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L'essere leader e l'apertura verso i nuovi leaders




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L'essere leader e l'apertura verso i nuovi leaders


Ricollegandosi a quanto appena prima affermato, si ritiene di dover meglio specificare il significato attribuibile all'essere leader. Intuitivamente si comprende che tale espressione qualifica, in genere, la capacità di taluni soggetti di svolgere un ruolo attivo di stimolo e di indirizzo per altri membri di un qualsiasi gruppo.

E' opportuno precisare, però, che nel presente elaborato tale attributo denota una potenzialità riconoscibile anche ai dipendenti estranei ai livelli manageriali, a condizione che si tratti comunque di soggetti di riferimento in grado di orientare le condotte degli altri collaboratori aziendali che operano al loro fianco, anche qualora tale funzione di guida dovesse esplicarsi solo per il ristretto e particolare ambito d'azione aziendale quotidiano (ufficio, reparto, organo).

Per meglio precisare il concetto si può riproporre la definizione della funzione del leader, autorevolmente proposta da Philip Selznic : << l'arte di un leader creativo consiste nella capacità di ricostruire le istituzioni e di reinventare i fattori materiali ed umani atti a forgiare un nuovo organismo, il quale incorpori valori immanenti >>[1].

Il leader è quindi principalmente audace nella promozione e nel rafforzamento dei valori, ma per poter essere tale deve avere, in primo
luogo, egli stesso metabolizzato il sistema di valori aziendali per poterlo trasmettere ai suoi collaboratori, rappresentando un punto di riferimento stabile.

Si comprende ora che, se l'impresa deve presentarsi agli stakeholders come soggetto in grado di condividerne le relative istanze etiche, dalla sua gestione dovrà trasparire in ogni momento , ad ogni livello e in qualsiasi sezione o divisione, il suo orientamento ad un sistema di valori. Ciò sarà possibile solamente se fatto proprio non solo dai soggetti ricoprenti ruoli manageriali.

E' quindi necessario[2] che ogni dipendente sia capace d'essere esempio, punto di riferimento, promotore, costruttore, artefice, in una parola leader di una gestione etica : ognuno dovrà essere in grado di promuoverla entro le diverse manifestazioni operative della vita aziendale. Le persone rappresentano infatti l'azienda e hanno compiti molto importanti di collegamento con le esigenze e i valori del mercato. Ciò richiede alle persone un coinvolgimento diretto che non si limiti all'ossequio, quand'anche diligente, verso regole e prescrizioni, ma faccia piuttosto leva sulla capacità e volontà individuale di contribuire personalmente al raggiungimento degli obiettivi dell'azienda attraverso l'assunzione di responsabilità nelle specifiche situazioni, e una visione chiara dei fini generali.

Secondo il pensiero di Walterman[3] "fornire ai dipendenti una motivazione morale è come fornire loro una missione. Ciò li fa sentire grandi. Ogni individuo è un potenziale pioniere, uno sperimentatore, un leader, questa consapevolezza lo porta a dare il meglio di sé". Pertanto la leadership tradizionale del management deve inevitabilmente rapportarsi coi suoi subordinati in modo diverso che nel passato, lavorando in modo che questi ultimi acquisiscano - in particolare con riguardo ai valori etici cui informano i loro comportamenti - la capacità d'essere assunti come termini di paragone ed esempio dai loro rispettivi subalterni. In sostanza occorre richiamare ogni dipendente alla capacità d'essere leader per la parte che è di rilevanza della sua mansione ; ognuno deve mostrarsi come punto di riferimento etico per ogni stakeholder.

Come conclude Burns[4], << l'attuale trasformazione della leadership è in ultima essenza morale : innalza il livello della condotta umana e delle aspirazioni etiche sia del leader che di colui che è guidato dal leader stesso >>.

In questo modo, tutti coloro che sono chiamati ad agire sono investiti del compito di farsi portatori di un modo d'essere etico che caratterizza la loro impresa. E' chiaro che i leaders sono efficacemente seguiti dai collaboratori se vi è una trasparente spiegazione e trasmissione, da parte dei primi, nonché piena comprensione ed assunzione, da parte dei secondi, delle varie dimensioni e delle politiche gestionali ; in questo modo anche i ruoli di livelli inferiori si possono trasformare, come prima detto, in leaders a loro volta (se pur, come ovvio, limitatamente ad un più peculiare contesto operativo).

Così, essere leader, in particolare in un "impresa etica", significa realizzare o per lo meno tendere a realizzare quel certo modo d'essere, quella forma mentis, quello stile definito dall'orientamento etico assunto come basilare nelle decisioni manageriali.

Si è peraltro notato come sussista una forzata correlazione fra l'istituzionalizzazione di una gestione etica e l'emergere di "figure leaders". Infatti, se da un lato per realizzare una gestione etica è essenziale stimolare il sorgere di nuovi leaders, dall'altro è proprio dall'assunzione di
certi valori come orientamento ai comportamenti (ben più di quanto possano fare altre variabili) che sorge sinergicamente in ognuno la capacità d'essere leader.

<< La dimensione etica, assurge così al ruolo "esplicito" che le compete, facendo sentire la sua voce attraverso ogni membro dell'unità aziendale >>[5]. Ovviamente, come ci ammonisce opportunamente Daniel R. Gilbert Jr. , bisogna fare attenzione a tener conto anche dei valori presenti negli individui componenti i livelli inferiori a quelli manageriali più elevati.




Ibidem.

Necessità evidenziata da Presutti, 1990, p. 79.

Peters - Walterman 1982.

Burns 1978, p.20.

Pierre di Toro, 1993, p. 264.

Gilbert Daniel R., Jr., Respect for Persons, Management theory, and Businnes Ethics in Freeman (1991), pp. 111-116.

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