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Emilia Romagna
Emilia-Romagna Regione amministrativa dell'Italia settentrionale; si affaccia a est sul mare Adriatico e confina a ovest con il Piemonte e la Liguria, a nord con la Lombardia e con il Veneto, a sud con la Toscana, le Marche e la Repubblica di San Marino. È ripartita nelle province di Bologna Ferrara Forlì Modena Parma Piacenza Ravenna Reggio Emilia Rimini; il capoluogo regionale è Bologna. La doppia denominazione di Emilia-Romagna evidenzia l'esistenza di due entità territoriali distinte, che gli eventi storici hanno separato per secoli; tuttavia (a differenza delle altre regioni italiane con doppia denominazione, cioè il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia) la regione ha caratteristiche unitarie.
L'Emilia deriva il suo nome dall'antica strada romana, la via Emilia appunto, realizzata nel II secolo a.C. dal console Marco Emilio Lepido, che collegava e collega tuttora Rimini (l'antica Ariminum) con Piacenza (Placentia), cioè l'Adriatico con la Pianura Padana; essa mette inoltre in comunicazione Forlì, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma, complessivamente ben sette degli odierni nove capoluoghi di provincia, e sin dall'antichità è sempre stata una delle più importanti arterie stradali d'Italia. Anche la sezione regionale affacciata sull'Adriatico, cioè la Romagna (che comprende le province di Ravenna e Rimini), deriva il suo nome dall'epoca romana.
L'Emilia-Romagna si estende per 22.124 km e conta una popolazione di 3.920.815 abitanti (1995); è tra le più vaste regioni d'Italia, ma ha una densità di popolazione (177 abitanti per km ) leggermente inferiore alla media nazionale, che è di 190. I confini fisici della regione sono ben delineati: a sud sono rappresentati dai rilievi dell'Appennino tosco-emiliano e da una sezione di quello ligure, a est dal mare Adriatico, a nord in larga parte dal corso medio e inferiore del fiume Po
Il territorio
Paragonabile a un vasto triangolo compreso tra Appennini, Po e mare Adriatico, l'Emilia-Romagna ha una struttura morfologica piuttosto semplice. Tratto caratteristico della morfologia regionale è il trapasso da una zona altimetrica all'altra, che raramente assume aspri contrasti: il paesaggio ha quasi ovunque forme morbide e dolci. Il 48% del territorio è occupato da una vasta sezione della Pianura Padana; la restante superficie comprende, in parti quasi eguali, una fascia montuosa e una collinare.
All'estremità occidentale la regione occupa solo un breve settore dell'Appennino ligure, incuneato, con alcuni massicci che superano i 1700 m di quota (monti Lesima, Penna, Maggiorasca), tra Lombardia, Piemonte e Liguria, con i quali è condiviso; esso termina per convenzione al passo della Cisa m), attivissima via di comunicazione percorsa dalla strada e dall'autostrada Parma-La Spezia. Appartiene invece alla regione quasi tutto il versante settentrionale dell'Appennino tosco-emiliano. Questa sezione appenninica non presenta una linea continua di crinale, ma è costituita da tronconi di varie catene, ciascuna delle quali per breve tratto forma lo spartiacque tra i fiumi che scendono all'Adriatico e quelli che sfociano nel mar Tirreno, separate da valli poco profonde, secondo la cosiddetta disposizione 'a quinte'. Ha cime non aspre e che solo in alcuni casi superano i 2000 m; la massima elevazione è rappresentata dal monte Cimone (2165 m). Sono caratteristiche di questo tratto dell'Appennino le molte dorsali che si diramano dalla principale linea di cresta, determinando una tipica morfologia a pettine; alle dorsali montuose fa seguito una fascia di modeste alture collinari (Subappennino).
