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La mafia: profilo legislativo




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LA MAFIA: PROFILO LEGISLATIVO


Le misure di prevenzione sono state inizialmente previste dalla legge N°1423 del 1956, nei confronti di tutti i soggetti socialmente pericolosi, ma con la legge del 31 maggio 1965 N°575, intitolata "Disposizioni contro la mafia", hanno subito una radicale modifica per contrastare la criminalità organizzata di tipo mafioso.

È noto a tutti gli operatori del settore che i patrimoni dei mafiosi in passato erano costituiti principalmente da beni immobili e da attività imprenditoriali intestate ad affiliati dei vari clan; in un si tale contesto, risultava abbastanza facile individuare i beni da sottoporre a sequestro e confisca in quanto i titolari di tali beni dichiaravano al fisco redditi insignificanti.

Da allora ad oggi le cose sono cambiate; i mafiosi hanno aggirato l'ostacolo dell'art. 2 bis e seguenti della legge del 31 maggio 1965 N°575, ricorrendo a prestanome estranei alla cerchia familiare.

Inoltre, hanno cercato di mascherare ancor meglio i movimenti di denaro ricorrendo ad esperti conoscitori delle tecniche commerciali, tributarie, finanziarie e quant'altro.

Non bisogna dimenticare gli investimenti all'estero, che oggi come oggi, ricoprono una buona percentuale dei loro traffici illeciti.

Alla luce di tutto ciò, ci si è resi conto della poca utilità delle classiche indagini bancarie e patrimoniali fatte su persone sospettate di appartenenza ad associazioni mafiose.

Secondo Giuseppe Pignatone, espletare le indagini in base all'art. 2 bis della legge N°575/1965, rischia di essere addirittura controproducente nella misura in cui assorbono le risorse disponibili nel cercare di fotografare una realtà in continua evoluzione e che sfugge per la sua stessa natura.

È un convincimento consolidato che l'unico modo per superare le difficoltà d'indagine è quello di utilizzare le stesse tecniche d'indagine usate per il procedimento penale.

Negli ultimi anni, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (anche se da ritenere attendibili col beneficio del dubbio), integrate dalle indagini patrimoniali e dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno permesso sia di individuare molti prestanome dei capi-mafia estranei alle cerchie familiari, sia di accertare la natura illecita di attività economiche apparentemente lecite.

Dunque, quando un'attività economica è ritenuta illecita, i giudici possono disporre il sequestro dei beni in tempi rapidissimi accogliendo semplicemente le richieste dei pubblici ministeri, senza neanche attendere l'esito degli accertamenti che richiedono spesso tempi lunghissimi.

Non bisogna trascurare che molti elementi di prova utili ai fini del procedimento penale emergono  proprio dalle indagini espletate in sede del procedimento di prevenzione; è proprio tramite questo strumento che si giunge alla scoperta di prove concernenti gravi reati quali il riciclaggio di denaro, falso in bilancio ed altro ancora.

Per potenziare lo strumento di prevenzione è stata emanata la legge del 13 settembre 1982 N°646 (la c. d. Rognoni-La Torre); questa legge ha introdotto due nuove misure patrimoniali e cioè, il sequestro e la confisca, che alla luce dell'art. 416 bis del c. p., che ha introdotto il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, possono essere applicati a determinate categorie di soggetti anche se a loro carico non sia stata riconosciuta una responsabilità penale con sentenza di condanna.

Quindi la confisca è intrinsecamente collegata alla misura di prevenzione personale e deve perciò essere disposta prima della cessazione di questa salvo due eccezioni previste dalla stessa legge.

Nel caso di assenza, residenza o dimora all'estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione, il procedimento può essere iniziato o continuato al solo scopo di adottare i provvedimenti di natura patrimoniale.

Tali misure possono essere disposte nei confronti di soggetti già sottoposti a misure di sicurezza detentiva o di libertà vigilata; inoltre, la morte dell'indagato prima della confisca definitiva non preclude la prosecuzione del procedimento nei confronti degli eredi al sol fine di irrogare la misura patrimoniale.

