede un arresto della sezione ritmica durante il quale nessuno suona; nel secondo l'arresto della sezione ritmica è 'riempito' dall'assolo di uno strumentista (assolo che puo essere improvvisato o scritto) ; nel terzo, infine, il riempimento, arrangiato o improvvisato collettivamente, viene effettuato da diversi strumentisti. I break possono venire impiegati per la presentazione di un musicista dell'orchestra.
Bridge:
passaggio. Il bridge, impegnato per collegare due parti di un brano (bridge in inglese significa letteralmente ponte), molto spesso pervede un cambiamento di tonalità. All'interno di un brano di tipo A A B A, il bridge è rappresentato dalla frase B.
Cadenza:
successione armonica che conclude un brano musicale, una sua parte o anche una sola frase (vedi anche armonia). Nella musica tonale esistono alcuni accordi che rivestono particolare importanza (percio detti principali), quelli costruiti sul primo, quinto e quarto grado della scala (ovvero rispettivamente sulla tonica, sulla dominante, e sulla sottodominante) ; la concatenazione di questi accordi ha grande importanza in quanto caratterizza la conclusione di una frase musicale. Tale conclusione, che prende appunto il nome di cadenza, ricopre nel linguaggio musicale lo stesso ruolo che la punteggiatura ha nella composizione letteraria. Le quattro cadenze basate sulla concatenazione degli accordi principali sono chiamate: perfetta; plagale; evitata; sospesa. La cadenza perfetta e il collegamento dal quinto al primo grado (dalla dominante alla tonica); viene detta anche cadenza completa perché ha la stessa funzione del punto fermo nella letteratura.
La cadenza plagale è il collegamento dal quarto al primo grado (dalla sottodominante alla tonica) ; come la perfetta e simile al punto fermo; viene detta anche cadenza dell''Amen' per il suo impiego frequente nella musica liturgica in corrispondenza di questa parola.
La cadenza evitata è il collegamento dal quinto al sesto grado (dalla dominante alla sopradominante); in effetti non è una vera e propria cadenza in quanto non dà luogo a un senso di riposo della frase musicale. Può essere paragonata a una virgola e, chiaramente, non si trova alla fine di un brano ma nel corso del suo svolgimento.
La cadenza sospesa è il collegamento da un qualsiasi accordo a quello costruito sul quinto grado (da un grado qualunque alla dominante); a seconda dei casi ha funzione o della virgola o del punto e virgola.
Nella pratica queste formule di cadenza vengono generalmente arricchite con appoggiature o altri tipi di abbellimenti, a seconda del carattere dell'opera e dello stile personale del compositore.
Cantino:
così è detta la nota di alcuni cordofoni la corda più sottile e che produce il suono più acuto. Il nome è dovuto al fatto che questa corda è particolarmente adatta ad eseguire melodie nell'estensione media e in quella acuta. Guardando la tavola armonica il cantino, chiamato anche 'prima corda', è posto alla destra di tutte le altre.
Caratteristica:
nel sistema tonale è la terza nota (grado) di una scala maggiore o minore; caratteristica perchè determina il modo maggiore o minore a seconda che si trovi rispettivamente ad un intervallo di terza maggiore (scala maggiore o di modo maggiore) oppure di terza minore (scala minore o di modo minore) sopra la tonica. È chiamata anche mediante.
Cent:
unità di misura degli intervalli musicali. Il cent, introdotto nel 1880 dal musicologo inglese Alexander Ellis, attualmente è una misura di uso universale. Ricavato suddividendo un intervallo di ottava in 1200 parti uguali, il cent è nella nostra scala a temperamento equalizzato la centesima parte di un semitono.
Chiave:
segno grafico posto all'inizio del rigo musicale. La chiave indica la posizione della nota di riferimento sul pentagramma: le altre note vengono poste in ordine di scala sulle linee e negli spazi sopra e sotto la nota di riferimento. Esistono tre tipi di chiave che indicano la posizione delle note da cui prendono rispettivamente nome: la chiave di Sol (detta anche chiave di violino), la chiave di Fa e la chiave di Do. La chiave di violino indica il Sol sulla seconda linea del pentagramma (le linee del pentagramma, cosi come gli spazi, si contano procedendo dal basso verso l'alto) ; la chiave di Fa individua il Fa sulla terza linea (chiave di baritono), oppure sulla quarta linea (chiave di basso) ; la chiave di Do può indicare il Do sulla prima linea (chiave di soprano), sulla seconda linea (chiave di mezzosoprano), sulla terza linea (chiave di contralto), e infine sulla quarta linea (chiave di tenore). In totale, dunque, le chiavi sono sette (il sistema e percio detto setticlavio); tra queste, quelle di Sol e di Fa (chiave di basso) sono impiegate per l'uso piu generale e comune, le altre invece vengono adoperate esclusivamente nella scrittura musicale per specialisti e professionisti. Negli strumenti a fiato la chiave e un particolare meccanismo azionato dal musicista per aprire e chiudere i fori e, quindi, modificare in modo opportuno l'altezza delle note. Chiavi (o chiavette) sono detti anche quei dispositivi a ingranaggio (bischeri che agiscono su viti senza fine) posti ai ati del cavigliere per mezzo dei quali, nelle chitarre o nei mandolini ad esempio, si agisce sulla tensione delle corde allo scopo di ottenere la giusta accordatura.
Coda:
parte finale di una composizione; ha funzione di appendice conclusiva e può assumere anche proporzioni notevoli. Si chiama invece la parte conclusiva di una sezione di un brano.
Consonanza e dissonanza:
è la qualità di un intervallo o un accordo che produce nell'ascoltatore un senso di soddisfazione e stabilità (accordo o intervallo consonante) oppure un effetto di tensione, insoddisfacente o che comunque richiede un completamento (accordo o intervallo dissonante). Secondo una teoria elaborata nel secolo XIX da H. Helmholtz un intevallo è consonante quando le due note che lo formano hanno in comune uno o piu armonici ( vedi anche timbro). Più sono gli armonici in comune piu l'intervallo risulta consonante. Quella della consonanza e della dissonanza, invero, è questione assai dibattuta. Nel corso della storia musicale infatti alcuni intervalli che un tempo venivano considerati dissonanti sono poi stati classificati nell'ambito di quelli consonanti (ad esempio il primo teorico che considerò la terza come un intervallo consonante fu Walter di Odington, un monaco inglese vissuto intorno al 1300). La valutazione della consonanza e della dissonanza in realtà riguarda la singola persona; nonostante ciò la teoria musicale occidentale considera intervalli consonanti l'ottava, la quarta e la quinta giusta, la terza maggiore e minore, e la sesta maggiore e minore, mentre dissonanti gli intervalli di seconda, settima, nona, ecc. Allo stesso modo indica come consonanti gli accordi formati da intervalli consonanti (ad esempio l'ottava, la terza, ecc.), mentre dissonanti quegli accordi che presentino uno o più intervalli dissonanti.
Contralto:
è la più grave delle voci femminili. Per contralto si intende anche la cantante che la possiede. All'interno di una famiglia strumentale il termine indica quello strumento la cui estensione corrisponde all'incirca a quella della voce di contralto (sassofono contralto, clarinetto contralto, ecc.). Chiave di contralto è la chiave di Do posta sulla terza linea del pentagramma.
