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Le garanzie relative all'amministrazione; le responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici
Nel campo delle attività amministrative figurano alcune garanzie di diritto oggettivo. Fondamentale è l'imperativo che i pubblici uffici vengano "organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione". Da questa previsione emerge il principio di legalità dell'amministrazione. Strettamente connesso è il principio di imparzialità dell'amministrazione stessa. Da un lato si tende a ricavarne una "istanza democratica"; ed effettivamente la democraticità della pubblica amministrazione trova parecchi riscontri nella carta costituzionale. D'altro lato si suole desumere dall'art. 97 l'esigenza di uno stacco tra la sfera della politica, naturalmente parziale e quella propria delle funzioni amministrative. Ma un tale stacco risulta a sua volta difficile, se non impossibile. Non a caso diversa è la strada frequentemente seguita negli ultimi anni, che consiste nella istituzione di autorità indipendenti, scisse dalle pubbliche amministrazioni di stampo tradizionale e non sottoposte ai poteri governativi di vigilanza e di indirizzo.
Ancor più controversa è la questione se l'imparzialità sancita dall'art. 97 includa o meno il principio del giusto procedimento. È costituzionalmente indispensabile "udire gli interessati prima dell'emanazione dell'atto" e dunque esercitare le funzioni amministrative "in ideale contraddittorio" con gli interessati stessi? La corte costituzionale lo ha negato. Ma anche in dottrina sembra prevalente la tesi che l'attuazione di un giusto procedimento sia rimessa alle singole norme di legge in tema di partecipazione e di contraddittorio amministrativo.
Altro è il piano sul quale si colloca quell'art. 28 Cost. "i funzionari e i dipendenti dello stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti". Alle dette responsabilità corrisponde il potere di richiedere ed ottenere il risarcimento del danno. Il che contribuisce a garantire gli altri diritti, in violazione dei quali abbiano agito i funzionari pubblici, specialmente nell'esercizio dell'amministrazione. La formula costituzionale "in violazione" comporta che la lesione possa essere imputata a chi l'abbia materialmente prodotta. Accade che gli impiegati civili dello stato vengano chiamati a rispondere meno duramente di quanto è disposto per la generalità dei soggetti privati: giacché l'azione di risarcimento nei loro confronti può essere esercitata soltanto in vista di violazioni commesse "per dolo o per colpa grave". La corte costituzionale non ha aderito alle tesi che vorrebbe far gravare la responsabilità civile in termini identici per tutti. La corte è costante nel sostenere che la responsabilità in questione possa essere "disciplinata variamente per categorie o per situazioni". Di più: nello stesso interno della cerchia formata dai funzionari e dai dipendenti possono perciò verificarsi disparità di trattamento.
In definitiva, il solo dato sicuro che si trae da questa parte dell'art. 28 consiste nel divieto di escludere del tutto le responsabilità dei funzionari e dei dipendenti pubblici, salvo che si tratti di comportamenti obbligati. Nella prospettiva del risarcimento dei danni l'azione proponibile contro il funzionario personalmente responsabile non rappresenta il mezzo più producente allo scopo; ed è viceversa preferibile chiamare senz'altro in giudizio lo stato. L'art. 113 presuppone infatti che gli atti amministrativi in violazione di diritti siano imputabili allo stato quantunque illegittimi; e su questa base risulta perciò confermata la tradizionale idea della diretta responsabilità dei pubblici apparati. Senonché la tesi corrente in giurisprudenza e prevalente in dottrina è invece nel senso che le pubbliche amministrazioni rispondano immediatamente dell'una al pari che degli altri; salvo soltanto l'eventuale esercizio del loro potere di rivalsa nei confronti del funzionario o del dipendente responsabile in prima persona. In effetti, la stessa corte costituzionale ha sostenuto che la responsabilità dello stato non presuppone quella dei funzionari o dei dipendenti pubblici, ma "si accompagna" ad essa.
Restano scoperte le lesioni degli interessi legittimi, per le quali le pubbliche amministrazioni non sono tenute a rispondere. Ma i giudici ordinari tendono a superare l'ostacolo mediante una configurazione molto ampia dei diritti stessi. Sicché si può ben dire che il principio del neminem ledere vale per lo stato e per gli enti pubblici, a prescindere dalla soggettiva colpa di taluno.
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