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Evoluzione del Concetto di Tempo




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Evoluzione del Concetto di Tempo


Il tempo secondo la Filosofia Greca


Il primo pensatore nella cui opera viene trattato specificatamente il concetto di tempo è il presocratico Anassimandro.


<<Da dove infatti gli essere umani hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l'una all'altro la pena e l'espiazione della giustizia secondo l'ordine del tempo>>


Le cose, quindi,  si sviluppano e si dissolvono, vengono al mondo e finiscono, ritornando nel principio primordiale da cui hanno avuto origine. Il tempo è ciò che caratterizza la natura. Esso regola il divenire degli elementi e assicura l'equilibrio del mondo e delle sue parti. Alla base della vita dell'universo c'è, quindi, un ordine, che è il risultato dell'azione del tempo.



<<Il tempo è l'immagine mobile dell'eternità''>>


Questa celebre definizione di Platone richiama questa idea dell'eterna ripetizione del tempo cosmico, di cui il tempo umano è un imperfetto riflesso.

Secondo Platone il tempo è nato con il mondo, plasmato dal demiurgo, il divino artigiano, prendendo come modello il mondo delle idee. Nel Timeo il tempo viene misurato oggettivamente dal movimento del cielo, e diventa l'immagine sensibile più vicina alla perfezione delle idee.




Tuttavia, la più coerente dottrina del tempo, prima di Galileo e della scienza moderna, è senz'altro quella fornitaci da Aristotele.

Egli è convinto che il tempo sia qualcosa di oggettivo, legato alla natura del movimento. Noi, infatti, quando siamo addormentati non percepiamo alcun movimento.

Il tempo è, quindi, la misura del movimento. Il corpo che si muove sarà prima in un luogo e poi in un altro, secondo una specifica legge della natura.


<<Pertanto il tempo non è movimento, ma il movimento lo possiede in quanto misura. Eccone la prova: giudichiamo il più e il meno col numero, un movimento sarà maggiore e minore col tempo. Il tempo è, pertanto, un certo numero. E poiché il numero è in due sensi (infatti chiamiamo numero sia ciò che viene numerato, sia ciò che è numerabile, sia ciò con cui numeriamo), il tempo è ciò che è numerato e non ciò con cui misuriamo.
E come il movimento è di volta in volta sempre diverso, così anche il tempo [..].>>



A differenza di Platone, appare subito chiaro ad Aristotele che il tempo non può essere ridotto al movimento circolare dei cieli. Il tempo non può essere identificato né con il movimento né con il mutamento, in quanto il tempo è presente dappertutto, mentre il mutamento esiste solo nella singola cosa che cambia. Tuttavia si può stabilire una connessione tra il tempo e il mutamento, poiché non c'è coscienza del tempo ove non ci sia coscienza del mutamento; quindi il tempo dovrà essere necessariamente una proprietà del movimento.


Saranno, infine, gli Stoici a far prevalere l'idea della perfetta  ciclicità del tempo. Tutti i processi naturali sono inseriti in un'unica concatenazione di cause, che risultano esaurite dalla infinità ciclicità del tempo, che si ripete sempre uguale a se stesso. E' il cosiddetto Eterno Ritorno del tempo, un tema che sarà in seguito ripreso da Nietzsche.


Il tempo secondo la Filosofia Cristiana

Mentre i Greci avevano una concezione oggettiva del tempo, saranno i Cristiani i primi ad introdurre  una concezione soggettiva del tempo.

Precursore di queste teorie, può essere considerato Plotino, che assegna distinti gradi all'eternità e al tempo. Parlando dell'Anima del Mondo, egli individua all'origine del tempo cosmico e di quelle storico una causa di minore perfezione rispetto all'eternità della noùs, qua inteso come prima emanazione, da parte di Dio, dell'Uno. Il tempo esprime, dunque, l'inquietudine dell'anima. Da questa caduta dell'anima, secondo Plotino, ci libera soltanto il ritorno alla quiete dell'eterno, da lui concepita nella contemplazione mistica dell'Uno.




Il principale esponente del mondo Cristiano è, tuttavia Sant'Agostino.


