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La meravigliosa arte dei suoni
"L'arte si deve necessariamente considerare come il grado più alto, come l'evoluzione più perfetta di quanto esiste; ci offre infatti essenzialmente la stessa cosa che il mondo visibile; ma più concreta, più perfetta, con scelta e con riflessione: possiamo quindi, nel senso vero della parola, chiamarla il fiore della vita."(Schopenhauer)
Nel terzo libro de "Il mondo come rappresentazione", Schopenhauer fa una rassegna di tutte le arti iniziando con l'architettura che esprime l'oggettivazione della volontà nel grado più basso della sua visibilità e finendo con la tragedia che rappresenta l'identica lotta della volontà con se stessa.
Nel §52 capitolo di questo libro, è presa in esame la musica, un'arte totalmente isolata dalle altre arti. "La musica è un'arte così sublime e meravigliosa, di efficacia così grande sui sentimenti più intimi dell'uomo, così facile a comprendersi interamente e profondamente, al pari di una lingua universale oltrepassante in chiarezza la stessa evidenza del mondo intuitivo, che senza dubbio dobbiamo vedere in essa ben più di un puro "exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi" come la definiva Libeniz"; egli infatti, non ne considerava che il significato immediato e esteriore. Se la musica non fosse nulla di più di un "esercizio aritmetico", non dovrebbe dare un piacere più forte di quello che provoca la risoluzione esatta di un problema di calcolo.
La musica invece è "quella gioia intima che sentiamo nel vedere espressa la più profonda interiorità del nostro essere." Essa è "in stretta correlazione con l'intima essenza suprema e del mondo e di noi stessi." L'azione che esercitano le varie arti su di noi è dello stesso tipo e genere della musica, ma l'azione di quest'ultima è più forte, più rapida, meno condizionata e più sicura. La relazione di copia modello tra la musica e il mondo è molto intima:"Si è sempre fatta della musica senza mai riuscire a rendersene conto".
Le idee (in senso platonico) sono l'oggettivazione adeguata della volontà. Il fine delle arti è quello di stimolare l'uomo alla conoscenza delle idee e realizzano il loro ideale mediante la riproduzione di oggetti particolari. Le arti quindi non oggettivano la volontà immediatamente, ma soltanto per mezzo delle idee. La musica, che si spinge oltre le idee, ignora il mondo fenomenico ed è una copia immediata del mondo stesso, esattamente come le idee, e perciò il suo effetto è più potente e penetrante di quello delle altre arti.
Tra la musica e la natura, Schopenhauer riconosce un netto parallelismo: nei suoni più gravi dell'armonia, nel basso fondamentale, riconosce i gradini inferiori di oggettivazione della volontà, mentre nei suoni più acuti e fuggitivi, che nascono da vibrazioni concomitanti del suono fondamentale, riconosce un'analogia con il fatto che in natura tutti i corpi e tutti gli organismi si debbano considerare come sorti dalla graduale evoluzione della massa planetaria, che ne è l'origine. Nella voce superiore che si muove libera e capricciosa, conservando sempre la connessione organica di un pensiero unico, egli riconosce il grado supremo di oggettivazione della volontà, la vita e le aspirazioni coscienti dell'uomo. Inoltre questa teoria ( in cui la voce più acuta rappresenta la piena oggettivazione della volontà di vivere e invece quella più grave è il suo grado più basso) trova spiegazione anche per un fattore fisico. L'orecchio, infatti, preferisce sempre seguire la melodia più acuta: per questo il soprano è il giusto rappresentante della coscienza giunta al massimo dello sviluppo.
La melodia è la storia della volontà e ce ne racconta le vicende più segrete, dipingendo ogni impulso ed ogni slancio. E' proprio per questo motivo che si è sempre detto che la musica è il linguaggio del sentimento e della passione e le parole sono la lingua della ragione. Per l'uomo è naturale concepire desideri, soddisfarli e sognarne di nuovi e così di seguito all'infinito; lo stesso è per la melodia che si allontana incessantemente dal tono fondamentale facendo salti di ogni grado (simbolo del desiderio umano), tornando poi alla tonalità di partenza (simbolo della nostra soddisfazione).