Contrappunto:
dal latino 'punctus contra punctum' (nota contro nota), è l'arte di combinare, sovrapporre due o più linee melodiche. Caratteristica essenziale della musica contrappuntistica è l'interesse di ogni linea melodica indipendentemente dal fatto che tali linee siano combinate l'una con l'altra. Con il contrappunto nasce la polifonia.
Contrattempo:
effetto ritmico ottenuto spostando gli accenti forti della battuta sui tempi deboli.
Corona:
segno grafico che, posto sopra una nota o una pausa indica che la sua durata può essere prolungata a piacere. In genere le note con la corona vengono prolungate per il doppio della durata normale.
Crescendo:
nell'esecuzione musicale con tale espressione si prescrive un graduale aumento dell'intensità sonora. È divenuto di uso comune in musica solo a partire dal secolo XVII. È l'opposto di diminuendo
Cromatico:
uno dei tre generi su cui si basava l'antico sistema musicale greco (gli altri due erano il diatonico e l'enarmonico). Il genere cromatico, cosi com'è presentato nel più antico trattato musicale esistente, gli 'Elementi di armonia' di Aristosseno (330 circa a.C.), era basato su un tetracordo (una serie di quattro note la più alta e la più bassa delle quali erano a distanza di una quarta giusta) in cui le due note intermedie distavano approssimativamente un tono e un semitono da quella più bassa. Intervallo cromatico e il minor intervallo, previsto da un sistema musicale, tra due note dello stesso grado della scala, differenziate per mezzo di un'alterazione. Nel sistema temperato (in cui l'ottava e stata suddivisa in 12 semitoni perfettamente uguali) l'intervallo cromatico e pari a un intervallo di semitono tra due note dello stesso grado della scala (ad esempio l'intervallo tra il do e il do diesis - intervallo di un semitono - è un intervallo cromatico; l'intervallo tra il do e il re bemolle - anch'esso un intervallo di un semitono - invece, e un intervallo diatonico, perchè do e re bemolle appartengono a due gradi diversi della scala). Scala cromatica, nel sistema musicale basato sul temperamento equabile, è la scala che procede per intervalli di semitono diatonici e cromatici e che, quindi, risulta definita dalla successione di dodici semitoni contigui. Sistema cromatico e il sistema basato su una scala cromatica in cui non esiste una gerarchia di funzioni tra nota alterata e nota non alterata, in cui cioè tutte le note sono equiparate (il sistema dodecafonico, ad esempio, e un sistema cromatico).
Cromatismo:
procedimento musicale che consiste nella introduzione di una o più alterazioni in una data scala diatonica. La scala cromatica si ottiene inserendo in una scala diatonica tutte le opportune note alterate. Il cromatismo è impiegato per fini espressivi: vi sono note cromatiche di passaggio, che non alterano cioè il senso della tonalità fondamentale, e note cromatiche utilizzate per modulare, ovvero per passare da una tonalità a un'altra (modulazione).
Diatonico:
uno dei tre generi dell'antico sistema musicale greco. Era basato su un tetracordo (una serie di quattro note di cui la più alta e la più bassa erano a distanza di una quarta giusta) diviso dalle due note centrali in due toni e un semitono comunque disposti. Scala diatonica è una scala di sette note che dividono un intervallo di ottava in cinque toni e due semitoni comunque disposti, purchè questi ultimi non siano consecutivi. Nel sistema tonale il termine diatonico definisce le scale maggiori e minori (con esclusione delle scale minori armoniche). Una scala diatonica e formata da intervalli diatonici. Intervallo diatonico e l'intervallo tra due note contigue di differente nome (ad esempio l'intervallo tra il re diesis e il mi e un intervallo diatonico, mentre l'intervallo tra il re e il re diesis e un intervallo cromatico).
Diesis:
accidente. Alterazione che innalza di un semitono la nota alla quale si applica. Per innalzare di due semitoni una nota si fa ricorso al doppio diesis.
Diminuendo:
è il contrario di crescendo e prescrive, nell'esecuzione musicale, una graduale diminuzione dell'intensità sonora. È divenuto di uso comune in musica solo a partire dal secolo XVII.
Diminuito:
così è detto ogni intervallo giusto o minore abbassato di un semitono (intervalli giusti sono l'unisono, l'intervallo di quarta, l'intervallo di quinta e l'intervallo di ottava; intervalli minori sono gli intervalli di seconda, di terza, di sesta e di settima abbassati di un semitono).
Consonanza e dissonanza:
è la qualità di un intervallo o un accordo che produce nell'ascoltatore un senso di soddisfazione e stabilità (accordo o intervallo consonante) oppure un effetto di tensione, insoddisfacente o che comunque richiede un completamento (accordo o intervallo dissonante). Secondo una teoria elaborata nel secolo XIX da H. Helmholtz un intevallo è consonante quando le due note che lo formano hanno in comune uno o piu armonici ( vedi anche timbro). Più sono gli armonici in comune piu l'intervallo risulta consonante. Quella della consonanza e della dissonanza, invero, è questione assai dibattuta. Nel corso della storia musicale infatti alcuni intervalli che un tempo venivano considerati dissonanti sono poi stati classificati nell'ambito di quelli consonanti (ad esempio il primo teorico che considerò la terza come un intervallo consonante fu Walter di Odington, un monaco inglese vissuto intorno al 1300). La valutazione della consonanza e della dissonanza in realtà riguarda la singola persona; nonostante ciò la teoria musicale occidentale considera intervalli consonanti l'ottava, la quarta e la quinta giusta, la terza maggiore e minore, e la sesta maggiore e minore, mentre dissonanti gli intervalli di seconda, settima, nona, ecc. Allo stesso modo indica come consonanti gli accordi formati da intervalli consonanti (ad esempio l'ottava, la terza, ecc.), mentre dissonanti quegli accordi che presentino uno o più intervalli dissonanti.
Dominante:
nel sistema tonale è la quinta nota (grado) di una scala maggiore o minore. In ordine di importanza la dominante viene dopo la tonica e ciò a causa della sua posizione centrale e del suo ruolo, appunto, dominante sia sul piano melodico che su quello armonico. La dominante è la nota base dell'accordo armonicamente più legato a quello di tonica (vedi cadenza).
Enarmonia:
nell'ambito della musica greca il termine indicava l'impiego di intervalli più piccoli del semitono. Nella teoria musicale occidentale indica il rapporto tra due note che hanno nomi diversi ma lo stesso suono grazie al temperamento equabile.
Enarmonico:
uno dei tre generi sui quali era organizzato l'antico sistema musicale greco (gli altri erano il genere cromatico e il genere diatonico). Il genere enarmonico era basato su un tetracordo (una serie di quattro note, la più alta e la piu bassa delle quali erano a distanza di una quarta giusta) in cui le due note centrali erano l'una a distanza di un intervallo di un quarto di tono e l'altra di un semitono da quella più grave. Enarmonici, nella musica greca, erano detti gli intervalli più piccoli di un semitono. Nella teoria musicale occidentale enarmoniche sono due note con nomi diversi ma con uno stesso suono: ad esempio do diesis e re bemolle, fa diesis e sol bemolle, la diesis e si bemolle, ecc. ( vedi enarmonia).
Episodio:
è quella parte di una composizione in cui viene svolto un tema particolare oppure uno dei temi fondamentali della composizione stessa. Nella fuga l'episodio, detto anche divertimento, collega due esposizioni del soggetto.
