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POXVIRUS
Virus animali di > dimensioni e complessità
I virus che infettano i vertebrati compresi nella sottofamiglia Chordopoxvirinae.
VAIOLO UMANO
È compreso nel genere Orthopoxvirus. X secoli ha rappresentato una costante e grave minaccia in tutti i Paesi del mondo è ormai scomparso dopo la campagna di vaccinazione coordinata dall'OMS. All'inizio degli anni 1980 la malattia è stata eradicata dal pianeta. Il vaiolo è letale nel 30% dei casi. Non esiste una terapia efficace e si può solo prevenirlo mediante vaccinazione che può essere praticata anche qualche giorno dopo l'esposizione al contagio. I ceppi residui di virus del vaiolo sono studiati e mantenuti in laboratori ufficiali ad altissimo isolamento negli USA e in Russia.
MOLLUSCO CONTAGIOSO
È compreso nel genere Mulluscipoxvirus
EZIOLOGIA
L'unico poxvirus, parassita esclusivo della specie umana.
È una malattia caratterizzata dalla comparsa di noduletti epidermici, singoli o multipli che possono insorgere in tutte le zone del corpo ad eccezione della palma delle mani e della pianta dei piedi. Questo virus ha uno spiccato tropismo x le cellule dell'epidermide umana, che rappresenta l'unica sede in cui poter svolgere una replicazione completa.
I noduletti sono di colorito perlaceo, formati da cellule ingrossate che contengono nel citoplasma una voluminosa inclusione eosinofila (formata da ammassi di particelle virali e materiali virus specifici)
Modalità di trasmissione: attraverso piccole lesioni di contino dell'epidermide, x contagio interumano o attraverso oggetti contaminati.
MECCANISMO D'AZIONE PATOGENA
La patogenesi dei tumoretti benigni che formano la lesione caratteristica del mollusco è da far risalire alla ipertrofia delle cellule epidermiche ed è legata alla iperplasia delle cellule corrispondenti dello strato basale, il cui ritmo di moltiplicazione risulta raddoppiato. Le lesioni non invadono mai il derma.
Alcune proteine virus specifiche, presentano una serie di sequenze omologhe a quelle dei recettori cellulari x alcune cheochine induttrici di apoptosi con le quali interferiscono proteggendo le cellule (infette) dalla morte cellulare programmata. Altre proteine virus specifiche presentano sequenze omologhe a quelle presenti in diverse citochine proinfiammatorie con la cui azione interferiscono impedendo un'efficace stimolazione del processo infiammatorio. Un'altra proteina ha strette analogie con la molecola del (MHC I) e possiede la capacità di legare la β2 microglobulina e le impedisce di raggiungere la superficie della cellula, ostacolando la formazione del complesso MHC I funzionale riducendo la presentazione di antigeni virali agli effettori della risposta immune cellulo-mediata.
DIAGNOSI
È clinica, e le lesioni guariscono in seguito all'asportazione dei noduletti x spremitura senza lasciare cicatrici.
HERPESVIRUS
Gli Herpesvirus sono caratterizzati dal fatto di provocare infezioni che dopo l'esaurimento della fase clinica conseguente all'infezione primaria, si mantengono (in genere x il resto della vita) allo stato latente in alcune cellule e sono in grado di riattivarsi in seguito a stimoli diversi, generalmente in concomitanza con una diminuzione della risposta immune cellulo-mediata.
Gli 8 Herspesvirus che interessano la patologia umana sono:
SOTTOFAMIGLIA |
GENERE |
SPECIE |
CELL SEDE INF LATENTE |
alphaherpesvirinae |
Simplexvirus |
Herpes simplex tipo 1
Herpes simplex tipo 2 |
Neuroni gangliari dei nervi sensitivi |
Varicellavirus |
Virus varicella zoster HHV-3 |
||
betaherpesvirinae |
Cytomegalovirus |
Cytomegalovirus umano HHV-5 |
monociti |
Roseolovirus |
Human herpesvirus 6 |
Linfociti T |
|
Human herpesvirus 7 |
|||
Gammahervesvirinae |
Lymphocryptovirus |
Virus di Epstein-Barr HHV-4 |
Linfociti B |
Rhadinovirus |
Human herpesvirus 8 HHV-8 |
Si distinguono 2 virus dell'Herpes simplex:
H. simplex di tipo 1 HHV-1 → è il principale responsabile delle manifestazioni erpetiche cutanee o mucose, localizzate nella cute nella zona periorale (erpes labiale) nella mucosa buccale (gengivo-stomatite erpetica)
H. simplex di tipo 2 HHV-2 → è il responsabile dell'erpes genitale, localizzato sulla cute e sulle mucose genitali maschili e femminili ed è a trasmissione x contagio sessuale.
Il sito dell'infezione nn è un elemento predittivo. Le lesioni cutanee o mucose sono caratterizzate da elementi vescicolosi riuniti "a grappolo" a formare una chiazzetta unica. Le vescicole si accompagnano ad adenopatia satellite e vanno incontro a rottura, lasciando erosioni dolorose che si ricoprono di croste e guariscono spontaneamente.
Si manifesta con una gengivo-stomatite vescicolo-ulcerosa che passa a guarigione spontaneamente. Occasionalmente l'infezione erpetica interessa la cornea e la congiuntiva (x autoinoculazione) e la cheratocongiuntivite porta a gravi compromissioni della capacità visiva. Più rara è l'infezione erpetica a carico dell'encefalo caratterizzata da un'encefalite con lesioni necrotico-emorragiche che può portare a morte.
Dalla sede di infezione primaria i virus migrano lungo le terminazioni nervose sensitive e raggiungono i gangli nervosi sensitivi corrispondenti. All'interno dei neuroni infetti in forma latente il genoma virale acquisisce una configurazione circolare e rimane nella cellula in forma episomiale. Durante la latenza il genoma virale è inespresso tranne x quanto riguarda un mRNA virale (LAT) dimostrabile nel nucleo.
In seguito ad una serie di differenti stimoli, locali (lesioni in corrispondenza della zona cutanea o mucosa innervata dai neuroni sensitivi) o generali (stress emotivi, fisici, ormonali, ipertermia) il virus può essere riattivato e dar luogo ad un ciclo completo di replicazione con la produzione di una progenie virale infettante. Il virus migra lungo le terminazioni nervose sino a raggiungere le zone cutanee o mucose sede della infezione primaria. A seconda dello stato di integrità funzionale del sistema immunitario, l'infezione può essere rapidamente dominata oppure presentarsi in forma sintomatica. La frequenza della riattivazione è correlata alla gravità dell'infezione primaria e al numero dei neuroni infetti latentemente.
Le infezioni ricorrenti rappresentano ulteriori fonti di virus, possono migrare centripetamente a colonizzare un'ulteriore quota di neuroni di gangli nervosi sensitivi.
Gli anticorpi circolanti nn hanno alcuna influenza sulla evoluzione e la frequenza delle manifestazioni cliniche.
Il virus dell'Herpes simplex ha uno spettro d'ospite molto ampio, può infettare tutti gli animali da laboratorio inoculati, e cresce in embrioni di pollo. Nelle colture di cellule produce lesioni degenerative evidenti e le cellule infette presentano inclusioni nucleari.
La diagnosi è possibile con l'isolamento del virus in colture di cellule a partire dal liquido delle vescicole cutanee, dalla saliva, dal liquido cefalorachidiano, dal materiale ottenuto x raschiamento delle ulcere corneali.
L'identificazione si esegue mediante reazioni di immunofluorescenza direttamente sul materiale patologico o sulle colture infettate, impiegando anticorpi monoclonali specifici x i HHV-1 e HHV-2.
Le ricerche sierologiche nn hanno molto significato diagnostico data la presenza di grandi quantità di anticorpi anche nei soggetti con infezione asintomatica.
Sono in corso di sperimentazione vaccini contenenti glicoproteine del peplos che intervengono nelle prime fasi dell'interazione con la superficie della cellula bersaglio purificate da colture cellulari infette. Data la grande diffusione e precocità del contagio potrebbe avere un reale valore profilattico se somministrato poco dopo la nascita
Una riduzione della durata delle manifestazioni cliniche grazie alla guanosina aciclica (aciclovir) un analogo nucleosidico.
La varicella e l'herpes zoster sono 2 malattie causate dallo stesso virus (VZV).
La varicella è un'affezione esantematica tipica dell'infanzia che si contrae x via inalatoria, dopo una incubazione di 14 giorni compaiono papule cutanee, che evolvono in vescicole e quindi in pustole e guariscono talora con piccole cicatrici residue. La malattia guarisce spontaneamente e le complicanze sono rare nei soggetti in grado di presentare una normale risposta immunitaria (cellulo- mediata).
L'Herpes zoster è un'affezione esclusiva dell'età adulta e si verifica solo nei soggetti che hanno sofferto di varicella nell'età infantile.
Clinicamente si manifesta con la comparsa improvvisa di vescicole cutanee nella zona di cute innervata da un determinato nervo sensitivo accompagnata da violenti dolori. Anche nell'herpes zoster la guarigione è spontanea e le complicanze sono rare tranne che nei soggetti immunodepressi.
La patologia dello zoster è legata alla persistenza asintomatica del virus, dopo guarigione della varicella, nei gangli dorsali di alcuni nervi sensitivi, lungo le cui terminazioni esso diffonde alla cute.
Una riattivazione dell'infezione con produzione di una progenie virale infettante, è un evento frequente fintanto che è mantenuto a livello asintomatico dalla reazione immune (umorale e cellulo-mediata) dell'organismo ospite. Solo quando la capacità di risposta immune dell'organismo scende al di sotto di un particolare livello critico, la replicazione del virus nn è + contenuta nel ganglio nervoso sensitivo e il virus può diffondere centrifugamene lungo le terminazioni nervose sensitive.
Il virus della varicella-zoster nn è trasmissibile ad animali da esperimento. Cresce in colture di fibroblasti umani provocando un effetto citopatico. Il virus non si libera dalle cellule infette nel liquido colturale, ma diffonde direttamente alle cellule contigue.
La diagnosi è clinica. Nei casi dubbi si ricorre all'isolamento del virus e alla ricerca di antigeni virus-specidfici nelle cellule presenti nell'essudato delle vescicole.
Nello zoster il trattamento con derivati dell'aciclovir può ridurre il periodo sintomatico.
È disponibile un vaccino allestito con uno stipite della varicella zoster attenuato (stipite OKA) in grado di conferire una buona protezione. È consigliata nei soggetti nella prima infanzia portatori di malattie neoplastiche o da sottoporre a trattamenti immunodepressivi.
CITOMEGALOVIRUS (CMV)
Denominato così x la caratteristica morfologia delle cellule infettate in vivo, si presentano ingrossate con una voluminosa inclusione intranucleare e una o + inclusioni intracitoplasmatiche formate da ammassi di virioni neoformati e lisosomi.
I citomegalovirus sono specie-specifici.
L'infezione da citomegalovirus nella specie umana è quasi sempre asintomatica ed è molto diffusa.
Il citomegalovirus persiste nell'individuo, dopo l'infezione primaria, in forma latente e la sede principale è costituita dalle cellule ematiche mononucleate. La riattivazione dell'infezione latente, si può osservare in qualsiasi età, soprattutto in seguito a malattie debilitanti con stati di immunodepressione (AIDS) o in seguito a trapianti d'organo. In questi casi l'infezione può decorrere asintomatica ma può manifestarsi con forme sintomatiche a localizzazione polmonare, epatica, cerebrale, oculare.
La riattivazione dell'infezione si verifica, mantenendosi clinicamente silente, in una notevole percentuale di donne in gravidanza, ma ciò nn incide nell'insorgenza della malattia citomegalica nel feto contrariamente all'infezione primaria.
La ricerca del virus può essere eseguita nella saliva, nelle urine (infatti nelle infezioni congenite una notevole quantità di virus è eliminata con le urine), nei leucociti circolanti mediante inoculazione del materiale in coltura di fibroblasti umani.
L'identificazione del virus si esegue mediante reazione di immunofluorescenza sulle colture infette utilizzando anticorpi monoclonali nei confronti degli antigeni precoci indotti dal virus. La ricerca diretta di antigeni o acidi nucleici del virus nei campioni clinici mediante metodi immunoenzimatici o mediante reazione di ibridazione con idonee sonde molecolari e di amplificazione del genoma o di mRNA virale (P.C.R.).
La ricerca di anticorpi eseguita mediante reazioni immunoenzimatiche utilizzando come antigene virioni purificati. Gli anticorpi che si evidenziano sono diretti contro gli antigeni strutturali.
La ricerca delle IgM specifiche può essere un valido aiuto x la diagnosi di infezione attiva da citomegalovirus.
Ganciclovir e foscarnet impiegati nei pazienti immunocompromessi (AIDS).
Non esistono vaccini
Agente eziologico della mononucleosi infettiva, una malattia linfoproliferativa autolimitante, caratterizzata da febbre, faringite, linfadenite, splenomegalia, alterazioni delle funzioni epatiche e comparsa in circolo di grossi linfociti T. In alcuni casi la malattia, che di norma evolve spontaneamente in guarigione, si accompagna a complicanze, che vanno dalla comparsa di esantemi morbilliformi localizzati al tronco, all'ittero a complicanze neurologiche.
Il virus è eliminato con la saliva e la sede anatomica della prima infezione è rappresentata dall'epitelio oro-faringeo, dove il virus si replica e può dar luogo ad un'infezione litica persistente che può durare anche alcuni anni, durante i quali il soggetto infetto, anche se clinicamente asintomatico, funziona da sorgente di infezione x gli individui con cui viene in contatto.
Dopo l'infezione oro-faringea, l'infezione si trasmette anche ai linfociti B dei quali il virus può arrivare ad infettare fino al 10% dell'itera popolazione. L'infezione si trasmette ai linfociti B durante il loro passaggio attraverso gli epiteli mucosi dell'oro-faringe. I linfociti xò non sono permissivi x il EBV che vi instaura un'infezione latente o abortiva.
