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INTRODUZIONE ALLA LEGGE
1.1 La filiazione dal Codice Civile del 1942 alla legge 219/2012.
Il codice civile del 1 42, così come gli altri codici che hanno seguito il modello napoleonico, contrapponeva in modo netto lo status di figlio legittimo, concepito cioè da genitori uniti in matrimonio, a quello di figlio illegittimo, generato invece dall'unione di due persone non coniugate.
Lo stesso attributo 'illegittimo' evidenzia come l'ordinamento giuridico collocasse questa tipologia di figli in una condizione giuridica nettamente inferiore rispetto a quella in cui si trovavano i figli definiti legittimi.
La pienezza dello status e l'inserimento nella famiglia, infatti, erano garantiti ai soli figli legittimi, che godevano di una tutela completa: nei confronti dei genitori obbligati al mantenimento, all'educazione e all'istruzione (art. 147 c.c. , nei riguardi degli ascendenti tenuti al mantenimento ex art. 148, ultimo comma c.c., e dei parenti, soggetti in determinate circostanze all'obbligo alimentare (art. 433 c.c. .
Per quanto riguarda i figli illegittimi l'art. 261 c.c., relativo ai diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento, rimandava per relationem alle norme stabilite in materia di filiazione legittima, in particolare agli artt. 147 e 148 c c., ovvero due norme significativamente contenute nel capo relativo ai diritti e doveri nascenti dal matrimonio, fonte della legittimità dei figli.
Anche sul piano successorio la condizione dei figli nati da genitori uniti in matrimonio era nettamente superiore, essendogli riservata una quota indisponibile dell eredit , doppia rispetto a quella prevista per i figli illegittimi.
Quanto detto finora già rende palese come il modello familiare
riconosciuto e tutelato dall'ordinamento fosse quello fondato sul
matrimonio, che rappresentava il solo ambito in cui la filiazione trovava riconoscimento e completa protezione; questo dato naturalmente era pienamente corrispondente al comune sentire sociale dell'epoca. L'obiettivo del legislatore era quello di rafforzare la posizione della sola famiglia legittima, intesa quale unica entità sociale e giuridica capace di assolvere ai compiti di mantenimento, istruzione ed educazione necessari per assicurare un'ordinata vita sociale; inoltre, come struttura in grado di darsi carico delle esigenze di vita della persona, dalla nascita alla morte, e di garantire la conservazione e la trasmissione del patrimonio .
Al di fuori della famiglia legittima c'era il disordine, non solo sul piano etico, ma anche su quello sociale. Proprio per questo motivo il legislatore concentrava la tutela sul nucleo legittimo, limitandosi a disciplinare sommariamente la relazione individuale fra il figlio nato al di fuori del matrimonio ed il rispettivo genitore, per evitare che si configurasse una struttura familiare parallela a quella legittima.
Era come se intorno a tale famiglia esistesse una barriera protettiva che impediva ai rapporti di filiazione esterni al matrimonio di acquisire rilevanza giuridica, che non fosse quella meramente alimentare.
Neppure l'entrata in vigore della Costituzione italiana nel 1948 ha modificato sostanzialmente il quadro appena delineato, nonostante abbia enunciato, all'art. 30, principi di non poca importanza: quello secondo il quale è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio; l'altro, per cui la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
Mentre la prima norma è stata fin dall'inizio considerata
immediatamente precettiva, alla seconda è stato attribuito un valore meramente programmatico: facendo leva sul concetto di compatibilità molti Autori dell'epoca hanno sostenuto che l'art. 30 comma 3 Cost. tracciasse il percorso che il legislatore avrebbe dovuto seguire al fine di migliorare la condizione giuridica dei figli illegittimi; non sono, però, mai giunti ad affermare che la parificazione di tutti i figli, senza distinzioni di sorta, costituisse oramai un passo obbligato alla luce del quadro costituzionale.
La tesi assolutamente minoritaria3 tendeva ad assicurare la stessa
tutela giuridica e sociale a tutti i figli, in quanto frutto di uno stesso rapporto biologico genitore figlio, a prescindere dal fatto che quest'ultimo fosse stato generato all'interno o al di fuori del matrimonio.
Un primo ed importante tentativo di superare i pregiudizi e le discriminazioni nei confronti dei figli non legittimi è stato compiuto con la riforma del diritto di famiglia del 19 5, che ha innovato profondamente quello che era lo schema che aveva caratterizzato, quanto ai rapporti di filiazione, prima il codice civile del 1865, poi quello del 1942.
