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Risarcimento dei danni




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RISARCIMENTO DEI DANNI


Il risarcimento dei danni è un tema molto importante del diritto amministrativo. Originariamente, ossia negli anni immediatamente successivi all'istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato, gli interessi legittimi, intesi come situazione giuridica soggettiva, non erano considerati risarcibili. In primo luogo per il modo di intendere la situazione di interesse legittimo, nonché per la loro natura. Infatti, gli interessi legittimi nascono come interessi di mero fatto (poi diventano interessi meramente processuali), non hanno natura sostanziale, non vengono tenuti in considerazione dall'amministrazione; non era dunque concepibile la possibilità di risarcirli.

Successivamente, ossia all'indomani del riconoscimento della natura sostanziale dell'interesse legittimo, quindi come situazione giuridica soggettiva ATTIVA e di VANTAGGIO, la giurisprudenza e la maggior parte della dottrina continuava a ritenerli irrisarcibili. Ciò per due motivi:

uno di natura sostanziale. La ragione di carattere sostanziale era l'interpretazione che la dottrina e la giurisprudenza riconosceva all'art. 2043 del cod. civ.. In sostanza si diceva che "il danno ingiusto era soltanto il danno cagionato alla lesione di diritti soggettivi"; l'unica situazione giuridica soggettiva, dunque, in grado di patire un danno qualificabile "ingiusto" era il diritto soggettivo. Questa interpretazione ha retto per moltissimi anni; 

l'altro di natura processuale. La ragione di natura processuale era principalmente fondata sul riparto delle giurisdizioni. Si diceva: "il giudice ordinario è il giudice dei diritti soggettivi e puo' risarcire i danni; il giudice amministrativo è il giudice degli interessi legittimi e puo' annullare l'atto". Chi deve, dunque, risarcire gli interessi legittimi? Il giudice amministrativo è competente a conoscere degli interessi legittimi ma non puo' risarcire, puo' solo annullare; viceversa, il giudice ordinario è competente a conoscere i diritti soggettivi, puo' risarcire ma non puo' annullare, non puo' conoscere gli interessi legittimi. Chi mai potrebbe dunque conoscere gli interessi legittimi e risarcire gli stessi? Non c'è nel nostro ordinamento un giudice che assommi in sé entrambi i poteri.


La questione era presto risolta: GLI INTERESSI LEGITTIMI SONO IRRISARCIBILI perché il danno ingiusto è quello arrecato ai diritti soggettivi perché non c'è un giudice in grado di risarcire un interesse legittimo.

Da un punto di vista astratto questa situazione è rimasta invariata fino a tutti gli anni '90, anche se la dottrina e la giurisprudenza avevano assunto delle posizioni discordanti in ordine alla risarcibilità degli interessi legittimi.

La giurisprudenza, infatti, in ipotesi manifestamente ingiuste, aveva di fatto risarcito degli interessi legittimi "mascherandoli" da diritti soggettivi. Il ragionamento era il seguente: quando un provvedimento amministrativo lede un interesse legittimo oppositivo va a comprime un diritto soggettivo, poniamo quello del proprietario. Per esempio l'amministrazione emana un provvedimento di esproprio, il diritto di proprietà si trasforma in interesse legittimo oppositivo. Quando il provvedimento di esproprio è illegittimo, il giudice amministrativo lo annulla, il diritto soggettivo si riespande, il cittadino ritorna titolare del diritto di proprietà e se chiede, sempre al giudice amministrativo, il risarcimento danni, puo' darglielo perché il cittadino viene in qualità di titolare di un diritto di proprietà per un danno ingiusto patito nei confronti del suo diritto di proprietà. Con questo meccanismo la giurisprudenza mascherava degli interessi legittimi (oppositivi) da diritti soggettivi, colmando l'ingiustizia manifesta di alcune situazioni. Erano talmente ingiuste le violazioni che il giudice riteneva perpetrate al diritto del proprietario che in qualche modo doveva porvi rimedio. Questo ragionamento è noto come teoria del mascheramento.