Esacordo:
serie di sei suoni caratterizzata
dalla posizione fissa del semitono posto tra la terza e la quarta nota.
L'esacordo, sia in senso ascendente che in senso discendente, si sviluppa,
quindi, secondo la seguente successione: tono - tono - semitono - tono - tono
(ad esempio: do - re - mi - fa - sol - la). Sull'esacordo, Guido D'Arezzo, un
monaco dell'XI secolo, fondò il suo sistema di solmisazione (sistema teo- rico
e metodo di solfeggio cantato) che per parecchi secoli fu adottato nella
didattica e nella pratica musicale. Il metodo perfezionato da Guido D'Arezzo
per insegnare a cantare a prima vista si basava sul ricordare un particolare
modello melodico che si sviluppava secondo lo schema do, re, mi, fa, sol, la
(in una tale successione il semitono era posto tra la terza e la quarta nota).
Guido D'Arezzo indicò, per ricordare tale modello, che ciascuna delle frasi di
un inno allora molto diffuso (Ut queant laxis) iniziava con una delle note
dello schema in ordine ascendente. Le frasi erano: Ut queant laxis / Resonare
fibris / Mira gestorum / Famuli tuorum / Solve polluti / Labii reatum / Sancte
Johannes. Da queste si ricavarono i nomi delle note cosi come ancora oggi le
impariamo: ut (sostituito dal do), re, mi, fa, sol, la; successivamente dalle
iniziali delle parole Sancte Johannes si ricavo anche la nota si. Questo
esacordo poteva essere posto in diversi punti della scala: ad esempio poteva
cominciare dal do, dal sol, o dal fa. Nel primo caso l'esacordo era detto
naturale, nel secondo (in cui il semitono si trovava tra gli attuali si e do)
era chiamato duro e nel terzo (in cui il semitono era posto tra gli attuali la
e si bemolle) era detto molle. L'espediente proposto da Guido D'Arezzo
consentiva a chi voleva imparare a cantare a prima vista di distinguere i suoni
dell'esacordo in ordine alle loro relazioni fisse a prescindere dalla loro
altezza effettiva e quindi a prescindere dal fatto che lo stesso esacordo
partisse appunto dal do, dal sol o dal fa; la successione ut, re, mi, fa, sol,
la quindi designava indifferentemente l'esacordo naturale, l'esacordo duro o
l'esacordo molle e i suoni relativi. Nel caso in cui si doveva imparare una
melodia che superava l'estensione di sei note, bisognava spostarsi da un
esacordo all'altro. Questo spostamento veniva realizzato con un procedimento
chiamato mutazione, che comportava il cambiamento della denominazione dei nuovi
suoni: ad esempio, se si passava da un esacordo naturale a un esacordo molle il
suono che prima si chiamava la, come nell'attuale successione do, re, mi, fa,
sol, la, prendeva il nome di mi in quanto formava semitono col fa
corrispondente all'attuale si bemolle della successione fa, sol, la, si
bemolle, do, re.
Esafonica (esatonale):
scala basate sulla suddivisione dell'ottava in sei toni interi. Nell'ambito del sistema musicale occidentale esistono solo due scale esatoniche: l'una è do, re, mi, fa diesis, sol diesis, la diesis; l'altra è do diesis, re diesis, fa, sol, la, si. Detta anche scala per toni, la scala esafonica (o esatonale) è stata impiegata da Claude Debussy e da altri compositori del novecento.
Estensione:
è l'ambito di tutti i suoni, a partire da quello più grave fino al più acuto, che una voce o uno strumento sono in grado di emettere.
Fondamentale:
è la nota più grave di un accordo, quella su cui l'accordo stesso è costruito per terze sovrapposte. Un accordo si dice allo stato fondamentale quando la nota più grave, cioè la sua nota più bassa, è la fondamentale. In caso contrario l'accordo è allo stato di rivolto. Per fondamentale si intende anche il suono base di una scala musicale, quello che le dà il nome (tonica). Fondamentale è detto anche il suono più grave tra tutti quelli che un corpo sonoro vibrante genera simultaneamente (suoni armonici). Unicamente da esso dipende l'altezza del suono prodotto, questo perché l'intensità degli armonici è minore di quella del suono fondamentale stesso.
Frase:
parte di un discorso musicale più ampio (detto periodo) costituita da uno o piu motivi melodici e avente un senso compiuto. Ha dimensioni e struttura variabili in dipendenza dell'epoca e dello stile personale del compositore. La frase, che a sua volta può essere suddivisa in semifrasi, ha, nel linguaggio musicale, lo stesso valore della frase nella comunicazione verbale.
Fraseggio:
tanto in ambito strumentale quanto in quello vocale consiste nel modo con cui si articola espressivamente l'esecuzione di una composizione. Ciò avviene osservandone innanzitutto la struttura sintattica, collegando le frasi, le semifrasi, e i periodi concatenati gli uni agli altri, e separando invece quelli che non lo sono e questo allo scopo di porne in evidenza gli intimi valori discorsivi.
Frequenza:
numero delle oscillazioni (periodi) al secondo di un segnale elettrico alternato o di un suono. Dalla frequenza, che viene misurata in Hertz (Hz), dipende l'altezza di un suono: quanto più grande e la frequenza dell'oscillazione, tanto più alto è il suono. Il numero delle oscillazioni sonore udibili dall'orecchio umano si estende all'incirca da 16-20 a 20.000-25.000 Hz. A questo riguardo va detto che, allo stato attuale, nel campo dell'alta fedelta, ancora non si è riusciti a realizzare un altoparlante in grado, da solo, di coprire fedelmente l'intero spettro udibile, di avere cioe una banda passante (ovvero una risposta in frequenza) che vada dai 20 ai 20.000 Hz. Per ovviare a tale deficienza si e provveduto quindi a suddividere lo spettro udibile in tre fasce, ognuna delle quali viene coperta da un altoparlante specifico: il woofer, per quella dei bassi (dai 20 ai 600 Hz), il midrange per quella dei medi (dai 600 ai 3.000 Hz), e il tweeter per quella degli alti (dai 3.000 ai 20.000 Hz).