<<Come potevano passare innumerevoli secoli, se non li avessi creati tu, autore e iniziatore di tutti i secoli? Come sarebbe esistito un tempo non iniziato da te? e come sarebbe trascorso, se non fosse mai esistito? Tu dunque sei l'iniziatore di ogni tempo, e se ci fu un tempo prima che tu creassi il cielo e la terra , non si può dire che ti astenevi dall'operare. Anche quel tempo era opera tua, e non poterono trascorrere tempi prima che tu avessi creato un tempo. Se poi prima del cielo e della terra non esisteva tempo, perché chiedere cosa facevi allora? Non esisteva un allora dove non esisteva un tempo.>>


Il Dio cristiano o è perfetto, e allora non si capisce perché senta la necessità di creare l'universo, oppure era imperfetto e solo con la creazione ha raggiunto la perfezione. Quindi: o perfetto prima e imperfetto dopo, o imperfetto prima e perfetto dopo. Ma il 'prima' e il 'dopo', dice Agostino,i limiti del tempo, non riguardano Dio. Il tempo è una sua creatura; la sua dimensione è quella dell'eternità.

Se il tempo però non è un problema per Dio, lo è per la comprensione degli uomini. Il tempo è infatti una strana realtà: il passato non è più, il futuro non è ancora e il presente non posso identificarlo nell'istante attuale, perché questo è subito trascorso, non è più. Quindi una realtà costituita dal non essere ma che modifica l'essere. La soluzione di Agostino, che anticipa quella di Henri Bergson, è assolutamente originale: per concepire il tempo, realtà dinamica, non possiamo utilizzare una definizione 'statica' ma una altrettanto dinamica; come non concepiremo mai un fiume, sempre diverso per le sue acque, se non ci fosse il letto su cui scorrono, così lo scorrere del tempo è accompagnato dalla nostra coscienza che fa sì che noi abbiamo l'apprensione del tempo come memoria del passato, attenzione al presente, attesa del futuro.

Il tempo secondo la Filosofia del Seicento


Il fondatore della Rivoluzione Scientifica può essere considerato Galileo. Il problema principale da cui parte è il moto. Per studiarlo occorre studiare il tempo e lo spazio. E lo studio deve essere quantitativo. Occorre inventarsi degli strumenti di misura. Le lunghezze non presentano alcun problema: dei buoni regoli possono risolvere ogni questione. Il tempo presenta invece notevoli difficoltà (in assenza di orologi di qualunque tipo, se si escludono le non affidabili clessidre): Galileo le risolve utilizzando un fenomeno che egli stesso aveva scoperto in gioventù, l'isocronismo del pendolo. E non solo. Altri strumenti di misura del tempo, che egli utilizza per controllare la correttezza delle prime misure, sono i battiti del polso e una sorta di orologio ad acqua (da un serbatoio l'acqua cade, goccia a goccia, in un recipiente sottostante disposto sul piatto di una bilancia; l'ago della bilancia è l'indice del trascorrere del tempo). Un grande problema è costituito dalla misura di piccoli intervalli di tempo, fatto che si presenta, ad esempio, nello studio degli oggetti in caduta. A questa difficoltà Galileo sopperisce 'rallentando' la caduta mediante un piano inclinato: anziché far cadere un oggetto verticalmente egli usa delle sfere che 'cadono' lungo un piano inclinato. In queste modo, il medesimo fenomeno di caduta avviene in un tempo maggiore, tale da poter essere registrato dagli strumenti di misura di Galileo.


Nella seconda metà del seicento Newton propone una concezione dello spazio e del tempo come realtà assolute. Tale concezione è perfettamente funzionale alla fisica matematizzata quale si è venuta sviluppando a partire soprattutto dall'opera di Galileo.


<<Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente, e con altro nome è chiamato durata; quello relativo, apparente e volgare, è una misura (accurata oppure approssimativa) sensibile ed esterna della durata per mezzo del moto, che comunemente viene impiegata al posto del vero tempo: tali sono l'ora, il giorno, il mese, l'anno.>>


Newton si propone di distinguere nettamente il tempo e lo spazio relativi, di cui fa uso il senso comune, da quelli assoluti, che vengono utilizzati nell'ambito del discorso scientifico. Per Newton il tempo vero è di per sé assoluto, poiché la sua natura non risulta modificata da eventuali enti in esso esistenti. Il tempo, in analogia con lo spazio, viene concepito come una sorta di recipiente, la cui natura non risulta influenzata dalla presenza o meno in esso di un contenuto, né dalle caratteristiche di tale contenuto. Il tempo relativo, contrariamente, è quello che si calcola utilizzando come unità di misura determinati movimenti dotati di una certa regolarità: esempi ne sono il giorno, misurato dal moto di rotazione della Terra intorno al proprio asse, o l'anno, individuato dal moto di rivoluzione del nostro pianeta intorno al Sole.






