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La legge 675 / 1996 sulla protezione dei dati personali. Gli interventi del Garante
La legge 31 dicembre 1996 n. 675, é stata introdotta nel nostro ordinamento per garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel "rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identità personale. Bisogna innanzitutto premettere che per "trattamento" si intende qualunque operazione o complesso di operazioni, svolte con o senza l'ausilio di mezzi elettronici, concernenti principalmente la registrazione, l'elaborazione, la modificazione, la comunicazione dei dati ad uno o più soggetti determinati diversi dall'interessato e la diffusione verso soggetti indeterminati.
Nella disciplina della materia ci si é soffermati in particolare su alcuni punti nodali, tra cui il ruolo rivestito dal consenso dell'interessato. La legittimità del trattamento attuato da parte di privati o di enti pubblici economici é, infatti, subordinata al consenso espresso dell'interessato, consenso che, deve essere dato per iscritto ed é valido solo se sono state previamente rese allo stesso tutta una serie di informazioni sulla raccolta che lo riguarda, prime fra tutte quelle sul tipo di dati raccolti, sui fini dell'utilizzazione e sulle modalità del trattamento. Bisogna tuttavia rilevare che la regola del consenso può risultare nella realtà da un lato onerosa e dall'altro meramente illusoria. Come visto il consenso può essere validamente espresso solo se la persona interessata, anteriormente alla prima utilizzazione, sia stata messa in grado di conoscere i dati raccolti e i fini della raccolta. Tuttavia una rigida applicazione della regola del consenso fa sì che la persona interessata venga abilitata ad impedire la utilizzazione anche se questa é diretta a soddisfare altro interesse di rilevanza sociale, o può addirittura accadere che il consenso sia rifiutato per insufficiente considerazione della situazione, anche quando il dato debba essere utilizzato per soddisfare altro interesse del medesimo soggetto. Per converso, una manifestazione di consenso può essere rilasciata senza adeguata ponderazione o per inesatta percezione della richiesta. Proprio per prevenire simili inconvenienti, dal consenso si può prescindere quando l'elaborazione del dato soddisfa uno specifico interesse del medesimo soggetto: come quando il trattamento dei dati sia necessario per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica dell'interessato o di un terzo, nel caso in cui il primo sia impossibilitato a prestare il proprio consenso; o ancora si é considerata l'esigenza di soddisfare interessi della collettività, così si può prescindere dal consenso quando il trattamento riguarda dati raccolti e detenuti in base ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria, o si tratta di dati anonimi finalizzati unicamente a scopi di ricerca scientifica o di statistica.
Quanto ai dati "sensibili", idonei cioè a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni filosofiche, religiose, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, nonché lo stato di salute e la vita sessuale, il loro trattamento é di regola subordinato al consenso scritto dell'interessato e alla previa autorizzazione del Garante.
Tuttavia, salvo che per i dati relativi allo stato di salute e alla vita sessuale, il consenso dell'interessato non é necessario quando il trattamento é effettuato nell'esercizio della professione giornalistica, per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità e nei limiti del diritto di cronaca; é altresì irrilevante l'autorizzazione del Garante, sempreché il trattamento sia svolto nel rispetto del codice deontologico dei giornalisti di cui é prevista la futura emanazione.
Tra i molteplici compiti di cui é investito il Garante vi é anche quello di promuovere l'adozione, da parte del Consiglio nazionale dei giornalisti, di un apposito codice di deontologia relativo al trattamento dei dati effettuato nell'esercizio della professione di giornalista e a prescrivere, durante la fase di formazione o successivamente, eventuali misure e accorgimenti a garanzia degli interessati che il Consiglio é tenuto a recepire. Il Garante é in realtà organo collegiale costituito da quattro membri, eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica, scelti tra persone che assicurano indipendenza e che siano esperti nelle materie del diritto e dell'informatica.
Il codice deontologico pone diverse barriere agli operatori dell'informazione: si va dalla tutela assoluta dei minori, sancita dall'art. 4 per il quale "il diritto del minore alla riservatezza deve sempre essere considerato come primario rispetto al diritto di cronaca", a quella attinente la sfera privata di personaggi pubblici "quando le informazioni non abbiano rilevanza rispetto al ruolo che ricoprono". Fra i limiti che i giornalisti si danno c'é anche quello di "non presentare immagini di persone con ferri o manette ai polsi"(art. 5), di "evitare riferimenti a congiunti" non coinvolti direttamente in fatti di cronaca (art. 2), di proteggere la riservatezza del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora"(art. 1), ancora di "non dare notizia di accuse che possono danneggiare la reputazione o la dignità di una persona senza garantire l'opportunità di replica all'accusato" e nel caso ciò sia impossibile di informarne il pubblico. Mentre tra i diritti rivendicati, c'é "l'essenzialità dell'informazione", che può in alcune situazioni prevalere sul diritto alla privacy, in forza della quale qualora il giornalista raccolga notizie che, pur riguardando la sfera privata di una persona, sono indispensabili alla comprensione dei fatti, può pubblicarle senza il consenso dell'interessato o il permesso del Garante.
