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La Madre Lavoratrice
A questo proposito ricordiamo l'articolo 37 della nostra Costituzione stabilisce che alla donna lavoratrice debbono essere assicurate condizioni di lavoro che le consentono "l'adempimento della sua essenziale funzione familiare".
Per poter rendere attuabile nella pratica questo principio teorico, varie leggi si sono susseguite nel corso del tempo; proprio di recente, è stata varata la legge n. 53 dell'8.03.2000 (intitolata DISPOSIZIONI PER IL SOSTEGNO DELLA MATERNITA' E DELLA PATERNITA') che integra l'ormai storica legge n. 1204 del 1971.
Gli argomenti più importanti da vagliare sono: la conservazione del posto di lavoro; i periodi di astensione per maternità; i sussidi e i permessi retribuiti o no.
La normativa sulle lavoratrici prevede SPECIALI GARANZIE e DIRITTI per assicurare l'essenziale FUNZIONE FAMILIARE quindi:
GARANZIE SUL POSTO DI LAVORO dove la donna incinta non può essere licenziata nel periodo compreso tra l'inizio della gestazione ed il compimento del primo anno di età del bambino, salvo che per colpa grave (es.: furto), cessazione dell'azienda o scadenza del contratto a termine.
In caso di licenziamento la donna ha il diritto di chiedere, agendo per vie legali, la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento dei danni. Durante questo arco di tempo la lavoratrice non può nemmeno essere messa in cassa integrazione o essere soggetta a riduzione dell'orario di lavoro.
Dall'inizio della gravidanza fino a sette mesi dopo il parto non può essere adibita al trasporto ed al sollevamento dei pesi o a lavori pericolosi.
Le dimissioni volontarie della madre lavoratrice devono essere comunicate all'Ispettore del Lavoro, che deve dare la propria approvazione per renderle efficaci. Con questo sistema si cerca di scoraggiare la pratica, per fortuna sempre più rara, di far firmare alle lavoratrici appena assunte una lettera di dimissioni con la data in bianco, da utilizzare in caso di maternità.
ASTENSIONE DAL LAVORO E INDENNITA'
Un'importante novità prevista dalla recente legge 53/00 riguarda l'astensione per maternità: infatti, mentre in precedenza l'astensione obbligatoria dal lavoro riguardava obbligariotamente il periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parte e i tre mesi successivi, è ora possibile una maggiore elasticità. La lavoratrice può infatti scegliere (previa attestazione medica) di far "slittare" in avanti li periodo di sospensione dal lavoro, da un mese prima della data presunta del parto fino a quattro mesi dopo la nascita del bambino. In questi mesi le lavoratrici dipendenti ricevono un'indennità pari all'80% della retribuzione, pagata dall'INPS tramite il datore di lavoro. Molti contratti di categoria prevodono poi che l'azienda integri l'indennità per portarla alla pari con lo stipendio.
Notevoli cambiamenti anche per quanto riguarda i successivi periodi di astensione facoltativa: è infatti ora possibile sia alla mamme che ai papà, nei primi 8 anni di vita del bambino, usufruire di un periodo di astensione pari complessivamente a 10 mesi, secondo le seguenti regole: alla madre spetta un periodo (continuativo o frazionato) non superiore ai 6 mesi, e così pure al padre.
Godono di questi diritti tutte le lavoratrici dipendenti, comprese quelle che lavorano in enti pubblici o come socie di cooperative
Le lavoratrici autonome, artigiane e commercianti devono fare richiesta dell'indennità per l'astensione obbligatoria direttamente agli uffici INPS. Le libere professioniste iscritte ad una delle varie casse previdenziali (notariato, avvocati, farmacisti, veterinari, medici, etc.) hanno diritto ad un'indennità di maternità per i due mesi precedenti e i tre mesi successivi al parto, dietro prestazione di domanda alla rispettiva cassa di appartenenza.
Anche le collaboratrici familiari e le baby-sitter hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e all'indennità, che viene pagata dall'INPS, ma solo se nei due anni precedenti hanno versato un certo numero di contributi.
Il diritto all'astensione facoltativa riguarda solo le lavoratrici e i lavoratori dipendenti e non ne hanno diritto le artigiane, commercianti, libere professioniste o collaboratrici familiari.
Durante questo periodo si percepisce una indennità pari al 30% dello stipendio per un tempo massimo complessivo, per entrambi i genitori, di 6 mesi e fino al terzo anno di età del bambino; per le astensioni facoltative fruite nel periodo tra il terzo e l'ottavo anno di vita del bambino, l'indennità viene riconosciuta solo per redditi al di sotto di paramentri predeterminati.
Durante il periodo di astensione facoltativa si maturano l'anzianità di servizio, ma non le ferie. Il periodo di astensione facoltativa viene conteggiata ai fini del TFR (= trattamento fine rapporto), ma non hai fini della tredicesima.
PERMESSI NON RETRIBUITI
E' possibile avvalersi di questi permessi a prescindere dalla gravità della malattia del bambino e una recente sentenza ha stabilito che la madre può accudire il figlio non solo nella fase acuta, ma anche durante la convalescenza.
Il diritto a tali permessi è stato ora esteso fino a 8 anni di età del bambino; nel periodo da 0 a 3 anni non è prevista alcuna limitazione al numero di giorni di permesso di cui è possibile usufruire, mentre dai 3 agli 8 anni il limite massimo è di 5 giorni lavorativi l'anno per ciascun genitore.
PERMESSI RETRIBUITI
Dal '96 (decreto legge 645) tutte le lavoratrici in gravidanza hanno il diritto di recarsi a fare gli esami e gli accertamenti clinici necessari utilizzando permessi retribuiti, nel caso gli esami siano fissati durante l'orario di lavoro.
Dopo la nascita e fino al primo anno di vita del bambino la madre ha diritto a due periodi di riposo giornalieri, di un'ora ciascuno, per l'allattamento. Sono completamente retribuiti e, in accordo con il datore di lavoro, possono anche essere cumulati. Tali periodi si riducono di mezz'ora nel caso che sul posto di lavoro esista una camera di allattamento o un asilo nido.
Con orario part-time (meno di 6 ore) l'ora di riposo è solo una.
La nuova legge, inoltre, ha esteso al padre la possibilità di effettuare i riposi giornalieri, in alternativa alla madre lavoratrice dipendente o nelle ipotesi che la madre non sia lavoratrice dipendente o che il figlio sia affidato solo al padre.
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