Le forme del rilievo sono determinate soprattutto dalla natura delle rocce, che alternano formazioni tenere e quindi facilmente soggette all'erosione ad altre molto compatte e resistenti; vi è comunque una diffusa presenza di terreni argillosi friabili, che costituiscono il fattore determinante la morbidezza delle forme, ma che sono facile preda dell'attività erosiva, soprattutto da parte delle acque di scorrimento. Si formano in questo modo i cosiddetti calanchi, piccoli solchi fittamente e minutamente ramificati e soggetti a erosione accelerata. Frequenti sono perciò le frane, sia nell'Appennino sia nel Subappennino.
I valichi transappenninici annoverano, oltre al citato passo della Cisa, tra Emilia, Toscana e Liguria, quelli non meno importanti che raccordano la regione con la Toscana, tra cui i passi della Porretta (932 m), percorso appunto dalla Porrettana, cioè la rotabile Bologna-Pistoia, quello dell'Abetone (1388 m) e quello della Futa (903 m), percorso dalla statale Bologna-Firenze.
La pianura, che procedendo da ovest verso est si allarga progressivamente, digrada dolcemente verso l'Adriatico, senza presentare quella discriminazione, piuttosto netta sul lato alpino della Pianura Padana, tra alta pianura, ciottolosa e piuttosto arida, e bassa pianura, ben irrigata e assai fertile. La pianura emiliano-romagnola, formata dai depositi lasciati dai molteplici fiumi che scendono dall'Appennino, è infatti quasi ovunque fertile, eccettuata la sezione settentrionale della fascia costiera, dove i terreni sono salmastri e paludosi.
Il litorale adriatico, tipicamente basso e non adatto ai porti, presenta due zone ben diverse. A nord, tra il tratto emiliano del delta del Po (in provincia di Ferrara) e la foce del fiume Reno, si sussegue una serie di aree depresse, con lagune, isolotti fangosi e terreni paludosi: è una zona instabile, soggetta alternativamente alle alluvioni fluviali e alle ingressioni del mare. La più vasta depressione corrisponde alle cosiddette Valli di Comacchio (il nome valle deriva dall'argine, vallum in latino, eretto a difesa dei terreni); già all'inizio di questo secolo si estendeva per circa 500 km , quasi un quinto del territorio della provincia di Ferrara, ma è stata poi quasi interamente prosciugata e bonificata per renderla adatta all'agricoltura, ormai fiorente. Dalla foce del Reno sino al confine con le Marche il litorale è uniforme e sabbioso; la pianura retrostante ha terreni compatti e fertili.
Il Reno (211 km di lunghezza, 4626 km di bacino idrografico) è il più lungo fiume dell'Emilia-Romagna, nonché l'unico rilevante corso d'acqua che non sia un affluente del Po; ha le sue sorgenti nel monte Cimone e sfocia nell'Adriatico subito a sud delle Valli di Comacchio. Il Po, che segna il confine con la Lombardia, eccetto che in corrispondenza della provincia di Mantova (Oltrepò Mantovano), riceve tutti i corsi d'acqua emiliani a nord del Reno. I principali sono il Taro (125 km), che nasce dal monte Penna, nell'Appennino ligure, la Secchia (172 km) e il Panaro (148 km), che nascono entrambi nell'Appennino tosco-emiliano. Caratteristica comune a tutti i corsi d'acqua della regione, alimentati solo dalle precipitazioni, è il regime molto incostante, con piene primaverili e autunnali, e magre estive.
Clima e ambiente
Il clima è di tipo semicontinentale in quasi tutta la regione, con una predominanza di estati calde e inverni rigidi. Da un lato le montagne non sono così alte da incidere in modo sostanziale sugli andamenti meteorologici, dall'altro l'influsso mitigatore del mar Adriatico non è così marcato come lungo le coste più meridionali del Mediterraneo. La temperatura media annua a Bologna è di 14 °C, passando da una media invernale di 2 °C a una media estiva di 25 °C (è una variazione termica annua notevole, che ben sottolinea la continentalità del capoluogo emiliano). Sulla costa i valori cambiano in media di circa 2-3 °C: gli inverni sono quindi freschi e le estati meno calde, ma soprattutto non si registrano gli eccessi delle zone interne. La media della piovosità per la regione è sui 750 mm annui; le precipitazioni più copiose (sui 1500 mm) cadono sui rilievi, mentre le aree più asciutte (sui 600 mm) sono il delta del Po e le Valli di Comacchio. I minimi delle precipitazioni si hanno d'estate, i massimi si verificano in autunno e in primavera; gli inverni sono relativamente nevosi. Infine, nel tardo autunno e in inverno, a nord della linea Bologna-Ravenna si possono formare nebbie anche molto fitte.