In primo luogo la l. 9 maggio 1975, n. 151 Riforma del diritto di famiglia , ha abolito l'espressione filiazione illegittima e sostituita con quella di filiazione naturale; ai figli naturali è stata conferita la stessa dignità giuridica di quelli legittimi attraverso la sostanziale parificazione fra le due categorie e l'abolizione di quei divieti che di fatto impedivano l'accertamento della verità biologica e proteggevano incondizionatamente il nucleo legittimo.
A seguito della riforma il figlio ha ricevuto una più ampia tutela giuridica, rispetto al passato, nei confronti del proprio genitore, indipendentemente dalla natura della filiazione.
Alcune disparità di trattamento sono però rimaste: ad esempio, l' instaurazione del rapporto di filiazione solo con il riconoscimento, il potere di commutazione dei figli legittimi, gli effetti limitati del riconoscimento.
Nel 197 , grazie al mutato quadro normativo, l Italia era inserita a pieno titolo nel movimento di riforma che percorreva tutti i paesi del nord-ovest del mondo, il quale ha portato a rimuovere dal diritto di famiglia una parte importante dell'eredità ottocentesca, per recepire quello che di nuovo stava emergendo nella società civile.
Nonostante la legge del 1975 abbia rappresentato un indubbio progresso nel processo di avvicinamento della filiazione naturale a quella legittima, la parificazione non è stata però completa, complice anche il timore del legislatore di porsi in contrasto con la coscienza sociale di quel momento storico.
Innanzitutto è rimasta la contrapposizione filiazione legittima- filiazione naturale; in secondo luogo, ma non meno importante, sono sopravvissuti alcuni privilegi a favore della prima, tanto da far pensare che la famiglia legittima, e di conseguenza la filiazione legittima, costituisse ancora il modello da privilegiare, a discapito della posizione giuridica di coloro che si ponevano al di fuori di essa.
Il processo di avvicinamento è ulteriormente proseguito con le norme del 2006 in tema di affidamento condiviso che hanno unificato le regole sostanziali applicabili a seguito della disgregazione della coppia genitoriale, e le hanno estese anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
Ma i cambiamenti sociali, culturali e del costume degli ultimi decenni, le riforme in materia di filiazione intraprese nei principali Paesi europei, le indicazioni provenienti dalle Corti di Giustizia internazionali, hanno reso intollerabili e anacronistici anche gli ultimi frammenti di discriminazione tra figli legittimi e non, ancora esistenti nel nostro ordinamento giuridico.
A tutto ciò tenta di porre rimedio la l. 10 dicembre 2012, n. 219 Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali , molto attesa nella società civile e tra gli operatori giuridici, destinata a contrassegnare incisivamente il processo di modernizzazione del diritto di famiglia, avviato come abbiamo visto negli anni '70 del secolo scorso.
1.2 La legge 219/ 2012: il nuovo art. 315 c.c.
Il perno centrale della riforma, con la quale il legislatore ha compiuto un importante e sostanzialmente definitivo passo in avanti nella considerazione e nel trattamento giuridico dei figli nati al di fuori del matrimonio, rispetto ai figli definiti tradizionalmente legittimi, è rappresentato dal nuovo art. 315 c.c., il quale afferma solennemente che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico .
Questo principio costituisce un passo decisivo verso la piena attuazione del dettato costituzionale, in particolare dell'art. 30 Cost ; fa sì che il nostro ordinamento giuridico si mostri al passo con i tempi, conformandosi, in materia di diritto di famiglia, ai cambiamenti avvenuti, nella normativa dettata in materia, dalla maggior parte dei paesi europei, e alle spinte provenienti dal diritto internazionale, convenzionale e comunitario.
L affermazione contenuta nell'art. 315 c.c. segna una svolta epocale nel diritto della filiazione, in quanto a distanza di quasi quarant'anni dalla riforma del 1975 si realizza quella separazione tra filiazione e matrimonio in forza della quale la condizione giuridica del figlio è tutelata in ogni ordine di rapporti come valore autonomo e indipendente dal vincolo eventualmente esistente tra i genitori .
L art. 315 c.c. deve essere considerata la vera e propria chiave di
volta del sistema: è alla luce di questa norma che la legge 219 ha operato tutte le modifiche più significative ed è questo stesso principio che ha vincolato il legislatore delegato nel completamento della riforma.
