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Lo statuto sotto il regime fascista




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Lo statuto sotto il regime fascista


Inizialmente, per poter ottenere più agevolmente la fiducia delle forze moderate a cattoliche, Mussolini ritenne opportuno inserire nell'esecutivo sia liberali che rappresentanti del Partito Popolare, oltre ad alcuni militari. Ciò gli consentiva di essere sorretto dalla legittimazione della maggioranza dei rappresentanti del popolo. Nel periodo di transizione che seguì l'ascesa di Mussolini al potere, si andò sempre più consolidando il rilievo conferito al Governo, e in particolare al suo presidente, rispetto agli altri organi dello Stato.

In questa prima fase l'obiettivo fondamentale di Mussolini fu quello della fascistizzazione del Parlamento. A tale scopo, nel 1923, il Governo presentò alle Camere una legge, la cosiddetta Legge Acerbo, che prevedeva un premio di maggioranza alla lista che avesse riportato, nelle elezioni politiche, la maggioranza relativa dei suffragi. Il premio consisteva nell'attribuzione a tale lista dei  dei seggi della Camera elettiva.

Questo, unito alle violenze ad alle intimidazioni della campagna elettorale, gli permise la grande vittoria nel 1924, in quanto il listone ottenne il 65% circa dei voti.


Oltre alla Legge Acerbo, Mussolini fece approvare una serie di provvedimenti legislativi finalizzati all'edificazione definitiva del totalitarismo. Mediante questi provvedimenti, le cosiddette Leggi Fascistissime, si gettarono infatti le fondamenta dello stato fascista.

- Il presidente del Consiglio assunse il titolo di "Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato", assumendo una posizione di preminenza su gli altri ministri;

- Fu disposto che il capo del Governo fosse nominato e revocato direttamente dal re, togliendo in tal modo il potere di controllo del parlamento sul Governo;

- Al Governo fu data ampia facoltà di emanare norme aventi lo stesso vigore di quelle emanate dal Parlamento;

- Fu creato il Gran Consiglio del Fascismo, che andò via via eliminando il ruolo del Governo;

- Fu istituito il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, con il compito di giudicare diritti politici;

- Furono create le Corporazioni;

- Furono fortemente limitate o abolite alcune fondamentali libertà: di riunione, di associazione, di opinione.


Per effetto di questi provvedimenti nel 1927 l'Italia era stata definitivamente trasformata in Stato totalitario.



Una delle leggi fascistissime che maggiormente aveva contribuito alla centralizzazione del ruolo del Governo fu quella dell'attribuzione a tale organo della facoltà di emanazione di norme (decreti legge e decreti legislativi) aventi lo stesso potere di quelle emanate dal Parlamento.


L'attività normativa del Governo


Per ragioni di giustizia legislativa la Costituzione ha previsto oggi la possibilità, da parte del Governo, di emanare atti legislativi aventi lo stesso vigore delle leggi emanate dal Parlamento, ma esse sono leggi sostanziali e materiali, ma non formali, poiché non sono espressione dell'organo legislativo e non vengono approvate nella forma ordinariamente prevista dalla Costituzione.

Tali atti sono:

I decreti legislativi;

I decreti legge.


Con i decreti legislativi il Parlamento ha il potere di conferire al Governo la competenza ad emanare atti materialmente legislativi, aventi forza pari alla legge formale. L'istituto della delegazione legislativa consiste propriamente in un trasferimento dell'esercizio della potestà legislativa dalle Camere al Governo. Destinatario della delegazione è il Consiglio dei Ministri, non potendosi ammettere delegazione legislativa a singoli ministri o al presidente del Consiglio.

La legge con cui le Camere autorizzano il Governo ad emanare provvedimenti con forza di legge formale è definita legge delega, che deve:

essere emanata con il procedimento normale;

contenere un limite temporale;

indicare un limite di materia;

contenere un limite programmatico.


Il decreto legislativo è l'atto materiale con cui il Governo, su delega del Parlamento, provvede a disciplinare una data materia o parte di essa. Esso viene predisposto dal ministro competente e deliberato dal Consiglio dei Ministri. Quindi viene emanato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.


Il ricorso a decreti legge costituisce invece un'auto-assunzione di potestà legislativa, giustificata da specifiche ragioni di necessità e di urgenza. La Costituzione richiama, come immancabili presupposti all'emanazione del decreto legge, i requisiti della necessità e dell'urgenza del provvedimento da adottare. L'atto governativo deve essere indispensabile per lo svolgimento degli obiettivi programmati, cioè irrinunciabile, inoltre deve essere urgente, tale da non potersi far luogo alla predisposizione di un disegno di legge.

La stessa normativa ha anche disposto che è inammissibile il ricorso allo strumento del decreto legge:

per conferire deleghe legislative;

nelle materie per le quali la Costituzione prevede l'adozione delle procedura normale di approvazione delle leggi (Leggi costituzionali;Leggi di approvazione del Bilancio; Leggi tributarie);

per riformulare decreti legge già respinti in sede di conversione.

Dopo essere stato discusso e approvato dal Consiglio dei ministri, il decreto legge deve essere firmato dal Presidente della Repubblica e successivamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entra immediatamente in vigore.


La Costituzione prescrive che il decreto legge emanato dal Governo debba essere presentato il giorno stesso alle Camere per la conversione. Qualora il decreto legge non sia convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, esso decade, perdendo efficacia fin dall'inizio.





L'ampio e abusato utilizzo della pratica della decretazione d'urgenza (decreti legge) da parte del Governo sotto il regime fascista condusse al sostanziale esautoramento delle Camere, le quali finirono per svolgere un puro ruolo notarile nei confronti dell'esecutivo, ratificando, attraverso la conversione dei decreti legge, le scelte governative senza possibilità di modificare, o comunque contrastare, l'indirizzo politico assunto da Mussolini quale Presidente del Consiglio.




Attraverso l'assunzione della totale autorità politica all'interno del paese, egli aveva creato nell'ambito dell'ideologia fascista l'ideale di un'Italia forte e imbattibile in tutti i campi: politico, economico e sociale.

Il regime idealizzava in particolare il mito di un paese autosufficiente, che fu realizzata attraverso la svolta protezionistica che Mussolini chiamò autarchia. Questo ideale aveva lo scopo di ridurre al minimo le importazioni, favorendo le industrie nazionali, soprattutto belliche, e creare un modello di Stato Forte nel quale veniva esaltato, primo fra tutti, l'ideale di nazionalismo.


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