E' ancora importante la fede nella vita di un
giovane? Quali sono, a tuo avviso, le ragioni della sua importanza o meno? Che
cosa rappresenta nella tua vita personale?
La fede è, a mio parere, un valore che costruisce gran parte della sua
fortuna sulla tradizione, quantomeno per quanto riguarda l'Italia. Infatti, il
fatto che da ormai duemila anni l'Europa sia cristiana, influisce molto
sull'accettazione di questa dottrina da parte dei più. Pochi, secondo me, in particolar
modo tra i giovani, si sono posti seriamente il problema di cosa significhi
credere in Dio, del perché lo si faccia e di cosa, o chi, sia Dio stesso. Con
ciò non voglio dire che nessuno lo faccia, ma molti, piuttosto che interrogarsi
su un argomento complicato come questo, preferiscono accettarlo come dogma,
oppure infischiarsene. C'è tuttavia qualcuno, pochi, purtroppo, ma sempre un
certo numero, che, arrivato di fronte al bivio tra "credere" e "non credere",
non ha imboccato la via più battuta, per comodità, o quella che lo è di meno,
per trasgressione, ma si è fermato per un certo periodo a riflettere su quale
ritenesse la migliore. Solitamente, per quanto ne so io, chi compie questa
pausa, il più delle volte si risolve per la va del "non credere", magari
sbagliando, non scegliendo cioè ciò che veramente sarebbe meglio per lui. Molto
rare sono, a mio avviso, quelle fedi genuine, che possano portare un ragazzo
della mia età, dopo averci riflettuto, a fare la scelta consapevole di credere
in Dio. Più frequentemente accade invece che, non riuscendo a trovare una
spiegazione certa dell'esistenza di Dio, e non essendo disposto con la sola
fede a colmare questo "vuoto di ragione", ci si convinca dell'infondatezza di
tutte le verità su cui si basa la religione e la si abbandoni.
Per quanto riguarda, invece, la stragrande maggioranza dei giovani,
esaminare ogni singolo tipo di fede sarebbe impossibile; quindi, anche se un
po' inadeguatamente, sono costretto a generalizzare. La categoria che, secondo
me, va per la maggiore, è quella di coloro che dicono «Io credo, ma non vado
mai in chiesa». Il mio giudizio sarà condizionato dal mio punto di vista
sull'argomento, ma io non riesco a sopportare questo tipo di persone. Ho
profondo rispetto per coloro che, avendo idee differenti dalle mie, sono ben
saldi su di esse, ma un po' meno verso quelli che "ballano nel manico", che
sono, in questo caso, lì a metà tra credere e non credere, che non vogliono
fare lo sforzo di prendere parte alle funzioni, ma che non osano, forse per
paura di ritorsioni nel caso esistesse, negare l'esistenza di Dio. Ho fatto
l'esempio della partecipazione alle funzioni religiose per la sua semplicità,
ma non considero questo fatto, di per sé, sintomo di fede profonda, anche
perché, nella mia mente, c'è una netta frattura tra religione e Chiesa, o, che
dir si voglia, tra fede e Chiesa, comunque tra quel sentimento intimo che porta
a credere e ad affidarsi interamente a qualcosa di superiore e lo sfruttamento
dello stesso da parte di quella multinazionale.ma lasciamo perdere. Sta di
fatto che, tra coloro che si dicono credenti, tolti quelli citati all'inizio,
rimane una miriade di giovani che della religione non sa assolutamente nulla,
che non si è mai posta problemi in merito, che conosce a malapena due preghiere
da sfoderare a Natale o a Pasqua, ma che, nonostante tutto questo, si dice
anche credente. E poi sgranano tanto d'occhi quando, casualmente giunti
sull'argomento, li si informa del fatto che non si crede; ma quando si domanda
perché invece loro lo facciano, spiazzati, non potendo dire perché mi è stato
insegnato così , non vanno oltre il perché mi aiuta perché non penso che
siamo soli perché credo che con la
morte non possa finire tutto e via di questo passo.
Questa è, secondo me, una fede di convenienza: nessuno crede veramente e
sacrifica magari una parte di sé per la fede, ma si crede in virtù di
potenziali benefici, che siano quelli immediati del conforto nelle difficoltà o
quello, più a lungo termine, della vita dopo la morte.