La confisca è di per se un procedimento ablativo che comporta la devoluzione dei beni allo Stato, che deve sempre essere preceduto da sequestro per un termine massimo di 24 mesi.


LA MAFIA: PROFILO SOCIOLOGICO

Complesso di piccole associazioni clandestine (cosche), rette dalla legge dell'omertà e del silenzio, che esercitano il controllo di alcune attività economiche e del sottogoverno nella Regione Siciliana: questa è la definizione del termine "mafia" che generalmente si trova sui più diffusi dizionari.

La mafia è una forma di criminalità organizzata che non solo è attiva in molteplici campi illegali, ma tende anche ad esercitare funzioni di sovranità, normalmente riservate alle istituzioni statali, su un determinato territorio.

Il periodo seguente l'Unità d'Italia, cioè a partire dal 1860, registra il compimento del processo di 'istituzionalizzazione' della mafia e i primi esperimenti di coordinamento fra cosche.

La sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte del governo centrale, restio ad avviare un'efficace azione repressiva, l'accordo fra politici e mafiosi in sede locale, in virtù del quale i primi si assicuravano il consenso elettorale delle popolazioni, mentre i secondi ottenevano in cambio la gestione della riscossione dei tributi, la possibilità di incidere sulle finanze dei comuni e sulle forze di polizia condizionandone l'attività investigativa, il ricorso alle cosche per sconfiggere il Brigantaggio, consentono la penetrazione della mafia nelle istituzioni legali, contribuendo a legittimare ulteriormente il potere mafioso agli occhi dei siciliani.

La campagna repressiva contro la mafia, voluta da Benito Mussolini, dopo un viaggio in Sicilia nel maggio del 1925 e affidata al prefetto Cesare Mori, si articola su un piano sia repressivo che sociale; sotto il primo profilo, si registra il massiccio ricorso a misure di polizia che, come il confino e la confisca dei patrimoni, si proponevano lo scopo di sradicare i mafiosi dai territori controllati e di attaccarne il prestigio presso le comunità; dal punto di vista sociale, l'azione è rivolta a neutralizzare il peso del ceto intermedio dei gabelloti e dei campieri, affidando i compiti di mediazione e di rappresentanza a organi burocratici, abolendo le elezioni politiche e amministrative, riservando allo Stato le funzioni di protezione e di regolamentazione economica.

Con la caduta di Mussolini, alla fine della seconda guerra mondiale, la mafia riapparve come per magia.

Gli "uomini d'onore", tutti antifascisti convinti, passarono direttamente dal carcere alle cariche pubbliche'.

In realtà, gran parte dei mafiosi erano sfuggiti alla repressione fascista rifugiandosi negli Stati Uniti d'America, dove danno vita all'Unione siciliana, che più tardi assumerà il nome di Cosa nostra.

Pur essendo discussa l'esistenza di patti d'impunità per i mafiosi che collaborarono per il felice esito dello sbarco alleato in Sicilia, è, comunque, dimostrata la riemersione del potere mafioso negli anni del dopoguerra, rimanendo invariate struttura e funzione, proprio per la perdurante assenza nel tessuto sociale di organismi di mediazione e di rappresentanza.

Ora alleandosi al fronte separatista, ora sostenendo la proprietà agraria, ora schierandosi con il movimento contadino, Cosa Nostra si conferma compagine multifunzionale e interclassista, inscindibilmente legata a un determinato ambito territoriale, pur se la parentesi americana l'aveva munita di una preziosa rete di collegamenti internazionali.

Con l'espansione dell'intervento dello Stato nell'economia - mediante la creazione di enti come la Cassa per il Mezzogiorno e l'Ente Nazionale Idrocarburi, e l'avvio di imponenti programmi di lavori pubblici -, decisa, negli anni '50, la mafia da 'rurale' diventa 'urbana', attirata da nuove fonti di profitto: l'edilizia, i mercati generali e gli appalti.

In questi settori, essa si presenta dapprima nelle vesti tradizionali di protettrice, imponendo tangenti agli imprenditori, finendo poi per gestire in proprio l'iniziativa imprenditoriale, che può contare su efficaci metodi di 'scoraggiamento' della concorrenza e sull'accaparramento dei finanziamenti pubblici.

