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L'estradizione




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L'ESTRADIZIONE


I due princìpi generali che informano la materia sono il principio di prevalenza delle norme di diritto internazionale generale o convenzionale su quelle interne e il principio di sussidiarietà delle norme contenute nel codice: queste operano se le norme internazionali mancano o non dispongono diversamente.

L'estradizione può esser definita come la consegna di una persona da parte di uno Stato (detto "richiesto"), nel cui territorio questa si trova, ad un altro Stato (detto "richiedente") che ne abbia fatto domanda per sottoporre detta persona a giudizio o per dare esecuzione nei suoi confronti a una sentenza di condanna o altro provvedimento restrittivo della libertà personale.

Il codice di procedura penale non consente l'estradizione quando vi è ragione di ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione dei diritti fondamentali della persona.

I princìpi che informano l'istituto dell'estradizione sono:

a. il principio della doppia incriminabilità, o punibilità: dice il 13.2 c.p. che L'estradizione non è ammessa, se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione, non è preveduto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera;

b.  il principio di specialità: lo Stato che ha ottenuto l'estradizione di un accusato o condannato non può procedere nei suoi confronti per fatti anteriori e diversi rispetto a quello per il quale l'estradizione è stata concessa, a meno che lo Stato richiedente non domandi la c.d. estradizione suppletiva, che si realizza quando lo Stato che ha già ottenuto la consegna di una persona ottenga un ulteriore assenso dello Stato richiesto per sottoporre tale persona a procedimento anche per un fatto anteriore e diverso da quello per il quale era stata concessa l'estradizione.

Questo istituto si differenzia sia dalla riestradizione, che consiste nella richiesta di consenso allo Stato italiano da parte del Paese che ha ottenuto la consegna della persona affinché l'Italia acconsenta alla sua ulteriore estradizione verso un terzo Stato, sia dalla estradizione in transito, che si ha quando la persona estradata da uno Stato estero ad un altro deve passare attraverso il territorio italiano;

c.  il principio del ne bis in idem: chi è già stato giudicato in Italia non può essere estradato per essere nuovamente processato in un altro Paese per lo stesso fatto.

Il nostro ordinamento prevede due distinte discipline dell'estradizione: quella per l'estero, o passiva, nella quale è uno Stato estero a chiedere l'estradizione allo Stato italiano, e quella dall'estero, od attiva, che si ha quando è l'Italia a presentare domanda di estradizione ad un altro Paese.

L'estradizione può essere di cognizione (o processuale) quando l'estradando è richiesto per essere sottoposto a processo; od esecutiva, se l'estradizione ha come fine quello di permettere l'esecuzione di una sentenza.

Per quanto riguarda l'estradizione per l'estero, l'ordinamento italiano stabilisce una serie di limiti alla concessione dell'estradizione.

In primo luogo abbiamo dei limiti sostanziali, infatti l'estradizione è vietata:

a. per reati politici (10.4 Cost.; 26.2 Cost.; 698.1 c.p.p.);

b.  se vi è ragione di ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori (c.d. clausola di non discriminazione) o che verrà sottoposta a trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano la violazione di uno dei diritti fondamentali della persona;

c.  se per il fatto per il quale è domandata l'estradizione è prevista la pena di morte dalla legge dello Stato richiedente.

In secondo luogo, sono previsti dei vincoli formali, consistenti nella necessità di una espressa "domanda" da parte dello Stato estero e nell'effettuazione dell'apposito procedimento di estradizione previsto dal codice.

Il procedimento si apre con l'invio della domanda di estradizione da parte dello Stato estero, unitamente ai relativi documenti, al Ministro della Giustizia italiano (700 c.p.p.): questi può respingere la domanda di estradizione oppure trasmetterla coi relativi documenti al procuratore generale presso quella Corte d'appello che risulta individuata in base ai criteri dettati dal 701.4 c.p.p.

Il procuratore generale deve disporre la comparizione dell'estradando per provvedere alla sua identificazione ed alla raccolta del suo eventuale consenso all'estradizione.

L'estradando è assistito da un difensore di fiducia o d'ufficio.

Il presidente della Corte d'appello fissa la data dell'udienza per la decisione.

La Corte decide in camera di consiglio; può emettere sentenza favorevole all'estradizione (705):

a. se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna che non contiene disposizioni contrarie ai princìpi fondamentali dell'ordinamento italiano;

b.  se l'estradando sarà sottoposto a procedimento che garantisce il rispetto dei diritti fondamentali;

c.  se non vi è motivo di ritenere che l'estradando sarà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona.

Contro la decisione della Corte d'appello è possibile presentare ricorso in cassazione.

Se la fase giurisdizionale si chiude con una sentenza favorevole all'estradizione (ovvero se essa viene omessa in caso di estradizione consensuale), si apre una successiva fase del procedimento.

Il Ministro della Giustizia con valutazione discrezionale decide entro 45 giorni se concedere o meno l'estradizione.

E vediamo ora i princìpi che regolano la disciplina delle misure cautelari applicabili all'estradando.

In primo luogo, sono necessarie sia una richiesta del Ministro della Giustizia, sia una decisione favorevole dell'organo giurisdizionale.

Inoltre le misure coercitive ed il sequestro non possono essere disposti se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per una sentenza favorevole all'estradizione.

Il codice di procedura equipara l'estradando all'imputato, di modo che l'autorità giudiziaria applica le misure cautelari all'estradando in base a parametri simili a quelli previsti per l'imputato.

Tuttavia sono presenti differenze.

Le misure applicabili anche nei confronti dell'estradando sono quelle di tipo coercitivo, nonché il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato.

La competenza a provvedere all'applicazione della misura cautelare appartiene alla Corte d'appello.

Il codice prevede che la persona sottoposta a misura cautelare deve essere rimessa in libertà qualora sia trascorso un anno senza che la Corte d'appello abbia pronunciato sentenza favorevole all'estradizione.

In conformità col 111 Cost., contro la decisione della Corte d'appello in merito all'applicazione della misura cautelare è ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.

Si ha l'estradizione dall'estero (od attiva) quando l'Italia presenta richiesta di estradizione.

Anche l'estradizione attiva può essere di esecuzione o di cognizione.

Il Ministro della Giustizia presenta la domanda di estradizione al Paese estero.

Il Ministro può agire sia di propria iniziativa, sia su domanda del procuratore generale presso la Corte d'appello nel cui distretto si procede od è stata emessa sentenza di condanna.

Al guardasigilli è riconosciuta una serie di poteri:

a. può chiedere all'autorità giudiziaria straniera l'arresto provvisorio dell'estradando;

b.  può richiedere lo svolgimento di ricerche all'estero dell'imputato o del condannato;

c.  può accettare le condizioni che lo Stato estero pone per l'estradizione, con l'unico limite del rispetto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento.

Le eventuali condizioni accettate dal ministro della Giustizia vincolano l'autorità giudiziaria italiana.


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