Oltre al comprello degli antigeni nucleari EBNA i linfociti B "trasformati" dal virus presentano una serie di antigeni di membrana virus-specifici nei cui confronti viene evocata un'intensa risposta immunitaria cellulo-mediata che si traduce in una notevole proliferazione dei linfociti T, si assiste quindi a una loro aumentata presenza in circolo.
L'infezione da EBV è molto frequente e si contrae nell'età infantile dove è di norma asintomatica. La prima infezione nell'età giovanile o adulta si traduce con una discreta frequenza nella mononucleosi conclamata.
Durante la mononucleosi infettiva si producono anticorpi esterofili di tipo IgM in grado di agglutinare i globuli rossi di pecora. La ricerca di anticorpi esterofili previo assorbimento del siero con rene di cavia ed emazie bovine (reazione di Paul-Bunnel-Davidsohn) è un ottimo strumento x la diagnosi di mononucleosi infettiva.
Nei casi clinicamente incerti, si possono ricercare anticorpi nei confronti di diversi antigeni non struttrali (precoci).
Nelle linee cellulari infette il genoma virale rimane allo stato "latente" (integrato nel genoma cellulare"o + frequentemente in una condizione episomiale e la sua presenza è dimostrabile con l'evidenziazione del genoma virale mediante ibridazione. Tutte le cell infettate da EBV possiedono almeno il complesso antigenico nucleare o EBNA dimostrabile mediante immunofluorescenza indiretta. Gli anticorpi contro il complesso antigenico EBNA o contro gli antigeni strutturali (causidici) del virus , una volta superata l'infezione, durano x lunghissimi periodi o x tutta la vita, e il loro significato diagnostico è xciò modesto. Mentre significativamente associati all'infezione in atto sono gli anticorpi contro alcuni antigeni nucleo-citoplasmatici precoci "early antigens" o anti-EA.
Il virus è sostanzialmente T-linfotropo. Si replica in vitro preferenzialmente nei linfociti T (CD4+) attivi, provocando la formazione di sincizi e uccisione delle cellule. Il virus infetta anche linfociti T (CD4-), monociti, astrociti, cellule NK, in rapporto alla diffusione ubiquitaria della glicoproteina di superficie CD46 (sembra essere il recettore specifico x il virus).
L'infezione sembra essere estremamente diffusa ed oltre il 90% dei soggetti adulti possiede anticorpi specifici. La prima infezione ha il picco di > incidenza fra i 6 ed i 24 mesi di vita, e si accompagna alla comparsa di lievi forme febbrili e da un esantema maculopapuloso tipico della Roseola infantum o Esantema subitum (VI malattia).
L'infezione può riattivarsi in seguito alla comparsa di deficit immunitari (AIDS).
Esistono 2 forme distinte di HHV-6: HHV6A (si isola nei soggetti immunodepressi) e HHV6B (associata alla Roseola infantum).
Virus ubiquitariamente presente nella saliva umana.
Il virus presenta uno stretto tropismo x i linfociti T CD4+. Si acquisisce precocemente nella vita, con un picco di sieroconversione intorno ai 2 anni ed oltre il 90% dei soggetti adulti è provvisto di anticorpi specifici.
Sarcoma di Kaposi è una patologia proliferativa la cui incidenza è aumentata in seguito all'epidemia da AIDS. È caratterizzato da lesioni della cute e delle mucose con possibili localizzazioni viscerali (nei malati di AIDS) in cui un abbondante infiltrato infiammatorio si accompagna alla neoformazione di piccoli vasi emativi (angiogenesi).
Nelle cellule delle lesioni sono presenti 2 sequenze "aggiuntive" che sono assenti nel DNA cellulare normale. Queste 2 sequenze hanno un'elevata omologia di sequenza con sequenze dell'Herpesvirus saimiri (della scimmia) e con il virus di Epstein-Barr.
Il genoma di HHV-8 che consta di un DNA a doppio filamento è rinvenibile mediante P.C.R..
Insieme a EBV, l'HHV-8 è stato classificato nella sottofamiglia Gammaherpesvirinae in quanto è accertato il suo tropismo x le cellule lifocitarie (cellule B). I linfociti B rappresentano la sede in cui il virus permane allo stato latente.
Il genoma di HHV-8 contiene numerosi geni omologhi a geni cellulari (ex geni omologhi x IL-6, x le chemochine, x la ciclina D, x proteine con possibile azione inibitoria dell'apoptosi e sembrerebbero essere coinvolti in processi di trasformazione oncogena.
Si ipotizza una trasmissione x via sessuale
L'HHV-8 ha una < diffusione nella popolazione generale.
La prevalenza dell'infezione può essere studiata ricercando gli anticorpi sierici contro il virus, con la tecnica dell'immunofluorescenza indiretta o con saggio immunoenzimatico. La ricerca si effettua cimentando il siero del paziente, diluito, con preparazioni fissate di una linea cellulare di cellule cronicamente infette da HHV-8 nelle quali il virus è presente allo stato latente. Queste cellule esprimono un antigene nucleare che reagisce con gli anticorpi presenti eventualmente nel siero in esame e l'immunocomplesso si eviedenzia con la comparsa di una colorazione fluorescente verde.
ADENOVIRUS
La patologia indotta è sovrapponibile a quella provocata da altri virus (o alcuni batteri) con la stessa localizzazione. La ricerca degli adenovirus deve essere condotta in associazione con altre procedure diagnostiche.
Isolamento degli adenovirus in colture di cellule e successiva tipizzazione mediante reazione di "neutralizzazione" con sieri immuni tipo-specifici. Gli adenovirus umani crescono solo in colture di cellule umane.
La ricerca diretta di antigeni virali nei materiali patologici, mediante prove di immunofluorescenza o immunoenzimatiche, facilitare il processo diagnostico.
La ricerca di anticorpi mediante reazione di fissazione del complemento che evidenzia anticorpi contro gli antigeni di gruppo può essere usata a scopo diagnostico.
PAPOVAVIRUS
(PAPILLOMAVIRUS e POLIOMAVIRUS
Papillomavirus e polyomavirus sono gli unici virus caratterizzati da un genoma formato da una molecola circolare di DNA bicatenario
Papillomavirus e polyomavirus sono classificati come gli unici generi di 2 distinte famiglie (papillomaviridae e polyomaviridae).
PAPILLOMAVIRUS UMANI
Virus strettamente specie-specifici
70 diversi tipi dotati di diverso potere patogeno
non crescono in colture di cellule in vitro dei papillomavirus umani.
Presentano uno spiccato tropismo x le cellule epiteliali dell'epidermide e delle mucose e la loro replicazione è ristretta a questo tipo di cellule e condizionata dallo stadio di differenziamento cellulare.
Nel genoma si distinguono:
2 geni (L1 e L2) che codificano proteine strutturali e che sono espressi tardivamente nel ciclo replicativo.
7 geni (E1a E7) espressi nella fase precoce, che codificano proteine nn strutturali
regione contenente sequenze che regolano la trascrizione genica (LCR).
I diversi tipi di papillomavirus sono definiti dal grado di omologia esistente fra le sequenze nucleotidiche di regioni (E6,E7,L1) del genoma. I diversi tipi sono detti "tipi genomici".
I papilloma virus sono epiteliotropi, ciò è dovuto all'esistenza di specifici fattori cellulari necessari alla trascrizione del genoma virale, presenti esclusivamente nelle cellule epiteliali.
MECCANISMO D'AZIONE PATOGENA
L'infezione avviene attraverso il contatto con oggetti acuminati contaminati con il virus o con superfici contaminate dal virus. Le lesioni da papillomavirus delle mucose genitali (condilomi) sono trasmesse x contagio venereo.
La replicazione del DNA avviene secondo 2 modalità:
nelle cellule degli strati inferiori dell'epitelio, nelle cellule dello strato basale, il DNA virale è mantenuto in alcune copie con significato di un plasmide stabile che esprime solo alcuni geni precoci e si riproduce 1 volta x ciclo cellulare; è inoltre equamente distribuito alle cellule figlie;
si verifica nelle cellule differenziate dell'epitelio, che vengono sospinte negli strati superiori dell'epitelio. Si osserva un'intensa replicazione del DNA virale con l'attivazione dell'espressione dei geni tardivi , la produzione di proteine strutturali e la formazione della progenie virale completa che è espressa solo negli strati + superficiali dell'epitelio da cui viene eliminata nell'ambiente, assieme alle cellule superficiali desquamate, pronte ad infettare un nuovo soggetto. Confinati negli strati superficiali i papillomi sono al riparo dalla reazione immune dell'organismo (anche se si osserva una reazione immune cellulo-mediata efficace nel contenere la lesione proliferativa).
Le cellule infette degli strati soprabasali, presentano un grosso vacuolo che circonda la cromatina nucleare addensata. Queste cell sono denominate " koilociti", e sono patognomiche dell'infezione.
Tutte le infezioni epiteliali da papillomavirus sono caratterizzate da un'intensa proliferazione delle cellule basali e da un caratteristico ispessimento localizzato dell'epitelio.
Diverse manifestazioni cliniche:
verruche comuni o volgari → tra le lesioni cutanee sono quelle + comuni, si manifestano in forma di papule bianco grigiastre o brune, piatte o rilevate che si localizzano + frequentemente a livello delle mani (sulle superfici dorsali) e nelle zone periungueali.
Verruche piane → che hanno un aspetto di papule rosse modicamente rilevate che insorgono al livello del viso o delle mani
Verruche plantari o palmari → che si localizzano nella pianto dei piedi e nel palmo delle mani.
I genotipi di papillomavirus + frequentemente riscontrati in verruche sono: 1,2,3,4,7.
- La > parte dei restanti tipi cutanei è stata ritrovata nelle lesioni della epidermodisplasia verruciforme (EV) un'affezione caratterizzata dalla diffusione delle lesioni da papillomavirus a gran parte della superficie corporea che si manifesta in rari soggetti geneticamente predisposti.
- Le lesioni mucose benigne constano di condilomi acuminati e condilomi piani → che sono conseguenti a trasmissione sessuale dei virus e insorgenti a livello del pene, dei genitali femminili, dell'uretra, dell'area perineale e del retto. Queste lesioni si manifestano come masse esofitiche verrucose di consistenza molle (condilomi acuminati) o modestamente rilevate (condilomi piani). Nei condilomi si ritrovano + frequentemente i genotipi 6 e 11.
Altre sedi mucose infette da papillomavirus con lesioni benigne di tipo papillomatoso sono quelle a livello respiratorio, congiuntivele, orale.
L'associazione di papillomavirus con lesioni displastiche pre-neoplastiche o carcinomatose a livello ano-genitale sono stati definiti alcuni genotipi:
virus a basso rischio x forme maligne: 6,11,42,43,44
virus a rischio intermedio x forme maligne: 31,33,35,51,52,57
virus a alto rischio x forme maligne: 16,18,45,56.
Nell'85-90% di tutti i cancri della cervice uterina è presente DNA di uno dei genotipi di papillomavirus a medio-alto rischio e che circa il 70% è presente il genotipo 16 o 18.
►Nelle lesioni benigne si ha una completa replicazione virale, con il genoma virale che conserva la sua configurazione circolare e si mantiene in forma episomiale. Ciò comporta una modesta espressione delle proteine E6 e E7, la loro produzione è rapidamente repressa dalla produzione delle proteine tardive.
►Nel carcinoma cervicale e nelle lesioni maligne, il genoma dei papillomavirus è integrato nel genoma cellulare. L'integrazione presuppone una rottura e la linearizzazione della molecola del DNA virale e il legame covalente degli estremi con il DNA cellulare. La rottura avviene tra la regione E1 e E2, ciò comporta una mancata espressione dei geni tardivi (impossibilità di un ciclo completo di replicazione) con la conseguente assenza di repressione della trascrizione dei geni precoci E6 E7. La sovrapproduzione di proteine E6 e E7 responsabile principale dell'azione pro-oncogena.
I metodi di rivelazione della presenza di papillomavirus nelle singole lesioni si basano su studi cito-morfologici, osservazioni di microscopia elettronica, reazioni immunicitochimiche.
Le tecniche di rivelazione degli acidi nucleici di papillomavirus mediante saggi di ibridazione in situ o su filtro sono i metodi oggi preferiti che consentono l'identificazione della presenza di papillomavirus la anche la tipizzazione dei diversi genotipi.
L'utilizzo della P.C.R. in grado di amplificare sequenze di DNA ha permesso avanzamenti nella rivelazione di DNA di papillomavirus in lesioni precancerose.
Delle manifestazioni cutanee e mucose si avvale del trattamento locale con farmaci cheratinofolici associati ad interferon e dalla rimozione chirurgica delle lesioni.
POLYOMAVIRUS UMANI
Sono rappresentati dal virus BK e JC.
Possono essere coltivati in colture di cellule in vitro.
Le infezioni sono ubiquitarie
Gli anticorpi cominciano a comparire fin dalla prima infanzia e circa il 70% della popolazione adulta è in possesso di anticorpi specifici.
Entrambi i virus inducono infezioni asintomatiche
Una prima localizzazione del virus BK a livello delle vie aeree superiori, è seguita da una diffusione del virus nel circolo ematico. Dato che il virus BK come il virus JC viene escreto con le urine. Poiché i linfociti umani coltivati in vitro possono essere produttivamente infettati in vitro con il virus BK, si suppone che queste cellule contribuiscano al trasporto del virus, dal punto del suo primo impianto al circolo e di qui ai vari distretti anatomici.
Nei soggetti farmacologicamente immunodepressi (xchè portatori di trapianti renali) è stato possibile stabilire una relazione tra infezione da virus BK e gravi danni a carico dell'apparato urinario. Il virus BK, era capace di riattivarsi e moltiplicarsi a livello dell'epitelio dell'uretere e abbia indotto una stenosi dell'uretere con induzione di una reazione infiammatoria locale.