Dal canto suo la dottrina sponsorizzava questa tendenza perché ormai era diffuso il convincimento che l'interpretazione dell'art. 2043 non fosse fondata, in quanto l'ingiustizia del danno non può essere parametrata alla situazione giuridica soggettiva. Se interessi legittimi e diritti soggettivi sono entrambe situazioni giuridiche soggettive sostanziali, perché il diritto soggettivo doveva assumere un aspetto prevalente rispetto all'interesse legittimo? Perché l'ingiustizia era tale se arrecava un danno al diritto soggettivo e non era della stessa entità nel caso in cui arrecasse danno all'interesse legittimo? Si era addirittura tacciata di incostituzionalità questa distinzione, in quanto l'art. 24 della Costituzione, così come tutto l'impianto della nostra Costituzione, non fa differenza fra diritti soggettivi e interessi legittimi, non fa discriminazione fra queste due situazioni giuridiche soggettive, perché entrambe sono situazioni giuridiche soggettive attive e di vantaggio. L'unica differenza è che il diritto soggettivo ha come contradditore solitamente un privato, o comunque un soggetto che si trova in una posizione di OBBLIGO; invece, l'interesse legittimo ha come contraddittore la P. A. o comunque un soggetto che si trova in una posizione di POTERE. Non bisogna infatti dimenticare che esistono interessi legittimi anche nel diritto privato; alcuni ne hanno ricercati per esempio nei rapporti fra datore di lavoro e lavoratore, dove il primo occupa una posizione di potere rispetto al dipendente.

Un'altra distinzione riguarda la tutela che l'ordinamento appresta: DIRETTA nei confronti del diritto soggettivo, INDIRETTA nei confronti dell'interesse legittimo, in quanto il rapporto è trilatero perché c'è sempre la P.A. che si pone tra il cittadino e il giudice.

Quindi, ritornando al problema del risarcimento, di fronte a questa disparità di trattamento fra diritto soggettivo e interesse legittimo, cominciano a maturare delle idee. Il prof. Follieri sosteneva coraggiosamente questa disparità di trattamento, questa incostituzionalità della previsione, questa errata interpretazione dell'art. 2043, questo ostacolo del riparto di giurisdizioni che in realtà non c'era, e che poteva essere tranquillamente superato con una legge ordinaria che attribuisse al giudice amministrativo la competenza a conoscere anche del risarcimento dei danni.

Sulla scorta di queste idee della dottrina e della giurisprudenza è intervenuto il legislatore che con il d. lgs. n. 80/98 ha fatto due operazioni:

ha effettuato dei passaggi di giurisdizione, nel senso che ha tolto al giudice amministrativo il pubblico impiego (che costituisce un bel pezzo di giurisdizione) e lo ha portato al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro. Però, in cambio è stato riconosciuto al giudice amministrativo, in funzione di giurisdizione esclusiva, l'edilizia, l'urbanistica e i servizi pubblici;

dopo aver trasportato queste materie da una giurisdizione all'altra, il legislatore ha deciso di compiere un primo passo verso la giurisdizione piena, perché anche su quella la dottrina e la giurisprudenza avevano tanto da dire, criticando i passaggi da una giurisdizione all'altra: il cittadino deve potersi recare da un giudice ed ottenere tutta la tutela che gli serve. Quindi, il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, puo' dare anche il risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, che è la misura risarcitoria per eccellenza della tutela demolitoria. In altri termini, quando il cittadino ottiene l'annullamento dell'atto, l'annullamento ha un effetto demolitorio; tuttavia l'atto amministrativo produce effetti fin quando non viene annullato e questo principio dell'equiparazione della fattispecie invalida a quella valida fa produrre effetti all'atto amministrativo anche se illegittimo. Dunque, nel frattempo che quest'atto venga annullato, esso produce effetti, e spesso questi effetti sono notevoli per il cittadino che non puo' fare altro che subirli. Pertanto il naturale completamento di un'azione demolitoria costitutiva di annullamento è l'azione ripristinatoria, perché il giudice, accanto all'annullamento dell'atto, ordina la ripristinazione della situazione quo ante, cioè della situazione come era prima dell'emanazione dell'atto amministrativo viziato. Quindi, la tutela ripristinatoria è il completamento dell'azione di annullamento. Ma spesso, la tutela ripristinatoria non è possibile; viene ritenuta quasi sempre possibile quando ci si trova di fronte a due privati. Il codice civile infatti stabilisce che il risarcimento in forma specifica è possibile fin quando essa non sia eccessivamente onerosa per il debitore. Per la P. A., invece,  caso vuole, che essa sia quasi sempre eccessivamente onerosa, perché la P. A. ha l'asso nella manica: l'interesse pubblico. Se la P. A. ha realizzato un'opera per l'interesse pubblico, l'interesse del privato a riottenere il fondo così come era, non puo' ritenersi prioritario, prevalente rispetto all'interesse pubblico che la P. A. ha realizzato. Questo discorso ha inserito nel nostro ordinamento un istituto particolare: la CESSIONE INVERTITA, che non è conosciuta in alcun altro ordinamento all'infuori di quello italiano. Se la P. A. ha emanato un decreto di esproprio, o se non l'ha emanato affatto, o se esso è illegittimo, e passano degli anni finché il cittadino impugni il decreto od ottenga la decisione da parte del giudice amministrativo e quant'altro, e nel frattempo la P. A. costruisce sul fondo del privato una provincia, in caso di vittoria del proprietario del fondo, egli ottiene il risarcimento per equivalente, mentre l'amministrazione ne diventa proprietaria. Tutto ciò attraverso l'istituto della cessione invertita. Bisogna però ammettere che con una recentissima sentenza della Corte Costituzionale si è cercato di riequilibrare le sorti dell'indennizzo, ossia ha stabilito che l'indennizzo, nel caso di espropriazione, deve essere equivalente al valore di mercato del bene.