L'Emilia-Romagna presenta vari problemi ambientali e la protezione della natura è ancora limitata a poche zone. Tra queste si ricordano il parco regionale del Delta del Po (condiviso con il Veneto), il parco delle Foreste Casentinesi (condiviso con la Toscana) e il Bosco della Mésola, presso Ferrara. Nella zona appenninica la già ricordata diffusa presenza di rocce tenere e poco resistenti, come le argille, fa sì che la regione abbia la più alta percentuale di frane di tutta l'Italia settentrionale e centrale (più di dieci aree soggette a frane ogni 100 km , il doppio della media nazionale); solo la Basilicata e il Molise registrano valori più elevati. Nella zona di pianura e in quella costiera i maggiori danni all'ambiente derivano invece dall'inquinamento delle acque. Scarichi della lavorazione delle industrie, fertilizzanti, diserbanti, antiparassitari, liquami provenienti dagli allevamenti del bestiame penetrano nei terreni, sono immessi nel Po o riversati direttamente nell'Adriatico, considerato un mare ormai a rischio.
Il corso del Po è quasi tutto inquinato, ma uno dei tratti di massimo inquinamento è proprio quello emiliano, nei pressi di Ferrara. Alla fine degli anni Ottanta si sono avuti, nel tratto dell'Adriatico antistante la costa emiliano-romagnola, fenomeni molto gravi di eccessiva proliferazione delle alghe e di altre specie vegetali, la cosiddetta eutrofizzazione (letteralmente, supernutrizione: vedi Inquinamento delle acque). Essa impedisce la normale ossigenazione delle acque marine, determinando la morte dei pesci; inoltre deturpa l'ambiente naturale, arrecando forti disagi al turismo balneare, la cui capitale italiana è proprio Rimini.
Flora e fauna
La vegetazione originaria è quasi ovunque scomparsa. Dei boschi di pianura sopravvive solo quello già ricordato della Mésola, formazione litoranea di lecci e pini. Sui rilievi prevalgono i castagneti, ma si tratta in genere di boschi molto degradati, inframmezzati da sterpaglie e arbusteti. A sud di Ravenna, in particolar modo attorno a Cervia, si hanno belle pinete, per gran parte dovute a impianto; sempre opera dell'uomo sono i boschi di conifere di Sestola (in provincia di Modena) e di altre località turistiche dell'Appennino.
Anche la fauna originaria è scomparsa quasi ovunque; la pianura è ormai pressoché solo destinata all'allevamento (si ricordano i rari esemplari di cervi che popolano il bosco della Mésola), mentre la montagna è priva di aree protette, che in altre regioni appenniniche (l'Abruzzo, ad esempio) hanno consentito la sopravvivenza di specie naturali. Anche se ridotte a circa 100 km, le Valli di Comacchio restano l'unica zona naturalistica di interesse. Vi crescono canneti e specie vegetali resistenti all'acqua e alla salsedine, dove trovano un habitat particolarmente favorevole anguille, cefali e altri pesci, e soprattutto gli uccelli acquatici, come germani, folaghe, rondini di mare.
Economia
Tra le grandi regioni d'Italia, solo la Lombardia supera, anche se di poco, l'Emilia-Romagna quanto a reddito annuo per abitante (più di 32 milioni). Due sono gli elementi che si possono indicare come più significativi del successo economico dell'Emilia-Romagna: un omogeneo sviluppo dei vari settori produttivi e una diffusa localizzazione nel territorio delle aziende agricole e industriali, in genere medie e medio-piccole, create con capitali in massima parte di provenienza regionale. Così gli elevati rendimenti dell'agricoltura si affiancano a un'industria ben diversificata, a intensi scambi commerciali e a un turismo molto consistente.