Le analogie che però la musica ha con l'uomo, non hanno che una relazione indiretta: la musica, infatti, non esprime il fenomeno, ma soltanto l'intima essenza, l'in sé di ogni fenomeno; non esprime né gioia né dolore, ce ne dà l'essenza priva di ogni accessorio e non ce ne indica neanche i motivi. "Ecco perché l'immaginazione viene così facilmente eccitata dalla musica: la nostra fantasia cerca di dare una figura a quel mondo di spiriti invisibile, eppur così mosso ed animato, la cui parola vibra direttamente nell'animo nostro". Questa è un'arte autonoma, la più potente di tutte, e perciò raggiunge i suoi scopi solo mediante i propri mezzi: non ha bisogno delle parole del canto o della trama di un'opera.
Per la musica le parole sono un'aggiunta estranea, ma all'ascoltatore spesso è molto gradita l'aggiunta della poesia al suono. Questo succede perché in questo modo, vengono stimolati nello stesso tempo il sentimento (la musica) e la ragione (la parola). Se la musica esprime il sentimento, con la parola noi veniamo a conoscenza anche dell'oggetto di quel sentimento.
La musica puramente strumentale esprime come già detto le passioni e gli affetti umani, ma nella loro forma più pura, senza materia. L'uomo quando ascolta questo tipo di melodia tende a "materializzare" quel mondo, ricoprendolo di fantasia; questo atteggiamento però non ne favorisce la comprensione.
Da tutto ciò che è stato detto ne consegue che il mondo fenomenico e la musica si posso considerare come differenti rappresentazioni di una stessa cosa: la volontà di vivere.
"Ciò che nella musica vi è d'ineffabilmente intimo, che ci attrae come un paradiso familiare, e pur eternamente lontano, che è così incomprensibile, eppur così inspiegabile, sta nel suo riprodurre tutte le commozioni della nostra intima natura, ma senza la loro tormentosa realtà".
La musica ha la capacità di esprimere in modo semplice, tramite semplici suoni, l'in sé del mondo: "se riuscissimo a riprodurre per via di concetti quanto la musica esprime, avremmo insieme ottenuto, per via di concetti, anche una soddisfacente riproduzione o spiegazione del mondo, che sarebbe la vera filosofia". L'armonia si alterna in passaggi dissonanti e consonanti: i primi danno un senso di inquietudine e suscitano il nostro desiderio, i secondi ci danno un senso di pace e di appagamento; e così è la vita dell'uomo, fatta di una continua alternanza di desiderio, paura e tranquillità. Come l'armonia ha solo accordi dissonanti e consonanti, così anche l'uomo conosce solo l'insoddisfazione e soddisfacimento; così come in musica ci sono solo il modo maggiore e il modo minore, esistono solo due stati d'animo: la gioia e il dolore.
Le arti hanno la forza di far dimenticare all'artista le pene della vita; infatti, lo spettacolo, presentato dalla volontà nella sua oggettivazione, seduce l'animo dell'artista che quando entra in contatto con esso, diventa un tutt'uno con la volontà e non si stanca mai di ammirarla e ancor di più di riprodurla. L'esperienza che l'artista fa della volontà di vivere non lo redime per sempre dalla vita, ma bensì solo per un breve momento.
In conclusione, l'arte non è la via che porta all'annullamento della volontà di vivere, ma è una consolazione provvisoria.
"La musica solleva spesso così in alto il nostro spirito da farci credere che essa parli di mondi diversi e migliori del nostro" ma non fa altro che "lusingare la volontà di vivere, in quanto ne rappresenta l'essenza, ne illustra e le illustra il futuro successo, e, alla fine, ne esprime l'appagamento e la soddisfazione." (Schopenhauer)
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