GIOVANNI
VERGA
L'attività del
giovane Verga, influenzata da una formazione romantico-risorgimentale, si
svolse a Catania sia in campo letterario
sia in campo politico. Sbolliti gli entusiasmi politici, Verga si dedicò
esclusivamente alla letteratura e si stabilì a Firenze per vivere in una
società più evoluta; fu poi a Milano dove frequentò gli ambienti della
scapigliatura ed entrò in contatto con la letteratura realista francese. Il
definitivo ritorno a Catania coincise con l'emergere dei lati più chiusi e
provinciali della sua personalità. L'amaro scetticismo degli ultimi anni spiega
il precoce inaridirsi della sua vena poetica. Nei primi romanzi di Verga (Amore
e patria; I carbonari della montagna; Sulle lagune), la retorica patriottarda
si mescola con i motivi tetri e macabri del più vieto repertorio romantico.
Seguirono La peccatrice e la fortunata Storia di una capinera, dove il languido
e sfibrato romanticismo di una "storia intima" si congiunge disarmonicamente
con l'attenzione preveristica verso il tema sociale. L'incontro con la
scapigliatura milanese trasformò Verga da descrittore della società elegante a
suo critico impietoso, come dimostra la prefazione di Eva. La polemica contro
le degenerazioni di una società dominata dal feticcio del denaro si
approfondisce nei romanzi successivi, Tigre reale ed Eros, dove al rito mondano
dell'amore si contrappone sempre più esplicitamente l'accettazione dei valori
quotidiani e familiari della vita. A mezzo tra romanticismo e scapigliatura è
il bozzetto Nedda, largamente inficiato, come Primavera e altri racconti, da un
vittimismo tardo-romantico. Una decisa svolta verso il verismo è segnata dai
racconti di Vita dei campi, dove il mondo provinciale siciliano assurge al
ruolo di luogo emblematico e mitico dell'ideale di sanità morale e di antica
saggezza che costituisce un'alternativa di ordine etico rispetto alle passioni
del mondo cittadino. Le sofferenze delle classi subalterne sono oggetto di
compassione, che non diviene però denuncia in chiave sociale. In tale mitica
stilizzazione di un mondo patriarcale si collocano le più notevoli novelle di
Vita dei campi: Jeli il pastore e Rosso Malpelo, caso limite di un abbrutimento
e di un'esclusione che sono la logica conseguenza del sistema di sopraffazione
su cui è strutturata la società. Il tirocinio di Vita dei campi prelude a I
Malavoglia, celebrazione epico-lirica di una società patriarcale senza tempo e
senza storia. L'ultima produzione verghiana è segnata da un drammatico riflusso
dal mito alla storia. Nelle Novelle rusticane si dissolvono i miti
malavoglieschi della casa e dell'onore e rimane un solo drammatico, assillante
problema, quello della sopravvivenza. L'incupirsi del pessimismo verghiano ha
il suo sbocco nel Mastro don Gesualdo che continua e, nello stesso tempo,
capovolge il discorso avviato con I Malavoglia: se il protagonista ha, infatti,
la stessa tenacia e coerenza morale di Padron 'Ntoni condivide però con 'Ntoni
l'inquietudine, l'ansia del miglioramento, la febbre dell'ascesa; ma se, a
differenza di 'Ntoni, Gesualdo riesce a conseguire il riscatto economico, ancor
più dolorosa è però la sua tragedia umana che si conclude nella squallida
solitudine della morte. Mentre il finale de I Malavoglia esprimeva una fiducia
nei miti della famiglia e dell'onore, il finale di Mastro don Gesualdo è la
testimonianza di una totale, definitiva sconfitta. Tra l'uno e l'altro
capolavoro si collocano Il marito di Elena, un ritorno, in chiave crepuscolare,
alla complessa psicologia femminile dei romanzi mondani, e le novelle milanesi
Per le vie, anch'esse caratterizzate da un tono crepuscolare. Dopo il Mastro,
cominciò il lungo declino dello scrittore che invano ricercò una nuova
dimensione espressiva nel linguaggio teatrale: la vocazione essenzialmente
narrativa di Verga non poteva essere coartata nel dialogo e nell'azione
scenica, dove non trovava posto un elemento così fondamentale dell'arte
verghiana come il paesaggio. Pertanto, la sua esperienza teatrale si ridusse a
una trasposizione, più o meno felice, della sua narrativa sulla scena
raggiungendo il risultato migliore nel bozzetto In portineria. Dopo la raccolta
Vagabondaggio, una stanca ripresa dei motivi aristocratico-mondani sono I
ricordi del capitano d'Arce e il racconto Caccia al lupo.