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EBRAISMO
L'iniziatore della religione ebraica è Abramo. La Bibbia insegna che Dio elesse questo patriarca affinché comandasse ai suoi figli e ai discendenti di "obbedire alla voce di Dio praticando la virtù". Nelle alterne vicende della sua storia, questo fu l'anelito della parte più responsabile del popolo ebraico. Per ebraismo si intende quel determinato aspetto della storia ebraica che, sorto e sviluppatosi nell'esilio babilonese e nel periodo posteriore all'esilio, ebbe la svolta definitiva nel 70 d.C. con la distruzione del tempio di Gerusalemme e, più tardi, nella repressione romana della seconda guerra giudaica (135 d.C.). A partire dalla distruzione del Tempio, al culto sacrificale si sostituì quello sinagogale (le preghiere e la lettura della Legge e dei Profeti), che già era stato istituito nell'esilio babilonese.
Bisogna precisare che per gli Ebrei la Bibbia consta solamente dei libri scritti in ebraico e giunti fino a noi in tale lingua (cioè la Bibbia ebraica ha tutti i libri protocanonici, non ha invece i libri deuterocanonici): non corrisponde quindi integralmente alla Bibbia che i cristiani chiamano Antico Testamento. Secondo gli Ebrei la Bibbia si divide in tre parti: la Legge di Mosè o Pentateuco, detta semplicemente Tora; i Profeti, detta Nebi'im; e gli Scritti, detta Ketubim. La parte principale è la prima, la Tora (parola che significa legge e dottrina), che contiene i testi principali della religione ebraica. La Tora rappresenta la Legge scritta. Ma esiste anche una "legge orale" la cui origine, secondo la tradizione ebraica, risale a Mosè e integra la Tora che non sempre fornisce le necessarie precisazioni all'attuazione dei numerosi comandamenti. Questi insegnamenti trasmessi per via orale di generazione in generazione sono stati messi per iscritto verso il 200 dell'era volgare dal rabbi Giuda Hanassi, e fu dato loro il nome di Mishna. Questa, a sua volta, fu commentata dalle scuole rabbiniche palestinesi e babilonesi: il complesso di questi commenti, detto Ghemara, insieme con la Mishna costituisce il Talmud, la cui redazione definitiva risale al V sec. d.C. ed è stata compiuta a Babilonia.
Il teologo ebreo Maimonide (1135-1204) fissò i seguenti tredici articoli di fede dell'ebraismo: 1. Dio è il Creatore e la Provvidenza del mondo; 2. Egli è uno e unico; 3. Egli è spirito e non si può rappresentare sotto alcuna forma; 4. Egli è eterno; 5. Dobbiamo rivolgere le nostre preghiere soltanto a Lui; 6. Tutte le parole dei profeti d'Israele sono veritiere; 7. Il più grande di tutti i profeti è stato Mosè; 8. La Legge, tale e quale è conosciuta dagli Ebrei, è stata dettata da Dio a Mosè; 9. Nessuno ha il diritto di sostituirla o di modificarla; 10. Dio ricompensa chi obbedisce ai suoi comandamenti e punisce i trasgressori; 11. Egli conosce tutte le azioni e tutti i pensieri degli uomini; 12. Dio invierà il Messia, annunziato dai profeti; 13. Egli riporterà in vita i morti.
La professione di fede ebraica è costituita dalle parole di Mosè: "Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo". È questa l'affermazione fondamentale: il monoteismo. L'essenza divina tuttavia sfugge ai credenti: a Mosè, che gli chiedeva di rivelargli la sua gloria, Dio rispose: "Tu non potrai vedere il mio volto perché nessun uomo può vedermi mentre è in vita".
La Bibbia pone in risalto gli attributi morali di Dio: la santità, l'amore, la bontà, la giustizia, la clemenza, la magnanimità. Dio creò il mondo con la bontà. La carità, da sola, non può assicurare la conservazione della società umana e perciò la Bibbia insiste sulla necessità della giustizia. L'umanità costituisce una grande famiglia discendente da un'unica coppia, Adamo ed Eva, entrambi creati da Dio. Adamo fu formato con la terra nella quale poi Dio insufflò lo spirito vitale: i rabbini del Talmud spiegano che questa terra fu presa da diverse parti del mondo, affinché in tutti i paesi gli uomini si sentano a loro agio. Spiritualmente, l'uomo è stato creato a immagine di Dio; è dotato di libero arbitrio, ma la Tora lo scongiura a fare sempre il bene; se pecca, può da solo impetrare il divino perdono, senza l'ausilio di alcun mediatore: è necessario tuttavia un pentimento sincero, la riparazione del male fatto e il miglioramento della propria condotta. La ricompensa delle azioni umane o il castigo hanno luogo in questa vita terrestre e nella vita spirituale dopo la morte. L'anima è immortale. La felicità eterna consiste nella visione beatifica delle divine perfezioni.
Alla fine dei tempi, l'umanità conoscerà la felicità dell'era messianica. Il Messia, discendente di David, non sarà un essere divino, ma un uomo sul quale "si poserà lo Spirito di Dio, spirito di saggezza e di intelligenza, di consiglio e di forza, di scienza e di timore di Dio". Gli uomini vivranno in concordia, uniti dalla fede nel Dio unico: "Le spade diventeranno vomeri d'aratro e le lance roncole, e non si insegnerà più l'arte della guerra".
