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Il diritto all'oblio
La riproposizione all'attenzione del pubblico di vicende avvenute molti anni prima solleva la problematica della tutela della riservatezza di quei soggetti che siano rientrati nell'anonimato perché le loro vicende sono state "dimenticate" dall'opinione pubblica.
Una prima riflessione concerne la distinzione fra il fatto di cronaca, che richiede l'attuale rilevanza sociale della vicenda narrata, e l'opera storica, che consente la riproposizione di fatti appartenenti al passato rilevanti dal punto di vista storico. Mentre gli avvenimenti storici rivestono interesse generale per definizione, in considerazione della loro importanza per la collettività, rispetto ai fatti di cronaca occorre accertare nei singoli casi se al concreto accadimento corrisponda un pubblico interesse alla conoscenza. Il trascorrere del tempo in relazione agli avvenimenti che non possiedono rilevanza storica, fa infatti venire meno il diritto di cronaca e fa riespandere il diritto alla riservatezza del soggetto che ne fu protagonista
La situazione giuridica soggettiva lesa dalla ripubblicazione di una notizia vera può definirsi allora, più appropriatamente "diritto all'oblio", inteso come diritto ad essere dimenticato in relazione a fatti un tempo pubblici . Si fa richiamo, in dottrina, alla ratio dell'art. 2934 c.c., all'estinzione del diritto, cioè, per prolungato mancato esercizio; all'esigenza di riscatto morale dell'uomo che caratterizza gli istituti penalistici fondati sul ravvedimento, come la liberazione condizionale, la liberazione anticipata e la riabilitazione; alla ratio dell'art. 97 l. aut. riguardo ai concetti di notorietà e interesse pubblico del fatto, destinati ad attenuarsi e a scomparire col passare degli anni.
Accanto al diritto all'oblio, é stato prospettato, in dottrina, il cd. "diritto al segreto del disonore", in nome del quale la persona "disonorata" o i suoi familiari potrebbero opporsi alla nuova pubblicizzazione del fatto risalente al passato che è stato causa del disonore, ad esempio il compimento di un reato. L'esigenza di riscatto morale dell'uomo, che si contrappone alla nuova diffusione di fatti dolorosi, per le implicazioni che quest'ultima comporta a danno delle persone coinvolte, costituirebbe la ratio della summenzionata situazione soggettiva, spettante anche ai parenti più prossimi dell'interessato, nel caso in cui i fatti portati alla pubblica conoscenza attengano anche alla sfera di intimità privata di questi ultimi.
Per verificare se l'esigenza di "riscatto morale" sia tutelata giuridicamente é necessario soffermarsi in modo più approfondito sui pretesi diritti all'oblio e al segreto del disonore. Va subito chiarito che gli interessi all'oblio e al segreto del disonore non sono tutelati come situazioni giuridiche autonome, ma rappresentano specificazioni del diritto alla riservatezza. La loro specificità consiste nel riferirsi alla "nuova pubblicizzazione di notizie già pubblicizzate in passato e che, proprio per questo, sembrano essere sfuggite all'area della riservatezza e dunque alla sfera di appartenenza esclusiva del loro titolare". Ci si é chiesti a questo proposito se un fatto che nel passato è stato di dominio pubblico sia uscito definitivamente dalla sfera della riservatezza e risulti perciò del tutto privo di tutela, oppure se la nuova divulgazione di esso risulti sottoposta agli stessi limiti operanti a tutela della riservatezza. Se si considera che il sacrificio della sfera privata può avvenire solo in presenza di un attuale interesse sociale alla diffusione delle notizie, si può affermare che la notizia personale che abbia avuto una pregressa notorietà e pubblicizzazione é sottoposta alla stessa disciplina vigente per la notizia mai pubblicizzata.
In definitiva, gli interessi all'oblio e al segreto del disonore ricevono tutela, nell'ambito del diritto alla riservatezza, solo quando non sussista un attuale interesse sociale alla diffusione dei fatti cui si riferiscono; se invece la conoscenza di quei fatti ha rilevanza pubblica, l'interesse individuale al riscatto morale, o comunque "ad essere dimenticati", viene sacrificato di fronte all'interesse pubblico. Il diritto preserva dunque l'interesse "a rifarsi una vita" solo entro i limiti introdotti dai concetti di "interesse sociale attuale" e "rilevanza pubblica" del fatto . La riproposizione all'attenzione del pubblico di notizie del passato, anche se particolarmente gravi per le persone che ne furono protagoniste, appare legittima, dunque, se strumentale all'esercizio del diritto di cronaca o di critica di un fatto presente, fungendo ad esempio da termine di comparazione, oppure allo svolgimento di una ricerca storica o all'espressione artistica . In questi casi il punto di equilibrio tra la tutela di un tale diritto e l'affermazione della libertà di manifestazione del pensiero può essere raggiunto attraverso l'eliminazione di ogni riferimento all'identità delle persone che, pur coinvolte nella vicenda, non hanno nessuna rilevanza nel caso sottoposto all'attenzione del pubblico.