Il virus JC è strettamente associato all'insorgenza della leucoencefalite multifocale progressiva (PML). È una malattia rara ad andamento subacuto che insorge con carenza immunitaria indotta o da un'infezione cronica ( morbo di Hodgkin, malattie linfo e mieloproliferative maligne) o da terapia immunosoppressive.
La malattia ha andamento progressivo caratterizzato da deficit neurologici provocati da lesioni diffuse a livello della sostanza bianca dell'encefalo; tali lesioni sono caratterizzate da aree di demielinizzazione e da notevole proliferazione gliale.
La PML potrebbe essere il risultato dell'invasione dell'encefalo, successiva all'attivazione di un virus JC latente nel tessuto renale.
INFEZIONE "ACCIDENTALE" UMANA DA:SV40
Il virus della scimmia SV40 fa parte del genere Polyomavirus. Alcuni lotti di vaccino antipoliomielitico, preparato con virus poliomielitico ottenuto da colture in vitro di cellule di rene di scimmia che erano contaminiate da SV40, molto meno sensibili del poliovirus alla inattivazione con formalina, erano dotate di potenziale "oncogeno".
La presenza di sequenze del genoma di SV40 in alcuni tumori umani (osteosarcomi).
Alcuni pazienti, portatori della forma tumorale, di età relativamente giovane, risultano immunocompatibili con un'infezione da SV40 contratta attraverso la somministrazione di un vaccino antipolio di Salk. Però poiché l'uomo nn si infetta naturalmente con SV40 è stata ipotizzata l'esistenza di una circolazione interumana del virus a partire da soggetti in cui esso era stato inizialmente introdotto con la vaccinazione.
Le cellule umane pur sensibili all'infezione non sono completamente permissive (nn consentono un'infezione produttiva). Si è ipotizzato che la replicazione di SV40 nella specie umana avvenga attraverso fenomeni di complementazione con i polyomavirus umani (BK e CJ).
La famiglia dei parvoviridae comprende gli unici deossiribonucleotidi con genoma costituito da DNA monocatenario. I virus di interesse medico sono costituiti da:
parvovirus B19 (appartenenti al genere Erythovirus)
virus adeno-associati (appartenenti al genere Dependevirus)
virus strettamente specifico x la specie umana e con un tropismo cellulare selettivo nei confronti delle cellule nucleate della serie eritroide (progenitori e precursori ematopoietici), che sono le uniche cellule permissive provviste del recettore cellulare specifico (globoside P) e proliferanti.
La replicazione è possibile solo in cellule in attività replicativa, cioè nella fase S del ciclo cellulare. Il potere patogeno virale si esplica nei confronti della serie midollare eritroide, nei confronti delle cellule che siano stimolate da un'attiva moltiplicazione.
L'infezione si trasmette x via aerea ed è contratta durante l'infanzia. In età adulta circa il 70% della popolazione presenta anticorpi specifici nei confronti delle proteine capsidiche virali.
L'infezione può decorrere in modo asintomatico o con lieve manifestazione febbrile, ma in soggetti in età pediatrica si accompagna in massima parte ad un esantema simil-rubeolico da danneggiamento endoteliale mediato da immunocomplessi.
È clinicamente noto come: eritema infettivo o V malattia, a decorso benigno autolimitante.
L'eritema può accompagnarsi in alcuni pazienti anche da altre lesioni da immunocomplessi, manifestazioni artritiche (accompagnate da artralgie). Queste sono rare in pazienti pediatrici mentre sono + frequenti in età adulta, fino all'85% delle donne può soffrire di artropatie anche a decorso cronicizzate.
La replicazione del virus nei precursori eritroidi del midollo osseo e la conseguente morte cellulare porta ad un arresto transitorio della eritropoiesi.
▪In soggetti con una normale funzionalità midollare questo nn provoca alterazioni cliniche manifeste; si ha una pronta risposta immunitaria, con produzione di anticorpi specifici in grado di controllare efficacemente l'infezione.
▪In soggetti con funzionalità midollare alterata (in casi di anemie emolitiche croniche) può manifestarsi una crisi aplastica transitoria. La crisi aplastica è caratterizzata dalla caduta critica del tasso di Hb e dalla completa sparizione di reticolocita circolanti e da ipoplasia eritroide a livello midollare; possono inoltre essere associate trombocitopenia e neutropenia a diversi livelli. La risposta immunitaria insufficiente, xciò occorre somministrare Ig amane, contenenti anticorpi-anti B19 x consentire il controlllo dell'infezione.
▪Se l'infezione da virus B19 è contratta in gravidanza, si può avere il passaggio transplacentare del virus e conseguente infezione fetale con sviluppo di idrope fetale.
Una diagnosi virologica di infezione si basa sulla ricerca del virus nel sangue periferico del paziente.
Durante la fase acuta dell'infezione il virus raggiunge concentrazioni sieriche elevate; utilizzo sonde geniche in reazione di ibridazione degli acidi nucleici.
In fase di risoluzione o in corso di infezione cronica le concentrazioni sono + basse; è opportuno procedere ad amplificazione genomica mediante P.C.R., seguita da reazione di ibridazione.
Una diagnosi sierologica di infezione si basa sulla ricerca di anticorpi virus-specifici nel siero del paziente. Segni di infezione recente sono la presenza di anticorpi di classe IgM, una sieroconversione o un aumento significativo del titolo anticorpale. Si utilizzano prevalentemente tecniche immunoenzimatiche in forma ELISA. La diagnosi sierologica di infezione è significativa nei casi di eritema infettivo o di artropatie, in quanto i sintomi sono dovuti alla comparsa di una risposta anticorpale virus-specifica.
VIRUS ADENO-ASSOCIATI (AAV)
ORTHOMYXOVIRUS: VIRUS INFLUENZALE
La famiglia degli Orthomyxoviridae è divisa in 4 generi:
Influenza A
Influenza B
Influenza C
Togothovirus ->al genere appartengono i virus: Togotho e Dhori
I 3 generi del virus dell'influenza (A,B,C) sono differenti x caratteristiche antigeniche e di organizzazione del virione.
►I virioni del virus dell'Influenza A →
hanno una forma sferica
provvisto di un involucro lipidico derivato dalla membrana della cellula ospite in cui sono inseriti 3 tipi di (glico)proteine (peplomeri) virus-specifiche:
l'emoagglutinina (HA) -> è l'antirecettore che lega il virione ai residui di acido sialico (recettore) presenti nelle glicoproteine e nei glicolipidi di membrana. Poiché questi ultimi sono presenti anche sui globuli rossi, l'antirecettore conferisce al virus la capacità di legarsi alla superficie delle emazie con le conseguenti proprietà emoagglutinanti.
la neuraminidasi -> ha il compito di impedire che il virione venga "neutralizzato" dal legame con l'acido sialico presente nelle glicoproteine del muco, alla superficie delle mucose respiratorie, consentendo l'arrivo a contatto con la superficie delle cellule dell'epitelio mucoso.
la proteina M2 (che forma un canale in grado di consentire il passaggio di ioni.
All'interno della membrana lipidica si trova la proteina di membrana M1 o "matrice" che racchiude il genoma virale formato da 8 diversi e distinti segmenti (minicromosomi) di RNA monocatenario a polarità negativa. Sono legati ad un certo numero di molecole di una proteina con elevata affinità x l'RNA (nucleo-proteina NP) a formare complessi nucleo-caspidici. Il segmento 7 codifica sia x la proteina M1 sia x la proteina M2; mentre il segmento 8 codifica 2 proteine denominate NS1e NS2 (NS = nn strutturali) il cui significato è quello di consentire l'esportazione nucleo-citoplasmatica di molecole di RNA genomico.
►I virioni del virus dell'Influenza B → il segmento 7 del genoma codifica solo la proteina M1
►I virioni del virus dell'Influenza C → ha un genoma formato da 7 segmenti di RNA e manca del
segmento codifica NA. Però l'emoagglutinina del virus è una proteina multifattoriale con
attività emoagglutinante e neuraminidasica.
- Il virione viene introdotto x endocitosi in una vescicola endosomica al cui interno il pH acido provoca alterazioni conformazionali nella emoagglutinina che espone una porzione idrofobica che inserendosi nella membrana della vescicola endocitosica ne provoca la fusione con il peplos virale con la conseguente liberazione nel citoplasma dei complessi RNP virali (formati dai vari segmenti del genoma, insieme al complesso trascrittasico ed alla proteina NP) devono essere trasferiti al nucleo cellulare.
- Pur essendo il virione infettante provvisto di un autonomo complesso trascrittasico, l'enzima può iniziare la trascrizione del genoma virale solo se i segmenti di RNA virale sono legati ad un innesco (primer) che è rappresentato da frammenti di RNA cellulare con uno specifico "capping" che il virus "ruba" dagli RNA cellulari "nascenti" utilizzandoli x consentire al proprio complesso trascrittasico di svolgere la propria funzione.
-Il virus che si libera dalle cellule infette può facilmente infettare le cellule contigue (penetra x endocitosi mediata con il recettore), ma non è in grado di provocare la fusione della cellula infetta con quella contigua.
La presenza di un genoma segmentato conferisce ai virus influenzali, la variabilità dovuta alla comparsa di mutazioni nei singoli segmenti, ma anche la possibilità di presentare variazioni notevoli nell'assetto delle diverse proteine strutturali. È possibile che durante l'assemblaggio delle rispettive progenie virali, si verifichi una sorta di "riassortimento" genomico, con lo scambio dei segmenti genomici che codificano HA o NA con la conseguente comparsa di virus con consistenti differenze nell'assetto delle glicoproteine presenti nel peplos.
3 generi antigenicamente distinti: Influenza A, Influenza B, Influenza C. Nell'ambito di ciascun genere le diverse specie di virus influenzali hanno identici antigeni esteri (componente nucleocapsidico,antigene NP) e matrice proteica; mentre presentano differenze antigeniche nelle proteine dell'emoagglutinina e della neuraminidasi.
I virus influenzali A sono presenti nella specie umana e anche in numerose altre specie animali (anatre, tacchini, cavalli, suini). Tra i virus influenzali A si distinguono 15 diversi sottotipi sulla base di differenze nei caratteri antigenici dell'emoagglutinina H e della neuraminidasi N.
Gli uccelli sono il reservoir naturale di tutti i sottotipi di virus dell'influenza A e sono considerati la sorgente originaria delle infezioni da virus influenzali dell'uomo e di tutti gli altri animali.
- I virus influenzali presentano un tropismo generalmente limitato alle mucose dell'albero respiratorio; xchè l'emoagglutinina HA sia in grado di legarsi allo specifico recettore, la sua forma originaria (HA0) deve essere scissa proteoliticamente nelle 2 subunità attive HA1e HA2, ciò avviene ad opera di proteasi cellulari.
Gli stipiti di virus influenzale B e C hanno una circolazione limitata alla specie umana e non presentano sottotipi diversi.
L'infezione si contrae mediante l'arrivo sulle mucose delle prime vie aeree del virus presente nell'aria (infezione aerogena) o veicolato dalla mani dopo il contatto con superfici contaminate. L'infezione può assumere caratteri epidemici o addirittura di pandemia.
L'infezione ha un breve periodi di incubazione (1 o 2 gg) tende a risolversi spontamenamente nell'arco di 5-7 gg. Complicanze polmonari sono + frequenti nei soggetti anziani, o portatori di affezioni respiratorie croniche. Il danneggiamento dell'epitelio vibratile dell'albero bronchiale favorisce l'instaurarsi di sovrainfezioni batteriche.
La guarigione si accompagna alla comparsa di una solida immunità nei confronti del virus infettante. L'immunità di tipo umorale ha un ruolo predominante, infatti gli anticorpi diretti contro l'emoagglutinina virale e tra questi gli anticorpi di tipo IgA, vengono secreti alla superficie delle mucose respiratorie.
Antigenic drift (deriva antigenica) ed interessa i virus influenzali A e B. Nonostante l'immunità vasti episodi epidemici si susseguono periodicamente x la comparsa di ceppi virali che in seguito a mutazioni hanno acquisito modificazioni strutturali nelle proteine del peplos e in particolare nell'emoagglutinina.
Antigenic shift -> nel caso dei virus influenzali A, possono occasionalmente comparire nella popolazione umana stipiti virali completamente nuovi, caratterizzati da modificazioni antigeniche consistenti x il possesso di sottotipi di emoagglutinina o neuraminidasi totalmente diverse rispetto a quelli presenti nei virus precedentemente in circolazione. È la conseguenza di un fenomeno di riassortimento genomico che si verifica tra un virus influenzale A umano ed un virus influenzale A animale (che si ritiene essere il terreno + idoneo x il verificarsi di questo fenomeno, il suino). Quindi i virus influenzali A che circolano negli animali soprattutto tra i volatili domestici rappresentano un rischio potenziale x la specie umana .
I virus influenzali umani possono infettare il topino inoculati x instillazione nasale. Si moltiplicano nell'embrione di pollo, crescono anche in colture di cellule di fibroblasti umani, senza effetto citopatico evidente.
L'isolamento in embrione di pollo o in colture di cellule e dimostrazione della presenza mediante la ricerca della comparsa di potere emoagglutinante nel liquido amniotico o di proprietà emoadsorbenti nelle colture di cellule.
L'identificazione del virus isolato si effettua mediante prove di ibridazione dell'emoagglutinazione ad opera di sieri noti;
La ricerca di antigeni virali, mediante reazioni di immunofluorescenza o immunoenzimatiche, nelle secrezioni faringo-bronchiali, utilizzata x una diagnosi rapida.
La ricerca dell'aumento di anticorpi in 2 campioni di siero (acuto e convalescente) può essere utilmente impiegata a scopo diagnostico.
Si può controllare l'intensità e la durata della sintomatologia x mezzo di inibitori della neuraminidasi virale.