La religione ebraica è la madre di tutte le confessioni bibliche: cattolicesimo, protestantesimo, maomettanesimo. Secondo due celebri teologi del medioevo, Giuda Halevi e Maimonide, queste religioni preparano la strada all'avvento del Messia. L'ebraismo insegna che tutte le confessioni e ogni dottrina sono apportatrici di salvezza per mezzo dell'osservanza delle sette leggi (dette anche "noaitiche") date da Dio a Noè e alla sua discendenza, comprendenti l'allontanamento dell'idolatria e l'astensione dall'immoralità.
La religione ebraica si presenta come un'alleanza, o patto, tra Dio e i patriarchi e la loro discendenza: Dio infatti scelse i patriarchi e la loro discendenza affinché diffondessero il suo culto tra i popoli. D'altra parte, questa alleanza impegna i figli di Israele a essere fedeli a Dio e alla sua Legge. La religione ebraica è orientata verso l'azione, verso l'adempimento della volontà di Dio. I comandamenti di Dio più importanti sono stati promulgati nel decalogo e i doveri verso Dio si possono riassumere in queste due sentenze della Legge: "Tu amerai Jahvé, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze"; "Dovete essere santi, perché santo sono io, il Signore vostro Dio". Di qui l'origine del culto, delle leggi di "purità" cultuale, la circoncisione, le prescrizioni alimentari.
Le leggi verso gli uomini derivano dal versetto della Legge: "Tu amerai il tuo prossimo come te stesso": con la parola "prossimo" bisogna intendere anche lo straniero, come è precisato da un altro versetto del medesimo capitolo della Legge: "Amerai lo straniero come te stesso". Hanno di qui origine numerose imposizioni caritative e sociali, come l'obbligo di aiutare gli altri: così, ad es., l'obbligo di aiutare i poveri, di lasciare loro, durante la mietitura, un angolo del campo, di permettere loro di seguire i mietitori per raccogliere le spighe cadute, ecc. La Legge non è però una semplice raccolta di precetti religiosi e morali, ma anche una legislazione destinata a un popolo appena costituito e che, liberato dalla schiavitù egiziana, deve ancora crearsi tutte le istituzioni politiche, giuridiche, sociali. Contiene perciò norme riguardanti l'applicazione della giustizia, il trattamento degli schiavi, l'ordinamento della guerra, ecc. A questo gruppo appartiene la legge del taglione: "occhio per occhio, dente per dente", principio giuridico sul quale hanno da regolarsi i giudici incaricati di amministrare la giustizia, e non semplice precetto morale. Ma poiché, al contrario, la Legge proibisce formalmente la vendetta, il taglione deve intendersi non come fatto materiale, ma come obbligo ai tribunali di proporzionare la pena al delitto.
I giorni festivi degli Ebrei sono: il sabato (in ebr. shabbat); le feste con pellegrinaggio (una volta) a Gerusalemme: la Pasqua (pesah), la Pentecoste (shabuot), i Tabernacoli (sukkoth), feste, queste tre ultime, ognuna delle quali ricorda un evento storico, cioè, nell'ordine: l'uscita dall'Egitto, la promulgazione del decalogo sul monte Sinai, il soggiorno di quarant'anni nel deserto dopo l'uscita dall'Egitto. Le celebrazioni penitenziali sono: il primo giorno dell'anno (rosh ha- shanà) e il giorno dell'espiazione, o del grande perdono (jom kippur), dedicato interamente alla preghiera e al digiuno. Nei giorni di sabato e nelle altre feste è proibito lavorare.
Vi sono anche feste minori: la festa delle sorti (purim), anniversario della miracolosa liberazione degli Ebrei in Persia, salvati dallo sterminio grazie all'intercessione della regina ebraica Ester, nel IV sec. a.C.; la festa della dedicazione (hanukkà) che commemora la purificazione del tempio di Gerusalemme, restituito al culto divino in seguito alla vittoria di Giuda Maccabeo su Lisia, reggente in luogo di Antioco V Eupatore (165- 164 a.C.): questa festa fu detta anche festa delle luci. La religione ebraica prescrive digiuni anche nei giorni in cui si commemorano eventi tragici della storia del popolo ebraico: il più importante di tali digiuni è quello che ricorda la distruzione del primo e del secondo tempio di Gerusalemme (tisha be-ab). Il sabato, come tutte le altre feste ebraiche e tutti i giorni del calendario israelita, ha inizio alla sera e finisce l'indomani al cadere della notte. Questo uso si richiama alle parole della Genesi a proposito di ogni giorno della creazione, e cioè: "Fu sera e fu mattino".
La liturgia ebraica prescrive tre doveri quotidiani per i giorni feriali: al mattino (shaharit), nel pomeriggio (minha) e alla sera (arbit). Nei sabati, nei giorni di festa e nelle neomenie (che sono l'inizio dei mesi religiosi), dopo la shaharit vi è una preghiera supplementare (mussaf). Nel giorno dell'espiazione vi è eccezionalmente una quinta preghiera posta dopo la minha, a chiusura della solennità religiosa, detta neila.
Nel culto sinagogale, ogni servizio pubblico termina con la proclamazione della speranza d'Israele, che consta di due parti: la prima, contraddistinta dalla preghiera detta 'alênû, contiene le parole del profeta Zaccaria: "In quel giorno Jahvé sarà uno, e il suo Nome sarà uno", annunziante la conversione del genere umano al Dio unico; la seconda, contraddistinta dalla preghiera detta kaddish, chiede a Dio di accelerare l'avvento del suo regno sulla Terra.
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