Fuga:
forma musicale polifonica in stile contrappuntistico fondata sul principio della imitazione e sull'elaborazione di un tema principale detto soggetto. Nell'uso medievale e rinascimentale il termine viene impiegato per designare composizioni basate sul canone. La vera e propria fuga però acquista la sua definitiva fisionomia verso la fine del XVII secolo. Strutturalmente la fuga si articola in tre sezioni: esposizione, svolgimento e stretto. Nell'esposizione le voci (o parti), che possono essere 2, 3, 4 o più, intervengono l'una dopo l'altra esponendo il tema appena la precedente finisce di intonarlo. Il tema (o soggetto), di carattere ben determinato, esposto da una sola voce all'inizio del brano, mentre quest'ultima procede con il cosiddetto controsoggetto (elemento tematico secondario), viene ripreso da una seconda voce che lo imita ad una quinta giusta sopra o ad una quarta giusta sotto (cioe trasportando il soggetto in tonalità di dominante). Tale imitazione viene detta risposta. Se l'imitazione è esatta, e cioè se mantiene inalterati gli intervalli del disegno melodico del soggetto, la risposta si dice reale; al contrario se uno o più intervalli vengono alterati, si parla di risposta tonale. Dopo la risposta, se vi e una terza voce, anche questa si unisce alle altre due proponendo di nuovo il soggetto nella tonalità originaria; quindi l'eventuale quarta voce lo riproduce riportandolo nella tonalità di dominante, e cosi via se le voci sono piu di quattro. Talvolta,dopo che una voce ha formulato un soggetto o una risposta, viene introdotto un breve passaggio prima che la voce successiva inizi la relativa imitazione: questo frammento viene detto coda. Lo svolgimento, che viene subito dopo l'esposizione, è costituito dal continuo alternarsi dei divertimenti (o episodi), molto spesso ricavati dagli elementi tematici contenuti nell'esposizione stessa modulati a diverse tonalità, e delle riesposizioni del soggetto e della risposta anch'esse in differenti tonalità. La parte conclusiva della fuga prende il nome di stretto e consiste in una riesposizione, nella tonalità fondamentale, delle imitazioni tra soggetto e risposta. A differenza di quanto accade nell'esposizione, però, nello stretto l'entrata della risposta si ha prima che il soggetto sia terminato, cioè prima che quest'ultimo sia stato esposto completamente. La fuga, che raggiunge l'apice della perfezione costruttiva con Johann Sebastian Bach (Die Kunst der Fuge, ovvero L'arte della fuga, contenente 17 fughe e 4 canoni sulle trasformazioni di uno stesso tema), venne successivamente ripresa da compositori quali Ludwig van Beethoven (nella Sonata op. 106; Grosse Fuge per quartetto d'archi op. l 33), César Franck (Preludio, Corale e Fuga), Maurice Ravel (ne Le Tombeau de Couperin), Béla Bartok (primo movimento della Musica per archi, celesta e percussione; finale del Concerto per orchestra).
Grado:
termine con il quale si indicano le singole note che costituiscono una scala diatonica. Nella teoria tonale ciascun grado è indicato da un numero romano (da I a VII): il primo grado (I) corrisponde alla tonica (o fondamentale) il secondo (II) alla sopratonica, il terzo (III) alla mediante (o caratteristica) il quarto (IV) alla sottodominante; il quinto (V) alla dominante; il sesto (VI) alla sopradominante; il settimo alla sensibile. La distanza tra un grado e l'altro viene detta intervallo.
Improvvisazione:
esecuzione di una musica non già preparata né, scritta in precedenza, bensi inventata al momento. Il procedimento dell'improvvisazione - così legato al concetto stesso di composizione nell'ambito della musica non occidentale (in cui l'esecuzione spesso si identifica con l'improvvisazione stessa) e invece, per quanto riguarda la musica europea, tenuto ben distinto rispetto alla musica scritta - è stato largamente impiegato nel corso dei secoli sia nella forma di libera invenzione su uno o più temi, sia di realizzazione di un accompagnamento strumentale su linee melodiche, sia di variazioni e ornamentazioni pure per una melodia data (pratica quest'ultima di cui, nei secoli XVI e XVII, si abusò a tal punto che le melodie scritte divennero spunto per esibizioni di carattere esclusivamente virtuosistico). Maestri dell'improvvisazione furono tutti i piu grandi clavicembalisti e organisti dal secolo XVI al secolo XVIII; in particolare si ricordano Domenico e Giovanni Gabrieli, Girolamo Frescobaldi, Jan Sweelinck, Dietrich Buxtehude e, su tutti, Johann Sebastian Bach. Frequenti furono anche le gare di improvvisazione (famose quelle al clavicembalo fra Domenico Scarlatti e Georg Friedrich Haendel, e quelle al pianoforte tra Wolfgang Amadeus Mozart e Muzio Clementi). L'improvvisazione venne coltivata anche da Ludwig van Beethoven che, anzi, diede il via alla pratica dell'improvvisazione pianistica durante i concerti, successivamente portata avanti da Franz Liszt, Fryderyk Chopin e César Franck. Importanza rilevante l'improvvisazione ha assunto nell'ambito della musica colta più recente, la cosiddetta nuova musica, e nel jazz dove, grosso modo, se ne possono distinguere tre tipi: la parafrasi (in cui il musicista sovrappone alle armonie date nuove linee melodiche ottenute modificando leggermente il discorso di un tema); la creazione di melodie originali (sviluppate però sempre su armonie date); e infine la creazione libertaria (che non fa riferimento ad alcuno schema armonico precedente).
Inciso:
breve spunto melodico-ritmico che costituisce la più piccola unità di significato in un periodo e quindi rappresenta il nucleo fondamentale di una composizione. Nel linguaggio musicale ricopre dunque lo stesso ruolo che la parola ha in quello verbale (le singole note di un inciso equivalgono alle sillabe). Nella forma della canzone a 32 battute - la forma AABA, in cui il tema principale a otto battute (A) viene prima presentato, poi ripetuto (A), quindi viene proposto un nuovo tema ad otto battute (B), e alla fine vengono riprese ancora una volta le otto battute dell'inizio - con il termine inciso si designa il tema B.
Intensità:
una delle qualitò del suono (le altre sono l'altezza e il timbro). L'intensità del suono dipende dall'ampiezza della vibrazione. Una vibrazione più o meno ampia produce suoni più forti o più deboli. Nella notazione musicale la forza del suono (la sua intensità) è espressa mediante apposite indicazioni (ad esempio forte, fortissimo, mezzoforte, piano, pianissimo, ecc.).
Intervallo:
differenza in altezza fra due suoni. Fisicamente è il rapporto delle frequenze dei suoni medesimi. In teoria gli intervalli sono innumerevoli, poichè innumerevoli sono i suoni possibili in natura; in pratica però, anzi nella pratica di un qualunque sistema musicale, vengono ridotti a un numero limitato. Gli intervalli si misurano sui gradi della scala (nel sistema musicale occidentale con l'introduzione del temperamento equabile, e con l'equalizzazione armonica da esso attuato, quest'ultima risulta suddivisa in dodici parti uguali ognuna delle quali corrispondente a un semitono). Ogni intervallo dunque è la distanza tra un grado e un altro qualsiasi della scala e prende nome dal numero di gradi che abbraccia (ad esempio re-fa è un intervallo di terza; do-sol è un intervallo di quinta; fa-si è un intervallo di quarta; ecc.). Qualitativamente gli intervalli possono essere distinti in cinque categorie: giusti, maggiori, minori, eccedenti, diminuiti. Intervalli giusti sono: l'unisono, la quarta, la quinta e l'ottava; intervalli maggiori sono: la seconda, la terza, la sesta e la settima. Se un intervallo maggiore è abbassato di un semitono si ottiene un intervallo minore (ad esempio do-la è una sesta maggiore, mentre do-la bemolle è una sesta minore; do-si è una settima maggiore, ma do-si bemolle è una settima minore). Intervalli eccedenti sono gli intervalli giusti o maggiori innalzati di un semitono (ad esempio do-sol è una quinta giusta mentre do-sol diesis è una quinta eccedente). Intervalli diminuiti invece sono gli intervalli giusti o minori abbassati di un semitono (ad esempio do-sol bemolle e una quinta diminuita). Gli intervalli inoltre possono essere classificati in consonanti (ottava, quinta e quarta giuste, terza e sesta maggiori e minori) e dissonanti (i rimanenti); in diatonici (se le loro note appartengono alla stessa scala diatonica) e cromatici (in caso contrario); in ascendenti (quando il primo suono e più grave del secondo) e discendenti (quando il secondo suono e più grave del primo); in melodici (quando le due note vengono emesse una dopo l'altra) e armonici (quando invece risuonano simultaneamente); in semplici (quando sono compresi nell'ambito di un'ottava), composti (quando invece l'oltrepassano; in questo caso comunque sono riconducibili a degli intervalli semplici corrispondenti, perché formati dalle stesse note: un intervallo di nona corrisponde a un intervallo di ottava più una seconda, un intervallo di decima a un intervallo di ottava più una terza, ecc.). Ogni intervallo infine, capovolgendo la posizione delle note che lo compongono, puo essere rivoltato. Un intervallo maggiore rivoltato diventa minore; uno minore diventa maggiore; un intervallo diminuito diventa eccedente e un intervallo eccedente diventa diminuito; invece un intervallo giusto rimane tale.
