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Il principio generale è che deve escludersi il trasferimento del contratto di lavoro in capo ad altro lavoratore a causa dei caratteri di personalità e di infungibilità della prestazione lavorativa. E' invece ammissibile la successione della posizione del datore di lavoro che può verificarsi sia per atti inter vivos, sia per atti mortis causa.
Il trasferimento d'azienda
Il comma 1 dell'art. 47 della L. 428/90 ha stabilito che
quando si intende effettuare un trasferimento d'azienda in cui siano occupati
più di 15 lavoratori, l'alienante e l'acquirente devono darne comunicazione
scritta, almeno 25 giorni prima, alle rappresentanze sindacali, costituite ex.
art.
L'art. 2112 c.c. dispone che "in caso di trasferimento d'azienda il rapporto di lavoro continua con l'acquirente e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano". Una deroga a tale norma è introdotta dall'art. 47 co.5 della L. 428/90 in riferimento ad aziende o unità produttive di cui sia stato accertato lo stato di crisi aziendale o imprese sottoposte a procedure concorsuali. Nell'ipotesi di trasferimento di dette imprese, qualora via sia un accordo sindacale per il mantenimento dei posti di lavoro, si consente in relazione ai lavoratori il cui rapporto continua con l'acquirente, la disapplicazione dei principi di continuità e di responsabilità solidale dell'art. 2112 c.c. e ciò per non gravare di ulteriori oneri l'acquirente di un'impresa già economicamente sofferente.
Il fallimento del datore di lavoro
Il forza dell'art. 2119 ultimo comma, il fallimento dell'imprenditore e la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda in crisi non costituiscono giusta causa di licenziamento. I rapporti di lavoro continuano con il curatore del fallimento il quale può effettuare licenziamenti solo qualora ricorrano giustificati motivi oggettivi.
Morte o estinzione del datore di lavoro
Nel caso in cui il datore di lavoro sia una persona fisica, il rapporto di lavoro continua con i suoi eredi o legatari. Nel caso di estinzione della persona giuridica, il rapporto di lavoro continua con i liquidatori ma in determinati casi (es. società costretta a chiudere per un consistente calo nelle vendite) la messa in liquidazione della società potrà accompagnarsi al licenziamento collettivo dei lavoratori.
VICENDE OGGETTIVE: Nel corso del rapporto di lavoro, si verificano frequentemente delle modificazioni dell'oggetto e del contenuto del contratto.
Modificazioni dell'oggetto
I casi più frequenti sono:
Modificazioni del contenuto
Possiamo ricordare i seguenti casi:
Casi di estinzione del rapporto di lavoro
Le fattispecie estintive del rapporto di lavoro possono essere individuate:
Non costituiscono, al contrario, causa di estinzione del rapporto il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa dell'impresa (art. 2119, ult. co., c.c.).
Il potere del datore di licenziare ed i suoi limiti sostanziali
Il potere del datore di licenziare il lavoratore trova la sua regolamentazione in una serie di fonti succedutesi nel tempo - Codice Civile, L. 604/1966, Statuto dei lavoratori, L. 108/1990, altre leggi speciali che lo assoggettano:
Con riguardo al limite sostanziale, il primo problema che si pone è quello del significato da attribuire al concetto di giusta causa ed a quello di giustificato motivo, tenuto conto anche del fatto che, in relazione a quest'ultimo, dottrina e giurisprudenza distinguono il giustificato motivo soggettivo da quello oggettivo.
La giusta causa
La nozione di giusta causa si ricava anzitutto dall'art. 2119, c.c., che contempla la possibilità per ciascuna delle parti di recedere dal contratto prima della scadenza del termine se il contratto è a tempo determinato, ovvero senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto. Anteriormente all'emanazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, recante 'Norme sui licenziamenti individuali', la dottrina e la giurisprudenza ritenevano giusta causa di licenziamento, oltre all'inadempimento del lavoratore, anche ogni altro fatto idoneo a menomare il rapporto di fiducia personale, considerato connotato essenziale del rapporto di lavoro. Tale orientamento muta dopo l'entrata in vigore della L. 604/1966, alla luce della quale si attribuisce alla giusta causa un significato più ristretto, riportando il concetto di fiducia entro i limiti oggettivi dell'affidamento del creditore nell'esattezza dei successivi adempimenti, generalmente rilevante in tutti i rapporti di durata. In tal modo, il concetto di giusta causa trova 'una puntuale definizione nella stessa nozione di giustificato motivo soggettivo, dal quale si differenzierebbe solo per la particolare gravità dell'inadempimento' (GHERA), e cioè solo da un punto di vista quantitativo, non anche qualitativo. Il comportamento del lavoratore deve essere valutato caso per caso dal giudice, anche quando - come di solito accade - esso sia espressamente previsto dai contratti collettivi come giusta causa di licenziamento. In altri termini, il giudice è chiamato a verificare la conformità delle disposizioni contrattuali alla nozione legale di giusta causa, e, dunque, in concreto, a verificare se le mancanze addebitate al prestatore siano così gravi da imporre la risoluzione del rapporto anziché l'irrogazione di sanzioni disciplinari.
Il giustificato motivo soggettivo
Il giustificato motivo soggettivo è analogo alla giusta
causa, dalla quale si distingue, come si è detto, solo da un punto di vista
quantitativo, per la minore gravità dell'inadempimento. Ai sensi dell'art.
Il giustificato motivo oggettivo
L'art.