In definitiva un fatto rimane nella sfera privata di una persona, non soltanto quando la notizia, il documento, l'immagine che la riguardano circolano da privato a privato, ma anche quando la notizia abbia avuto una certa diffusione. In questa prospettiva, l'esigenza non è tanto quella di contrapporre un'idea di privato ad un'idea di pubblico; l'esigenza è, semmai, quella, diversa, di distinguere l'idea di privato da quella di rilevanza pubblica. In tale prospettiva non c'é diversità di tutela tra notizia mai pubblicizzata e quella che abbia avuto una passata e, comunque, legittima notorietà e pubblicizzazione. Perciò, quando tra la vecchia pubblicizzazione e la nuova è intercorso un intervallo di tempo tale da rendere la vicenda che ne costituisce oggetto priva di un interesse pubblico attuale alla notorietà, il protagonista della vicenda che si vuole rievocare può sempre impedirla quale che sia il tempo trascorso ed inoltre, può sempre revocare il consenso eventualmente prestato. Ciò anche quando, tra il momento in cui si svolsero i fatti, ai quali si vuole dare nuova pubblicizzazione, e quello di quest'ultima, sia trascorso un periodo di tempo tale, da far pensare ad una sorta di caduta di interesse, ad una oggettiva perdita di rilevanza della notizia per il protagonista. Per altro, quando i protagonisti della vicenda che si vuole rievocare fossero più di uno, evidentemente é necessario che il consenso sia prestato da ognuno di essi; ciò nel senso che basta l'opposizione di uno dei protagonisti delle antiche vicende ad impedire la nuova pubblicizzazione.
Più delicata é la questione quando a far valere il diritto all'oblio, siano i familiari dell'interessato, in assenza o in mancanza di quest'ultimo. In tale ipotesi, il problema é quello di vedere se e quali familiari siano legittimati a far valere il diritto all'oblio; e cioè in capo a quali di essi e fino a quale grado o ambito familiare continui eventualmente a persistere tale interesse. In questo e in analoghi casi, non sembra potersi ravvisare un fenomeno di successione, quanto piuttosto un mero fenomeno di legittimazione, che, autonomamente da ogni evento successorio, coinvolge i familiari e riguarda direttamente la tutela della personalità di questi. Così, ad esempio, é evidente che sono i sentimenti del figlio ad essere feriti dalle offese arrecate al genitore defunto.
Ora se si può fondatamente ritenere che l'interesse all'oblio permanga nei figli, nei nipoti, nel coniuge o negli ascendenti di colui che fu protagonista di antiche vicende, soprattutto se disonorevoli, qualche dubbio può sorgere sia con riguardo alla possibilità che altri appartenenti alla famiglia possano far valere il diritto all'oblio, sia con riguardo al limite di tempo in cui tale possibilità permanga. Infatti il trascorrere del tempo, ma anche il continuo e rapido mutare delle idee, della sensibilità, del costume, delle abitudini e dei modi di vita, certamente potrebbero incidere sul permanere di un interesse all'oblio, nel senso di rendere quelle vicende, anche disonorevoli, quasi estranee alla cultura e agli affetti degli stessi familiari, soprattutto se meno prossimi.
Si é detto che quando é in vita il protagonista delle vicende cui si vuol dare nuova notorietà, spetterà a lui far eventualmente valere il suo diritto all'oblio. Potrebbe darsi il caso in cui il protagonista delle antiche vicende abbia dato il consenso alla nuova pubblicizzazione e che tuttavia queste, rievocando fatti disonorevoli, siano idonee non soltanto a coinvolgere chi ne fu protagonista, ma anche più o meno direttamente i suoi familiari, ad esempio figli o coniuge, i quali rischiano di vedersi improvvisamente riproposti ad una notorietà spesso anche negativa, per fatti, per altro, di cui furono vittime incolpevoli e in un momento in cui il ricordo di essi veniva meno o era del tutto cessato. Non é da escludere che, in alcune di tali ipotesi, il giudice possa anche tener conto dell'esigenza dei familiari all'oblio della vicenda e prendere provvedimenti che, se non possono certo impedire al protagonista la riproposizione dei fatti disonorevoli, ne attenuino le conseguenze negative che si riflettano sui familiari. In proposito non possono indicarsi regole generali; spetterà, nel caso concreto, al giudice scegliere se eventualmente prendere qualche provvedimento, in tal senso, oppure no; e nel primo caso, sarà sempre il giudice a decidere i concreti provvedimenti. Potrebbe, ad esempio, imporre a colui che é stato autorizzato a far rivivere gli avvenimenti, di usare, nella riproduzione di questi, toni pacati nonché quegli accorgimenti tecnici, per cui la narrazione degli avvenimenti passati risulti il più possibile priva dei riferimenti idonei a coinvolgere i familiari.
La sentenza della Suprema Corte n. 5259 del 18 ottobre 1984 aveva indicato, quali condizioni che consentono la legittima intrusione nella vita privata altrui, senza il consenso dell'interessato, quella dell'utilità sociale alla diffusione della notizia, quella della verità dei fatti narrati e quella della forma civile della loro esposizione; il congiunto operare di queste tre condizioni vale, dunque, con gli opportuni adattamenti anche per il diritto all'oblio
Così Fragola A., in Rass. dir. cinem. 1970. Ma vd. in senso contrario pret. Roma 13 agosto 1970 in Dir. aut. 1971 a proposito della "riesumazione" di una vicenda giudiziaria avvenuta molti anni prima, in una trasmissione televisiva. Il pretore rigettava la domanda presentata dai familiari del protagonista della vicenda narrata assumendo che il programma non riguardava i ricorrenti ma il loro padre, quindi non poteva ledere il loro personale diritto alla riservatezza.
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