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intervalli giusti |
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intervalli maggiori |
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intervalli minori |
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intervalli eccedenti |
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intervalli diminuiti |
Legato:
termine che prescrive una esecuzione in cui, tra una nota e l'altra, per quanto possibile, non vi sia interruzione del suono. E' il contrario di staccato e si indica con un segno di legatura. La tecnica per eseguire il legato varia da strumento a strumento. Nel canto (anche la voce puo essere considerata uno strumento) si realizza senza interrompere l'emissione di fiato; negli strumenti a fiato si ottiene non interrompendo il soffio; negli strumenti ad arco e possibile eseguirlo utilizzando la medesima arcata (arcata è chiamato ciascun movimento di andata e ritorno compiuto dall'arco sulle corde) per piu suoni; negli strumenti a tastiera invece si ottiene sollevando il tasto solo dopo aver abbassato quello successivo.
Legatura: linea arcuata che prescrive l'impiego del legato. In tal caso la legatura, che è posta sopra o sotto due o più note, si dice d'espressione
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legatura d'espressione |
Altra cosa invece e la legatura cosiddetta di valore. In questo caso infatti la linea arcuata collega due note della stessa altezza e ne stabilisce la fusione in un unico suono (ovviamente di durata uguale alla somma delle durate).
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legatura di valore |
Maggiore:
uno dei due modi del sistema tonale (l'altro, al quale si contrappone, e il modo minore). E' determinato da un particolare rapporto tra le note rappresentato in un modello di scala che prevede in senso ascendente la seguente successione: tono-tono-semitono-tono-tono-tono- semitono. Tenendo presente una tale successione è possibile costruire una scala di modo maggiore partendo da una qualsiasi delle note do, re, mi, fa, sol, la, si; ma anche do diesis (re bemolle), re diesis (mi bemolle), mi diesis (fa bemolle), fa diesis (sol bemolle), sol diesis (la bemolle), la diesis (si bemolle), si diesis (do bemolle). Se ad esempio si prende come tonica (come nota fondamentale, come prima nota cioè) la nota sol, sara sufficiente seguire la successione tono- tono-semitono-tono-tono-tono-semi- tono per 'costruire' la scala di sol maggiore: sol-la-si-do-re-mi-fa_diesis-sol.
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Scala di sol maggiore |
Quando una nota è scelta come tonica, la scala sulla quale si costruisce prende il nome da questa; allo stesso tempo individua una particolare tonalità (nel nostro esempio la tonalità di sol maggiore). Ad ogni scala di modo maggiore (e ad ogni tonalità maggiore quindi) fa riscontro una scala di modo minore (e una tonalità minore) detta scala minore relativa (o relativo minore). Quest'ultima viene costruita sul Vl grado (cioè sulla sopradominante) della scala maggiore, che diventa dunque la tonica della scala minore relativa. La scala maggiore e la scala minore relativa hanno indicate sull'armatura di chiave le stesse alterazioni. Per accordo perfetto maggiore si intende l'accordo costituito dalla nota fondamentale, dalla terza maggiore e dalla quinta giusta (ad esempio l'accordo perfetto di sol maggiore e l'accordo formato dal sol, la nota fondamentale, dal si e dal re).
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Accordo perfetto di sol maggiore |
Gli intervalli di seconda, terza, sesta e settima e quelli armonicamente equivalenti in ambiti superiori all'ottava (intervallo di nona, intervallo di decima, di tredicesima, di quattordicesima, ecc.) sono intervalli maggiori. Cosi ad esempio nella scala di do maggiore do-re è una seconda maggiore, do-mi una terza maggiore, dola una sesta maggiore, do-si una settima maggiore, ecc.
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Esempi di intervalli maggiori |
Minore:
uno dei modi del sistema tonale (l'altro, al quale si contrappone, e il modo maggiore). E' determinato da un particolare rapporto tra le note rappresentato in un modello di scala che prevede in senso ascendente la seguente successione: tono-semitono-tono-tono-semitono-tono-tono (così, partendo ad esempio dalla nota la, sara sufficiente seguire un tale schema per 'costruire' la scala di la minore: la-si-do-re-mi-fa-sol-la).
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scala minore naturale di la |
Accanto a questo modello di scala detta scala minore naturale, impiegata solitamente con funzione melodica in senso discendente (dall'acuto al grave), ne esistono altri due: la scala minore armonica, utilizzata nella formazione degli accordi di modo minore; e la scala minore melodica, impiegata con funzione melodica in senso ascendente (dal grave all'acuto). La scala minore armonica si differenzia dalla minore naturale per il Vll grado innalzato di un semitono, e infatti prevede la seguente successione: tono-semitono-tono-tono-semito- no-tono+semitono-semitono. La scala minore melodica presenta, rispetto alla scala minore naturale, il Vl e il Vll grado innalzati di un semitono sviluppandosi nel modo seguente: tono-semitono-tono-tono-tono-tono- semitono.
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scala minore armonica di la |
Scegliendo una nota come tonica, ovvero come prima nota di ciascuna delle tre scale, le scale che si costruiscono partendo da questa ne prendono il nome (ad esempio scala naturale, armonica, melodica di la minore, sol minore, re minore, do minore, ecc.); al tempo stesso individuano una particolare tonalita minore (ad esempio tonalità di la minore, di sol minore, di re minore, di do minore, ecc.). Ad ogni scala di modo minore (e ad ogni tonalità minore quindi) fa riscontro una scala di modo maggiore (e una tonalità maggiore) detta scala maggiore relativa (o relativo maggiore). Quest'ultima viene costruita sul terzo grado (cioè sulla mediante o caratteristica) della scala minore che diventa dunque tonica della scala maggiore relativa (ad esempio relativo maggiore della tonalità di la minore e do maggiore; relativo maggiore della tonalità di do minore e mi bemolle maggiore; relativo maggiore della tonalità di sol minore e si bemolle maggiore). La scala minore e la relativa maggiore hanno indicate sull'armatura di chiave le stesse alterazioni.
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scala minore melodica di la |
Per accordo perfetto minore si intende l'accordo costituito dalla nota supposta come fondamentale (tonica) di una scala minore, dalla terza minore e dalla quinta giusta (ad esempio l'accordo perfetto di do minore e l'accordo formato dal do, la nota fondamentale, dal mi bemolle e dal sol).
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accordo perfetto di do minore |
Intervalli minori sono gli
intervalli di seconda, terza, sesta e settima e quelli enarmonicamente
equivalenti in ambito superiore all'ottava (intervallo di nona, intervallo di
decima, di tredicesima, ecc.) meno ampi di un semitono rispetto agli omonimi
intervalli maggiori.
