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IL CONTRATTO DI LAVORO
1. Contratto e rapporto di lavoro
- il sistema del codice civile: non c'è una definizione del contratto (anche se è ricavabile dall'art. 2094 c.c.); si dà rilievo alla fase esecutiva, al rapporto svolto nell'organizzazione di impresa (Sezione III: Del rapporto di lavoro)
- rilievo dell'organizzazione e nesso con il contratto: gli interessi dell'organizzazione:
o sono intesi come interessi partecipati (dal datore e dai lavoratori
o si dice che sono interessi "tipizzati" del datore di lavoro che determinano o integrano gli effetti del contratto (art. 1374 c.c.)
- la seconda prospettiva porta a registrare il passaggio dal contratto come atto fra soggetti eguali al riconoscimento, nel contratto, di poteri giuridici di una parte sull'altra
2. Il contratto come fonte del rapporto
a) Teoria anticontrattualisitica; si basa su:
- svalutazione della volontà delle parti, forte eteo-integrazione dei contenuti e degli effetti del contratto (in virtù dell'ampiezza e intensità delle norme inderogabili di legge e di contratto collettivo)
- prospettiva istituzionistica (l'impresa come ordinamento autonomo e come fonte di rapporti giuridici)
b) Teoria contrattualistica:
- i meccanismi di integrazione e quelli di svalutazione della volontà non possono comunque cancellare il rilievo essenziale della volontà (e dunque del contratto) per la costituzione del vincolo: il se del contratto è necessariamente determinato dalla volontà, anche se il come dipende spesso da fonti esterne
- recenti rivalutazioni della volontà, anche sotto il profilo della regolamentazione; il lavoratore non dovrebbe più essere considerato una sorta di incapace, da tutela re sempre, ma un soggetto in grado di gestire i propri interessi
3. La prestazione di fatto
L'occupazione di fatto è stata intesa come possibile fonte del rapporto di lavoro: da ciò una conferma della tesi anticontrattualisitica. In realtà la norma richiamata (art. 2126 c.c.) ha un diverso significato
a) Distinzione fra:
- prestazione contro la volontà del datore di lavoro: ci sarà solo l'azione generale di arricchimento, non ci potrà mai essere costituzione del rapporto di lavoro
- prestazione senza accordo, ma per fatti concludenti: presunzione di consenso del datore
- prestazione resa in base ad un contratto accertato come invalido: questo è il caso dell'art. 2126 c.c.
b) Nel 2126 c'è il riferimento ad un contratto, anche se invalido: il problema è quello degli effetti che derivano dal contratto invalido (se fossero gli stessi effetti del contratto valido, allora si dovrebbe dire che basta una occupazione di fatto per far sorgere il rapporto)
c) La struttura della norma:
c1. 1°comma, prima parte: salvezza degli effetti prodotti nel periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione
- occorre anzitutto che vi sia stata una qualche esecuzione;
- c'è una deroga: si blocca la normale retroattività della invalidazione (dunque anche nel caso di nullità e non solo nel caso di annullamento, con riferimento a prestazioni già eseguite di un contratto di durata, come avviene anche in base ai principi generali)
- gli effetti che sono fatti salvi si riferiscono al passato; la norma ha valore retrospettivo, è una sanatoria di quel che è avvenuto; gli effetti fatti salvi sono gli stessi che si sarebbero prodotti se il contratto fosse stato valido
- non si producono effetti per il futuro, in particolare non sorge una obbligazione di lavoro per il futuro, perché condizionare il sorgere di una obbligazione al suo adempimento è come negare l'obbligazione (che impone invece un certo comportamento); dunque, quello del 2126 non è il vero rapporto di lavoro)
- rilievo per le vicende del rapporto, ma anche per i riflessi previdenziali (per il periodo di esecuzione avvenuta, il rapporto si considera come fosse stato un rapporto valido ai fini della tutela previdenziale: infortuni sul lavoro, anzianità contributiva per la pensione ecc.)
