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L'AZIONE AMMINISTRATIVA
La riforma dell'organizzazione del governo e della pubblica amministrazione ha riguardato anche l'amministrazione finanziaria che è stata ristrutturata separando nettamente le funzioni operative affidate alle agenzie, da quelle di indirizzo e di controllo. Un solo ministero ha assunto le competenze riguardanti la politica economica e finanziaria, il bilancio ed il fisco. Le agenzie sono enti pubblici economici, soggette ai poteri di indirizzo e vigilanza del ministro. Hanno personalità giuridica di diritto pubblico e sono autonome dal punto di vista regolamentare, amministrativo, patrimoniale, contabile e finanziario. Sono regolate oltre che dalla legge anche da un proprio statuto. Le agenzie fiscali sono quattro: agenzia delle entrate, delle dogane, del territorio e del demanio. L'agenzie delle entrate amministra tutti i tributi statali. Al vertice dell'agenzie delle entrate vi è un direttore generale da cui dipendono le direzioni regionali. I compiti strettamente operativi sono svolti in periferia dagli uffici dell'agenzie delle entrate che controllano le dichiarazioni, svolgono indagini, emettono gli accertamenti, formano i ruoli di riscossione, dispongono i rimborsi, ecc. A seguito dell'istituzione dell'agenzia delle entrate la titolarità dell'obbligazione tributaria è rimasta allo stato mentre l'esercizio dei poteri in materia di imposizione fiscale sono stati trasferiti all'agenzia.
L'attuazione del tributo è affidata in primis agli stesi contribuenti ai quali sono imposti obblighi molteplici di autoliquidazione dei tributi, di versamento, di dichiarazione. A fronte degli obblighi imposti ai contribuenti vi sono dei poteri dell'agenzie delle entrate e degli altri enti impositori. Se il contribuente omette di dichiarare o non dichiara compiutamente il presupposto e la base imponibile del tributo, è compito dell'agenzia delle entrate svolgere indagini ed emettere un atto amministrativo denominato avviso di accertamento o atto di imposizione. L'emanazione di un atto di imposizione comporta anche l'applicazione di sanzioni in quanto il fatto che legittima l'emanazione di un provvedimento di imposizione costituisce altresì violazione da parte del contribuente di un obbligo con conseguenze sanzionatorie di natura amministrativa. L'agenzia deve controllare anche l'adempimento degli obblighi di versamento, riliquidando il tributo se il contribuente ha errato nella liquidazione e iscrivendo a ruolo le somme che non sono state versate. Distinto dal potere di determinare il tributo vi è quello di riscuoterlo, con la formazione di un atto (il ruolo) con cui vengono riscosse sia le somme dovute in base alle dichiarazioni dei contribuenti sia le somme dovute in base agli atti di accertamento. Il ruolo è titolo esecutivo e sul suo fondamento la riscossione è realizzata in forza coattiva. Il modello ora delineato può presentare delle varianti. Il legislatore potrebbe prevedere un intervento necessario dell'amministrazione finanziaria prima della riscossione. Secondo tale schema la riscossione presuppone un atto dell'amministrazione che determina l'imposta e ne rende dovuto il pagamento; non si sa pagamento senza un previo intervento dell'amministrazione. Questo schema trova ora applicazione nell'imposta di registro. Vi sono infine casi nei quali la nascita dell'imposta ne comporta direttamente l'adempimento senza la necessità di atti del contribuente o dell'amministrazione. Ciò si ha nei tributi che la dottrina meno recente denominava tributi immediati o senza imposizione. Al verificarsi della fattispecie l'obbligato deve senz'altro versare l'imposta all'ente pubblico: non vi sono a carico del contribuente adempimenti che si inseriscono nel meccanismo genetico dell'obbligazione d'imposta. Questo schema si incontra nelle accise, nell'imposta di bollo.
