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LA FINANZA- DIRITTO AMMINISTRATIVO
I mezzi dell'azione amministrativa: dai beni alla finanza
Per lungo tempo, per mezzi dell'azione amministrativa si sono intesi, quasi esclusivamente, i beni pubblici, in particolare quelli immobiliari. Più tardi le entrate patrimoniali sono andate riducendosi (oggi rappresentano meno dello 0,5 del totale delle entrate). Quella moderna è dunque una finanza da tributi, non una finanza da patrimonio. Se tra i molti mezzi di cui si vale l'amministrazione ce n'è uno che ha un posto determinante questo è composto dalle risorse finanziarie, costituite a loro volta di beni, come il denaro. Le pubbliche amministrazioni centrali sono divenute i maggiori intermediari finanziari; basti dire che la quota della spesa pubblica sul reddito nazionale era nel 1910 del 15%, oggi circa del 50%.
Il sistema finanziario pubblico.
Accentramento delle entrate e decentramento delle spese
La caratteristica principale del sistema finanziario pubblico italiano è costituita dall'accentramento delle entrate ed il decentramento della spesa (per l'esattezza da un decentramento territoriale, a favore di Regioni, Province e Comuni e da un decentramento per servizi, a favore di enti pubblici nazionali). Quasi tutte le entrate tributarie sono percepite dagli uffici centrali e periferici dello Stato ed affluiscono al Tesoro dello Stato. Le spese invece, oltre che dai ministeri e dagli uffici periferici da essi dipendenti, sono decise e poste in essere anche da enti nazionali, da Regioni, Comuni, ecc.. Il divario tra accentramento delle entrate e decentramento delle spese tuttavia si è andato attenuando per ciò che riguarda Regioni ed enti locali sul finire del secolo in corrispondenza con i trasferimenti di compiti alla periferia e con il riconoscimento di maggiore autonomia agli enti locali.
Il ciclo del bilancio
La seconda caratteristica del sistema finanziario italiano è al contrario della prima, comune a tutti gli ordinamenti moderni. Essa consiste in un assetto procedurale di tipo circolare con un flusso continuo di atti. Questi sono, nello Stato, il documento di programmazione economico-finanziaria pluriennale, il bilancio di previsione pluriennale, la legge finanziaria, il bilancio di previsione annuale, gli atti amministrativi di programmazione, di impegno, liquidazione, ordinazione e pagamento della spesa, il rendiconto generale dello Stato.
Le fasi di ciascun ciclo sono in successione necessaria tra di loro, per cui non si può aprire la seconda se la prima non si è conclusa, né la terza se non si è conclusa la seconda, ecc.. Ad esempio un ministro non può emanare un decreto di impegno di spesa se il bilancio di previsione non è approvato e la tesoreria non può provvedere al pagamento se la spesa non è stata impegnata, ecc..
La finanza come misura effettiva della funzione. La disciplina contabile
Il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 ha disposto, a decorrere dalla nomina del primo governo successivo ad elezioni politiche, la soppressione dei 2 ministeri finanziari (finanze e tesoro, bilancio e programmazione economica) e l'istituzione del Ministero dell'economia e delle finanze, che svolge le funzioni di ambedue gli apparati precedenti.
La dimensione operativa di un ufficio è misurata dalle risorse di cui dispone e si può dunque dire che la finanza è in grado di condizionare l'effettività delle funzioni, per cui se ordinamento delle funzioni e ordinamento funzionario non combaciano il primo è costretto all'inoperatività.
La finanza come mezzo di direzione dell'amministrazione
Gli uffici finanziari dell'amministrazione
Gli uffici finanziari dopo l'unità, erano uffici propri dell'amministrazione attiva, ordinati come sezioni annesse agli uffici amministrativi e a questi subordinati. Essi però acquisirono presto una propria organizzazione e vennero denominati ragionerie. Le ragionerie dei Ministeri, denominate centrali, acquisirono un potere molto grande, operando o come organo istruttorio del ministro in tutte le attività del ministero o persino come organo di controllo dell'operato del ministro. L'attività finanziaria, allontanata da quella amministrativa diventò autonoma e cominciò a sovrapporsi ad essa.