c2. 1°comma, seconda parte, l'eccezione:
- illiceità della causa: nel contratto di lavoro non può esserci causa illecita; la illiceità si riferisce al motivo
- illiceità dell'oggetto:
attività contrarie si principi generali e inderogabili dell'ordinamento (es., attività di spacciatore)
attività lecite per alcuni e non per altri (es., guida senza patente, o attività varie senza la richiesta autorizzazione): è controversa l'applicabilità del 2126 c.c. (per la maggioranza si può applicare, cioè siamo fuori dalla eccezione)
c3. Il 2°comma: garanzia, in ogni caso della retribuzione (più ampiamente, del trattamento) quando vi sia stata violazione di norme poste a tutela del lavoratore: la causa di invalidità, anche se dipende da illiceità, non può danneggiare il lavoratore (es.: lavoro del minore, violazione delle norme sulla sicurezza)
- il 2°comma è sicuramente una eccezione della eccezione; più dubbio è se abbia una sua ambito più ampio di applicazione
c4. Applicazione dell'art. 2126 c.c. anche a singole clausole: es., al patto di rinuncia alle ferie: se il lavoratore lavora, avrà diritto alla normale retribuzione per ferie e in aggiunta quella corrispondente al lavoro prestato sulla base del patto nullo
c5. Art. 2126 c.c. e garanzia del lavoratore: ha un effetto limitato
appunto al passato, non garantisce la conservazione del rapporto "depurato" dal
vizio, conservazione che si ha solo se c'è una esplicita norma di conversione
(es.: carenza di forma scritta posta ad
substantiam: il contratto è nullo con applicazione del
4. I soggetti del contratto: il datore di lavoro
- soggetto singolo o società
- imprenditore o non imprenditore
- organizzazioni di tendenza: caratterizzate dallo scopo ideale che viene perseguito (normalmente sono non imprenditori, ma possono agire anche come imprenditori); una definizione nella legge n. 108/90; disciplina talora diversificata (es.: applicazione della sola tutela obbligatoria in caso di licenziamento illegittimo)
- gruppi di imprese (meccanismi di controllo, sistemi a catena, sistemi stellari con la capogruppo al centro); il problema: lavoratori impiegati alternativamente o cumulativamente, con comandi o distacchi):
- - nei confronti dei lavoratori il gruppo non ha una sua soggettività, le singole società hanno autonomia
- - però sono possibili meccanismi interpositori (vietati)
- - casi di con titolarità dei rapporti (uso promiscuo di personale, stessi immobili, stesso personale direttivo)
casi di frammentazioni fittizie e casi di frammentazione fisiologica
- ancora la questione dell'art. 2094 c.c. e la scissione fra titolare del rapporto e utilizzatore della prestazione: c'è una inderogabilità del soggetto?
5. Segue. Il lavoratore
a) Capacità
a1. Capacità giuridica: attitudine ad essere parte di un rapporto giuridico
- può essere intesa o come capacità speciale (requisito di validità del contratto) o come legittimazione al rapporto (requisito di efficacia)
- fattori di limitazione della capacità: età, sesso, salute
- Il problema dell'età: il rapporto fra capacità giuridica e di agire
- - vecchio art. 3 c.c. (capacità in materia di lavoro): si affermava la coincidenza delle varie capacità (a 18 anni), ma poi si rinviava alle leggi speciali per la determinazione di una diversa età per la capacità a prestare lavoro, così svuotando la regola; convenzioni OIL e poi la legge n. 977/67 hanno stabilito a 15 anni l'acquisto della capacità giuridica (o 14 per lavori leggeri e 16 per lavori faticosi)
- - art. 2 c.c., 2°c.: si regola la capacità a prestare lavoro (capacità giuridica) in un norma intitolata alla capacità di agire; ancora una salvezza di leggi speciali che riguardano materia diversa da quella regolata dalla norma
- - art.
- violazione delle regole sulla capacità giuridica: sanzioni penali e art. 2126 c.c.