Le regole dei procedimenti tributari non sono racchiuse in un testo organico ma in più testi. Valgono innanzitutto sia pure con alcune limitazioni i principi e le regole dettate in generale per i procedimenti amministrativi dalla legge 241/90. In secondo luogo si applicano le norme dello statuto dei diritti del contribuente. In terzo luogo regole procedimentali sono contenute in specifici testi normativi. La legge 241/90 in tema di procedimenti amministrativi non ha soltanto modificato alcune tradizioni regole di comportamento delle pubbliche amministrazioni ma ha altresì profondamente inciso sulla complessiva disciplina dei rapporti stato-cittadini e fisco-contribuenti. L'applicazione in ambito tributario di alcuni istituti disciplinati dalla legge 241/90 hanno portato ad una profonda revisione dei rapporti fisco-cittadini che ora non sono più soltanto di tipo autoritativo ma anche di natura collaborativa. All'interno di questo profondo mutamento si collocano i nuovi istituti tra i quali l'interpello, l'accertamento con adesione, la conciliazione e l'autotutela. Tuttavia esistono però differenze non lievi tra disciplina dei procedimenti amministrativi e disciplina dei procedimenti tributari. Della legge generale sui procedimenti amministrativi infatti non si applicano ai procedimenti tributari né le norme del capo terzo in materia di partecipazione del cittadino al procedimento, né le norme del capo quinto in tema di accesso. Si applicano in materia tributaria il capo primo ove sono enunciati i principi generali, il capo secondo che disciplina la figura del responsabile del procedimento, il capo quarto bis in tema di efficacia e invalidità dei provvedimenti amministrativi. Non hanno motivi di applicarsi in campo tributario le norme che interessano le attività amministrative discrezionali come le norme sulle conferenze dei servizi. Nel capo II della legge 241/90 viene delineata la figura del responsabile del procedimento. Esso svolge il ruolo di guida del procedimento, di ordinatore dell'istruttoria e di organo di impulso; rappresenta l'essenziale punto di riferimento sia per i privati che per l'amministrazione procedente ed è il soggetto attraverso il quale l'amministrazione dialoga con il cittadino. Il procedimento di imposizione inizia sempre d'ufficio sia quando la dichiarazione sia stata omessa sia quando sia stata presentata. Inoltre nel procedimento tributario d'imposizione non vi è una sequenza predeterminata di atti da porre in essere prima dell'emanazione dell'atto finale; non esiste neppure un ordine necessario di atti istruttori. L'atto di imposizione può essere un ordine necessario di atti istruttori. L'atto di imposizione può essere un atto solitario vale a dire non preceduto da latri atti amministrativi: può scaturire ad esempio dal semplice esame della dichiarazione, dal ricevimento di notizie di evasione o da altre fonti. Non è previsto in generale che vi sia un contraddittorio con il contribuente; ai procedimenti tributari non si applicano le norme generali in tema di partecipazione del cittadino al procedimento. Nel contradditorio il contribuente può farsi assistere da un procuratore generale o speciale o da un professionista. Il procedimento tributario di imposizione può concludersi o con un avviso di accertamento o con un accertamento con adesione o anche senza l'emanazione di alcun provvedimento.
Nello statuto dei diritti del contribuente vi sono diverse norme che disciplinano i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti. Regola fondamentale della materia è quella dettata dall'art. 10 il cui comma 1 dispone che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. L'art. 10 comma 1 si riferisce al principio di buona fede in senso oggettivo perché regola i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria. Il comma 2 tutela l'affidamento del contribuente si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria. Inoltre tutela la buona fede in senso soggettivo del contribuente che abbia gito a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa, e sia incorso nella violazione di una norma tributaria. La buona fede in senso oggettivo è una regola di comportamento conforme a principi di correttezza. La buona fede in senso soggettivo è la convinzione di agire secondo le regole. Numerose previsioni dello statuto devono essere considerate applicazioni dei principi enunciati nell'art. 10 a cominciare dagli obblighi di informazione imposti all'amministrazione che deve:
Garantire al contribuente l'effettiva conoscenza degli atti a lui destinati senza violare il diritto alla riservatezza;
Informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l'irrogazione di una sanzione;
Informare adeguatamente i contribuenti non residenti in Italia;
Garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e in generale ogni comunicazione siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria con il minor numero di incombenti e nelle forme meno costose e più agevoli.
Inoltre l'amministrazione deve:
Non richiedere al contribuente documenti o informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria;
Prima di procedere ad iscrizione a ruolo in base alla dichiarazione invitare il contribuente a fornire chiarimenti necessari o a produrre documenti mancanti;
Svolgere gli accessi, le ispezioni e le verifiche con particolari modalità, per non turbare l'attività del contribuente;
Motivare i propri atti; in caso di motivazione per relationem rendere disponibile l'atto richiamato; indicare l'ufficio presso cui si possono ottenere informazioni e il mezzo di impugnazione.
Se i contribuenti non hanno potuto adempiere in tempo gli obblighi tributari per cause eccezionali di forza maggiore il ministro ha il potere dovere di rimetterli in termini.
