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EUTANASIA
Rappresenta un problema complesso e mai così attuale applicabile ai soggetti terminali, ovvero quei soggetti in stato di coma anche vegetativo (ovvero si parla di morte solo nel caso di morte cerebrale) irreversibile, cioè una situazione che non può essere risolta con le debite cure specialistiche. Esistono due tipologie di Eutanasia, si parla di EUTANASIA ATTIVA CONSENSUALE quando il malato chiede espressamente la "dolce morte" e EUTANASIA ATTIVA NON CONSENSUALE quando altre persone, familiari ochi per loro, decidono di far morire il paziente incapace di intendere e di volere. Chi sostiene l'eutanasia si basa essenzialmente su due principi fondamentali che sono il diritto alla vita in analisi alla qualità della vita stessa, ovvero essi ritengono che una vita trascorsa attaccati ad una macchina e stesi su un letto non debba essere considerata come vita ma piuttosto come una NON VITA, e il principio della dignità umana sostenendo che per questi pazienti non sia dignitoso continuare a vivere in tale stato di "transizione". I medici o chi pratica l'eutanasia attiva in Italia sono soggetti agli art 579 e 580 del codice penale rispondendo di omicidio, l'art 579 infatti punisce con la reclusione chi cagiona la morte del soggetto con il suo consenso mentre l'art 580 punisce sempre con la reclusione chi istiga o aiuta il soggetto a suicidarsi.il caso è diverso per quanto riguarda l'eutanasia attiva non consensuale che viene punita direttamente con le pene previste per l'omicidio colposo poiché non è possibile dedurre una volontà presunta da un soggetto incapace di intendere e di volere (su questo principio la dottrina rifiuta le richieste di pazienti in stato vegetativo effettuate dai genitori alla morte). Altra tipologia di Eutanasia è quella PASSIVA che avviene nel momento in cui le cure che tengono in vita un paziente terminale vengano sospese cagionandone la morte, si parla di eutanasia passiva consensuale sulla quale la corte di giustizia ha espresso parere favorevole appellandosi al principio di autodeterminazione dell'individuo (art 13), sul principio di libertà di cura (i trattamenti sanitari non obbligatori se il paziente è capace di intendere e di volere) e sul concetto di dignità della persona. Di norma l'eutanasia passiva consensuale è vietata anche se continuamente praticata nel nome del diritto a morire dignitosamente rifiutando ogni intervento di accanimento terapeutico , pertanto i giudici non hanno mai condannato un medico che l'abbia praticata. Diverso è il caso dell'EUTANASIA PASSIVA NON CONSENSUALE quando cioè il paziente è incapace di intendere e di volere: la soluzione a questo problema poteva essere rappresentata dall'istituzione di un testamento biologico (previsto dalla direttiva europea) che in Italia trova difficoltà ad essere accettato perché si scontra con le norme che prevedono che il consenso sia ATTUALE.
NORME A FAVORE DI CHI sostiene l'eutanasia Art 2 cost. la repubblica garantisce la tutela dei diritti fondamentali, art 32 nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario non obbligatorio.
I medici che praticano l'eutanasia rischiano dunque di essere accusati di omicidio o di istigazione al suicidio poiché in base all'art 40 del codice penale essi hanno l'obbligo giuridico (anche secondo il codice di deontologia medica) di fare tutto il possibile per tutelare la vita umana (andrebbero in contro anche al reato di omissione di soccorso) talvolta scontrandosi con quello che viene definito come l'accanimento terapeutico, ovvero tutte quelle cure "inituli" dal punto di vista della guarigione del paziente ma utili solo a mantenerlo in vita poiché non autosufficiente. IL CODICE PENALE punisce di fatto l'eutanasia attiva come omicidio colposo e intenzionale disconoscendo tra le motivazioni la causazione della morte di un individuo per pietà ed è resa più forte dal fatto che il consenso, oltre a dover essere ATTUALE non deve essere influenzato in alcun modo disconoscendo il consenso proveniente da soggetti dichiarati infermi di mente per deficienza psichica, come nel caso di malati terminali ai quali vengono somministrati farmaci anestetizzanti il cui presunto consenso a morire è necessariamente spinto dalle gravi condizioni psico-fisiche del loro stato, in secondo luogo vieta anche l'eutanasia passiva (che di fatto si basa sull'omissione di soccorso art 40) sulla base del principio di equivalenza tra azione e omissione.
Un'altra tipologia di eutanasia è QUELLA INDIRETTA così definita quando si somministrano al paziente terminale prossimo alla morte, con il suo consenso, cure contro il dolore che hanno lo scopo di accorciare la vita riducendone le sofferenze.
Il caso più complicato è sicuramente quello dell'eutanasia passiva indiretta che si apllica a soggetti in stato di incoscienza (incapaci di intendere e di volere): innanzitutto è opportuno individuare cosa si intende per MORTE e il nostro ordinamento la configura come cessazione di ogni tipologia di attività dell'encefalo. Una volta accertata la morte, il nostro ordinamento, prevede l'obbligo di sospendere ogni attività terapeutica (in caso contrario il codice penale lo punisce per vilipendo o deturpazione di cadavere) ma ci sono casi in cui non si parla di morte vera e propria ed è opportuno interrogarsi sul proseguimento delle cure o meno in questi soggetti e se ciò è deontologicamente corretto oppure si parla di accanimento terapeutico ceh può essere rifiutato in base all'art 32 della costituzione. Sono questi i casi in cui si parla di STATO VEGETATIVO ovvero uno stato di incoscienza del paziente in cui però sono mantenute attive le funzioni biologiche elementari (battito cardiaco, respirazione ecc..) e che per essere mantenuto in vita necessita terapie di nutrizione mediante sondina gastrica e idratazione artificiale. Lo stato vegetativo può essere permanente o reversibile il problema in questi casi è definire empiricamente l'irreversibilità della condizione clinica e definire se la nutrizione e l'idratazione artificiale debbano essere considerate trattamenti medici oppure misure ordinarie di sopravvivenza.
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