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GARIBALDI
LA PRIMA GIOVINEZZA
Garibaldi, l'eroe più
popolare del Risorgimento italiano che fu uno dei fattori principali dell'unità
d'Italia, nacque a Nizza il 4 Luglio 1807 da Domenico, di Chiavari, e Rosa Raimondi, di Loano. Il padre possedeva una tartana, con la
quale praticava il cabotaggio.
Egli tuttavia avrebbe voluto avviare Giuseppe, suo secondogenito, per una
carriera come avvocato o medico, o anche prete. Il figlio, però, amava poco gli
studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita sul mare. Vedendosi
contrariato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare
verso Genova con alcuni compagni; ma fu fermato e ricondotto a casa. Il padre
si decise a lasciargli seguire la carriera marittima ed egli la cominciò come
mozzo a 15 anni. Qualche anno dopo, durante uno dei suoi viaggi, a Taganrog (mare d'Azov) , fece
amicizia con un affiliato alla Giovine Italia, la società segreta fondata da
Mazzini, alla quale egli stesso si iscrisse con il nome di Borel,
spintovi dai suoi sentimenti patriottici.
Nel 1833, dopo essersi incontrato a Marsiglia con Mazzini, si arruolò nella
marina sarda per il servizio di leva marittima; fu allora incaricato di
predisporre un'insurrezione a Genova, contemporaneamente ai moti mazziniani in
Savoia; ma Garibaldi non riuscì ad avere contatti con i suoi compagni, sicché
dovette fuggire a Marsiglia dove venne a conoscenza della sua condanna a morte
per tradimento(1834).
GARIBALDI IN AMERICA
Dopo qualche viaggio nel
Mediterraneo, su nave mercantile e nella marina del bey di Tunisi, partì per
l'America del Sud, raggiungendo Rio de Janeiro nel 1836. In unione ad un altro
esule italiano, Luigi Rossetti, tentò di lavorare nel commercio marittimo, ma
senza risultati. Appoggiò allora i ribelli repubblicani del Rio Grande, insorti
contro il governo imperiale di Don Pedro II,
esercitando per loro la guerra da corsa contro il Brasile, lungo le coste e i
fiumi del Brasile, dell'Uruguay e dell'Argentina.
Dopo molte peripezie ed aver preso parte a diverse azioni belliche, cadute, per
le discordie interne, lasciò la regione, recandosi, nel 1841, a Montevideo. Al soggiorno riograndese
risale il suo incontro con Anita, l'innamoramento, l'abbandono del marito per
seguire l'eroe e la nascita nel 1840 del primogenito Menotti, cui seguirono
Teresita e Ricciotti. Morto poi il marito, il 26 marzo 1842, Giuseppe e Anita
poterono unirsi in matrimonio a Montevideo. Anche
nell'Uruguay, Garibaldi riprese a combattere in favore di quel paese che
lottava contro l'Argentina. Comandante di alcune flottiglie, fu in questo
periodo che creò la Legione Italiana, che condusse, vestita di quelle camicie
rosse che un giorno diverranno leggendarie, in diverse valorose azioni, come
nei combattimenti del Cerro, del Salto e sul fiumicello S. Antonio. Quest'ultima
battaglia mise in luce le qualità militari di Garibaldi, nominato generale, e
nel 1847, capo della difesa di Montevideo.
IL 1848, LA DIFESA DI ROMA
Le speranze suscitate nei
patrioti italiani dall'elezione di Pio IX al soglio pontificio, spinsero
Garibaldi ad offrire al pontefice la propria legione. L'offerta non fu
accettata tuttavia Garibaldi partì per l'Italia sbarcando a Nizza nel giugno
1848, quando già le truppe di Carlo Alberto erano in marcia contro gli
Austriaci. Nonostante il parere contrario di Mazzini, non esitò allora ad
offrirsi con le sue truppe al re, che però non volle inquadrarlo nell'esercito.
Si pose allora alla testa di alcuni battaglioni volontari, ma l'armistizio di Solasco lo sorprese quando era ancora nella fase organizzativa;
ribellatosi alla tregua con le sole sue forze batté gli Austriaci a Luino, occupando Varese, ma attaccato da forze superiori a Morazzone, faticò poi a disimpegnarsi e a ritirarsi in
Svizzera.