Bisogna dar conto a questo punto di alcuni rilievi critici mossi soprattutto in ambiente giornalistico alla nuova disciplina sulla privacy. Ciò che ha suscitato i maggiori malcontenti, oltre alla previsione per cui i principi del codice deontologico devono essere suggeriti da una autorità estranea all'Ordine, eletta dal Parlamento e designata con criteri politici, é stata la equiparazione dell'informazione giornalistica a quella delle banche dati. La legge sulla privacy, si é sostenuto, è scaturita dall'esigenza di porre termine alla raccolta manipolazione e memorizzazione di dati personali che istituti di credito, società commerciali, assicurative, immobiliari e simili compivano per proprio vantaggio, all'insaputa degli interessati e in regime di totale assenza di vincoli giuridici; è stata emanata cioè per imporre regole, prescrizioni e divieti a difesa del diritto alla riservatezza dei cittadini, ignari di come i loro dati personali venivano utilizzati. Ma tutto ciò non ha niente a che vedere con l'attività del giornalista, che semmai, si è detto, andrebbe regolata sul piano della deontologia professionale. La prima attività infatti, non solo è per lo più destinata a restare confinata all'interno dell'istituto che ha operato la raccolta, ma é anche svolta nell' esclusivo interesse dell'istituto che la opera; la seconda invece per sua natura vede come destinatari i cittadini, ed è volta a consentire all'opinione pubblica di esercitare la sua funzione di controllo e stimolo sulle pubbliche istituzioni.
Ciò di cui le critiche, evidentemente di parte, non tengono conto é che il diritto di cronaca, sebbene equiparato dalla legge al trattamento dei dati personali, riceve una regolamentazione ad hoc attenta alle specificità della attività giornalistica; attività che infatti non é sottoposta dalla legge a vincoli se esercitata nel rispetto della finalità informativa, dei limiti giurisprudenziali del diritto di cronaca e delle norme sancite dal codice deontologico. Inoltre la mera esistenza di regole deontologiche, di cui per la verità non poche testate giornalistiche si erano già da tempo dotate, si é rivelata da sola insufficiente ad assicurare un esercizio del diritto di cronaca rispettoso dei diritti della persona umana, se, come di fatto é avvenuto sino ad oggi, la violazione delle relative norme non suscita che in limitati casi blande sanzioni disciplinari . Non solo, ma la tutela fornita alla persona nei casi in cui é promosso ricorso all'autorità giudiziaria e sia riscontrata la lesione della privacy é di regola incapace di assicurare una effettiva protezione sia perché limitata nella maggior parte dei casi al risarcimento pecuniario, sia perché fornita dopo molto tempo dall'illecito.
Al contrario la nuova legge sulla privacy, in caso di ricorso promosso dinanzi al Garante, in alternativa all'autorità giudiziaria, prevede una tutela duttile a seconda delle necessità del caso concreto, e soprattutto in tempi rapidi, in quanto i diritti della personalità necessitano di una tutela che si esplichi con urgenza, e se non sono protetti tempestivamente rischiano di perdere il loro contenuto non patrimoniale riducendosi ad un diritto all'indennizzo. Il Garante é tenuto a pronunciarsi entro venti giorni dalla data di presentazione del ricorso, la mancata pronuncia nel suddetto termine equivale a rigetto. Non solo, ma assunte le necessarie informazioni, se ritiene fondato il ricorso, può ordinare al titolare e al responsabile con decisione motivata la cessazione del comportamento illegittimo e indicare le misure necessarie a tutela dei diritti dell'interessato, assegnando un termine per la loro adozione. Se poi la particolarità del caso lo richiede può disporre in via provvisoria il blocco in tutto o in parte di taluno dei dati ovvero l'immediata sospensione di una o più operazioni del trattamento.
Tra i primi provvedimenti della neo istituita autorità per la tutela della riservatezza e degli altri diritti della persona vi é una "segnalazione" che vede destinatari proprio i mezzi di informazione per aver divulgato la notizia dell'invio dell'avviso di garanzia prima che l'imputato ne avesse legale o effettiva conoscenza, in violazione quindi degli artt. 114 e 329 c.p.p. e della legge sulla privacy, che prescrive l'obbligo di trattare i dati personali in modo lecito e secondo correttezza
Una seconda "segnalazione" del Garante richiama i mass media e ancora prima le forze di polizia sulla necessità che rispettino appieno l'art. 42 bis dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui tutela la dignità dei soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati, o comunque in condizione di restrizione della libertà personale, imponendo le opportune cautele al fine di proteggere tali soggetti dalla curiosità del pubblico e da altra pubblicità. Nella fattispecie erano state pubblicate foto ed immagini di persone fermate dalle autorità di polizia che le presentano in manette o in situazioni lesive della loro dignità, con evidente violazione non solo di quanto disposto dalla l. n. 492 del 1992, che ha riformulato l'art. 42 bis dell'ordinamento penitenziario, ma in spregio anche alla legge sulla privacy
La legge sulla privacy rappresenta dunque un autentico statuto dell'informazione applicabile a tutto campo ad ogni soggetto che per le finalità più diverse raccolga elabori divulghi dati di carattere personale compresi i mezzi di informazione.
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