La tutela del legittimo affidamento è un principio generale dell'ordinamento riconosciuto sia dalla giurisprudenza comunitaria sia dalla giurisprudenza nazionale, come principio costituzionale e come principio che regola tutti i rapporti di diritto pubblico anche in materia tributaria, ove è reso esplicito dall'art. 10 comma 1 dello statuto. Con queste norme il legislatore ha inteso tutelare il contribuente che si comporta in buona fede facendo affidamento sulle indicazioni fornite dall'amministrazione. Da ciò deriva che le circolari ministeriali generano un legittimo affidamento in ordine al comportamento da tenere nei confronti dell'amministrazione che può non discostarsi nei rapporti con i contribuenti dalle indicazioni fornite nelle circolari. L'amministrazione può modificare l'interpretazione di una disposizione di legge. Ma se il revirement è peggiorativo per il contribuente ciò può ledere l'affidamento che il contribuente aveva riposto nella presa di posizione dell'amministrazione. Se il contribuente si è comportato in un certo modo facendo affidamento su una data interpretazione ministeriale ed in seguito l'interpretazione è mutata in pejus il nuovo orientamento non può valere per il passato. In altri termini le circolari peggiorative non possono essere retroattive perché merita tutela l'affidamento del contribuente. Da ciò deriva che sono illegittimi gli atti di accertamento che hanno per oggetto fatti accaduti prima del revirement peggiorativo.
Come accennato ai procedimenti tributari non si applicano le norme generali in tema di partecipazione del cittadino; né vi sono norme che sanciscano che nel procedimento tributario trovi obbligatoriamente attuazione il principio del contraddittorio e che quindi vi sia sempre nel corso del procedimento dialogo tra autorità e contribuente dando a quest'ultimo la facoltà di interloquire e difendersi. L'ufficio non è obbligato ad avvertire il contribuente dell'indagine avviata nei suoi confronti, né vi è un generale riconoscimento legislativo del diritto del privato di difendersi prima che sia emesso a suo carico un atto impositivo. Può dunque accadere che il contribuente riceva un avviso di accertamento ignorando che la sua posizione fiscale è stata sottosposta a controllo. Vi sono soltanto norme che prevedono caso per caso la facoltà o l'obbligo dell'ufficio di ascoltare il contribuente.
La legge 241/90 all'art. 22 attribuisce a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, ma questo diritto è escluso con riguardo agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di natura tributaria. Perciò tale diritto può essere esercitato solo dopo la conclusione del procedimento tributario.
L'art. 11 dello statuto dei diritti del contribuente prevede il diritto di presentare all'agenzia delle entrate circostanze e specifiche istanze con cui viene richiesto un parere circa l'interpretazione di una disposizione tributaria con riguardo ad un caso concreto e personale. L'istanza di parere deve essere inoltrata alla direzione regionale dell'agenzia che deve rispondere per iscritto entro 120 giorni; la risposta deve essere motivata. L'amministrazione non può ignorare l'istanza. È tenuta a rispondere. Se tace il silenzio vale assenso. L'istanza può essere presentata solo se concerne una disposizione la cui interpretazione si presenti obiettivamente incerta. Il regolamento precisa che non ricorrono le obiettive condizioni di incertezza qualora l'amministrazione finanziaria abbia compiutamente fornito la soluzione interpretativa di fattispecie corrispondenti a quella prospettata dal contribuente mediante circolare risoluzione, istruzione o nota. In secondo luogo l'interpello deve riguardare l'applicazione delle disposizione da interpretare ad un caso personale e concreto. Nella istanza è onere del contribuente indicare quale sia la sua interpretazione altrimenti in caso di silenzio dell'amministrazione non può aversi l'assenso tacito. L'amministrazione non è tenuta a rispondere se non sussistono i presupposti sostanziali dell'istanza o se l'istanza è formalmente invalida. Qualora l'istanza venga formulata da un numero elevato di contribuenti e concerna la stessa questione o questioni analoghe tra loro, l'amministrazione finanziaria può fornire risposta collettiva mediante circolare o risoluzione. L'amministrazione non può disinteressarsi di una istanza di parere ma è obbligata d esaminarla. Qualora la risposta non pervenga al contribuente entro il termine di 120 giorni il silenzio significa che l'agenzia concorda con l'interpretazione e con il comportamento prospettati dal richiedente. In tal modo al contribuente è garantita la risposta dell'amministrazione. Il parere reso dall'agenzia vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello la norma mira a circoscrivere l'efficacia del parere sul piano soggettivo. Il parere vincola l'agenzia non il contribuente. Se il contribuente si attiene alla risposta dell'agenzia non possono essere messi atti di imposizione o atti sanzionatori che contraddicano la risposta data al quesito. Anche nel caso in cui l'agenzia non abbia risposto al quesito entro 120 giorni non possono essere emanati atti di imposizione difformi da quanto prospettato nel quesito, né possono essere irrogate sanzioni. Qualsiasi atto emanato in difformità dalla risposta è illegittimo. Se la risposta è negativa il contribuente che non intende adeguarsi ha dinanzi a sé due alternative. Può presentare la dichiarazione discostandosi dal parere ed impugnare poi l'eventuale avviso di rettifica, insieme con il parare. Oppure presentare una dichiarazione conforme al parere versare l'imposta e agire con istanza di rimborso.