Tornato a Genova, fu eletto deputato ma anziché sedere in Parlamento, preferì
recarsi nell'Italia centrale organizzando una legione in appoggio al governo
provvisorio di Roma. Proclamata la Repubblica Romana (9 febbraio 1849), fu
nominato generale comandante delle truppe della città, battendo i Francesi a
Porta San Pancrazio e i Napoletani a Palestrina. Gli
attacchi in massa sferrati dai Francesi ebbero tuttavia ragione dell'eroica
resistenza delle truppe garibaldine al Gianicolo a
villa Corsini - ove si coprirono di gloria Manara, Dandolo, Mameli, Bixio - e ancora a villa Spada, ma
il 2 luglio Garibaldi fu costretto a lasciare la città, incalzato da ogni parte
dai nemici
LA RITIRATA DA
ROMA
IL NUOVO ESILIO E IL RITORNO
Giunto dopo lunghe
peripezie e con una marcia leggendaria a San Marino, fece deporre le armi ai
suoi soldati, proseguendo poi con solo 250 uomini per Cesenatico. Imbarcato su
alcuni bragozzi che presto furono catturati dalle navi austriache, riuscì a
stento a sbarcare a Magnavacca (oggi Porto
Garibaldi). Congedati i suoi continuò a piedi con un solo compagno, il capitano
Leggero. Nella cascina Guiccioli, Anita, incinta e
gravemente ammalata, che lo aveva sempre seguito in ogni sua avventura, gli
moriva tra le braccia. All'eroe neppure è concesso il conforto di seppellirla:
braccato dagli Austro-papali è costretto a riprendere
la fuga. Con l'aiuto di diversi patrioti, Garibaldi riesce a raggiungere Portovenere (presso La Spezia), ma il governo sardo, onde
evitare comprensibili complicazioni di natura politica lo invita ad emigrare.
Fu allora a Tangeri, poi a New York ove trova lavoro in una fabbrica di
candele, quindi nell'America meridionale e centrale, poi in Cina, dedicandosi
al cabotaggio; quindi ritorna a New York, sosta in Inghilterra e nel 1854 è a
Nizza finché, nel 1857 può ritirarsi nell'isolotto di Caprera, dove aveva
acquistato alcuni terreni, e dedicarsi all'agricoltura. Pur nel silenzio però
continua a mantenere rapporti epistolari con i patrioti italiani. Si
allontanava intanto sempre più dal Mazzini e aderiva alla monarchia sabauda purché
questa facesse sua la causa italiana.
IL 1859
Nel 1859, su invito
di Vittorio Emanuele II, assunse, con il grado di generale dell'esercito sardo,
il comando di un corpo di volontari, i Cacciatori delle Alpi e fu allora che
essi ebbero il loro inno 'si scopron le tombe,
si levan i morti', dettato dal Mercantini e musicato dall'Olivieri. Scoppiata la guerra,
Garibaldi ebbe il compito di operare sulle sponde del lago Maggiore contro
l'estrema ala destra austriaca; cooperò quindi alle azioni per la 2S Guerra
d'Indipendenza con l'occupazione di Varese e di Como e con la presa di San
Fermo; dopo la battaglia di Magenta entrò in Bergamo e Brescia, sostenendo poi
numerosi scontri in Valtellina. Dopo l'armistizio di Villafranca,
si dimise dall'esercito, e si pose prima al servizio della Lega fra Toscana,
ducati e Romagna, in sottordine al generale Fanti, anelando ad una insurrezione
dello Stato Pontificio e del Regno delle due Sicilie;
dissuaso dal re stesso, lasciò il comando e si ritirò a Genova. In quell'epoca
(24 gennaio 1860) sposò la marchesina Giuseppina Raimondi
di Fino Mornasco (Como), lasciandola però lo stesso
giorno delle nozze, essendo stato avvisato della sua infedeltà.
LA SPEDIZIONE DEI
MILLE
L'insurrezione di
Palermo del 4 Aprile 1860 suscitò nuovo entusiasmo patriottico nell'animo suo;
con un po' d'armi e due vecchi piroscafi, con circa mille animosi, Garibaldi il
5 Maggio lasciava Quarto presso Genova, diretto verso la Sicilia. Sei giorni
più tardi sbarcava a Marsala; a Salemi si proclamava
dittatore in nome del re d'Italia. La vittoria di Calatafimi
e la conquista di Palermo significarono a liberazione di tutta la Sicilia,
mentre da ogni parte arrivavano sempre nuovi volontari a rinforzare il suo
piccolo esercito. Cadute Milazzo, Messina, Siracusa ed Augusta, Garibaldi il 19
agosto sbarcava sul continente, conquistando Reggio e poi rapidamente su
Napoli, favorito dai moti popolari che ovunque scoppiavano contro i Borboni.