Sono questi gli anni in cui diviene particolarmente intenso il rapporto fra cosche mafiose e partiti politici, per i quali la mafia non mostra alcun interesse 'ideologico', limitandosi a indirizzare il consenso verso lo schieramento in grado di fornire le maggiori garanzie di conservazione del proprio potere, anche economico.

Dopo aver superato, senza subire danni strutturali, i primi processi, svoltisi alla fine degli anni '60, la mafia, durante tutto il decennio successivo, anche approfittando dell'impegno dello Stato sul fronte del terrorismo, svolge un'opera d'imponente rafforzamento del proprio tessuto organizzativo allo scopo di renderlo adeguato ai mutati scenari criminali.

E infatti, in quegli anni, prima il contrabbando di tabacchi lavorati esteri e poi il traffico degli stupefacenti, comportando un massiccio afflusso di liquidità, impongono alle cosche mafiose la necessità di un raccordo operativo, indispensabile per evitare 'conflitti di competenza'.

Le singole 'famiglie' - governate da un 'rappresentante' - vengono raggruppate secondo un criterio di contiguità territoriale e affidate al controllo di 'capi-mandamento', a loro volta facenti parte di un organismo collegiale sovraordinato, la  'Cupola'.

La rigida struttura verticistica, il severo codice comportamentale e gli ingenti profitti rendono indefettibile l'intervento 'sanzionatorio' tutte le volte in cui - dall'interno o dall'esterno - si attenti all'integrità dell'organizzazione mafiosa.

Lo stesso rapporto con le istituzioni, pur obbedendo al criterio della 'coabitazione' utilitaristica, incomincia a farsi più conflittuale, prevedendo, come unica alternativa alla corruzione dei rappresentanti dei poteri statali, la cruenta eliminazione degli stessi, con metodologie di tipo terroristico e con lo scopo di rendere sempre più palese l'incontrollabilità del territorio da parte dello Stato.

Nel contempo, Cosa Nostra stringe rapporti con organizzazioni criminali straniere, fra le quali spiccano la 'mafia' russa, di origine prevalentemente politica, quella turca, le triadi cinesi e la yakuza giapponese, nei confronti delle quali la mafia siciliana, pur non alterando la propria natura di organizzazione a base territoriale, si pone come paradigma organizzativo aprendo la 'pericolosissima prospettiva di una omologazione dei modelli di organizzazione criminale'.

Dinanzi a tale estensione quantitativa e qualitativa del fenomeno mafioso, il potere esecutivo e quello legislativo ispirano il proprio intervento alla 'logica del funerale', intervenendo con misure emergenziali, finalizzate più a calmare la 'piazza', a seguito di clamorosi eccidi di magistrati e di rappresentanti delle forze dell'ordine, che ad affrontare radicalmente la questione.

Consistenti successi giudiziari si registreranno solo con il ricorso sistematico ai cosiddetti 'pentiti', i quali consentiranno agli investigatori di penetrare all'interno dell'organizzazione di Cosa Nostra.

Le prime sconfitte giudiziarie della mafia e l''implosione' del sistema partitico indurranno Cosa Nostra a cercare nuovi referenti politici, apparendo quelli fino ad allora utilizzati non più in grado di assicurare l''aggiustamento' dei processi e l'erogazione di finanziamenti pubblici.

La storia del fenomeno mafioso mostra la fallacia di ogni interpretazione 'riduzionista': poiché si tratta di un 'sistema sociale extralegale' - secondo la definizione del sociologo Leopoldo Franchetti -, la mafia non tollera approcci unilaterali, tendenti a identificarne l'essenza nella violenza dei mezzi, nel fine di accumulazione di capitali o nel sottosviluppo delle comunità; né risponde al vero presentarla come 'un cancro proliferato per caso su un tessuto sano'.

La mafia costituisce risposta alla domanda di 'protezione' di uomini 'spogliati' degli abiti di aggregazione sociale, tipici di una determinata area; il suo effetto è un legame inscindibile e assorbente, il cui unico fine è il vantaggio dell'organizzazione stessa.



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