Il tempo secondo Kant


<< Se posso dire a priori : tutti i fenomeni esterni sono determinati a priori nello spazio e secondo relazioni spaziali ; posso anche , movendo dal principio del senso interno , dire universalmente : tutti i fenomeni in generale , cioè tutti gli oggetti dei sensi , sono nel tempo , e stanno fra di loro necessariamente in rapporti di tempo>>


Nella prima parte della Critica della ragion pura, Kant studia i principi a priori della sensibilità cioè lo spazio e il tempo. In quel periodo Newton aveva supposto l'esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti. Kant, invece, giunge alla soluzione che spazio e tempo non sono né una realtà oggettiva in se stessa, né semplici relazioni tra oggetti, ma piuttosto forme a priori della sensibilità umana. Da un lato questi dunque operano solo in presenza dei dati dell'esperienza, ma dall'altro sono ricavati per astrazione dalla sensazione.
Il tempo non è un concetto derivato dall'esperienza.

Kant arriva ad affermare che il tempo è un'intuizione a priori: a priori perché non deriva dall'esperienza ma ne è fondamento; intuizione, perché egli definisce in questo modo la percezione diretta di una singola realtà, distinguendola dal concetto che è sempre una percezione mediata che unifica diverse altre percezioni. Si capisce, così, il motivo per cui il tempo, come già lo spazio, sia stato concepito come forma a priori della sensibilità e non dell'intelletto. Pur non derivando dalla sensibilità, ha chiaramente a che fare con essa.

Del tempo siamo così in grado di affermare in particolare, che le sue diverse parti sono sempre successive e non sussistono mai insieme.

Il tempo è dunque la forma del senso interno, in quanto è la particolare modalità attraverso la quale percepiamo i fenomeni della nostra interiorità. Esso, propriamente, non riguarda i fenomeni esterni, la cui forma a priori è lo spazio; tuttavia, poiché tutte le rappresentazioni, comprese quelle della realtà esterna, in quanto tali riguardano la nostra interiorità, il tempo è, direttamente, forma del senso interno e, indirettamente, forma del senso esterno..


Il tempo secondo Hegel


Per Hegel il concetto del tempo non è in sé perfetto . E' impossibile comprendere il tempo partendo dai momenti dello Spirito: i momenti sono extratemporali. Essi sono l'articolazione logica dell'intero ("Coscienza", "Autocoscienza", "Ragione", "Spirito", "Religione", "Sapere Assoluto") non sono una successione temporale. Tra la coscienza e il tempo vi è una coincidenza. Quindi il cammino fenomenologico, che è il cammino della coscienza, è un cammino temporale. Questa coincidenza tra la coscienza e il tempo è affermata esplicitamente da Hegel quando dice che la coscienza è l'esserci dello Spirito, e altrettanto è il tempo che è l'esserci del concetto.

Un altro punto importante da sottolineare è che la coscienza è nel tempo, la coscienza è tempo, ma la coscienza non comprende il tempo. Questa è un'altra cosa molto importante perché questa sovrapposizione di coscienza e tempo non porta Hegel ad una visione alla Kant, o alla S. Agostino secondo cui il tempo è distensione dell'anima, la quale è l'unica misura del tempo. Non c'è una soggettivizzazione del tempo in Hegel. E non è neanche la posizione di Kant dove il tempo è qualcosa di ideale.

Per Hegel il  tempo serve a fondare la concezione della storia. Ma tra tempo e storia che rapporto ci può essere?

La coscienza è nel tempo, ma non comprende il tempo: per comprenderlo bisogna innalzarsi al punto di vista della totalità. Solo compiendo del tempo si comprende il tempo e allora cominciamo a vedere come si articolano queste due affermazioni apparentemente contraddittorie di Hegel: il concetto è tempo, e il concetto toglie il tempo.


<<il tempo è il concetto medesimo che è là perciò lo Spirito appare necessariamente nel tempo, appare nel tempo fintanto che non coglie il suo concetto puro, vale a dire finche non elimina il tempo>>


Il tempo secondo Nietzsche



Se già il carattere oggettivo e assoluto del tempo è  messo fortemente in dubbio, circa cento anni dopo Kant, Friedrich Nietzsche rifiuta la concezione lineare e quantificata del tempo, creando la dottrina dell'Eterno ritorno dell'Uguale, il più abissale dei suoi pensieri, come lui stesso lo ha definito.