Oltre che sul piano sostanziale (le modifiche più significative saranno analizzate in seguito , l unificazione dello status filiationis è avvenuto anche sul piano formale e terminologico: sono banditi dall'intero corpus legislativo, tranne che nel titolo della legge dove si parla di filiazione naturale, gli aggettivi legittimi" e naturali" riferiti ai figli; una bipartizione che, facendo riferimento alla diversa origine della filiazione, si era ormai caricata di una valenza negativa.
Oggi invece ci sono i figli e basta, senza aggettivi qualificativi; solo là dove una distinzione è necessaria, la precedente espressione verrà sostituita con le locuzioni figli nati nel matrimonio" e figli nati fuori del matrimonio", che è poi quella prescelta dal legislatore costituente.
La previsione della innovazione nel lessico non è di importanza marginale, poiché contribuirà a favorire un cambiamento di mentalità, prima di tutto fra gli operatori del diritto e gli operatori sociali, e, di conseguenza, porterà al recepimento da parte dell'intera società dell'idea di uguaglianza fra tutti i figli.
1.2.1 Iter e struttura della legge 219/201 .
Il risultato raggiunto dal legislatore del 2012 ha preso le mosse con il disegno di legge di delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 Marzo 2007, decaduto poi con la fine anticipata di quella legislatura; ha dovuto superare forti resistenze, che fino all'ultimo hanno tentato di interromperne il cammino.
Tale opposizione trova spiegazione nell'esigenza di tutelare la famiglia fondata sul matrimonio, quale unico modello di famiglia giuridicamente rilevante; è infatti evidente che i figli nati fuori dal matrimonio non hanno alcuna responsabilità per le circostanze del proprio concepimento, e che quindi non dovrebbero pagare per colpe che non hanno.
Il percorso è ripreso nella XVI legislatura e si è in questa concluso in tempi relativamente brevi, considerato la durata media necessaria per l'approvazione di riforme legislative.
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare è stata presentata alla Camera il 17 Giugno 2 09, e intitolata Modifiche al Codice Civile in materia di riconoscimento e di successione ereditaria dei figli naturali . L'intestazione rispecchiava le due finalità principali perseguite dal proponente firmatario On.le Mussolini, che si leggono nella relazione illustrativa, ovvero la modifica degli istituti del riconoscimento e della successione ereditaria dei figli naturali " al fine di eliminare le più macroscopiche discriminazione degli stessi rispetto ai figli legittimi,
ancora presenti nell'ordinamento .
In data 30 Giugno 011, veniva approvato il testo unificato dei progetti di legge nn. 251 3184 3247 51 3915 4007 4054. Trasmesso al Senato il 4 Luglio 2011, il ddl S. 2805 Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali , compiva il proprio iter in Commissione il 3 Maggio 2012 e veniva approvato con modificazioni il
16 Maggio 2012; ritrasmesso alla Camera in seconda lettura il 21
Maggio 2012, è stato definitivamente approvato il 27 Novembre 2012.
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 Dicembre 201 , la nuova legge è entrata ufficialmente in vigore il 1 Gennaio 2013.
La legge è composta da sei articoli, due dei quali artt. 1 e 3) contengono le modifiche sostanziali più rilevanti (le principali verranno trattate in seguito , che incidono direttamente su singole norme del Codice Civile, sulla formulazione di rubriche o introducono nuove disposizioni.
L art. 2, intitolato Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione , indica i criteri, la competenza e i termini della delega al Governo. I decreti legislativi di
attuazione, da adottare entro il 31 Dicembre 2013, incidono su rilevanti aspetti del diritto della famiglia e non solo, tra cui significativamente il diritto successorio.
Apparentemente tale delega potrebbe sembrare un aspetto residuale della legge; al contrario, i decreti legislativi in discorso rappresentano il banco di prova per stabilire se effettivamente la tanto attesa unificazione dello status filiationis, proclamata con enfasi dall'art. 315 c.c , sia diventata parte integrante del nostro diritto di famiglia.
La delega al Governo è stata attuata con il D Lgs. 28 dicembre 2013,
n. 154, pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'8 gennaio 2014, n. 5.
1.2.2 Rilievi critici
L'intervento del legislatore, realizzatosi con la legge 219/2012, era atteso da tempo e considerato senz'altro indispensabile, in quanto gli ultimi residui di discriminazione tra figli legittimi e naturali erano percepiti come non più tollerabili nell'attuale contesto sociale, sia dagli operatori giuridici che dai comuni cittadini.