I vaccini antinfluenzali sono allestiti con virus coltivati in embrioni di pollo ed inattivati mediante trattamento con formalina o semplicemente con i soli antigeni "protettivi" (emoagglutinina e neuraminidasi) isolati (vaccini a subunità). La loro efficacia è buona.
La vaccinazione è indicata nei soggetti anziani o debilitati deve essere praticata all'inizio di ogni autunno mediante 2 inoculazioni sottocutanee distanziate di 3-4 settimane.
SOTTOFAMIGLIA |
GENERE |
VIRUS DI INTERESSE MEDICO |
Paramyxovirinae |
Respirovirus |
Virus parainfluenzale umano tipo 1 e 3 |
Rubulavirus |
Virus parainfluenzale umano tipo 2,4a,4b Virus della Parotite |
|
Morbillivirus |
Virus del morbillo |
|
Pneumovirinae |
Pneumovirus |
Virus del respiro sinciziale umano |
Il virione è racchiuso da una membrana lipidica di origine cellulare (peplos) al cui interno si trova il nucleocapside a simmetria elicoidale, formato dal genoma virale, costituito da un'unica molecola di RNA monocatenario a polarità negativa, legato a una serie di molecole di proteina NP (nucleo-capsidica).
All'interno del peplos si trovano alcune copie di 2 molecole proteiche L (large) e P (fosfoproteina) che formano le subunità della RNA-polimerasi RNA-dipendente virus-specifica, che provvede alla sintesi degli mRNA e dell'RNA genomico virus specifici.
Nella membrana lipidica di origine cellulare, ricoperta sulla faccia interna della proteina M (matrice), sono inserite 2 diverse classi di glicoproteine :
la glicoproteina (HN) -> costituisce l'antirecettore (nella > parte dei casi con caratteristiche di emoagglutinina) e rappresenta il principale antigene di superficie. La proteina HN ha anche attività neuraminidasica.
La glicoproteina F -> che forma la proteina "fusogena" che consente la fusione del pericapside o peplos virale con la membrana plasmatica della cellula. La proteina F viene sintetizzata come precursore inattivo F0, ed è tagliata da una proteasi cellulare a formare la proteina biologicamente attiva costituita da 2 catene F1 e F2.
I virioni si legano alle cellule sensibili attraverso l'interazione della proteina HN con gli specifici recettori e dopo la fusione dell'involucro pericapsidico con la membrana plasmatica, operata dalla proteina F, libera nel citoplasma il nucleo-capside che può dare l'avvio alle sintesi macromolecolari virus-specifiche che si svolgono interamente nel citoplasma della cellula infetta e si concludono con la gemmazione dei virioni neoformati dalle zone di membrana plasmatica modificate dalla interazione con la proteina M.
I diversi generi della famiglia Paramyxoviridae si distinguono fra di loro x alcune caratteristiche della proteina con funzione di antirecettore.
i virus dei generi Respirovirus e Rubulavirus usano come recettore i residui di acido sialico delle glicoproteine della membrana cellulare e sono gli unici la cui proteina (HN) possiede attività sia emoagglutinante sia neuraminidasica.
I virus del genere Morbillivirus utilizzano come recettore la proteina di membrana CD46 e la loro proteina antirecettoriale (H) pur essendo provvista di attività emoagglutinante è sprovvista di attività neuraminidasica.
VIRUS DEL RESPIRO SINCIZIALE (RS)
Un nuovo paramyxovirus è stato isolato di recente (2001) da affezioni respiratorie (delle vie aeree superiori, pronchiliti, polmoniti) di bambini soprattutto nella prima infanzia.
RHABDOVIRIDAE
È in grado di infettare tutti i vertebrati omeotermi (cani, gatti, volpi, lupi,scoiattoli) nei quali provoca un'infezione letale.
In Europa la rabbia si presenta con 2 apetti epidemiologici:
a) rabbia urbana -> è legata agli animali domestici, ed in particolare al cane e al fenomeno del randagismo canino. In Italia l'eradicazione della rabbia urbana è stata realizzata mediante la vaccinazione obbligatoria dei cani e la riduzione del randagismo.
b) Rabbia silvestre -> è legata agli animali servatici, in particolare alle volpi. La volpe è la specie animale serbatoio; questo va ricercato nell'alta valenza biologica, nella capacità di adattarsi alle + svariate situazioni ambientali, riuscendo a cibarsi di tutto quanto risulta commestibile. Un aspetto importante è rappresentato dalla densità di popolazione, infatti la malattia può diventare endemica quando è presente almeno una volpe ogni 25-100 ettari. Quindi l'aumento di densità volpina rappresenta un campanello di allarme.
Ai fini dell'infezione umana, almeno in Italia l'animale epidemiologicamente + importante è il cane (soprattutto gli animali randagi) infettato da animali selvatici, presenta una encefalomielite i cui primi sintomi, che compaiono dopo incubazione lunga (fino a 3-4 mesi), sono rappresentati da aumentata aggressività, x cui l'animale è portato a mordere con estrema facilità. L'animale rabbioso elimina il virus con la saliva a partire da 8-10 gg prima dell'inizio della sintomatologia morbosa.
Anche nell'uomo il periodo di incubazione è molto lungo, ciò da mettere in relazione al fatto che il virus introdotto nel sottocutaneo con il morso di un animale infetto, viene in contatto con le terminazioni nervose periferiche e migra lentamente lungo le loro guaine, verso il sistema nervoso centrale, impiegando fino a 3-4 settimane, durante il quale il soggetto infetto non presenta altri sintomi.
Il lungo periodo di incubazione consente di disporre del tempo necessario x intervenire con adeguati trattamenti immunitari (vaccini, sieri immuni specifici) e bloccare il virus prima che esso arrivi all'encefalo.
Una volta giunto nel SNC, il virus si moltiplica provocando lesioni gravissime. Dal cervello e da SNC il virus può a sua volta migrare lungo le guaine delle terminazioni nervose, in direzione periferica e raggiungere le varie terminazioni periferiche, come le ghiandole salivari ed essere eliminato all'esterno con le secrezioni salivari (fonte di contagio).
La rabbia si manifesta con il quadro dell'encefalite acuta, con iperestesie sensoriali, allucinazioni, contratture muscolari dolorose che insorgono improvvisamente, determinate spesso da correnti d'aria e dalla vista dell'acqua (aereofobia e idrofobia).
La malattia è breve (3-4gg) con un quadro morboso che si presenta in forma furiosa, spastica o paralitica e termina con paralisi bulbare. La prognosi è sempre infausta.
Le lesioni istopatologiche consistono in iperemia generale del nevrasse, diffusa degenerazione di cellule nervose nella corteccia cerebrale e cerebellare. Nella sostanza bianca si hanno estesi processi di demielinizzazione. Nel midollo le cellule delle corna posteriori sono le + coplite. Nel nevrasse il virus si moltiplica nei neuroni e nel citoplasma sono visibili inclusioni "corpi di Negri", il cui reperto post mortem ha valore patognomonico.
La diagnosi clinica è data dal dato anamnesico del morso di un animale. La diagnosi può essere confermata post mortem mediante la ricerca degli antigeni virali nei neuroni dell'ippocampo con reazioni di immunofluorescenza e dalla ricerca dei corpi di Negri. Il virus può anche essere isolato dalla saliva.
Il problema diagnostico si pone nei confronti di animali (cani) che abbiano morso un individuo. Se l'animale sospetto è catturato vivo e non presenta segni morbosi, esso viene tenuto in osservazione x 2settimane. Se l'animale non presenta sintomi il soggetto morsicato non corre alcun rischio, infatti solo negli ultimi 8-10gg del periodo di incubazione il virus viene eliminato con la saliva. Nel caso si manifestino segni di malattia, l'animale viene sacrificato e si procede alla ricerca degli antigeni virali mediante immunofluorescenza e alla ricerca delle inclusioni specifiche, nei neuroni dell'ippocampo.
I vaccini antirabbici, sono preparati sulla falsa riga del vaccino di Pasteur nel 1884, prima ancora che fosse nota la natura virale dell'infezione e sono allestiti con virus "fisso" ottenuto mediante passaggi seriali di un ceppo virale " da strada" nell'encefalo di coniglio. Sebbene questo vaccino si sia dimostrato di notevole efficacia, la sua somministrazione si accompagna ad un elevato rischio di demielinizzazione di natura allergica dovuta alla sensibilizzazione dell'organismo nei confronti del materiale cerebrale iniettato.
I vaccini impiegati attualmente, sono assolutamente privi di effetti collaterali, sono allestiti con virus rabbico, fatto crescere in colture in vitro di cellule umane diploidi o in uova embrionale di anatra, concentrato, purificato e inattivato.
Nei soggetti morsi è necessario provvedere ad un adeguato trattamento di immunizzazione che deve essere iniziato immediatamente dopo aver praticato un'accurata pulizia della ferita. Il trattamento con il vaccino prevede la somministrazione almeno 5 dosi x via parenterale ad opportuni intervalli di tempo (0,3,7,14,30 giorni).
VIRUS DELLE FEBBRI EMORRAGICHE
(ARENAVIRIDAE, FILOVIRIDAE)
- un gene le cui sequenze sono orientate in senso positivo (mRNA);
- un gene, nn embricato, le cui sequenze sono orientate in senso negativo,
e che deve essere trascritto x dar luogo alla sintesi della proteina
codificata.
Dei 2 segmenti genomici:
- il + grande -> contiene 2 geni di ampiezza diseguale, il
+ampio L (large) codifica la proteina P della polimerasi e l'altro S
(small) una piccola proteina (Z: Zinc-binding) che fa parte del
complesso trascrittasico;
- il + piccolo -> contiene 2 geni di ampiezza equivalente che codificano una
proteina capsidica (NP) che si complessa alle molecole di acido
nucleco, e la glicoproteina che è inserita nella membrana lipidica
di origine cellulare a formare il peplos.
Nell'uomo la patologia può essere variabile ad andare da una forma febbrile con segni di meningite asettica nel caso di infezioni da virus della coriomeningite linfocitaria (LCMV) o da virus Tacaribe, al collasso totale ad una consistente mortalità (virus Lassa) e di norma si verifica x insufficienza respiratoria o circolatoria. Nel caso delle Febbri emorragiche che sono caratterizzate da diffuse lesioni del letto capillare e da una disfunzione delle piastrine, che si traducono nella comparsa di coagulazione intravascolare disseminata (CID) e di profuse emorragie.
La diagnosi di laboratorio si avvale dell'isolamento del virus nel sangue periferico in colture di cellule e di indagini sierologiche. La ricerca del genoma virale mediante reazione di amplificazione genica (P.C.R) e successiva ibridazione con idonee sonde genetiche.
Il controllo dell'infezione da Arenavirus prevede adeguate misure igieniche ambientali e la riduzione delle popolazioni di roditori che costituiscono il "reservoir" naturale delle infezioni.al momento non esistono vaccini efficaci. La terapia specifica può avvalersi della somministrazione di plasma di soggetti convalescenti.
Può essere perseguita mediante indagini sierologiche e mediante la ricerca dell'RNA virale con reazioni di amplificazione (P.C.R.) seguita dalla ibridazione con idonee sonde molecolari.
Al momento non esistono indicazioni terapeutiche specifiche. Si richiede l'isolamento dei pazientim mantenuti in ambienti ad alto livello di protezione.
L (large) → codifica una proteina di notevoli dimensioni (L) che è l'enzima trascrittasico.
M (medium) → codifica la glicoproteina virale (G1e G2) presenti nel peplos
S (small) → codifica la proteina nucleocapsidica (N). I segmenti M ed S codificano alcune proteine non strutturali (NS)
I virus della famiglia Bunyaviridae compiono l'intero ciclo replicativo nel citoplasma, maturano gemmando all'interno di vescicole associate con l'apparato di Golgi. La liberazione della progenie virale avviene x la morte e lisi della cellula infetta.
La famiglia Bunyaviridae comprende 5 generi:
Bunyavirus
Nairovirus
Phebotusvirus
Hantavirus (nn è trasmesso da artropode vettore)
► Tutti i virus trasmessi da artropodi (comprendono numerosi virus : Flaviviridae, Alphavirus della famiglia dei Togaviridae, ed alcuni della famiglia dei Reoviridae) fanno parte del gruppo biologico-ecologico degli Arbovirus ( acronimo di "arthropod-borne virus) la cui persistenza in natura è legata alla possibilità di mantenere un ciclo: ospite vertebrato-artropode vettore.
La distribuzione dell'infezione da Arbovirus è assolutamente limitata a quelle aree giografiche dove si manifestano le condizioni ecologiche necessarie, come la presenza di "reservoir" naturali costituiti dai vertebrati infetti e la presenza degli artropodi in fase ematofaga. Nelle infezioni da Arbovirus, la specie umana è interessata accidentalmente.
La patologia da Bunyaviridae trasmessi da artropodi è molto varia e può essere rappresentata da forme febbrili talvolta accompagnate da manifestazioni esantematiche o da dolori articolari, encefaliti, meningiti o febbri emorragiche di eccezionale gravità.
Nel nostro paese è presente il Phlebovirus della Febbre da flebotomi (febbre da pappataci) sostenuta da diversi sottotipi antigenici di virus (tipo Napoletano e tipo Siciliano) trasmessi da flebotomi (pappataci) che trovano il loro habitat naturale in alcuni piccoli roditori. La malattia è clinicamente individuata da molto tempo e diffusa fra i soldati impegnati in operazioni militari.
La sintomatologia è quella di una forma febbrile con cefalea, fobia, dolori articolari diffusi, anoressia e malessere generale. Ha tendenza alla guarigione spontanea e non si conoscono casi letali.
In Italia è stato isolato (da Phlebotomus perniciosus) il Phlebovirus denominato virus "Toscana", è l'agente eziologico di numerosi casi di meningite "asettica" nel periodo estivo.