Modulazione:
passaggio da una tonalità all'altra nel corso di una composizione musicale. La modulazione implica lo scambio delle funzioni tonali tra la tonalità che si abbandona e quella che si raggiunge. Se ad esempio un brano in do maggiore modula in sol maggiore, la tonica, che in do maggiore è do, in sol maggiore diventa il sol e la dominante, che in do maggiore è il sol, in sol maggiore è il re; inoltre il fa, che in do maggiore è naturale, viene sostituito dal fa diesis, suono tipico del sol maggiore. Solitamente per modulare bisogna far sentire una nota della nuova tonalità che sia estranea alla precedente. Questa nota sarà la 'nota caratteristica' della nuova tonalità: ad esempio nella modulazione do maggiore - sol maggiore la 'nota caratteristica' e il fa diesis, nella modulazione do maggiore - fa maggiore e invece il si bemolle. Vi sono due tipi di modulazione: la modulazione ai toni vicini (o relativi) e la modulazione ai toni lontani. Si dicono toni vicini i toni che hanno le stesse alterazioni in chiave oppure quelli che si differenziano per una sola alterazione. Ogni tonalità ha cinque toni vicini: il proprio relativo (maggiore e minore), la quinta superiore e il suo relativo, la quinta inferiore e il suo relativo.
Naturale:
nota non alterata da alcun segno di diesis, doppio diesis, bemolle, doppio bemolle.
Nota: segno grafico convenzionale atto a rappresentare un suono musicale e la sua durata relativa. In base alla sua posizione sul rigo musicale (munito di chiave e della eventuale armatura) o al di fuori di esso (con l'aggiunta dei cosiddetti tagli addizionali), e in base alla sua forma, la nota determina rispettivamente l'altezza e la durata del suono rappresentato. Le forme e i nomi delle note variano a seconda del sistema di notazione adottato. Nei paesi latini ogni nota porta il nome stabilito da Guido d'Arezzo: do (in origine e ancora oggi solo in Francia ut), re, mi, fa, sol, la, si. Nei paesi anglosassoni e adottata invece la denominazione alfabetica: a (che corrisponde al la), b (corrispondente al si), c (do), d (re), e (mi), f (fa), g (sol). Per quanto riguarda la forma delle note, in relazione al valore di durata, va detto che il loro aspetto attuale risale al secolo XVII:
Nella teoria dell'armonia tonale si dicono note accidentali quelle note che,
estranee all'accordo, precedono, seguono o collegano le note costitutive
dell'accordo stesso (dette invece note reali o principali). Le note accidentali
si distinguono in: note di passaggio (quando collegano per grado congiunto due
note reali); note cambiate (note poste in sostituzione delle note reali);
anticipazioni (note emesse in anticipo rispetto agli accordi di appartenenza e
solitamente estranee agli accordi sui quali si producono); appoggiature (note
estranee agli accordi sui quali vengono poste e distanti dalle note reali di un
grado sopra o sotto); note di volta (note collocate tra due note uguali
ripetute); note di sfuggita (note che, procedendo da una nota reale per grado
congiunto ascendente o discendente, risolvono su un'altra nota reale in
direzione contraria).
Partitura:
rappresentazione grafica della musica di una composizione per più parti. Nella partitura le parti sono disposte verticalmente una sotto l'altra sui rispettivi pentagrammi (sui quali e notata la musica che ciascun esecutore deve eseguire). Ciò permette al lettore (e in particolare al direttore d'orchestra, che ha il compito di controllare e guidare l'esecuzione generale) di avere una visione globale della musica che viene eseguita. Una partitura può essere formata da decine di righi musicali. Solitamente essa riporta, a partire dall'alto, i righi dei legni (flauti, oboi, clarinetti, fagotti), quelli degli ottoni (trombe, corni, tromboni, basso tuba), quelli delle arpe e del pianoforte, quelli delle percussioni, quelli del coro (voci dal soprano al basso) e dei solisti vocali, e infine quelli degli archi (primi violini, secondi violini, viole, violoncelli, contrabbassi). L'uso della partitura si e generalizzato a partire dalla seconda meta del XVII secolo con lo sviluppo e l'affermazione della musica orchestrale.
Passaggio:
in una prima accezione il termine può indicare modulazione e quindi il 'passaggio' appunto da una tonalità a un'altra. Nel corso del XVI secolo passaggi erano chiamati tutti gli abbellimenti improvvisati consistenti, nella maggior parte dei casi, in scale e trilli. Nella teoria dell'armonia tonale sono dette note di passaggio quelle note che collegano per gradi congiunti (diatonici o cromatici) due note reali. Il termine passaggio infine e comunemente impiegato anche come sinonimo di passo, breve sezione di una composizione.
Pausa:
momento di silenzio in cui la musica si sospende per un tempo più o meno lungo.
Nella notazione moderna tali momenti vengono rappresentati graficamente
mediante particolari segni. Ogni tipo di nota ha la propria pausa
corrispondente, di identico valore di durata. Allo stesso modo delle note le
pause possono essere seguite da un punto (che ne aumenta della metà il valore),
o sovrastate da una corona (che ne prolunga indefinitamente la durata); al
contrario non possono mai essere collegate con una legatura.
Pentagramma:
è il complesso delle cinque linee orizzontali parallele e dei quattro spazi fra esse compresi su cui si scrivono le note e le pause. All'inizio del pentagramma viene posto il segno di chiave. Quest'ultimo, stabilendo la posizione di una determinata nota, fissa conseguentemente anche quella di tutte le altre. Per le note che, a causa della loro altezza, non possono essere segnate sul pentagramma, ci si avvale dei cosiddetti tagli addizionali (trattini posti trasversalmente sul corpo della nota stessa, oppure al di sopra o al di sotto di essa, e che in sostanza vanno considerati come la parte visibile di ulteriori linee (linee immaginarie) da aggiungersi a quelle del pentagramma).
Pentatonica (pentafonica):
scala di cinque suoni. Priva di semitoni e caratterizzata da intervalli di seconda maggiore e terza minore, è tipica di molte musiche orientali (la musica cinese ad esempio, quella indocinese, la giapponese, la polinesiana, ecc.), ma la si può trovare anche in varie nazioni europee (soprattutto nordorientali) dove viene impiegata in numerosi canti folcloristici (Galles, Scozia, ecc.) Scale pentafoniche (o pentatoniche) sono state utilizzate nell'ambito della musica colta da compositori quali Antonin Dvorak, Claude Debussy e Maurice Ravel.
Periodo:
parte del discorso musicale avente un senso compiuto e costituito dall'unione di più frasi. Il tipo di periodo più comune è quello di otto battute, che deriva dalle forme di danza. Tale periodo, detto periodo regolare, è formato da due frasi di quattro battute ciascuna; tutti gli altri periodi sono chiamati irregolari.