- altri limiti alla capacità giuridica speciale: limiti massimi di età (es. apprendistato: 24 anni)
a2. Capacità di agire
- art. 2 c.c.: si parla solo della capacità processuale (esercizio dei diritti e delle azioni), non di quella sostanziale (stipulazione del rapporto di lavoro)
- tesi della coincidenza delle due capacità (istanza di protezione e valorizzazione del minore; fondamento normativo è la salvezza delle leggi speciali): è smentita dalla lettera della legge (le leggi speciali non riguardano la capacità di agire) e non è detto che realizzi quell'obiettivo di protezione
- esercizio dei diritti: anche del diritto di recesso?
a3. Capacità naturale: in un certo senso è un presupposto della capacità giuridica, è attitudine naturale a svolgere un certo lavoro (qualità, doti, attitudini, conoscenze, esperienze)
- quale rilievo? ci si può obbligare a prestare un lavoro che non si è capaci di fare?
- - per alcuni la capacità naturale è requisito di validità del contratto, la sua assenza nello svolgimento del rapporto costituisce inadempimento
- - per altri l'incapacità naturale si risolve in una impossibilità e determina l'inefficacia del contratto; residua solo l'eventuale responsabilità precontrattuale del lavoratore che abbia taciuto
- il nesso fra la capacità naturale e la perizia, e quindi la diligenza (quella professionale, cioè quella richiesta dalla natura della prestazione: art. 2104 c.c): si può configurare inadempimento allorché il lavoratore non cura la propria formazione e il proprio aggiornamento così da conservare la "perizia"
- la rilevanza della incapacità naturale o idoneità sopravvenuta:
inidoneità totale: risoluzione di diritto
inidoneità parziale: art. 1464 e possibile recesso del datore se non vi è interesse alla prestazione parziale (è un recesso speciale o è il normale licenziamento?)
b) L'inquadramento
- non è uno status, dipende sempre dal contratto e dunque dalla volontà delle parti
- la distinzione fra le varie categorie professionali: art. 2095 c.c. (rinvio)
6. L'oggetto del contratto
a) La prestazione di lavoro: i requisiti dell'art.1346 c.c.
- possibilità (da intendersi come impossibilità per chiunque, se no è un problema di capacità); deve trattarsi di effettiva impossibilità, non di mera difficoltà; altra ipotesi è quella della impossibilità riconducibile all'organizzazione dell'impresa (il c.d. substrato della prestazione che può venir meno);
- liceità: distinzione fra impossibilità e illiceità (quest'ultima, sembra da ritenere, non in caso di contrasto con una singola norma, ma con principi generali di ordine pubblico); liceità per alcuni soggetti, non per altri (es.: patente di guida)
- determinatezza o determinabilità della prestazione, cioè delle mansioni assegnate; no al lavoratore tutto-fare; rilievo dell'esecuzione del contratto: l'assegnazione di mansioni e il loro concreto svolgimento consente in ogni caso la determinazione
b) La retribuzione
- possibilità: ha senso parlarne solo per la retribuzione in natura
- liceità: lo stesso
- determinatezza o determinabilità: ruolo dell'art. 36 Cost. e funzione del giudice (art. 2099 c.c.)
7. Gli elementi essenziali del contratto
a) La volontà
- rilievo ridotto della volontà, a fronte della incidenza della normativa inderogabile
- intuitus personae: vario rilievo, a seconda dei meccanismi di costituzione del rapporto (ma divieto di indagini sulle opinioni: art. 8 Statuto); in ogni caso può avere rilievo nel corso di svolgimento; irrilevanza ai fini della disciplina dell'errore sulle qualità del lavoratore (la essenzialità dell'errore si deve valutare sulla base delle regole comuni)
- volontà e timore reverenziale (non rileva); ma ci sono situazioni nelle quali c'è una sorte di presunzione di vizio del consenso (art. 2113 c.c., prescrizione che decorre solo dalla cessazione del rapporto); necessità, comunque, di una seria indagine sulla genuinità della volontà del lavoratore
- rilievo della simulazione (del tipo contrattuale, nella retribuzione ecc.): norme comuni
- rilevo della frode alla legge (intesa come rilevanza di uno specifico motivo illecito, pur nel rispetto della normativa; il problema delle conseguenze sanzionatorie: la sanzione della nullità (con applicazione del 2126 c.c.) è incongrua, perché al lavoratore interessa non la negazione di effetti al contratto in frode, ma la produzione di effetti diversi, con conservazione del rapporto