Oltre a questi fattori strutturali, va segnalato un livello di cooperazione molto forte, di antica origine, e di conseguenza una relativamente bassa conflittualità di natura sociale; così l'Emilia-Romagna, una regione quasi totalmente priva di risorse minerarie ed energetiche (ha solo alcuni giacimenti, rivelatisi peraltro molto modesti, di petrolio e gas naturale), si colloca tra le più produttive regioni d'Italia. E, cosa non meno importante, allo stesso tempo la regione ha svolto quasi ovunque un attento controllo sugli sviluppi territoriali, così da evitare molti dei guasti che si sono verificati in altre aree italiane, coinvolte in analoghi processi di forte incremento produttivo. La difesa dei centri urbani e delle peculiarità regionali è stata perseguita con una politica rivolta a mantenere gli equilibri della zona, impedendo la corsa incontrollata verso le città, l'edilizia selvaggia, l'eccessiva concentrazione delle industrie, ecc. Alcune delle città emiliane (Modena, ad esempio), oltre a detenere da anni il primato nazionale quanto a reddito per abitante, sono ritenute tra le città nelle quali è più piacevole abitare e dove è più alta la dotazione di servizi pubblici; tra le metropoli italiane, Bologna supera nettamente qualsiasi altra per qualità della vita.
Agricoltura
Questo settore contribuisce in misura notevole alla prosperità della regione. Esso può contare su ampie superfici di terreni naturalmente fertili e ben irrigati, e di altri terreni in cui la conquista agraria si è attuata grazie a un paziente e secolare lavoro di bonifica. Ma soprattutto è un settore che da tempo si è organizzato in modo razionale.
L'Emilia-Romagna non è terra di grandi proprietari, dove la conduzione è affidata a salariati, a braccianti, spesso precari (come accadeva prima delle grandi rivendicazioni sociali del XIX e XX secolo), poco pagati e quindi poco interessati a incrementare le produzioni, così come non è terra di piccola proprietà, volta all'autoconsumo diretto. È invece una regione in cui pressoché tutti i comparti economici poggiano largamente su cooperative, che oggi sono circa 12.000 in tutta la regione, rivolte alla produzione, alla distribuzione commerciale, alla lavorazione industriale, tra loro interconnesse. Infatti la fiorentissima agricoltura è da almeno un secolo finalizzata agli scambi dei singoli prodotti e alla loro trasformazione. La sua impostazione si basa perciò su un notevole apporto di macchine agricole, di fertilizzanti, di capitali per migliorare le tecnologie. Funzionalmente le diverse colture vengono praticate sui terreni più adatti, per cui si hanno aree di differenti specializzazioni. Mediamente la produttività risulta superiore alla media nazionale.
L'Emilia-Romagna, che nel suo complesso fornisce il più alto reddito agricolo d'Italia, detiene il primato nazionale per la produzione di frumento (quasi un quinto della produzione italiana), delle barbabietole da zucchero (un terzo del totale nazionale), di vari prodotti ortofrutticoli (pesche, prugne, cocomeri, cipolle, fagioli freschi, ecc.), ed è ai primissimi posti per uva e vino (tra i vini più famosi vi sono il Lambrusco, il Sangiovese e l'Albana). Le zone di più alta concentrazione delle aziende agricole sono il Ferrarese (cereali e barbabietole da zucchero) e le province di Ravenna e di Forlì (frutta e ortaggi).
Del settore zootecnico, non meno rilevante e ottimamente organizzato, è soprattutto importante l'allevamento dei bovini da latte e dei suini (per entrambi la regione è al secondo posto, dopo la Lombardia), al servizio di un'industria di trasformazione di notorietà anche internazionale (formaggio parmigiano-reggiano, prosciutti di Parma, mortadella di Bologna, cotechini e zamponi di Modena). Un'attività particolare, di entità non trascurabile, è l'allevamento delle anguille nelle Valli di Comacchio.