► Gli Hantavirus sono gli unici virus la cui trasmissione non richiede l'intervento di un artropode vettore.
v I virus della famiglia dei Flaviviridae sono ribovirus con genoma formato da una molecola di RNA a polarità positiva; si replicano nel citoplasma della cellula infetta.
v La famiglia dei Flaviviridae comprende 3 generi:
1°) Pestivirus -> comprende virus di interesse veterinario
2°) Epatite C e virus similari ->
3°) Flavivirus -> questo genere comprende una serie di virus trasmessi da artropodi (Arbovirus) causa di patologie anche gravi dell'uomo. La Febbre gialla (malattia che causa ittero intenso), ha x secoli rappresentato una minaccia x la popolazione soprattutto in Africa. Solo quando si è scoperto il ruolo delle zanzare nella trasmissione della malattia si sono messi in opera misure di controllo ambietale in grado di controllare la morbosità.
La patologia sostenuta Flavivirus (come quella degli altri Arbovirus) è epidemiologicamente correlata alla presenza di vertebrati "reservoir" naturali dell'infezione (nel caso della Febbre gialla e della Dengue il reservoir principale è l'uomo infetto) e alla distribuzione geografica dell'artropode vettore.
La sintomatologia delle infezioni da Flavivirus può andare da manifestazioni febbrili con o senza esantema sino ad encefaliti o gravi forme di febbre emorragica con elevati tassi di mortalità.
La diagnosi: si tratta di virus fastidiosi da isolare e la sierologia è complicata da una serie di correlazioni antigeniche non facili da distinguere. La dimostrazione del genoma virale nei materiali patologici (liquor, sangue) mediante (P.C.R., sonde molecolari) rappresenta un fattore decisivo x una diagnosi eziologica in tempi ragionevoli.
Vaccino: allestito con virus attenutato coltivato in embrioni di pollo, è disponibile x la immunizzazione contro la Febbre gialla, consigliabile prima di viaggi in zone endemiche.
TOGAVIRIDAE
Ribovirus con genoma formato da una molecola di RNA con polarità positiva; provvisto di involucro pericapsidico.
Nella famiglia dei Togaviridae si distinguono 2 generi:
ALPHAVIRUS → al genere alphavirus appartengono numerosi virus, tutti Arbovirus accomunati dal fatto di essere trasmessi da artropodi (zanzare). La diagnosi oltre che sugli elementi clinici si basa sui dati epidemiologici ed anamnesici e può essere confermata con l'isolamento del virus (inoculazione nel topino o colture di cellule) e la ricerca di anticorpi IgM specifici. La ricerca di antigeni virali (reazioni immunoenzimatiche) e del genoma virale (P.C.R.).
RUBIVIRUS: IL VIRUS DELLA ROSOLIA
Al genere rubivirus appartiene un'unica specie: il virus della Rosolia.
La Rosolia: è un'affezione frequente dell'età pre-scolare e scolare, di lievissima entità che si presenta clinicamente con febbre modesta, esantema caratterizzato dalla presenza di macule fini e di breve durata, una tipica infiammazione dei linfonodi suboccipitali, postauricolari e cervicali che appaiono ingrossati in modo cospicuo. La malattia passa a guarigione in pochi giorni lasciando una immunità che dura praticamente tutta la vita.
Nell'adulto il decorso è leggermente + grave e nei soggetti di sesso femminile il quadro clinico può essere arricchito dalla presenza di artralgie accompagnate da lievi fenomeni parestesici.
Se l'infezione colpisce una donna durante i primi mesi di una gravidanza le conseguenze possono essere drammatiche. Il virus della rosolia si trasmette costantemente al feto, che sopravvive, ma viene alla luce con la Sindrome da Rosolia congenita. Questo è legato all'azione teratogena dell'infezione i cui effetti possono essere: cecità, sordità, malformazioni gravi, microcefalia e ritardo dello sviluppo mentale.
Il virus penetra nell'organismo x via inalatoria e si moltiplica inizialmente nelle prime vie respiratorie superiori, da qui diffonde attraverso i linfatici al sistema reticolo endoteliale e poi di nuovo in circolo, raggiungendo così i capillari della cute e delle mucose e nelle gravide trasmettendosi al feto x via trasnplacentare. Il virus è presente nel muco del naso-faringe da alcuni giorni prima a 5-6 gg dopo la scomparsa dell'esantema.
La diagnosi clinica di Rosolia è facile. Nei casi dubbi l'isolamento del virus non è tra le metodiche + agevoli, xchè il virus si moltiplica nelle colture cellulari con scarso o nullo effetto citopatico. È preferibile ai fini diagnostici la ricerca di anticorpi mediante reazioni di inibizione dell'emoagglutinazione di globuli rossi di piccione da parte di preparazioni standard di virus e avendo cura di ricercare le IgM specifiche. Importante nel caso di donne che siano nei primi mesi di gravidanza. Oggi è anche possibile la ricerca del genoma virale nel sangue mediante P.C.R.
Non è necessario prendere alcuna precauzione x evitare l'infezione nei bambini, dove la malattia è banale. Circa il 15% delle donne raggiungono l'età puberale senza aver contratto l'infezione e sono pertanto prive dell'immunità. Questa frazione della popolazione deve essere protetta artificialmente x evitare che vada incontro all'infezione durante la gravidanza. Sono disponibili in commercio vaccini allestiti con varianti di virus a potere patogeno attenuato che consentono di ottenere una buona protezione immunitaria.
CORONAVIRIDAE
TOROVIRUS → repertati nel materiale fecale di soggetti immunocompromessi (AIDS), affetti da manifestazioni diarroiche.
CORONAVIRIDAE
Virus del genere di Coronavirus patogeni x l'uomo:
HCoV-229E e HCoV-OC43 HCoV = Human Corona Virus) → differenziabili in base ai caratteri antigeni e alla presenza di potere emoagglutinante solo di HCoV-OC43. Questi 2 virus sono ubiquitari e universalmente accettati come una delle cause principali di affezioni delle prime vie aeree,in particolare del "raffreddore".
La trasmissione è prevalentemente x via aerea con un picco di morbosità nel periodo inverno-primavera.
In vivo, la replicazione avviene nelle cellule ciliate dell'epitelio mucoso delle prime vie respiratorie (favorita dalla temperatura 33-34°C) con scarsa o nulla tendenza a diffondere alle vie respiratorie profonde (temperatura + elevata).
La reinfezione è possibile data la scarsa protezione conferita a livello mucoso dall'immunità conseguente alle precedenti infezioni. Difficilmente coltivabile in vitro.
La diagnosi si basa sulla ricerca di antigeni specifici (con tecniche di immunofluorescenza o immunoenzimatiche) o di sequenze nucleotidiche (con tecniche di amplificazione molecolare) nell'essudato rino-faringeo.
SARS-CoV → è stato identificato nell'uomo nel 2003 come agente eziologico della SARS (several acute respiratory syndrome) o grave sindrome respiratoria acuta.
È caratterizzata dalla presenza di una polmonite atipica. Si presenta con un quadro clinico assai grave, con una mortalità relativamente elevata.
Presenta una notevole capacità di diffusione epidemica attraverso i contatti interumani diretti (trasmissione aerogena è - efficiente).
I primi casi di SARS si sono verificati in Cina, dove la malattia ha rapidamente assunto caratteri epidemici, xchè veicolata da viaggiatori infetti e si è diffusa in varie zone del Sud-Est Asiatico e in Canada. Gli ospedali sono diventati centri di diffusione ulteriore dell'infezione.
Il nuovo coronavirus è presumibilmente originato da un reservoir animale, e il candidato principale è lo zibellino, utilizzato in Cina come prelibatezza alimentare.
Ha la capacità di replicare in vivo ed in vitro a 37° C e di infettare le vie respiratorie profonde. Infatti SARS si moltiplica in colture di cellule "Vero", una linea continua di cellule derivata da rene di scimmia.
La diagnosi eziologica si basa sulla ricerca del virus nell'espettorato o nel muco faringeo mediante isolamento in colture di cellule Vero. Per una diagnosi in tempi + rapidi si può ricorrere alla ricerca di specifiche sequenze genomiche del virus con metodiche di amplificazione molecolare. La ricerca di anticorpi (mediante tecniche immunoenzimatiche) è utile nel caso si dimostri una sieroconversione o un consistente aumento del titolo anticorpale fra 2 campioni di siero prelevati a 8-10 gg di distanza.
HCoV-NL63 → è ubiquitario e a circolazione interumana. È stato identificato nel 2004 in Olanda. È responsabile di forme cliniche di raffreddore, anche se nei bambini e nei soggetti con deficit immunitari, sembra possa dare infezioni respiratorie di > gravità (bronchiliti) non accompagnate da una significativa mortalità.
CALICIVIRIDAE
v La famiglia Caliciviridae comprende ribovirus con genoma costituito da una molecola di RNA a polarità positiva, con capside isometrico e sprovvisti di involucro pericapsidico.
v I virus di interesse della medicina umana:
VIRUS DI NORWALK
VIRUS DELLA EPATITE E
I virus di Norwalk oggi sono riuniti nel genere NOROVIRUS e sono stati identificati mediante indagini di ME nel materiale fecale di soggetti affetti da manifestazioni gastroenteriche.
Attualmente sono divisi in 3 genogruppi: GI, GII, GIII.
Sono agenti eziologici: di una forma di gastroenterite nota come vomito epidemico. L'infezione si trasmette attraverso il circuito oro-fecale.
Ha un breve periodo di incubazione (18-24h), con nausea, vomito incoercibile, malessere generale, profonda astenia. L'affezione ha un andamento autolimitante e passa a guarigione in 3-4 gg. La malattia si presenta in genere in focolai epidemici, in comunità chiuse o in ambito familiare, e colpisce sia soggetti nella prima infanzia sia soggetti adulti con un picco di incidenza nei mesi invernali (Dicembre-Marzo). L'immunità è duratura ma tipo-specifica.
Molto simili ai virus di Norwalk, sia x i caratteri generali che x l'azione patogena sono i virus del genere SAPOROVIRUS.
Norovirus e Saporovirus non crescono in colture di cellule in vitro. Xciò x la diagnosi eziologica bisogna ricorrere a tecniche di biologia molecolare.
ASTROVIRIDAE
La famiglia Astroviridae comprende ribovirus il cui genoma è formato da una molecola di RNA a polarità positiva.
Gli Astrovirus umani comprendono 5 diversi sierotipi che crescono in colture di cellule renali di embrione (umano) solo se il terreno è addizionato di triptosina.
Gli astrovirus umani sono agenti eziologici di gastroenteriti ubiquitarie, frequenti nella prima infanzia. La malattia è caratterizzata da diarrea acquosa e malessere generale, dolori addominali, vomito e febbre. Il sierotipo 1 è quello riscontrato con > frequenza; il sierotipo 4 è stato associato con manifestazioni diarroiche di una certa gravità.
Gli Astrovirus sono stati identificati nel materiale fecale di pazienti affetti da gastroenteriti, mediate indagini di immunoelettromicroscopia. La diagnosi eziologica si basa anche sulla ricerca di antigeni nel materiale fecale mediante indagini immunoenzimatiche e sulla ricerca del genoma virale mediante tecniche di amplificazione genica (P.C.R.) seguita da ibridazione con idonee "sonde molecolari".
REOVIRIDAE
Ribovirus sprovvisti di involucro pericapsidico, presenza di doppio capside e da genoma formato da numerosi (da 10 a 12) e distinti segmenti di RNA bicatenario. I virus possiedono una RNA-polimerasi RNA-dipendente associata al virione e si moltiplicano nel citoplasma cellulare.
Nella famiglia Reoviridae interessano la medicina i generi:
► COLTIVIRUS e ORBIVIRUS → questi generi comprendono una serie di Arbovirus occasionalmente trasmissibili all'uomo da artropodi vettori;
Al genere coltivirus appartengono il virus della Febbre da Zecca del Colorado: la malattia è una forma febbrile, caratterizzata da profonda astenia con un decorso protratto (alcuni mesi). Il virus dimostra uno spiccato tropismo x i progenitori ematopoietici, in particolare x i precursori della serie eritroide. La infezione è associata a una persistente viremia e il virus si ritrova in circolo all'interno dei globuli rossi, dove si mantiene al riparo degli anticorpi circolanti. Il danneggiamento dei progenitori ematopoietici si traducono in citopenie periferiche e in alterazioni nella produzione di diverse citochine. Occasionalmente si possono presentare CID accompagnata da segni di insufficienza renale e in questo caso la malattia può avere esito fatale. La diagnosi si avvale della ricerca di antigeni virali su strisci di sangue periferico mediante reazioni di immunofluorescenza indiretta.
I virus del genere Orbivirus -> causano nell'uomo affezioni febbrili, che non presentano tassi di mortalità nei soggetti immunocompetenti.
► REOVIRUS → dei virus compresi nel genere 3 distinti sierotipi sono stati isolati da materiali patologici provenienti dal tratto intestinale e/o delle vie aeree dell'uomo. Cmq nessun sierotipo è stato definitivamente associato alla presenza di specifiche patologie umane.
► ROTAVIRUS → sono importanti agenti patogeni x la specie umana. La patologia da essi provocata è di tipo enterico e rappresentano la causa singola + frequente di manifestazioni diarroiche nella prima infanzia. La prima infezione da rotavirus si traduce in una grave diarrea accompagnata da vomito e febbre alta. Quando l'affezione si presenta in soggetti della prima infanzia può provocare una grave disidratazione che richiede il ricovero in ospedale x il riequilibrio del bilancio idrico ed elettrolitico.
I rotavirus si moltiplicano in colture di cellule in vitro (previo trattamento delle cellule con triptosina).
I rotavirus comprendono 6 gruppi antigenici, quelli che infettano la specie umana appartengono al gruppo A, B e C.
La gastroenterite da rotavirus ha andamento sporadico anche se occasionalmente può presentarsi in forma di focolai epidemici. Le gastroenteriti da rotavirus sono + frequenti nei mesi invernali. L'infezione può trasmettersi attraverso il circuito oro-fecale.