Quindi, attraverso il d. lgs. n. 80/98, il legislatore prevede la risarcibilità dei danni per lesione degli interessi legittimi. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, all'indomani dell'emanazione del suddetto decreto, interviene con la storica sentenza n. 500/1999. Questa sentenza


ha riconosciuto la risarcibilità dei danni per lesioni di interessi legittimi e

ha disconosciuto la pregiudizialità.


Per quanto riguarda il primo punto, la Cassazione ha stabilito che SONO RISARCIBILI TUTTI GLI INTERESSI LEGITTIMI, sia quelli oppositivi che pretensivi, ritenendo non corretta l'interpretazione data dalla dottrina (prevalente) e dalla giurisprudenza alla nozione di "danno ingiusto" contenuta nell'art. 2043 del cod. civ. . La Cassazione stabilisce dunque che il danno ingiusto è quello arrecato a QUALSIASI situazione giuridica soggettiva: diritti soggettivi, interessi legittimi e altri interessi giuridicamente rilevanti.

Tuttavia, se è vero che tutte le situazioni giuridiche soggettive sono risarcibili, è opportuno, secondo la Cassazione, accertare che vi sia stata un'azione illegittima dell'amministrazione, non solo, ma che questa azione illegittima abbia leso l'interesse al bene, l'interesse sociologico, l'interesse alla res, l'interesse all'utilitas del titolare dell'interesse legittimo. E' il giudice amministrativo che verifica ciò.

Il giudice che deve andare a risarcire un interesse legittimo oppositivo, non si deve sforzare più di tanto perché, una volta verificata l'illegittimità del provvedimento amministrativo, la lesione della res, della utilitas, del bene della vita è in re ipsa, ciò comporta una risarcibilità automatica.

Spieghiamo quanto detto con un esempio: il decreto di esproprio. Vi è un proprietario e l'emanazione di un decreto di esproprio che lede il diritto di proprietà. Se il decreto in questione è illegittimo e il giudice riconosce questa illegittimità, la lesione del diritto di proprietà, della res, del bene della vita, dell'utilitas, è immediata, è verificabile immediatamente, perché essendo illegittimo, il provvedimento amministrativo ha leso l'interesse ad essere proprietario, a poter disporre liberamente del bene. Quindi, per l'interesse legittimo oppositivo la verifica dell'illegittimità è facile, perché è sufficiente tale verifica a connaturare il danno ingiusto.

Per l'interesse legittimo pretensivo le cose sono un po' più complicate, perché una volta che è stato annullato il diniego del permesso di costruire, l'annullamento del diniego, e quindi il riconoscimento dell'illegittimità del diniego, non comporta automaticamente il diritto ad ottenere il permesso di costruire, non comporta che l'interesse sociologico, all'utilitas, alla res, debba ottenere soddisfazione.  Infatti, l'amministrazione potrebbe ben decidere di eliminare l'illegittimità del diniego ed emanare un nuovo diniego, quindi, il danno patito, secondo l'interpretazione della Cassazione, non è ingiusto perché il proprietario ha sì subito un provvedimento illegittimo ma questo non ha leso il suo interesse sociologico. Quindi, per l'interesse legittimo pretensivo il giudice dovrà esperire un giudizio prognostico teso ad accertare la spettanza del bene della vita.

Riassumendo:

interessi legittimi oppositivi                         RISARCIBILITA' AUTOMATICA

interessi legittimi pretensivi  GIUDIZIO PROGNOSTICO

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