Nonostante la riforma, per quanto riguarda i principi di fondo e le novità introdotte, sia stata salutata con favore dalla maggior parte dei commentatori , ha nondimeno ricevuto molte critiche sotto il profilo della tecnica legislativa utilizzata.
In primo luogo, è stata commentata sfavorevolmente da molti Autori la stessa intitolazione Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali : la legge si pone infatti l'obiettivo di eliminare ogni distinzione tra figli legittimi e naturali, sopprimendone anche la dizione; poi, però, ci troviamo di fronte a un'intitolazione data in modo assolutamente frettoloso e con un certo grado di approssimazione, non essendo infatti in grado di rispecchiarne in alcun modo il contenuto.
In secondo luogo, alcuni Autori hanno messo in luce come questa avrebbe potuto essere l'occasione per una vera e propria riforma organica della materia come era stato fatto con la legge n. 151 del
1975, composta da ben 240 articoli, in parte dedicati anche ai rapporti personali tra coniugi e agli aspetti patrimoniali della famiglia
Il legislatore ha invece preferito sostituire nel codice civile le parole figli legittimi" e figli naturali , ovunque ricorrono, con la parola figli ; ha scelto di modificare direttamente alcuni articoli del Codice Civile, di abrogarne altri e aggiungerne di nuovi; ha infine rimesso a uno o più decreti legislativi, da adottare entro un anno dall'entrata in vigore della legge, una più completa e articolata modifica delle disposizioni in materia di filiazione.
Ne emerge un quadro molto articolato, a volte ripetitivo, spesso con scarso coordinamento tra l' art. 1 e l art. 2; per questo motivo viene rimproverata la scarsa precisione della legge e la poca consapevolezza del legislatore sia del sistema vigente, nel quale inserisce le nuove norme, sia delle conseguenze che nasceranno dalla loro applicazione; viene quindi preteso che le indicazioni contenute nella delega siano, non solo sufficientemente univoche e determinate, ma soprattutto mostrino coerenza fra i principi generali proclamati e l'insieme delle regole che dovrebbero realizzarli; esigenza che invece, secondo alcuni, non è stata
rispettata
In alternativa alla tecnica legislativa prescelta, per risolvere la questione e giungere alla tanto attesa riforma, il legislatore poteva optare per altre soluzioni: la prima consisteva nel delegare il Governo, vista la natura tecnica degli argomenti da affrontare, ad adottare uno o più decreti legislativi di modifica di tutte le disposizioni vigenti,
contenute nel codice civile e negli altri testi normativi in tema di filiazione, di adozione e di successione mortis causa, secondo criteri di massima contestualmente fissati.
La seconda soluzione poteva essere quella di assegnare i vari progetti di legge alla Commissione Giustizia di una delle Camere in sede legislativa affinch , a sua volta, nominasse un Comitato ristretto per la redazione di un testo unificato, da sottoporre all'approvazione dei due rami del Parlamento.
La terza, anche se più complessa, era quella di esaminare in Parlamento il testo di tutte le modifiche in modo che, una volta approvata definitivamente la riforma, sarebbero state eliminate tutte le discriminazioni tra le diverse tipologie di filiazione, dalla data di entrata in vigore della stessa. Ma, come abbiamo visto, il Parlamento ha optato per una quarta via.
Infine, è stato rilevato come la delega prevista dall'art. 2 della legge n. 219 sia in molti punti così dettagliata che il Governo, nel predisporre il testo delegato, è completamente privo di qualsiasi autonomia; in questi casi il decreto legislativo risulta quindi assolutamente superfluo, visto il contenuto completamente obbligato, e si risolve in un dispendio
di tempo e lavoro, che avrebbe potuto benissimo essere evitato
In ogni caso, sta di fatto che il principio dell'unicità dello stato di figlio, proclamato dal nuovo art. 315 c.c , è sicuramente entrato a far parte del nostro ordinamento giuridico; i difetti della tecnica legislativa adottata, appena evidenziati, non potranno essere considerati quindi un alibi per snaturare l'applicazione delle norme che rappresentano attuazione di quel principio. L'unicità dello status filiationis non rischiava di essere rimesso in discussione nemmeno dalla mancata attuazione, nei termini previsti, della delega attribuita al Governo per eliminare ogni discriminazione in materia di filiazione.
Con l'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 315, in base al criterio cronologico, ogni disposizione incompatibile deve ritenersi tacitamente abrogata. L esigenza di realizzare la parità tra i figli dovrà essere il criterio interpretativo da seguire in tutti quei casi in cui potrebbe sorgere un dubbio sul significato di una norma.
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