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COMPITO D'ITALIANO: Analisi del testo della poesia "A Silvia"




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COMPITO D'ITALIANO: Analisi del testo della poesia "A Silvia"


"A Silvia" è una poesia, appartenente alla terza fase degli Idilli, scritta nel 1828 da Leopardi, dopo una pausa riflessiva durata circa cinque anni.

Gli Idilli sono l'ideale romanzo autobiografico di Leopardi; ma mentre i primi appartengono ancora ad un autobiografismo interiore, che isola il protagonista in un deserto oppure lo colloca in rapporti ancora astratti e culturalistici col resto del mondo, i grandi Idilli sono la rappresentazione piena e compiuta del solitario che riconosce se stesso paragonandosi con drammatica immediatezza alle figure della vita reale.

Lo schema della poesia ha molte affinità con quelli precedenti e successivi; infatti, è caratterizzato dalla presenza della figura centrale, oggettivamente descritta e, insieme, carica d'allusioni che le conferiscono un valore di simbolo.

In cinque strofe di varia lunghezza l'autore si rivolge a Silvia, identificabile in Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa leopardi, morta 21enne nel 1818, cioè 10 anni prima della composizione della poesia; infatti, quel che nei versi sembra trascrivere un'impressione ancora attuale e precisa, nasce dalla lunga meditazione per cui la figura della giovane, più che rappresentazione di se stessa, diventa l'emblema del sentimento che l'ha tenuta viva nella fantasia del poeta.

Leopardi le chiede se ricorda ancora il tempo nel quale passava dall'adolescenza alla giovinezza, portando nel cuore i sogni di un avvenire felice.

In questa strofa Silvia è simbolo delle speranze congiunte alla giovinezza, per poi divenire emblema anche dello svanire di questa stessa speranza.

Il tema principale è quello della rimembranza, evidenziato dai sostantivi "rimembri", "tempo",

Non vi è alcuna descrizione fisica di Silvia ma solamente alcuni tratti alquanto indicativi, poiché caratterizzano la sua figura del punto di vista psicologico. Gli "occhi ridenti e fuggitivi" del verso 5e la beltà che in loro risplende donano un senso di serenità e d'aggraziata e innocente irrequietezza; il suo essere "lieta e pensosa' rileva qualcosa di più raccolto ed è l'anticipazione lontana del futuro che attende la giovane.

Nello spazio, intimo e arioso insieme, della sua casa e delle vie dintorno in cui si diffonde il suo canto, Silvia, raccolta sul suo lavoro e abbandonata al suo sogno, vive la propria giornata felice.Il tempo e lo spazio sono sottolineati da quel "maggio odoroso" e "le vie dorate". Altro elemento di contemplazione è il paesaggio che rende chiaro lo stato d'animo del poeta nella rappresentazione della gioia data dalla primavera; le illusioni sia della giovane, sia di Leopardi sia abbandonano alle felici promesse della bella stagione.

L'immagine che descrive, nella strofa seguente, il poeta che interrompe talvolta i suoi studi e si affaccia ala balcone della casa paterna ascoltando il dolce canto della fanciulla e contemplando le vie illuminate dal sole, i colli e il mare, è più un illusorio miraggio e un'ipotizzata felicità che una descrizione oggettiva.

La freschezza rappresentativa ha però un velo di tristezza, caratterizzata da un linguaggio soave ma insieme desolato e malinconico.

La malinconia è data dalle illusioni giovanili, che risultano vane ("vano avvenir" al verso 12) e ingannevoli poiché la gioia di un mondo di sogni e speranze svanisce miseramente nella fredda morte e in una tomba ignuda.

Il canto procede alterando momenti descrittivi ad altri contemplativi, come quello della terza strofa, in cui Leopardi racconta che pensando a quei giorni così felici un sentimento angoscioso lo opprime, tornando così a dolersi della sua sventura. Si chiede perché la natura non mantiene ciò che promette ai suoi figli e li inganna.(verso 36-39)

Leopardi ragionò molto sulla Natura, lasciandone molte tracce nei suoi scritti. La natura stessa, infatti, è colpevole della caduta delle illusioni dell'uomo, condannandolo così ad una morte prematura o ad una sopravvivenza infelice.

Il pessimismo del poeta raggiunge qui il suo apice, in una specie d'invettiva alla natura, sottolineata dal linguaggio che in modo crescente si fa sempre più aspro. Silvia e Leopardi stesso sono rispettivamente simboli della sorte umana. L'autore è contemporaneamente spettatore della vicenda umana, protagonista di un'esile vicenda trascorsa ed evocatore commosso delle morti precoci.

In Silvia vi è la controfigura del poeta e c'è Giacomo stesso acconto a lei, nel duplice autoritratto del giovane studioso, commosso dal canto della fanciulla, e dell'amaro sopravvissuto, oppresso dalla memoria di speranze deluse; sono in due o tre a personificarsi con la speranza, per poi annullarsi nella dissoluzione della fredda morte e della tomba ignuda.(verso 62)

Il tema della morte precoce è al centro del dramma descritto in questa canzone al verso 5-6 "il limtar di gioventù salivi" e 42-43 "e non vedevi il fior degli anni tuoi"

Il dramma personale del poeta è invece descritto al verso 32-35 e 49-52 in cui dice come egli non ha mai goduto della giovinezza poiché ha dedicata questa ad uno studio "matto" e disperatissimo.

Silvia colpita da un male inguaribile moriva prima che l'inverno inaridisse le erbe e così anche le speranze del poeta si spegnevano; per questo egli rimpiange le tante speranze disilluse e l'infelice sorte delle umane genti.

Tra le speranze disilluse proprie del poeta vi era anche quella di poter fuggire da Recanati, suo luogo natio, dove egli viveva in completa solitudine. I soggiorni a Roma e Milano aumentarono solamente il suo pessimismo, poiché egli sperava di trovare delle risposte alle sue domande esistenziali. Il poeta torna a Recanati con la sua triste verità, che la vita cioè è dolore e l'uomo è destinato all'infelicità.

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