Polifonia:
sovrapposizione di più linee metodiche (voci) che procedono simultaneamente secondo le regole contrappuntistiche. Se sotto l'aspetto orizzontale la polifonia e dunque oggetto del contrappunto, dal punto di vista della combinazione verticale dei suoni, ovvero della loro contemporanea emissione, è invece oggetto dell'armonia. Il principio inverso e quello della monodia (anche accompagnata) che fa intervenire una voce sola o più voci all'unisono. Polifonia si oppone a omofonia cioè emissione da parte di più voci o strumenti degli stessi suoni all'unisono o anche ad intervalto d'ottava. Se i primi esperimenti di polifonia iniziano a prodursi verso il X secolo all'interno della musica gregoriana (organum, discantus), e nel corso del XV e del XVI secolo ch'essa vive in tutta Europa (ma in particolare in Inghilterra, Francia, Italia e nei paesi fiamminghi) il suo periodo d'oro soprattutto con i lavori di Orlando di Lasso, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Luca Marenzio, Carlo Gesualdo. Nel XVII secolo, anche dopo l'avvento e il predominio della monodia accompagnata, la polifonia continuò a godere il favore di numerosi compositori tra cui Johann Sebastian Bach, l'unico capace con le sue opere di eguagliare e sorpassare la perfezione polifonica raggiunta da Orlando di Lasso.
Progressione:
procedimento compositivo basato sulla ripetizione, a partire da note differenti, di una stessa formula melodica o armonica. Se tale forma si ripete sui gradi di un'unica scala la progressione è detta monotonale; al contrario, quando avviene su gradi di scale di differente tonalità è detta modulante.
Punto:
segno appartenente al sistema di notazione musicale occidentale. Posto dopo la testa di una nota (oppure dopo una pausa), il punto prescrive un aumento di durata esattamente pari alla metà del valore della nota (o della pausa) stessa. Nel caso di due punti, il secondo punto aggiunge la metà del valore del primo. Così ad esempio un quarto seguito da due punti avrà la durata di un quarto più un ottavo (cioè la metà di un quarto) più un sedicesimo (cioè la metà di un ottavo). Il punto posto al di sopra di una nota (detto anche punto d'espressione) indica l'effetto di staccato.
Raddoppio:
in armonia il termine si riferisce alla ripetizione simultanea all'unisono o all'ottava di uno dei suoni che costituiscono un accordo. Nella pratica strumentale e vocale per raddoppio di intende la duplicazione (sempre simultanea) di un suono o di una melodia all'unisono o a distanza di una o più ottave.
Refrain:
termine inglese per ritornello. Ripetizione di una identica frase musicale nell'ambito di una composizione.
Relativo:
termine indicato per indicare i rapporti di connessione tra scale e tonalità. In particolare nell'ambito del sistema diatonico, due toni, l'uno maggiore e l'altro minore, si dicono relativi quando presentano in armatura di chiave le stesse alterazioni. Inoltre si dicono tonalità relative (o tonalità vicine) di una tonalità base, le tonalità maggiori poste una quinta sopra o una quinta sotto la sua tonica, oppure le tonalità minori poste una quinta sopra o una quinta sotto la tonica della relativa minore.
Riff:
nella terminologia jazzistica indica una semplice frase melodico-ritmica di 2 o 4 battute che viene ripetuta più volte di seguito. Può essere impiegato come tema ma anche nell'accompagnamento di un solista, e in tal caso spesso viene improvvisato. Elemento fondamentale del jazz, il riff trae origine dallo schema domanda-risposta tipico dei canti di lavoro e religiosi dei neri degli Stati Uniti. Fu in voga durante l'era dello swing ed ebbe nell'orchestra di Count Basie il suo più grande fautore.
Risoluzione:
procedimento armonico che obbligatoriamente fa seguire una consonanza a una dissonanza. Scopo della risoluzione è quello di 'risolvere' la tensione delle note dissonanti di un accordo su quelle consonanti del successivo. Una risoluzione si dice evitata quando un accordo dissonante è seguito da un altro accordo dissonante il quale a sua volta deve essere 'risolto'.
Ritmo:
regolare successione di accenti che scandisce lo svolgimento, la durata dei suoni. In musica questa regolare accentazione può presentarsi in gruppi binari (a 2 battiti) o ternari (a 3 battiti). Il primo battito di ogni gruppo e accentato e in tal caso si parla di accento forte o di tempo forte, oppure ancora di tempo in battere. Il secondo battito (e anche l'eventuale terzo) al contrario non sono accentati: in tal caso si parla di accento debole, tempo debole, o ancora tempo in levare. L'unita metrica tra due battiti successivi accentati e detta battuta. Una battuta e detta a due battiti (misura a due tempi) se questi sono raggruppati a due a due con un battito forte (accento forte) alternato a uno debole (accento debole): in tal caso si parla anche di ritmo binario. Si dice invece che una battuta e a tre battiti (misura a tre tempi) quando questi sono raggruppati a tre a tre con un battito forte seguito da due battiti deboli: il ritmo in tal caso e ternario. Accostando due ritmi binari o due ritmi ternari infine e possibile formare rispettivamente un ritmo quaternario (o in quattro) e un ritmo senario (o in sei). Per indicare il ritmo di una composizione si utilizzano due numeri posti uno sopra l'altro e notati sul pentagramma, all'inizio del brano, subito dopo il segno di chiave. Si tratta in sostanza di una frazione il cui numeratore indica il tipo di ritmo (2 stara per ritmo binario, 3 per ritmo ternario, ecc.) mentre il denominatore indica l'unita di misura della battuta (ovvero il tipo di valori usati per ciascuno dei due accenti del ritmo binario o dei tre del ritmo ternario). Vi sono infine anche misure composte e misure irregolari. Per ottenere una misura composta e sufficiente moltiplicare per tre il numeratore di una frazione indicante una misura semplice ad esempio 2/4, 3/2, 3/4, ecc. che diventano quindi 6/4, 9/2, 9/4. Si ha invece una battuta irregolare quando i battiti al suo interno sono cinque o sette. Ciò si può realizzare combinando insieme misure a due e a tre tempi. Gli accenti principali della battuta comunque variano a seconda delle combinazioni usate.
Ritornello:
parte di una composizione musicale che viene ripetuta periodicamente, lasciando spazio ad altri episodi tra una ripetizione e l'altra. Con tale termine si indica anche il segno grafico posto sul pentagramma all'inizio e alla fine della parte che va ripetuta.
Rivolto:
termine che può essere riferito a un intervallo o a un accordo. Il rivolto di un intervallo si ottiene invertendo la posizione delle note che lo costituiscono, trasferendo la nota più grave all'ottava superiore, oppure la più acuta a quella inferiore. 'Rivoltando' un intervallo maggiore si ottiene un intervallo minore; un intervallo aumentato diventa diminuito, mentre un intervallo diminuito diviene aumentato; gli intervalli giusti invece rimangono tali. Il rivolto di un accordo allo stato fondamentale (in cui cioè la nota più bassa è la fondamentale) si effettua mutando la disposizione delle note dello stesso accordo e cioè ponendo al basso una di esse (ad eccezione ovviamente della fondamentale). Se l'accordo è formato da tre note (ovvero e una triade) i rivolti possibili saranno due: posizione fondamentale, primo rivolto, secondo rivolto.
Scala:
serie ordinata di suoni congiunti, ascendenti o discendenti. Le scale musicali usate sono più d'una: vi e ad esempio la scala pentafonica, o pentatonica (di cinque note), la scala araba (a 17 toni), la scala a toni interi ecc. Scala basilare del sistema musicale occidentale e la scala diatonica, costituita da una successione di toni e semitoni nell'ambito di un intervallo di ottava (scala maggiore, scala minore). I gradi (o note) della scala diatonica - indicati solitamente con un numero romano (I, II, III, IV, V, Vl, Vll) - hanno ciascuno un proprio nome. Il primo grado e detto tonica, il secondo sopratonica, il terzo mediante (o caratteristica), il quarto sottodominante, il quinto dominante, il sesto sopradominante, il settimo sensibile.
