L'assetto dei consigli; il procedimento legislativo
regionale
La carta costituzionale, pur lasciando
intendere che il consiglio regionale è l'organo rappresentativo dell'ente
regione, non dichiara espressamente che esso va eletto da tutti i cittadini
maggiorenni della regione medesima, limitandosi a disporre che "il sistema
d'elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei
consiglieri regionali sono stabiliti con legge della repubblica". Quello
vigente per le regioni ordinarie è comunque un singolare sistema misto,
nell'ambito del quale alle liste vincenti viene attribuita "una quota
aggiuntiva di seggi", tale da consentire che esse dispongano di una sicura
maggioranza nel consiglio. La parte residua della disciplina concernente le elezioni
consiliari resta invece modellata sulla legislazione elettorale amministrativa.
Deriva di qui la non-coincidenza fra l'elettorato attivo e quello passivo,
spettante a tutti gli elettori italiani senza alcuna distinzione di residenza.
Ancor più netto è il divario riscontrabile
fra la convalida dei parlamentari e quella dei consiglieri regionali. La prima
infatti è completamente riservata alle camere di appartenenza. La seconda è
caratterizzata da deliberazioni consiliari aventi un carattere amministrativo.
Malgrado in entrambi i casi si tratti di organi principalmente legislativi, il
regime dei consigli regionali e dei loro componenti non coincide con quello
spettante alle camere ed ai singoli parlamentari. Si pensi alla discontinuità
dei consigli regionali. Solo di recente la corte costituzionale ha posto
rimedio a questa discrasia, chiarendo che fino al termine del quinquennio della
loro durata in carica i consigli non cessano senz'altro ma sono provvisti di
"poteri attenuanti confacenti alla loro situazione di organi in scadenza". Del
resto, il parallelo fra consigli e camere non regge in assoluto. "L'analogia
tra le attribuzioni delle assemblee regionali e quelle delle assemblee
parlamentari non significa identità e non toglie che le prime si svolgano a
livello di autonomia, anche se costituzionalmente garantita, le seconde,
invece, a livello di sovranità". Di più: la stessa costituzione stabilisce che
"i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle
opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Ma tale
immunità è stata ridimensionata dalla corte costituzionale, la quale ha negato
che essa tuteli l'esercizio di funzioni amministrative conferite ai consigli
per mezzo di leggi regionali.
Fra tutte le funzioni esercitabili dai
consigli, giova porre l'accento su quella legislativa. Il procedimento
legislativo va diviso in quattro fasi: l'iniziativa spettante ai vari titolari
della potestà di sottoporre al consiglio i disegni di legge; l'approvazione di
competenza dell'assemblea legislativa; il controllo preventivo, cui prendono
parte necessariamente il commissario del governo e lo stesso governo nazionale;
la promulgazione ad opera del presidente della giunta e la pubblicazione della
legge nel bollettino ufficiale della regione. Quanto all'iniziativa, basti
ricordare le tre forme essenziali nelle quali essa si svolge: cioè quella
giuntale, quella spettante ad ogni consigliere e quella popolare, esercitatile
in tutte le regioni, tranne la Sicilia. Quanto all'approvazione, essa va
comunque riservata all'intera assemblea. Assai più delicata e complessa è la
fase dei controlli. Non appena approvata, ogni legge regionale dev'essere
comunicata al commissario del governo. Ma il potere di controllo non spetta al
commissario stesso, che si limita a ritrasmettere la legge al governo
nazionale, dopo di che un primo vaglio viene effettuato dal ministro per gli
affari regionali, restando però riservato al consiglio dei ministri il rinvio
della legge così controllata, affinché il consiglio regionale competente la
riesamini. È solo se il governo manifesta il suo consenso che il commissario
può vistare la legge. A questo punto, il consiglio regionale non può sbloccare
l'iter, se non riapprovando la legge "a maggioranza assoluta dei suoi
componenti"; e il governo nazionale non dispone allora se non del ricorso alla
corte costituzionale od alle camere. Ma in che consiste la riapprovazione? La
carta costituzionale non precisa se il testo riapprovato debba coincidere con
quello rinviato al consiglio; o se la riapprovazione possa essere anche
emendativa del testo originario. Eppure è proprio quest'ultima l'ipotesi
fisiologica: giacché la richiesta governativa di riesame, promossa quando il
governo ritiene "che una legge approvata dal consiglio regionale ecceda la
competenza della regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli
di altre regioni".
La corte ha ritenuto che il rinvio non sia
reiterabile, qualora il consiglio regionale abbia emendato le sole parti già
censurate dal governo. Il che, tuttavia, non manca di provocare incertezze nel
momento applicativo, connaturate al criterio che la corte ha più recentemente
utilizzato. È certo che la legge non può essere promulgata fino a quando il
commissario non abbia apposto il visto. Restano solo i problemi derivanti da un
parziale annullamento della legge impugnata: nel qual caso spetta al presidente
della giunta stabilire se la parte residua del testo si presti a venire
promulgata come tale oppure esiga di essere rielaborata dall'organo
legislativo.