Accanto all'interpello ordinario l'ordinamento tributario prevede altre forme di interpello per finalità e con esiti diversi. Con riguardo alle norme antielusive vi è una forma speciale di interpello che si propone alla direzione generale dell'agenzia delle entrate. Anche in materia di norme antielusive è l'interpello c.d. disapplicativo che si propone alla direttore regionale delle entrate, al fine di ottenere un provvedimento che autorizzi la disapplicazione di norme antielusive.
Nel potere di emettere un atto è insito anche quello di ritirarlo o di emendarlo quando appaia alla stessa autorità che l'ha emanato in tutto o in parte viziato: ciò è espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione la quale ha il dovere di eliminare i vizi che rendono illegittimo un atto e di ritirare gli atti illegittimi. I rimedi a disposizione dell'amministrazione sono molteplici:
L'avviso di accertamento già emesso può essere sostituito da un accertamento con adesione;
In pendenza del giudizio di primo grado la lite può essere composta con la conciliazione;
Nel gestire la lite l'amministrazione può riconoscere la fondatezza del ricorso o non impugnare la sentenza ad essa favorevole;
Infine l'amministrazione può annullare l'atto che riconosce viziato.
L'autotutela concerne quest'ultima ipotesi. In diritto amministrativo l'annullamento d'ufficio dell'atto deve essere giustificato oltre che dalla sua illegittimità anche da un interesse dell'amministrazione all'annullamento. In diritto tributario invece non essendovi discrezionalità l'esercizio dei poteri di autotutela non presuppone valutazioni di convenienza: il ritiro o la correzione dell'atto viziato vanno compiuti in applicazione della regola di buona fede cui deve attenersi l'amministrazione. Il potere di autotutela in diritto tributario è espressamente riconosciuto e regolato. L'art. 7 comma 2 dello statuto in tema di chiarezza e motivazione dei provvedimenti dispone che gli atti dell'amministrazione finanziaria e degli agenti della riscossione devono tassativamente indicare l'organo e l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere il riesame dell'atto. Nella disciplina dell'autotutela tributaria si parla di annullamento e di revoca degli atti illegittimi e infondati. L'annullamento è da riferire agli atti che presentano vizi di illegittimità ossia vizi di forma o procedimentali; la revoca è da riferire agli atti infondati ossia viziati nel contenuto. Nel regolamento si prevede a titolo esemplificativo che l'autotutela può essere esercitata per errore di persona; evidente errore logico o di calcolo; errore sul presupposto dell'imposta; doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti di imposta. L'autotutela può essere esercitata a seguito di richiesta del contribuente o d'ufficio, sia in presenza di giudizio sia dopo che l'atto è divenuto definitivo e può riguardare qualsiasi atto dell'amministrazione finanziaria. L'utilità pratica dell'autotutela per il contribuente che abbia ricevuto un atto illegittimo emerge soprattutto quando l'atto è divenuto definitivo perché non impugnato o perché il ricorso proposto non ha raggiunto il risultato richiesto. Neppure il giudicato impedisce in assoluto l'autotutela purchè il ritiro venga fatto per motivi che non contraddicano il contenuto della sentenza passata in giudicato: ciò discende dai principi ed inoltre è deducibile con argomentazione a contrario dal regolamento ove è previsto che l'ufficio non può annullare il suo atto per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'amministrazione finanziaria.
Presso ogni direzione regionale dell'agenzia delle entrate è istituito il garante del contribuente che è un organo collegiale formato da tre membri scelti e nominati dal presidente della commissione tributaria regionale all'interno di alcune categorie particolarmente qualificate. Il garante è autonomo rispetto all'amministrazione ed ha il compito di tutelare il contribuente che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria. Per svolgere i suoi compiti può richiedere documenti o chiarimenti agli uffici competenti; accedere presso gli uffici finanziari e controllare la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente nonché l'agibilità degli spazi aperti al pubblico. Non si tratta di un organo con poteri autoritativi. Infatti può soltanto:
Stimolare le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente;
Rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente;
Richiamare gli uffici al rispetto dei loro obblighi in materia di informazione del contribuente;
Prospettare al ministro delle finanze i casi in cui possono essere esercitati i poteri di rimessione in termini del contribuente;
Individuare i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell'amministrazione determinano pregiudizi per i contribuenti.
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