I limiti procedurali posti al potere di licenziamento: la forma del licenziamento
Oltre ai limiti sostanziali di cui si è appena detto, il potere di licenziamento del datore incontra anche limiti procedurali, attinenti alla forma del licenziamento, che deve essere, infatti, comunicato al lavoratore per iscritto. Sempre per iscritto, contestualmente ovvero entro 8 giorni dalla richiesta del prestatore, deve essere comunicata la motivazione, che, una volta enunciata, è immodificabile. La giurisprudenza richiede anche l'immediatezza e la tempestività dell'adozione e, quindi, della comunicazione del licenziamento intimato per giusta causa; sembra logico ritenere che tale requisito, in ossequio ai princìpi generali in tema di risoluzione per inadempimento, per i quali la gravità di quest'ultimo va valutata alla stregua dell'interesse del creditore, debba valere anche in presenza di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento. L'onere della prova della sussistenza del giustificato motivo o della giusta causa grava sul datore.
L'impugnazione del licenziamento
L'impugnazione del licenziamento, da parte del
lavoratore, deve avvenire, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla sua
comunicazione o da quella dei motivi, se non contestuale. La previsione di un
termine di decadenza induce a ritenere che il legislatore non si riferisca alle
ipotesi in cui il licenziamento è espressamente dichiarato dalla legge nullo od
inefficace. L'impugnazione può anche essere stragiudiziale, ossia effettuata
per mezzo di qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota, anche attraverso
l'organizzazione sindacale, la volontà del lavoratore di impugnare il
licenziamento. In tal caso, il prestatore può ricorrere al pretore dopo aver
esperito la procedura di conciliazione prevista dagli accordi sindacali o dai
contratti collettivi ovvero quella disciplinata dall'art.
Il D.Lgs. 387/98, disciplinante la riforma del pubblico impiego, ha introdotto anche norme di modifica al processo del lavoro: attualmente l'art. 410 c.p.c. prevede il tentativo obbligatorio di conciliazione che deve essere promosso, anche tramite associazione sindacale, da chi intenda impugnare giudizialmente l'atto di licenziamento. L'esperimento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilità della domanda volta all'impugnazione giudiziale del licenziamento.
Le sanzioni contro il licenziamento illegittimo
Il licenziamento illegittimo perché non sorretto da
giusta causa o da giustificato motivo è annullabile; quello illegittimo per
ragioni formali (cioè intimato senza il rispetto della forma scritta, senza
l'indicazione dei motivi ovvero senza il rispetto delle formalità previste
dall'art.
Ora per stabilire se la tutela accordata al prestatore
sia quella reale oppure quella obbligatoria occorre far riferimento alle
dimensioni dell'impresa, sotto il profilo del numero dei dipendenti, tenendo
presente che nel computo vanno compresi anche i lavoratori a tempo
indeterminato parziale in proporzione all'orario effettivamente svolto ed i
lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, mentre non vanno
computati il coniuge ed i parenti entro il 2deg. grado del datore. Dunque,
l'art.
Il recesso ad nutum
La disciplina limitativa del potere di licenziamento, finora esaminata, non si applica nelle ipotesi in cui è ammesso il recesso ad nutum, cioè la possibilità per il datore di licenziare senza alcun vincolo di giustificazione. Essa ricorre solo in alcune ipotesi espressamente previste, e cioè nei confronti:
Divieto di licenziamento
Sussiste, invece, un vero e proprio divieto di licenziamento nei casi di:
e nei confronti dei:
Il licenziamento discriminatorio
L'art.
Il licenziamento disciplinare
Il licenziamento disciplinare, intimato come misura
sanzionatoria, ha dato luogo in passato a contrasti giurisprudenziali sia in
ordine alla sua legittimità sia in ordine alla sua riconducibilità nell'area di
applicazione dell'art.
I licenziamenti collettivi
Entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni, si procede ad un esame congiunto tra le parti, che ha il fine di esaminare le cause che determinano l'eccedenza del personale e di evitare i licenziamenti. Qualora la consultazione abbia esito negativo, il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame della situazione, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Esaurita questa fase senza che un accordo sia raggiunto, l'impresa ha facoltà di licenziare i lavoratori eccedenti, individuati secondo i criteri di scelta indicati dai contratti collettivi o, in difetto, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: carichi di famiglia; anzianità; esigenze tecnico-produttive ed organizzative. Il licenziamento collettivo per riduzione di personale è:
L'impugnazione deve avvenire nel termine di 60 giorni
dalla comunicazione del licenziamento, con qualsiasi atto scritto idoneo a
rendere nota la volontà del lavoratore di impugnazione. Se l'illegittimità del
licenziamento è riconosciuta dal giudice, si applica l'art.
La mobilità
Il preavviso
Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il lavoratore che si dimette è tenuto a dare al datore preavviso del recesso stesso nel termine e nei modi stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità; lo stesso deve fare il datore che intende avvalersi del potere di licenziare ad nutum o per giustificato motivo (art. 2118, co. 1, c.c.). L'obbligo del preavviso è volto ad evitare che l'interruzione ex abrupto del rapporto possa comportare conseguenze dannose per la controparte. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto a corrispondere all'altra parte un'indennità (la c.d. indennità di mancato preavviso) equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Tale indennità ha natura risarcitoria, sicché essa è dovuta anche in caso di dimissioni per giusta causa, essendo l'interruzione immediata del rapporto - la giusta causa non ne consente la prosecuzione neanche provvisoria - conseguenza di un fatto dipendente dal datore
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