Il passaggio degli uffici finanziari al Tesoro
Nel 1923 la legge De Stefani di disciplina della contabilità dello Stato distaccò le ragionerie centrali dai ministeri ponendole alle dipendenze della Ragioneria generale dello Stato, ufficio del Ministero delle finanze (poi del Tesoro). Ulteriori passi furono fatti, successivamente, ponendo l'ufficio di ragioniere centrale dello Stato su un grado superiore a quello dei più alti uffici centrali e istituendo ragionerie anche a livello regionale e provinciale. Veniva in tal modo creato un corpo unico, distaccato dalle amministrazioni ma presente in ognuna di esse e posto alle dipendenze del Tesoro. Esso ha costituito, dopo di allora e per quasi mezzo secolo, la spina dorsale dell'amministrazione pubblica.
Finanza funzionale e finanza strumentale
Se si compara la finanza con le funzioni, l'organizzazione e il personale, si nota una differenza: la finanza è sottoposta a revisione annuale, nel corso di quella procedura che si chiama di bilancio ma va oltre il bilancio; gli altri elementi dell'amministrazione invece sono relativamente stabili nel senso che non sono necessariamente sottoposti a revisione periodica.
Spese di funzionamento e spese finali
Le risorse finanziarie si dividono in 2 categorie a seconda che riguardino il funzionamento dell'apparato amministrativo o gli interventi da esso svolti. La prima è definibile finanza strumentale, la seconda finanza finale o funzionale. Ora, mentre la finanza funzionale ha un certo grado di variabilità, la finanza strumentale è fondamentalmente stabile. La prima infatti varia in proporzione diretta al variare delle funzioni dell'amministrazione mentre la seconda ha un minore grado di variazione. Le 2 finanze sono distinte ma non separate.
Bilancio e legge finanziaria
La legge n. 468 del 5 agosto 1978 ha codificato la distinzione tra bilancio e legge finanziaria introducendo proprio quest'ultima. La successiva legge n. 362 del 23 agosto 1988 ha introdotto il documento di programmazione economico-finanziaria, che definisce la manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale. Documento di programmazione economico-finanziaria, legge finanziaria, da un lato, e bilancio annuale di previsione dall'altro, non hanno la stessa estensione. I primi si limitano alla manovra di politica economica e quindi hanno ad oggetto solo, o prevalentemente, gli interventi amministrativi. Il secondo include sia gli interventi amministrativi sia il finanziamento del funzionamento dell'amministrazione. Per cui il bilancio, pur avendo formalmente ad oggetto anche gli interventi amministrativi, sostanzialmente è limitato alle decisioni sulla finanza strumentale. Questa differenza di oggetto si riflette sulla struttura e sull'efficacia dei 2 atti. Quanto alla struttura il bilancio è articolato in unità revisionali di base mentre la legge finanziaria è ordinata per progetti, nel senso che vi predominano le funzioni. Quanto all'efficacia con l'introduzione nel 1978 della legge finanziaria si è mutato l'assetto precedente, nel quale il bilancio costituiva il principale atto di indirizzo politico. La funzione di indirizzo politico annuale nel nuovo ordinamento è assorbita dal documento di programmazione economico-finanziaria e dalla legge finanziaria. Il bilancio invece è stato trasformato in mero atto di indirizzo amministrativo. Si può dunque affermare che legge finanziaria e bilancio non sono tra di loro in quel rapporto che la successione temporale suggerirebbe, ma hanno oggetti, struttura ed efficacia diversi. Solo in parte si sovrappongono ma per quella parte il bilancio si limita a recepire le decisioni prese con legge finanziaria.
I vincoli comunitari
L'art. 104 del Trattato UE stabilisce che gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi (non superiore al 3% e debito pubblico non superiore al 60% del PIL). 2 procedure per garantire il rispetto di questi vincoli. La prima è una procedura di allarme preventivo prevista dal c.d. patto di stabilità che prevede preparazione di un programma da parte dello Stato membro esaminato dal Consiglio UE che può inviare raccomandazioni in merito. C'è inoltre un patto di stabilità interno, secondo il quale gli enti territoriali debbono concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica europea indicati dal patto di stabilità esterno. La seconda è una procedura di sorveglianza prevista dall'art. 104 del Trattato che si articola in una fase di accertamento e in una di formulazione di raccomandazioni, in una eventuale di intimazione e in un'ultima, anch'essa eventuale, sanzionatoria.
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