Semitono:
è la metà di un tono intero e costituisce l'intervallo più piccolo del sistema temperato. Si distingue in diatonico, quando è tra due suoni di nome diverso (ad esempio mi-fa); cromatico, quando è tra suoni di uguale nome ma di cui uno è alterato (ad esempio fa-fa_diesis); enarmonico. Quest'ultimo è usato in funzione dell'enarmonia e si otiene tra due suoni non alterandone l'altezza (esempio mi_diesis-fa).
Sensibile:
settimo grado della scala diatonica. La sensibile ha funzione importantissima in quanto 'guida' - i tedeschi e gli inglesi la chiamano infatti 'nota pilota' - verso l'ottavo grado, cioè verso la tonica (sulla quale sembra risolvere naturalmente).
Setticlavio:
complesso delle sette diverse posizioni sul pentagramma delle tre chiavi musicali di fa, di do e di sol al fine di indicare, nella moderna notazione occidentale, l'altezza delle note.
Le sette posizioni in uso prendono anch'esse il nome di chiavi. Si hanno cosi:
la chiave di violino, di soprano, di mezzosoprano, di contralto, di tenore, di
baritono, di basso.
Slap:
termine jazzistico - letteralmente significa 'schiaffo', 'manata' - con il quale si indica un particolare effetto che si ottiene sul contrabbasso (o sul basso elettrico), tirando con forza una corda per farla poi schioccare contro il manico. Lo slap si puo ottenere anche sul sassofono e sul clarinetto, soffiando con violenza nello strumento ed emettendo una sorta di schiocco con la lingua all'attacco di un suono.
Sopradominante:
termine con il quale viene indicato il sesto grado della scala diatonica.
Sottodominante:
termine musicale indicante il quarto grado di una scala maggiore o minore.
Sottotonica:
nome che, nel sistema tonale, viene dato al settimo grado di una scala minore naturale.
Staccato:
particolare tecnica di esecuzione vocale e strumentale; viene indicata con un punto o un piccolo cuneo (nel caso di uno staccato molto incisivo) posto sopra la nota o l'accordo da staccare. Le note staccate sono di breve durata e separate le une dalle altre da brevi pause. E' il contrario del legato. Nel violino, e negli strumenti ad arco in generale, viene realizzato con brevi arcate oppure con rapidissimi stacchi dalla corda eseguiti tra una nota e l'altra. Lo staccato e una delle tecniche fondamentali anche nel pianoforte dove se ne distinguono tre tipi: di dito, di polso, di avambraccio.
Suono:
con tale termine si indica tanto l'agente fisico in grado di stimolare l'orecchio umano, ovvero le onde elastiche, quanto la rappresentazione psichica di tale stimolazione e cioè la sensazione che lo stimolo sonoro produce all'interno del nostro cervello. Il suono non può che essere prodotto dalle vibrazioni di un corpo vibrante (ad esempio la membrana di un tamburo). Queste danno luogo a onde di compressione-rarefazione che giungono al nostro orecchio attraverso l'aria. A seconda che la vibrazione sia regolare o meno il risultato può essere un suono musicale (costituente quindi una nota di altezza determinata) oppure un rumore. Il limite minimo percepibile dall'orecchio umano va dalle 16 alle 20 vibrazioni al secondo, il limite massimo varia dalle 20.000 alle 25.000. valori inferiori fanno parte del campo degli infrasuoni, i superiori degli ultrasuoni: tanto i primi quanto i secondi non sono percepibili dall'orecchio umano. Le tre caratteristiche fondamentali di un suono sono l'altezza (che e funzione della frequenza della vibrazione), l'intensità (che e funzione dell'ampiezza della vibrazione) e il timbro (che e determinato dai suoni armonici presenti sul suono fondamentale).
Temperamento equabile:
sistema di suddivisione dell'ottava in dodici semitoni perfettamente uguali. Gli intervalli derivati dalla quinta e dalla quarta naturali danno luogo a un fenomeno acustico sgradevole: alcune note infatti non si corrispondono enarmonicamente (ad esempio il suono reale di si diesis e più alto del do naturale). Per ovviare a tale inconveniente si e pensato di alterare leggermente l'altezza di tutti gli intervalli eccetto che l'ottava, e ciò è stato ottenuto appunto suddividendo l'ottava in dodici parti uguali. Sul temperamento equabile (detto sistema temperato) si basa da ormai più di tre secoli il sistema musicale occidentale. Teorizzato e risolto da Werckmeister, che l'espose nel suo 'Musikalische Temperatur' del 1691, ha trovato attuazione pratica nei due volumi del Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach.
Timbro:
colore caratteristico di un suono; una delle qualità di quest'ultimo insieme ad altezza e intensità. Il timbro di un suono e dato dalla presenza di particolari suoni (detti armonici) che si generano assieme a quello principale. Ogni sorgente acustica che produce un suono genera inevitabilmente un dato numero e tipo di armonici conferendo così a quel suono un particolare timbro. Proprio in base al timbro è possibile distinguere due suoni di uguale altezza e intensità quando siano prodotti da strumenti diversi.
Tonalità:
complesso di relazioni che legano una serie di note o di accordi a un centro 'gravitazionale', detto tonica, costituente la base armonica di una composizione o di parte di essa.
Tonica:
nome con il quale, nel sistema tonale, viene chiamato il primo grado di una scala maggiore o minore. Detta anche fondamentale, la tonica è la nota principale e il centro di gravità della tonalità che porta il suo nome. Accordo di tonica è l'accordo perfetto, maggiore o minore, costruito appunto sulla tonica.
Tono:
intervallo di seconda maggiore, o tono intero (ad esempio do-re, fa-sol, ecc.). Nel linguaggio comune il termine è impiegato, pur se impropriamente, anche come sinonimo di tonalità.
Triade:
accordo di tre note costituito da una nota presa come fondamentale sulla quale si sovrappongono rispettivamente la terza e la quinta. Vi sono quattro tipi di triade: triade maggiore (accordo perfetto maggiore, ad esempio do-mi-sol), triade minore (accordo perfetto minore, ad esempio do-mi bemolle-sol), triade eccedente (ad esempio do-mi-sol diesis), triade diminuita (ad esempio do- mi-sol bemolle).
Tritono:
intervallo di quarta ecce dente costituito da tre toni interi. Nel XIV secolo veniva considerato come una delle più terribili dissonanze, per tale ragione era chiamato anche 'diabolus in musica'.
Unisono:
rapporto di uguaglianza tra suoni di identica frequenza (e quindi altezza) pur se di timbro differente. Due o più suoni che stanno in tale rapporto si dice che sono, o procedono, all'unisono sia che risuonino simultaneamente sia che si seguano a distanza di tempo. Mentre i suoni all'unisono hanno frequenze che stanno tra loro in rapporto di 1/1, in quelli a distanza di un'ottava il rapporto e di 1/2.
Appunti su: glossario musicale, gli elementi armonici di aristosseno in italiano, SCALA DIATONICA TONICA SOPRATONICA, |
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