Questa teoria viene presentata nell'opera Così parlò Zarathustra, in cui il pensiero di Nietzsche trova il suo massimo compimento. La dottrina, già accennata ne La gaia scienza è suggestivamente formulata nel capitolo 'la visione e l'enigma', in particolare nel passo in cui Zarathustra, il profeta dell'eterno ritorno, assiste all'enigmatica visione.:



<<un giovane pastore, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca. Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto?. [] la mia mano tirò con forza il serpente tirava e tirava - invano! Non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca : 'mordi! Mordi! Staccagli il capo!' il pastore poi morse così come gli consigliava il mio grido; e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente e balzò in piedi. Non più pastore, non più uomo, un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva. Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!".>>


Interpretando simbolicamente il passo, il morso del pastore (l'uomo metafisico disgustato dall'idea dell'eterno ritorno, a sua volta simboleggiato dalla circolarità del serpente) è l'atto con cui l'uomo, fondando lo stesso eterno ritorno, si libera dalla malattia e dalle catene e diventa superuomo. La dottrina dell'eterno ritorno non è la semplice ripresa della concezione greca di un tempo circolare, o alla precedente concezione lineare del tempo, secondo cui ogni momento non ha il suo senso dentro di sé, ma nei momenti che lo precedono e lo seguono. Il tempo che Nietzsche propone è un tempo in cui si assiste ad un eterno ripetersi dell'attimo che si risolve in se stesso, che presenta unità di essere e significato.

Per comprendere la portata innovativa della dottrina di Nietzsche dell'eterno ritorno dell'uguale non è sufficiente analizzarne soltanto l'aspetto teorico, si devono infatti considerare le implicazioni pratiche che questa idea comporta nella vita dell'uomo e nella società una volta che essa viene accettata. Il problema non consiste quindi nel voler suggerire una nuova concezione del tempo ma nel produrre un uomo, un oltreuomo, un 'über-mensch' capace di volere la ripetizione eterna della propria esistenza, quindi di aderire entusiasticamente alla vita.


«Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione []. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!»



Il tempo secondo Bergson

Henry Bergson tratta il tema del tempo nel Saggio sui dati immediati della coscienza. In quest'opera il filosofo distingue due tipi di tempo: il tempo della scienza e il tempo reale. Ciò che distingue questi due concetti di tempo è la coscienza che permette di cogliere la vera realtà delle cose.

Il tempo della scienza è il tempo spazializzato, reversibile, poiché un esperimento può essere ripetuto ed osservato una quantità infinita di volte. Il tempo della scienza si caratterizza, quindi, per una molteplicità quantitativa.

Un Esempio è costituito dal concetto di numero. Infatti le unità che compongono il numero devono essere considerate come identiche le une alle altre. Per poter essere contate le unità che compongono un numero devono essere distinte le une dalle altre e l'unica cosa che le rende distinguibili è la diversa posizione che occupano nello spazio. La successione nel tempo, invece, ci presenterebbe solo un elemento alla volta.

Spazio e tempo, inoltre, non possono essere considerati come mezzi omogenei, perché, se così fosse, non potrebbero essere distinguibili. Quando si concepisce il tempo come un mezzo omogeneo, esso viene visto come il luogo in cui i fatti possono succedersi. Perciò il tempo cessa di essere tale per diventare spazio. La durata e il tempo reale vanno cercati altrove.

Il tempo reale è il tempo dell'interiorità della coscienza ed è caratterizzato dalla molteplicità qualitativa che si esprime nella durata nella quale i differenti stati di coscienza si compenetrano reciprocamente.

La durata è l'espressione che indica il tempo reale in contrapposizione con quello spazializzato della scienza.

La durata è essere e divenire, è conservatrice e creatrice: è un flusso, che nel continuo accrescersi, conserva il nucleo originario all'interno. Nel flusso del tempo reale non è possibile ritagliare elementi distinti, cosa che è invece fattibile nello spazio, cioè nel tempo spazializzato. Nella durata gli stati di coscienza si fondono gli uni negli altri, poiché ogni stato precedente penetra in quello successivo per essere conservato.

Al tempo reale bisogna arrivarci attraverso la meditazione.



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