Industria
L'industria agro-alimentare (lattiero-casearia, enologica, degli insaccati, degli zuccherifici, ecc.) è il settore industriale più noto dell'Emilia-Romagna. Ma la ricchezza agricola di partenza ha consentito alla regione un decollo completamente autonomo (cioè senza l'aiuto di capitali extraregionali o statali) in quasi ogni settore manifatturiero. Senza tradire la propria tradizione, basata su aziende medio-piccole, con una vasta diffusione sul territorio, una gestione spesso familiare e un'origine artigianale, l'industria della regione dispone di una gamma ormai pressoché completa di produzioni. Settori altamente competitivi sono quello meccanico, anche di altissimo prestigio (come la casa automobilistica Ferrari a Maranello, in provincia di Modena, che ha fama mondiale) e quello tessile.
Vi sono poi diversi 'distretti industriali', cioè aree organizzate per fornire, grazie all'aggregazione di piccole o medie aziende, un solo prodotto. I due più noti distretti industriali, entrambi in provincia di Modena, sono quello delle ceramiche e delle piastrelle (a Sassuolo) e dei manufatti in maglia (a Carpi). Tra le poche grandi industrie di base, realizzate anche con capitali esterni, si ricordano i complessi chimici e petrolchimici di Ravenna, cui si lega la valorizzazione portuale della città, principale sbocco sul mare della regione.
Attività terziarie
L'Emilia-Romagna ha un settore terziario particolarmente sviluppato, a cominciare dagli scambi commerciali. La sua stessa posizione geografica la rende un'area di collegamento tra la Pianura Padana e l'Italia centrale e meridionale. Bologna ha un complesso fieristico destinato alle esposizioni internazionali che è preceduto, in Italia, solo da quello di Milano.
Attraversa l'Emilia-Romagna una fittissima rete di vie di comunicazioni stradali, autostradali e ferroviarie. Sempre intensissimo è il traffico sulla via Emilia (l'asse ferroviario corre parallelo a questa arteria, già così sapientemente scelta dai romani); mediante l'autostrada del Sole, anch'essa parallela all'antica direttrice, Bologna è collegata con Milano e Firenze, mentre un altro tronco la raccorda con Rimini. Come nodo di traffico Bologna è preceduta solo da Milano; quasi tutti i treni tra il Nord e il Sud d'Italia passano per il capoluogo emiliano. Sempre a Bologna funziona un grande interporto, l'area cioè in cui si svolge lo smistamento diretto delle merci dai veicoli su gomma a quelli su rotaia e viceversa. Ravenna è uno dei principali porti dell'Adriatico. I servizi aerei dispongono degli scali di Bologna-Borgo Panigale (internazionale) e di quello, più modesto, di Rimini.
Il turismo infine, soprattutto quello balneare della Riviera romagnola (ravennate e riminese), costituisce una delle maggiori fonti di ricchezza emiliana. La sua struttura di fondo è quella tipica della regione: piccoli alberghi e pensioni a gestione diretta, che possono battere la concorrenza con il contenimento dei costi e quindi dei prezzi. Nei 50 km di spiaggia tra Cervia (provincia di Ravenna) e Cesenatico (provincia di Forlì) si contano circa 5000 alberghi e pensioni. Ma il panorama turistico della regione offre anche ricche città d'arte (tutti i capoluoghi di provincia, ma non solo quelli), alcune delle quali furono splendide capitali di piccoli stati, come Parma, Ferrara, Modena. Non mancano stazioni termali frequentate, come Salsomaggiore Terme, e sono in via di sviluppo centri montani come Séstola (in provincia di Modena) e diverse stazioni sciistiche sull'Appennino.