Nella > parte degli adulti e bambini > di 2 anni sono presenti anticorpi nei confronti dei rotavirus.
La diagnosi dei rotavirus nelle feci diarroiche, mediante isolamento in colture cellulari o + rapidamente mediante saggi immunologici (immunoenzimatici) o osservazione al ME.
PICORNAVIRIDAE
ENTEROVIRUS
RHINOVIRUS -> agenti eziologici del raffreddore comune insieme ai Coronavirus
HEPATOVIRUS -> unico rappresentante è il virus dell'Epatite A.
Sono suddivisi in gruppi la cui denominazione è basata sulle patologie sostenute. I singoli virus sono a loro volta distinti in "tipi".
Gli Enterovirus sono resistenti all'azione inattivante di numerosi agenti fisico-chimici, in particolare resistono all'acidità del succo gastrico ed alla bile.
La > parte degli E cresce bene in numerosi tipi di cellule umane in colture in vitro e produce un effetto citopatico di tipo citolitico. Fanno eccezione Coxsackievirus di tipo A e Enterovirus 71 x i quali è necessaria l'inoculazione nel topino neonato.
Tutti gli E si trasmettono attraverso il circuito oro-fecale (eccezione Enterovirus 71), e hanno incidenza durante il periodo estivo-autunnale.
I virus attraversano passivamente la mucosa attraverso le cellule M presenti sulla superficie mucosa in corrispondenza degli aggregati di cellule linfoidi sottomucosi dove avviene una moltiplicazione primaria seguita dalla diffusione linfo-ematica alle cellule del reticolo-endotelio e successivamente (incubazione di 7-14 gg) si ha la trasmissione dell'infezione agli organi bersaglio (meningi, miocardio, cute.)
- Normalmente l'infezione si esaurisce a livello subclinico dove provoca, a carico della sede iniziale di moltiplicazione (orofaringe, intestino) manifestazioni morbose a breve periodo di incubazione, con una rapida guarigione.
- La possibilità che gli enterovirus diffondano nell'organismo, attraverso i linfonodi mesenterici e il circolo ematico e si localizzino in organi o tessuti particolarmente suscettibili, possono dare origine a una grande varietà di sintomi morbosi:
POLIOVIRUS ◄
possono nella localizzazione extraintestinale provocare una meningite asettica molto lieve con rapida e completa guarigione, oppure se riesce a raggiungere il nevrasse, danno luogo alla poliomielite. In questo caso, il virus si localizza di preferenza nei neuroni motori nei quali provoca lesioni che possono andare da lievi cromatosi fino alla neurofagia e alla completa distruzione. La distruzione dei neuroni motori provoca la paralisi flaccida dei muscoli da essi innervati.
La poliomielite può guarire spontaneamente ed in genere ne residuano menomazioni di diversa gravità della funzionalità muscolare.
Oggi è praticamente eradicata da tutti i paesi ad elevato livello sociale in seguito alla introduzione di vaccini di notevole efficacia.
COXSACKIEVIRUS ◄
Provocano una + vasta serie di manifestazioni morbose, le + frequenti manifestazioni cliniche:
Erpangia (o faringite vescicolare) → grave faringite febbrile, spesso accompagnata da vomito e dolori addominali. Nelle fauci sono presenti numerose vescicole grigiastre. La guarigione è spontanea.
Meningite asettica → è una meningite + grave di quella sostenuta dal poliovirus ma generalmente a guarigione spontanea.
Pleurodinia o mialgia epidemica → caratterizzata da febbre, cefalea e dolori muscolari violenti localizzati al torace e all'addome. La guarigione è spontanea.
Miocarditi e pericarditi → sono gravi affezioni che si osservano in soggetti di tutte le età e la guarigione si accompagna a permanenti alterazioni della funzionalità cardiaca.
Infezioni neonatali → hanno come esito una grave epatite progressiva e/o encefalite.
Manifestazioni esantematiche → esantemi vescicolari, come la sindrome "mano-piede e bocca"
Rinite → con sintomatologia simile al raffreddore comune
ECHOVIRUS ◄
Isolati quasi tutti dal materiale fecale di soggetti sani, si sono dimostrati dotati di un certo potere patogeno e le forme cliniche da essi sostenute sono:
La diagnosi eziologica si basa sull'isolamento del virus. Data la grande varietà di tipi antigeni non è possibile poter diagnosticare una malattia da enterovirus sulla base della sola ricerca degli anticorpi. Solo in caso di poliomielite paralitica , in cui il sospetto è indirizzato eziologicamente verso uno dei 3 tipi di poliovirus è possibile confermare o escludere la diagnosi eziologica sulla base della sola ricerca anticorpale.
In tutte le altre manifestazioni la diagnosi poggia sull'isolamento del virus che deve essere tentato contemporaneamente dall'oro-faringe e dal materiale fecale.
Una volta isolato il virus si procede alla sua identificazione atigenica mediate pool di sieri immuni.
L'unica affezione da enterovirus nei cui confronti è disponibile un vaccino è la poliomielite. Il primo vaccino antipoliomielitico è allestito con virus inattivati mediante formalina e somministrato mediante iniezione sottocutanea (vaccino di Salk). Negli ultimi decenni si è passati alla somministrazione orale del vaccino di Sabin, allestito con varianti del virus poliomielitico a potere patogeno attenuato che attecchiscono nella mucosa intestinale provocando una intensa risposta anticorpale con produzione di notevole quantità di IgA (coproanticorpi).
Il vaccino è ben tollerato e la sua applicazione ha eradicato la poliomielite da tutti i Paesi industrializzati.
In Italia la vaccinazione antipoliomielitica è obbligatoria x legge.
Ribovirus provvisti di involucro pericapsidico, il cui genomaè formato da 2 molecole di RNA di polarità positiva che non vengono però tradotte direttamente e sono retro-trascritte ad opera di una DNA-polimerasi RNA-dipendente (trascrittasi inversa) presente nel virione, in altre molecole di DNA bicatenario (provirus) che si integrano nel genoma della cellula ospite, e poi vengono trascritte ad opera della RNA-polimerasi II della cellula.
Le 2 molecole di RNA, sono mantenute insieme, a livello delle estremità 5' mediante legami idrogeno tra sequenze complementari. La molecola di RNA genomico è appaiata con una piccola molecola di RNA di origine cellulare tRNA, la cui funzione è di innesco (primer) x la trascrittasi inversa.
Il genoma dei Retrovirus contiene almeno 3 geni, necessari e suffienti alla replicazione completa; questi si susseguono dall'estremità 5' nella sequenza :
gag → codifica proteine strutturali del core (capsidiche e nucleo-capsidiche)
pol → (da polimerasi) codifica le proteine enzimatiche (trascrittasi inversa, proteasi)
env → codifica le proteine che una volta glicosilate formano le glicoproteine virus-specifiche dell'envelope (pericapside) virale.
Oltre ai 3 geni sono presenti alcuni geni che codificatori di proteine regolatrici ed accessorie.
La famiglia dei Retroviridae è divisa in III sottofamiglie:
I ) ONCOVIRINAE → gli Oncovirus comprendono i : Retrovirus dotati di potere oncogeno
suddivisi in : - Oncovirus esogeni, capaci di trasmissione orizzontale
tra i diversi individui della stessa specie ospite;
- Oncovirus endogeni, trasmissibili solo verticalmente,
come provirus integrati nelle cellule della linea
germinale.
I retrovirus patogeni x l'uomo appartenenti alla sottofamiglia degli oncovirus, rappresentati dai virus associati alla leucemia/linfoma a cellule T dell'adulto (HTLV-1 e HTLV-2).
II) LENTIVIRINAE → i Lentivirus comprendono retrovirus che provocano manifestazioni
patologiche dopo un lungo periodo di incubazione.
I retrovirus patogeni x l'uomo rappresentati da virus responsabili della Sindrome da Immunodeficienza acquisita AIDS, rappresentati da i virus denominati HIV, HIV-1(diffuso in tutto il mondo, è responsabile della > parte dei casi di AIDS) e HIV-2 (presente il Africa occidentale, nei Carabi, e nell'America meridionale, è meno virulento e provoca una malattia a decorso + attenuato)
III) SPUMAVIRINAE → nelle colture di cellule infette provocano una intensa formazione di
vacuoli di aspetto schiumoso.
Oltre ai geni gag, pol, env, il genoma HIV comprende altri 6 geni i cui prodotti hanno funzioni regolatorie/accessorie nel ciclo di replicazione virale.
I geni gag, pol, env sono tradotti in poliproteine che sono poi scisse nelle proteine funzionali definitive che si assemblano, insieme alle 2 molecole di RNA nel virione completo.
. I geni gag e pol -> sono cotradotti inizialmente in una poliproteina che viene scissa in:
proteina p55 -> che a sua volta viene scissa in :
- proteina p17 (che legandosi alla faccia interna
della zona di membrana cellulare, da cui deriverà il
peplos virale, rappresenta la matrice;
- proteina p24: che forma l'involucro del core ed uno
degli antigeni virali + rappresentati CA;
- proteina p9: che si lega alle molecole di RNA (proteina
nucleo capsidica (NC).
enzimi virus specifici: - proteasi (PR)
- trascrittasi inversa (RT)
- endonucleasi/integrasi (IN)
. Il gene env -> è tradotto inizialmente in una poliproteina (p88) che viene glicosilata e scissa
nelle 2 glicoproteine: - gp41 -> è inserita attraverso l'involucro lipidico
pericapsidico (proteina transmembranaria
TM);
- gp120 -> ancorata con la porzione COOH-
all'estremità NH2 terminale di gp41, è
esposta alla superficie del virione.
Le proteine regolatrici ed accessorie
. proteina Tat -> è una proteina che una volta sintetizzata, rientra nel nucleo cellulare e funziona da transattivatore della trascrizione del genoma provirale. Tat si lega ad una specifica sequenza degli mRNA nascenti, è un elemento fondamentale del complesso trascrizionale del provirus di HIV. Tat è in grado di legare il complesso "ciclina T1" che fosforila diversi siti presenti nell'estremo C-terminale della RNA-polimerasi II, che risulta capace di portare a termine la completa trascrizione del provirus. Tat viene eliminato all'esterno della cellula produttrice e può interagire sia con la membrana della stessa cellula produttrice (loop autocrino) sia con quella di cellule vicine non infette (loop paracrino) provocando l'innesco di segnali in grado di indurre l'attivazione di diversi fattori trascrizionali.
. proteina Rev -> ha una funzione importante nel regolare la sequenza nella produzione di RNA virus-specifici. Una volta prodotta Rev rientra nel nucleo ed interagendo con specifiche sequenze presenti nella regione "env" degli mRNA li protegge dallo splicing ad opera degli appositi organuli nucleari consentendo l'esportazione dal nucleo degli mRNA .
. proteina Vpu -> funzione di facilitare il trasporto del prodotto del gene env verso la membrana cellulare;
. proteina Nef -> funzione molto simile a quella di Vpu ed agisce legandosi alle molecole di CD4 e HLA-I di cui facilita il trasposto, dalla superficie cellulare e dall'apparato del Golgi, verso i lisosomi, favorendo la degradazione.
. proteina Vif -> viene incorporata nel virione di cui favorisce l'infettività e sembra avere una funzione durante l'assemblaggio del core virale.
. proteina Vpr -> viene incorporata nel virione e sembra avere un ruolo importante nel favorire il trasporto intranucleare del complesso nucleoproteico (genoma provirale e proteine associate).
Il ciclo replicativo di HIV
Il principale recettore cellulare specifico x HIV è la molecola CD4 che è rappresentata alla superficie dei linfociti T-helper e che funziona da ligando specifico x le molecole di MHC di classe II, nei processi di interazione cellulare legate al riconoscimento dell'antigene. La molecola CD4 è presente anche alla superficie di una notevole percentuale di monociti, macrofagi tissutali, cellule dendritiche follicolari dei linfonodi. Linfociti TH-CD4(+) e altre cellule CD4(+) rappresentano le principali popolazioni cellulari sensibili all'infezione da HIV.
CD4 è il recettore fondamentale x il quale la glicoproteina gp120 presente nell'envelope virale (che rappresenta l'antirecettore) presenta un'elevatissima affinità.
Per consentire l'infezione da HIV è necessaria la presenza, insieme a CD4, di co-recettori:
. Alla superficie dei macrofagi è presente il co-recettore CCR5 e la sua presenza è
essenziale x l'infezione degli stipiti macrofagotropi.
. Gli stipiti di HIV-1 linfotropi, utilizzano come co-recettore la molecola di superficie
CXCR4 (che è il recettore x la chemochina SDF-1).
Tutti e 2 i principali corecettori sono espressi alla superficie dei linfo-monociti CD4(+) del sangue periferico, ciò spiega la loro sensibilità all'infezione, sia con stipiti linfotropi che con stipiti macrofagotropi.
La contemporanea interazione tra gp120 -> CD4 e di un corecettore dall'altra, provoca una serie di alterazioni conformazionali, che si traducono nella fusione dell'envelope virale con la membrana della cellula e la liberazione nel citoplasma cellulare del nucleo-capside. A questo punto si verifica la retrotrascrizione del genoma virale nel DNA provirale e l'integrazione del "provirus" nel genoma della cellula.
La variabilità genomica di HIV
Una delle + evidenti caratteristiche del genoma di HIV è rappresentato dal notevole grado di variabilità dimostrabile tra differenti stipiti virali isolati da diversi individui o addirittura tra gli stipiti virali isolati dallo stesso individuo in momenti diversi dell'infezione.
La variabilità genomica di HIV-1 è rilevante x diversi aspetti: la distribuzione delle sequenze variate tra i diversi stipiti non è ugualmente distribuita in tutto il genoma provirale, infatti le sequenze env e nef sono è soggette a variazioni mentre gag e pol sono + conservate.