Cavour nel timore di una rottura con la Francia e di un pronunciamento repubblicano
da parte dei garibaldini, tentò di affrettare l'annessione al regno dell'Italia
meridionale, attirandosi lo sdegno di Garibaldi che avrebbe voluto affidare al
re l'Italia unita solo dopo la conquista di Roma che avrebbe dovuto esserne la
capitale. Mentre le truppe regie delle Marche e dell'Umbria marciavano verso il
Napoletano, Garibaldi riuscì a trasformare in una sonante vittoria l'offensiva
iniziata dai Borboni sul Volturno. Si accordò allora
con le truppe regolari, andando incontro a Vittorio Emanuele II a Teano, ed
accompagnandolo il 7 novembre a Napoli dove il popolo aveva trionfalmente
proclamato l'annessione al regno di Sardegna. Consegnata la città nelle mani
del re Garibaldi tornò nel suo solitario rifugio di Caprera, con un sacco di sementi
e poche centinaia di lire, dopo aver rifiutato il grado di generale d'armata,
il collare dell'Annunziata e donazioni per i figli.
Nel 1862, durante un viaggio in Sicilia, fu accolto da grandi manifestazioni
popolari in favore della liberazione di Roma, sicché , postosi a capo di un
gruppo di volontari, partì da Catania il 24 agosto e sbarcando in Calabria
presso Mileto, con l'intenzione di proseguire al
nord. Ma truppe regie furono costrette a fermarlo il 29 ad Aspromonte dove
rimase ferito al piede.
Nel 1864 si recò in Inghilterra dove si incontrò con Mazzini, nel tentativo di
convincerlo ad appoggiare, per il bene della patria, l'unione dell'Italia sotto
i Savoia. Lì accettò la cittadinanza offertagli da Londra ma rifiutò 5.000
sterline raccolte per sottoscrizione.
Due anni più tardi, operò nel Trentino nella guerra combattuta contro l'Austria
a fianco dell'alleato prussiano; l'armistizio lo sorprese mentre stava per
raggiungere Trento: all'ordine di abbandonare la zona rispose così 'Ho
ricevuto dispaccio 1072. Obbedisco'. Non rinunciò successivamente all'idea
di liberare Roma: riuscì a sbarcare a Vada presso Livorno
il 19 ottobre 1867, marciando poi su Roma, mentre l'insurrezione in città
falliva con la sconfitta e il sacrificio dei Cairoli a villa Glori. Per tale
motivo, pur avendo conquistato Monterotondo,
Garibaldi fu costretto a ritirarsi.
GLI ULTIMI ANNI
La liberazione di
Roma nel 1870, non vide presenti le camicie rosse che tanto sangue avevano
versato per quella città. Nell'ottobre si mise al sevizio della Francia
conquistando Digione. Dopo la sconfitta francese
rientrò in Italia dedicandosi alla vita politica appoggiando le idee della
sinistra; in questo periodo scrisse anche un poema e 4 romanzi e le Memorie,
tutti di carattere autobiografico.
Il 26 gennaio 1880 - ottenuto finalmente l'annullamento del matrimonio con la Raimondi - sposò Francesca Armosino
dalla quale aveva già avuto 3 figli: Clelia, Teresita e Manlio. All'inizio del
1882 fece un viaggio in Sicilia accolto con enorme entusiasmo; pochi mesi più
tardi, il 2 giugno, si spegneva a Caprera al cospetto di quel mare ch'egli
aveva tanto amato.
GARIBALDI non c'è dubbio è
uno dei più popolari protagonisti della storia d'Italia. Ma fino a che punto è
veramente conosciuto? Giuseppe Bandi ne fece un ritratto agiografico
realistico, ma quello che prevalse fu poi quello di Giuseppe Cesare Abba. (*). Del resto lo stesso Garibaldi, con i suoi
scritti intrisi di retorica, contribuì a nascondere l'uomo dietro la maschera.
Il Pantheon dei personaggi del Risorgimento vedono uno accanto all'altro
Garibaldi, Mazzini, Cavour e Vittorio Emanuele; ma sono quattro personaggi
completamente diversi uno dall'altro, non hanno nulla in comune. A nessuno dei
quattro il processo di beatificazione era quanto mai inopportuno celebrarlo
(soprattutto quando erano già morti, e in particolare proprio Garibaldi, quando
non ci fu più da temere nessun colpo di testa da parte sua). Cavour ne
diffidava, per Mazzini era un traditore, e per il Re Vittorio Emanuele 'ho
liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda
Garibaldi, sebbene, siatene certo, questo personaggio non è affatto docile, né
così onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete' (Lettera del re
a Cavour).
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