Popolazione e città
La regione ha, in assoluto, la più omogenea distribuzione della popolazione d'Italia. Non solo non esiste una vera metropoli che superi le altre città, ma, al contrario, tutti i capoluoghi di provincia superano i 100.000 abitanti senza arrivare ai 200.000 (fatta eccezione per Bologna, che sfiora i 400.000); tutte le province hanno una densità superiore ai 100 abitanti per km
Pur essendosi verificata, qui come in qualsiasi altra regione italiana, una forte emigrazione dalle campagne alle città, lo sviluppo urbano è sempre stato tenuto sotto controllo dall'amministrazione regionale. Inoltre, il ricco passato storico di quasi tutte le città emiliane e il forte senso dell'orgoglio locale hanno evitato l'eccessiva preponderanza di un centro rispetto agli altri. La popolazione, comunque, presenta un minimo di densità nella zona appenninica e subappenninica e due aree di massima concentrazione. Queste si trovano tradizionalmente nella fascia pedemontana attraversata dalla via Emilia, che tocca tutti i capoluoghi provinciali, a eccezione di Ravenna e di Ferrara, e lungo la fascia litoranea adriatica, di sviluppo recente. L'insediamento lungo queste due direttrici è pressoché continuo: si può parlare di città lineari, che aggregano i piccoli e grandi centri che vi si succedono uno dopo l'altro. Quanto a entità numerica, la situazione demografica è per lo più stazionaria. L'Emilia-Romagna ha conosciuto in modo molto limitato i fenomeni dell'emigrazione, così come dell'immigrazione. Il tasso di natalità è basso (7,1% nel 1993), così come quello di mortalità (11,4% nel 1993).
Storia
Preistoria e dominazione romana
Già nell'era preistorica, in cui i gruppi umani si stabilizzarono sul territorio cominciando a praticare l'agricoltura, si evidenziò una linea di separazione tra due differenti aree geografiche e culturali, che hanno connotato anche le epoche storiche successive. Il fiume Panaro costituisce lo spartiacque tra le due aree: a ovest di questo, con addensamenti nei territori di Parma e di Modena, durante l'età del Bronzo, si sviluppò la cosiddetta civiltà delle terramare, caratterizzata da abitati protetti da argini di terra, da capanne su palafitte e dalla pratica della cremazione dei morti. La zona a oriente del Panaro fu interessata dalla cultura villanoviana, nella quale si registrò la transizione dagli insediamenti sparsi alle forme preurbane e ai primi collegamenti territoriali complessi: il suo nome deriva da un gruppo di tombe rinvenute a Villanova di Castenaso, nei pressi di Bologna.
Verso la fine del VI secolo a.C. si irradiarono le influenze etrusche che raggiunsero le protocittà di Fèlsina (l'attuale Bologna), di Spina, centro di scambio commerciale collegato con la Grecia, e di Misa (Marzabotto). Alla metà del IV secolo a.C. l'invasione dei galli boi fece regredire l'organizzazione di impronta etrusca, ma fu ben presto bloccata dall'avanzata romana, che iniziò nel III secolo dopo la vittoria sui galli a Sentino (295 a.C.). Muovendo da Ariminum (Rimini), fondata nel punto terminale della via Flaminia, i romani attuarono una rapida conquista che modificò in breve il territorio, a partire dalla costruzione della strada rettilinea che congiunge Piacenza a Rimini, voluta dal console Marco Emilio Lepido: lungo la via Emilia si organizzò sia la colonizzazione delle campagne sia la crescita del tessuto urbano. Grazie alla fertilità del suolo e alla consistenza demografica, la regione divenne una delle terre più ricche di tutto l'impero romano. Dal punto di vista politico-amministrativo, dopo una fase in cui risultò aggregata in una sola unità militare, all'inizio del III secolo d.C. venne divisa in due aree, la prima a occidente, tra Bologna e Piacenza, la seconda a oriente lungo la strada Flaminia: quest'ultima acquisì importanza con l'imperatore Onorio, il quale, nel 402, trasferì la sede imperiale a Ravenna, la città cresciuta nei pressi dell'antico porto militare di Classe.