Le glicoproteine di superficie contengono alcune regioni altamente conservate, tutti i residui di cisteina di gp120 e gp41 sono costanti nella quasi totalità dei virus, ciò è legato al fatto alla funzione della cisteina di mantenere un'adeguata configurazione tridimensionale delle proteine di superficie. Nella gp120 sono presenti 4 sequenze aminoacidiche relativamente costanti (C1-C4) intercalate con regioni ipervariabili (V1-V5),una delle quali corrisponde al principale epitopo in grado di evocare la produzione di anticorpi, ciò comporta che gli anticorpi sono poco efficaci nei confronti di altri anticorpi che si possono produrre nel corso di una infezione.
Rapporti filogenetici dei diversi sottotipi genomici/antigenici di HIV-1 e HIV-2
Si ritiene con molta probabilità che i retrovirus umani HIV-1 e HIV-2 abbiano avuto la loro origine in Africa nei primi decenni del secolo XX.
. Gli stipiti di HIV-1 circolanti nella specie umana, sono classificati in 3 distinti gruppi:
gruppo M (major) → comprende la grande maggioranza dei virus responsabili della pandemia, è ulteriormente divisibile in una serie di almeno 11 sottotipi (da A a K). I Paesi europei e gli USA sono interessati dal sottotipo B. Sembrano il risultato di un unico evento originario di trasmissione scimpanzé-uomo.
gruppo O (outlier) → stipiti diversi e poco numerosi. Il virus O e quello N sembrano il risultato di ulteriori, indipendenti eventi di trasmissione scimpanzé-uomo.
Gruppo N (non M) → è un virus assolutamente peculiare in varie seq nucleotidiche.
. Gli stipiti di HIV-2 sono divisibili in almeno 6 (A a F) sottotipi e rappresentano il risultato di altrettanti eventi indipendenti di trasmissione dell'infezione dalle scimmie cercopitecidi all'uomo. Il > numero di infezioni ha HIV-2 è causato dal sottotipo A , seguito dal sottotipo B.
L'infezione da HIV rappresenta la tappa iniziale di un processo che oltre il 90% dei casi si traduce, in un periodi di tempo variabile (da 7 a 10 anni) in un drammatico quadro patologico, che si conclude con la morte del paziente.
L'infezione è sempre la conseguenza dalla trasmissione di tracce anche inavvertite di sangue, o altri liquidi biologici da un soggetto infetto ad un soggetto san, attraverso rapporti sessuali, l'uso promiscuo di siringhe tra i tossicodipendenti, ma anche attraverso trasmissione iatrogena (donazione di sangue, organi, tessuti, o attraverso la somministrazione di emoderivati infetti). L'infezione si trasmette anche dalla madre infetta al feto, x via trasnplacentare o durante il parto e il successivo allattamento.
L'infezione primaria è asintomatica, dopo un periodo di incubazione di3-6 settimane si traduce in una malattia acuta, febbrile, senza una sintomatologia patognomica (che simulano una mononucleosi infettiva) che si esaurisce spontaneamente nel giro di alcuni giorni ed è difficilmente diagnosticabile, senza un preciso sospetto epidemiologico. L'infezione primaria si accompagna ad un elevato titolo di virus nel sangue periferico (viremia) e nel giro di 1 settimana si produce un'intensa risposta immunitaria che provoca la scomparsa della viremia.
Fase di latenza clinica, il virus viene sequestrato negli organi linofoidi (linfonodi) soprattutto all'interno delle cellule dendritiche follicolari, e c'è assenza di manifestazioni morbose evidenti che può durare x diversi anni. Anche se il provirus è integrato nel genoma delle cellule infette e si trova allo stato latente in molte di esse, in un certo numero di cell si osserva una continua replicazione virale che si accompagna alla liberazione di virus e di prodotti (proteine) virus-specifici (solubili che innescano i circuiti patogenetici).
I soggetti affetti da HIV presentano un progressivo calo nel numero di linfociti CD4+ circolanti (1000/ mm3 nel soggetto normale) che non si traduce in una manifestazione morbosa drammatica fintanto che i linfociti T4 superano i 5-600/mm3.
Sintomatologia iniziale: linfoadenopatia persistente (LAS). Quando la proliferazione virale raggiunge valori critici, cominciano ad essere presenti anche i primi sintomi morbosi.
Stadio ARC: che inizia subito dopo, caratterizzato da calo ponderale, febbre, diarrea ed astenia che si accompagna ad una ulteriore netta diminuzione dei linfociti T-helper circolanti con variabili segni di anemia, ed altre emocitopenie periferiche, ipergammaglobulinemia. In molti soggetti infetti la comparsa di una patologia conclamata si associa alla prevalenza di una popolazione virale CXCR4 linfotropica e con la riduzione di virioni CCR5 (macrofago-tropici) che invece prevalgono nelle fasi iniziali dell'infezione.
Fase di AIDS conclamata: diminuzione dei linfociti T-helper al di sotto dei 3-400/mm3. I linfonodi presentano gravi lesioni involutive, è presente nel sangue una intensa viremia; la sitomatologia si complica con l'insorgenza di infezioni da microrganismi opportunisti che evolvono con inusuale gravità. In molti casi si associa la comparsa di affezioni neoplastiche (sarcoma di Kaposi). In un numero variabile di pazienti sono anche presenti lesioni degenerative del SNC. Nei neonati infetti l'infezione è molto + rapida e si conclude con la morte nel giro di 5-6 anni.
I 2 fondamentali parametri diagnostici e prognostici dell'HIV:
1°) numero dei linfociti T-helper circolanti nel sangue periferico;
2°) livello di virus svelabile (viremia).
Caratteristiche fondamentali della patologia conclamata:
a) grave ed irreversibile compromissione della capacità di risposta immune, che si traduce in una serie di infezioni da virus e microrganismi (batteri, protozoi, miceti) opportunisti.
b) Comparsa di manifestazioni neoplastiche (linfomi, sarcoma di Kaposi)
c) Alterazioni ematologiche periferiche (trombocitopenia, anemia, granulocitopenia) con gravi compromissioni del sistema ematopoietico
d) Lesioni degenerative del SNC che si accompagnano ad atrofia della massa encefalica (demenza associata all'AIDS).
♦ L'immunodeficienza è l'aspetto patogenetico + rilevante della sindrome con la notevole riduzione del numero dei linfociti T-helper (linfociti T-CD4+ o linfociti T4). Cmq il numero di T4 infetti da virus non supera mai il 20-30% della popolazione, la loro totale distruzione dei linfociti T4 non-infetti è dovuta all'induzione della morte programmata (apoptosi) attraverso l'innesco di segnali cellulari conseguenti all'interazione fra la glicoproteina gp120, liberata in gran quantità dalle cellule infette da HIV-1. Oltre alla gp-120, anche la proteina trasnattivante Tat viene liberata nell'ambiente dalle cellule infette da HIV-1 e può funzionare da amplificatore del danno cellulare.
Gli stessi meccanismi sembrano responsabili della compromissione della vitalità e della capacità di differenziamento delle cellule ematopoietiche progenitrici presenti nel sangue circolante e nel midollo osseo.
Anche le lesioni del SNC sono conseguenza di meccanismi analoghi; infatti i neuroni non sono infetti da HIV-1 che invece si replica nelle cellule accessorie, liberando gp120 che ha un'azione tossica x i neuroni innescandone la morte x apoptosi.
L'infezione da HIV è seguita dalla costante e progressiva replicazione del virus in una serie di organi bersaglio ed è destinata a sfociare nella definitiva compromissione del sistema immunitario.
L'infezione da HIV una volta verificatasi si mantiene costantemente attiva, la sieropositività, cioè la rivelazione della presenza di anticorpi specifici x HIV nel siero di un individuo, consente di porre inequivocabilmente la diagnosi di infezione in atto (anche se clinicamente silente).
v Ricerca di anticorpi: si esegue mediante reazioni immunoenzimatiche nei confronti di antigeni "ricombinanti" e/o di peptidi sintetici che riproducono gli epitopi antigenici + significativi delle principali proteine strutturali del virus HIV-1 e HIV-2. I limiti di utilizzo:
nella fase iniziale (3-4 settimane) nella quale la quantità di anticorpi circolanti non è
ancora sufficiente ad essere evidenziata dalle tecniche di rivelazione;
nei neonati da madri infette da HIV, i quali possiedono anticorpi sierici anti-HIV di origine materna;
nei soggetti infetti in cui i risultati delle indagini sierologiche possono dare risultati di dubbia positività (borderline).
v Ricerca di HIV : può essere condotta mediante isolamento del virus in coltura allestendo co-colture di cellule mononucleate del sangue periferico del soggetto in esame con cellule mononucleate del sangue periferico di donatori normali, si monitora la comparsa di antigeni virus-specifici nel sovranatante delle cellule. La ricerca della presenza di virus (nel sangue periferico) viene eseguita mediante la rivelazione della presenza di antigeni specifici (ricerca di proteina p24 del core) e/o la ricerca di specifiche sequenze nucleotidiche (DNA provirale, RNA virionico) con idonee metodiche di amplificazione (P.C.R.)
v Nel follow-up del paziente: x monitorare l'efficacia della terapia antivirale è essenziale stabilire la quantità di virus ("carico virale") presente in circolo. I parametri utili sono:
determinazione quantitativa del DNA provirale mediante P.C.R., che misura la quantità di virus latente "provirus", che rappresenta un'indicazione dell'ampiezza del reservoir di virus presenti nell'organismo.
determinazione della quantità di virus infettante presente nel sangue periferico misurata in colture di cellule in vitro
determinazione dei livelli plasmatici della proteina capsidica p24
determinazione quantitativa di HIV-1 RNA nel plasma.
La terapia : con una serie di farmaci antivirali specifici, costituiti da:
inibitori nucleosidici e non nucleosidici della trascrittasi inversa;
farmaci inibitori specifici della proteasi virale
farmaco che agisce inibendo la fusione del peplos del virione con la membrana delle cellule sensibili.
Questi farmaci xò presentano una serie di effetti collaterali (tossicità secondaria degli inibitori della proteasi con scarsa compliace dei pazienti, emergenza di stipiti farmaco-resistenti) non consentono di attuare un trattamento prolungato.
Il controllo : dell'infezione è affidato a misure preventive generali come lo screening dei donatori (di sangue, di organi o tessuti) il controllo del sangue e degli emoderivati, l'educazione sessuale.
(leucemia umana a cellule T dell'adulto)
Il retrovirus denominato HTLV ha i caratteri generali dei retrovirus, se ne conoscono 2 tipi sierologici ( HTLV-I e HTLV-II). Il genoma di HTLV-1 oltre ai 3 geni:
- gag, pol, env che codificano x 3 poliproteine che subiscono una scissione proteolitica da cui prendono origine: le proteine e le nucleoproteine del core virale, le proteine enzimatiche (proteasi, trascrittasi inversa) e le glicoproteine dell'envelople;
- sequeze con i caratteri di ORF (open reading frame), e di cui la sequenza + lunga è denominata sequenza pX. La regione pX contiene almeno 4 distinti ORF di cui le 2 maggiori, ciascuna formata da 2 esoni distinti: Tax e Rex con funzioni analoghe alle proteine Tat e Rev di HIV.
▪ HTLV-1 sembra in grado di interagire, tramite le glicoproteine dell'envelope con numerosi tipi di cellule ma solo x i linfociti T-CD4+ i virus hanno uno spiccato tropismo.
▪ I virioni liberi sono scarsamente infettanti e l'infezione si trasmette efficacemente solo attraverso un cotatto diretto tra cellule infette e cellule contigue, mediante un complesso processo di adesione cellulare.
▪ HTLV-1 è associato a una rara forma di leucemia/linfoma dell'adulto a cellule T (ALT). È una rara e aggressiva forma di leucemia umana individuata all'inizio degli anni 70'. Presenta :
a) insorgenza in età adulta;
b) derivazione delle cellule leucemiche da linfociti T-helper maturi
c) frequente coinvolgimento della cute (linfoma cutaneo), linfoadenopatie ed epatosplenomegalia
d) elevato numero di leucociti circolanti senza anemia e scarso coinvolgimento del midollo osseo
e) ipercalcemia
Il periodo di sopravvivenza dall'inizio dei sintomi acuti, varia da 2 settimane a + di 1 anno e la morte è provocata da: complicazioni infettive polmonari.
L'infezione si trasmette x via ematogena ed anche attraverso l'allattamento. Il provirus è integrato nel genoma cellulare.
Il meccanismo d'azione oncogena è associato all'azione transattivante di Tax che oltre a transattivare la trascrizione del genoma provirale è in grado di transattivare numerosi geni cellulari, tra i quali il gene che codifica la IL-2 (specifico fattore di crescita x le cellule T) e il gene che codifica lo specifico recettore (IL-2R). Si crea così una sorta di perverso circuito autocrino in grado di stimolare la replicazione policlonale delle cellule infette.
Le cellule proliferanti offrono un'aumentata probabilità all'insorgenza di un "secondo evento " in grado di trasformare la cellula in una cellula indefinitamente e patologicamente proliferante con la comparsa della leucemia acuta, clinicamente manifesta.
Esiste una associazione tra l'infezione da HTLV-1 e una rara patologia neurologica rappresentata da una sindrome demielinizzante progressiva: paraparesi tropicale spastica.
In Europal'infezione da HTLV-I e II è particolarmente diffusa in particolari gruppi a rischio sono rappresentati da tossicodipendenti assuefatti dall'assunzione di droghe x via endovenosa (ed è spesso associata all'infezione da HIV).
La diagnosi di laboratorio si basa sulla ricerca di anticorpi mediante reazioni immunoenzimatiche e/o immunoblotting, nei confronti di antigeni virali e sulla ricerca di specifiche sequenze del DNA provirale nelle cellule mononucleate del sangue periferico mediante P.C.R.
VIRUS RESPONSABILI DI EPATITI PRIMARIE
L'epatotropismo primitivo risiede nella sensibilità dell'epatocita alle rispettive infezioni, x la presenza alla superficie cellulare di specifici recettori, ma anche x la permissività dell'epatocita alla replicazione virale.
I virus epatici noti sono 4:
Epatite A
Epatite B
Epatite C
Epatite E
Epatite D (virus delta) -> si presenta sempre associato con in virus dell'Epatite B da
cui dipende x un ciclo di replicazione completo.
I virus dell'Epatite A ed E sono responsabili di infezioni acute, con bassissima letalità, e che nella grande maggioranza dei casi tendono alla risoluzione spontanea.
Le infezioni acute da virus dell'Epatite B e dell'epatite C, possono dar luogo ad una infezione cronica del parenchima epatico che può esitare nella cirrosi o rappresentare l'innesco x la comparsa di un carcinoma epatico primitivo.
Il virus dell'epatite A (HAV) appartiene alla famiglia Picornaviridae.
Sprovvisto di un involucro pericapsidico, ha un capside isometrico
Genoma formato da 1 molecola di RNA di polarità positiva.
Il virus si lega agli epatociti interagendo con un recettore costituito da una glicoproteina integrale di membrana.
La replicazione avviene nel citoplasma.
Di HAV esiste un solo tipo antigenico, è strettamente specie-specifico; cresce in colture di cellule umane e la replicazione in queste è molto lunga e la produzione di effetto citopatico è scarsa.
Periodo di incubazione breve, da 15 a 50 gg.
La malattia diffonde attraverso il circuito oro-fecale, ed è frequente in presenza di condizioni igieniche scadenti. Non si trasmette con la trasfusione di sangue. Ha una mortalità bassa e la guarigione è priva di ulteriori conseguenze.
Il virus è presente nel materiale fecale 6-7gg prima dell'inizio dei sintomi e dell'aumento delle transaminasi sieriche.
Il virus può anche essere repertato nel sangue nella fase iniziale della sintomatologia clinica evidente e la sua presenza in circolo si annulla in coincidenza con la comparsa di anticorpi circolanti.
Si basa sulla dimostrazione di anticorpi anti-HAV di classe IgM che sono costantemente presenti nell'infezione acuta e si mantengono x 3 mesi dall'inizio della sintomatologia.
Il controllo dell'infezione è affidato alle misure generali di igiene ambientale.
La somministrazione di gamma-globuline umane può prevenire o attenuare l'infezione nei soggetti esposti.
È disponibile un vaccino allestito con virus proveniente da colture cellulari infette, purificato, e inattivato mediante trattamento con formaldeide. Il vaccino è consigliato in tutti i soggetti residenti in zone endemiche (Paesi asiatici, dell'Africa, dell'America del Sud) e per x coloro che hanno in programma viaggi in zone di elevata endemia.
Il virus dell'epatite B (HBV) è l'unico Hepadnavirus di interesse medico.
Non cresce in colture di cellule in vitro.
Il genoma di HBV contiene 4 sequenze codificatrici parzialmente embricate:
gene P: codifica una proteina alla quale sono associate le attività enzimatiche virus-specifiche; + un piccolo peptide che serve da segnale di inibizione dell'attività polimerasica;
gene C: può codificare 2 proteine: C e C+pre-C. La proteina C forma il capside (core) virale ed è l'antigene virus-specifico (HBcAg). La proteina C+pre-C, viene avviata verso l'apparato secretorio cellulare e eliminata all'esterno della cellula ed espone epitopi antigenici peculiari (HBeAg).
gene S: codifica le proteine di superficie (peplos) del virione, e rappresentano l'antigene specifico (HBsAg).
gene X: codifica una proteina ad attività trans-attivante sulla trascrizione (promoter) del genoma virale e sulla trascrizione dei diversi geni cellulari (che viene aumentata).
HBV è assolutamente specifico x la specie umana, ai cui epatociti si lega attraverso recettori, ed il DNA virale viene trasferito nel nucleo, dove dopo il completamento della struttura bicatenaria del genoma, viene trascritto ad opera di una polimerasi II cellulare dando inizio al ciclo di replicazione virale.
A differenza dei Retrovirus, la trascrizione del genoma di HBV non richiede la preventiva integrazione nel genoma cellulare, anche se ciò è possibile in una quota di cellule del carcinoma epatico primitivo.
La maturazione dei virioni avviene a livello delle membrane dell'ergastoplasma ed i virioni completi sono eliminati dalla cellula attraverso un processo di esocitosi insieme a una quota di HBsAg che viene prodotto in eccesso e si presenta in circolo.
Il virione completo presenta 3 diverse glicoproteine di superficie:
L (large)
M (medium)
S (small)
negli aggregati filamentosi di HBsAg sono presenti tutte e 3 le diverse glicoproteine, mentre gli
aggregati rotondeggianti sono formati solo da S e da M.
HBV è relativamente stabile sia x l'organizzazione genomica che nella composizione antigenica. Poiché la replicazione avviene attraverso un intermedio a RNA la variabilità genomica è > di quella che si osserva negli altri desossiribovirus. Esistono tra i diversi virus circolanti alcune differenze in un certo numero di sequenze nucleotidiche (ex quella del gene S) che hanno consentito di identificare 8 diversi genotipi di HBV indicati con le lettere da A ad H. L'Italia è interessata dal genotipo A (ubiquitario) e dal genotipo D presente nell'Europa meridionale. Tra i diversi genotipi possono essere piccole differenze antigeniche nell' HBsAg.
L'epatite B è un'affezione a lunga incubazione (fino a 6 mesi) che si trasmette esclusivamente x via interumana attraverso l'inoculazione accidentale o iatrogena di sangue infetto.
Può trasmettersi anche x via sessuale, ma anche da madre a feto ( x via transplacentare o come infezione perinatale).
L'epatite B, prima del controllo dei donatori era presente con frequenza elevata nei soggetti sottoposti a trasfusioni multiple ed incide come rischio professionale anche in varie categorie di medici (chirurghi, dentisti).
È particolarmente frequente in condizioni di scarsa igiene ambientale ed in comunità (tossicodipendenti, malati mentali) o in rapporto a particolari abitudini (tatuaggi) e la sua diffusione è favorita da una notevole termoresistenza del virus.
▪ Nel periodo iniziale sono presenti in circolo in apprezzabili quantità, insieme ad un eccesso di particelle HBsAg e HBeAg, eliminato dalla cellula infetta. Diminuiscono in seguito alla risposta immune umorale e cellulo-mediata che bloccando il virus nell'ambiente extracellulare ed eliminando le cellule infette porta la malattia a guarigione.
In un certo numero di casi una non efficiente e pronta risposta immunitaria può consentire l'instaurarsi di un'infezione cronica che può protrarsi anche x lungo tempo con una scarsa o nulla sintomatologia clinica che può esitate in gravi e irreversibili danni epatici.
Si basa sulla ricerca dei vari indizi di presenza virale (HBsAg, DNA virale, antigene "e") e sulla ricerca di anticorpi anti- HBcAg (gli anticorpi contro la proteina capsidica sono i primi a comparire) e anti- HBsAg.
delle infezioni acute è in genere solo sintomatica;
delle infezioni croniche con interferon α e β. Alcuni inibitori della trascrittasi inversa come la lamivudina e l'adefovir sembrano dotati di una ragionevole azione terapeutica.
Il controllo dell'epatite B è legato alla ricerca nel sangue dei donatori della presenza di marcatori che segnalino l'esistenza dell'infezione acuta in fase preclinica o di infezione cronica subcliniche. + difficile è il controllo della diffusione dell'infezione in particolari collettività (omosessuali, tossicodipendenti) x la presenza di ostacoli culturali.
La somministrazione di preparazioni di gamma-globuline ad elevato titolo di anticorpi anti HBsAg come misura profilattica in soggetti esposti al rischio di infezioni (contaminati accidentalmente con sangue in personale sanitario).
Per la profilassi dell'infezione è allestito mediante tecniche del DNA ricombinate, formato dalle proteine codificate dal gene S, clonato ed espresso in idonei vettori.
Non è in grado di replicarsi autonomamente (virus defettivo) e richiede la presenza di HBV (virus helper) x iniziare l'infezione e per replicarsi.
Virus Delta -> particella sferoidale formata da un inviluppo proteico derivato dall'HBsAg dell'HBV che racchiude il genoma virale ed un paio di proteine specifiche che formano l'antigene delta.
Le caratteristiche del genoma hanno confermato l'ipotesi di una comune origine filogenetica con i virus delle piante. Il genoma è formato da una molecola di RNA monocatenario di polarità negativa. I nucleotidi formano una struttura senza estremi liberi (circolare) e di aspetto bastoncellare. Nel genoma sono presenti sequenze con i caratteri di ribozima, hanno la capacità di catalizzare tagli e saldature in corrispondenza di peculiari sequenze della molecola stessa di RNA genomico. Il genoma virale si replica nel nucleo cellulare.
Il genoma del virus delta è in grado di codificare una proteina, con peculiari caratteri antigeni (antigene delta δ-Ag). Questa proteina è presente in 2 forme:
+ piccola "S" -> è essenziale x la replicazione del genoma
+ grande "L" -> è un potente inibitore della replicazione del genoma virale e promuove l'impacchettamento del virione.
Il nucleo -capside che viene assemblato nel nucleo della cellula infetta viene trasferito nel citoplasma dove si associa ad una membrana cellulare alterata x la presenza delle glicoproteine specifiche del pericapside del virus HBV e fuoriesce dalla cellula avvolto in un involucro pericapsidico che è lo stesso HBsAg di quello del virus dell'epatite B.
Il virus Delta è endemico nel bacino del Mediterraneo , in Medio Oriente, nell'Africa sub-sahariana, nell'America latina.
La coinfezione da virus Delta e HBV porta di norma ad un aggravamento della sintomatologia e ad un > rischio di cronicizzazione con gravi ed irreparabili esiti.
Si basa sul reperto del virus in circolo (mediante rivelazione dell'antigene Delta o del genoma virale mediate amplificazione P.C.R. ed impiego di sonde molecolari), e sullo studio della risposta anticorpale (IgM e IgG) anti-antigeni Delta.
Il controllo della infezione prevede le stesse misure di ignee che x l'HBV. La vaccinazione anti-HBV rende il soggetto immune anche nei confronti del virus Delta che è incapace di autonoma replicazione.
HCV è un ribovirus con genoma formato da una molecola di RNA a polarità positiva provvisto di involucro pericapsidico che presenta numerose affinità con i virus della famiglia Flaviviridae.
HCV si lega a un recettore specifico, rappresentato da una molecola di superficie CD81, presente alla superficie delle cellule in associazione con alcune integrine. Una volta introdotte nelle cellule, il virus ha un ciclo replicativo che segue quello degli altri ribovirus a genoma positivo.
Il genoma, formato da un'unica molecola di RNA codifica un'unica molecola proteica che viene poi tagliata nelle 3 proteine strutturali e in 5 proteine non strutturali (NS) dotate di attività enzimatiche essenziali alla replicazione del virale.
La replicazione in vitro è possibile in colture di cellule (linee di cellule linfoidi umane, linee di epatociti umani). Il virus si replica lentamente con scarso effetto citopatico e la sua presenza e i titolo deve essere determinato mediante le stesse tecniche di biologia molecolare
Il virus presenta una discreta variabilità genomica, almeno 6 tipi genomici principali, all'interno differenziabili diversi sottotipi. Ciò ha una profonda implicazione sulla possibilità di allestire un vaccino efficace.
È un'infezione subdola, lentamente progressiva che rimane asintomatica fino alla comparsa di segni clinici di scompenso delle funzioni epatiche o alla comparsa di un carcinoma epatico primario.
L'infezione si trasmette x via ematogena, e le vie di trasmissione sono le stesse dell'Epatite B. Il periodo di incubazione va da 5-10 settimane.
L'infezione iniziale è sintomatica solo nel 15-20% dei casi e ha un andamento clinico meno rilevante. Una notevole proporzione, circa il 50% delle infezioni sintomatiche evolve verso la cronicizzazione e circa il 20% dei soggetti infetti cronicamente evolve in cirrosi. L'infezione cronica da virus dell'Epatite C è associato alla crioglobulinemia mista di tipo II (una patologia linfoproliferativa benigna) ed è stata implicata come possibile fattore eziologico del linfoma non-Hodgking a cellule B la cui prolifezione verrebbe indotta dalla stimolazione del complesso CD81 (che è presente alla superficie delle cellule B) che è utilizzato dal virus come recettore specifico.
Si basa sulla ricerca di anticorpi contro gli antigeni del virus, utili soprattutto x la diagnosi della infezione iniziale e sulla ricerca del genoma virale, previa trascrizione inversa in DNA e il successivo impiego di tecniche di amplificazione genomica (P.C.R.).
Il controllo : dell'infezione è affidato alle stesse misure efficaci nel caso dell'Epatite B.
Il trattamento con interferon-α è largamente usato anche se alcuni genotipi rispondono meno. Un miglioramento è ottenuto con l'associazione della ribavirina all' interferon-α. Non esiste alcun vaccino.
È un ribovirus, sprovvisto di involucro pericapsidico, con un capside isometrico ed un genoma formato da 1 molecola di RNA a polarità positiva. È classificato nella famiglia dei Caliciviridae. Il genoma presenta 3 distinte sequenze trascrivibili o ORF:
ORF1 -> codifica la proteina non strutturale (con attività enzimatica virus-specifica)
ORF2 -> codifica la proteina principale del capside
ORF3 -> codifica una proteina che interagisce con ORF2 e ha una funzione nel corretto assemblaggio del capside; inoltre si lega ad alcune proteine con azione pro-infiammatoria, prodotte dal fegato, contribuendo a creare un ambiente favorevole alla replicazione e alla persistenza del virus.
Appunti su: in che cosa si differenziano le alterazioni degli antigeni virali antigenicshift e antigenicshift3F, herpes saimiri sintomi, |
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