Dal Medioevo alle signorie rinascimentali
Sotto la dominazione longobarda (568) si approfondì la frattura tra la Romania, collegata all'impero di Bisanzio, e l'area occidentale della regione connessa alla Langobardia, tra loro separate da un confine mobile che correva tra Bologna e Modena. La successiva dominazione dei franchi comportò per la regione un'ulteriore specificazione tra la zona romagnola, donata da Pipino il Breve a papa Stefano II, e quella occidentale che si strutturò secondo il modello franco delle contee. Il dissolvimento del potere centrale, conseguente alla caduta dell'impero carolingio, determinò il sorgere di molteplici signorie, il cui ambito di sovranità però non andò al di là dei confini locali, con l'eccezione della signoria dei Canossa, che ai tempi della principessa Matilde partecipò allo scontro tra papato e impero. Durante l'età dei Comuni l'Emilia-Romagna fu una delle terre nelle quali il movimento municipalista si manifestò con durevoli conseguenze istituzionali e culturali, sottolineate dalla fondazione nel 1188 dell'Università di Bologna, la prima in Europa. Al tramonto del Medioevo la regione vide l'affermarsi di signorie cittadine, che divennero il fulcro del risveglio civile e intellettuale nell'età dell'Umanesimo e del Rinascimento: i Visconti a Parma e a Piacenza, gli Estensi a Ferrara, i Malatesta a Rimini, i Da Polenta a Ravenna sono i nomi di maggiore spicco.
Nel XVI secolo, superate la sfida espansionistica lanciata dalla Repubblica di Venezia e le lotte tra impero e Francia per il controllo del Nord Italia, il quadro della regione si stabilizzò in un equilibrio prettamente rinascimentale, sul quale la Chiesa esercitava una notevole influenza, diretta e indiretta. Frutto della volontà nepotistica di papa Paolo III fu il nuovo stato dei Farnese, che controllava i territori di Parma e Piacenza; la presenza papale si allargò con l'acquisizione di Ferrara nel 1598, unita alle precedenti legazioni pontificie di Bologna e Ravenna. L'equilibrio cinquecentesco rimase inalterato fino a che l'estinzione dei Farnese non creò i presupposti per il passaggio di Parma prima agli austriaci e poi, nel 1748, ai Borbone, che ne fecero le basi della loro originale politica antiecclesiastica, capace di attivare energie intellettuali reclutate nel mondo dell'illuminismo francese.
L'età contemporanea
L'esperienza rivoluzionaria e napoleonica nell'Emilia-Romagna fu il punto di partenza di un attivo movimento giacobino, coinvolto nelle diverse fasi della lotta politica e nelle trasformazioni istituzionali sperimentate nella regione (prima la Repubblica Cispadana, poi la Repubblica Cisalpina, che confluirono entrambe nella repubblica italiana e quindi nel Regno d'Italia, nel 1805, con l'esclusione di Parma e Piacenza, passate sotto il diretto dominio della Francia). Nel corso del Risorgimento l'Emilia-Romagna fu coinvolta in un'intensa attività patriottica, culminata nei moti del 1831, nelle insurrezioni del 1848 e infine nei plebisciti del 1859, con cui fu sancita l'annessione al Piemonte. Cuore del capitalismo agrario di fine Ottocento, la regione visse le tensioni e i fermenti di quella trasformazione, esemplificati dal radicamento di un associazionismo contadino a base cooperativistica, di impronta ideologica socialista e anarchica, che animò intense lotte sociali nel corso dell'età giolittiana
Durante la seconda guerra mondiale la regione fu l'epicentro dei violenti scontri tra tedeschi e alleati nell'ultima fase del conflitto, culminati nei combattimenti lungo la linea gotica; fu teatro altresì del movimento antifascista, le cui azioni militari furono contrastate dai nazifascisti con ogni mezzo, non ultimo le rappresaglie, delle quali la strage di Marzabotto costituisce l'episodio più drammatico. Nel dopoguerra riprese a vivere la tradizione popolare socialista, a cui i partiti operai, in particolare il Partito comunista, diedero un orientamento riformistico che si espresse nella gestione di molti enti locali, divenuti punto di forza di una regione governata da maggioranze di sinistra. Vedi anche Italia
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