- sentenza produttiva degli effetti del contratto (art. 2932), "in sostituzione" della volontà delle parti (casi di assunzione obbligatoria, purché gli elementi del contratto siano predeterminati)
b) La forma
- principio generale della libertà di forma
- i vincoli di forma (per la validità)
- - riferiti all'intero contratto: forma solenne dell'atto pubblico per il contratto di arruolamento; forma scritta per il lavoro sportivo, per il contratto di formazione e lavoro, di apprendistato, di somministrazione; se manca la forma prevista, o c'è la norma di "conversione", oppure resta la nullità
riferiti a singole clausole: il patto di prova, il termine, il patto di non concorrenza; qui l'assenza della forma prescritta determina una nullità parziale: art. 1419, 1°comma (tutto è travolto, se la clausola era da considerarsi essenziale) o 2°comma (il contratto si conserva se c'è la norma imperativa sostitutiva)
- vincoli di forma posti dalla contrattazione collettiva (art. 1352 c.c.); il più delle volte è forma per determinate comunicazioni
c) L'informazione
- il d.lgs. n. 152/97: le informazioni sulle modalità del rapporto da dare al lavoratore entro 30 giorni dall'assunzione; conseguenze sanzionatorie (intimazione della Dpl e sanzioni amministrative in caso di ottemperanza)
8. Gli elementi accidentali del contratto
a) Condizione:
- sospensiva: apponibile salvo che non vi sia un obbligo di assunzione (disabili)
- risolutiva: sembra opponibile salvo che si tratti di materia "vincolata" quanto ai meccanismi di estinzione; ma la clausola risolutiva non è una forma di risoluzione consensuale (il caso del contratto Poste Italiane: la clausola risolutiva espressa al raggiungimento della massima anzianità contributiva utile
b) Modus: non apponibile, non trattandosi di atto di liberalità
9. Segue. Il termine
a) La storia del contratto a termine
- art. 2097 (atto scritto o specialità del rapporto); problemi: contratto a termine come prova lunga, speranza di rinnovo del lavoratore (perciò alto rendimento, ma possibili sfruttamento), niente diritto all'indennità di anzianità; opportunità di intervento restrittivo, pur in un sistema di libera recedibilità dal rapporto a tempo indeterminato
- l. n. 230/62: scelta netta di sfavore per l'apposizione del termine (forma scritta, solo casi tassativi in relazione alla temporaneità dell'occasione di lavoro), limiti alla proroga e ai rinnovi, sanzione della conversione, applicazione rigida (es. nel caso di sformaneto del termine)
- ampliamento dei casi consentiti: le punte stagionali: prima solo per turismo e spettacolo, poi in tutti i settori produttivi (con autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro)
- la parziale delegificazione (art.
- art.
- l. n. 196/97: modifiche sulla proroga, casi di lavoro svolto oltre il termine e periodi "cuscinetto"
b) La normativa europea
Direttiva . 99/70:
- il contratto a tempo indeterminato è la regola; il termine solo in casi obiettivi (anche la data certa)
- lotta agli abusi, cioè alle reiterazioni dei contratti a termine
- garanzia di parità di trattamento e di formazione
- Corte cost. n. 41/00: inammissibilità di un referendum abrogativo della disciplina sul termine con fini di liberalizzazione
c) L'attuale disciplina: d.lgs. n. 368/2001 (e successive modifiche: l. n. 247/07 e n. 133/08)
- era necessaria l'attuazione della direttiva? Era corretto ridisciplinare tutto (eccesso di delega)? Si veda Corte cost. n. 44/08: eccesso di delega circa la disciplina del diritto di precedenza nelle assunzioni
c1. Il rovesciamento del rapporto fra regola e eccezione (al posto dei casi tassativi, una clausola generale); ma ora (l. n. 247/07) art. 1, comma 01: il contratto a tempo indeterminato è di nuovo la "regola"; la questione non è solo teorica, ma incide sui meccanismi sanzionatori (vedi oltre)
c2. la clausola generale: "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro" (come modificato dalla l. n. 133/08)
- elasticità della fattispecie, ma anche indeterminatezza, da cui margine di discrezionalità per il giudice (effetto non voluto); resta comunque salvo il limite della insindacabilità delle scelte imprenditoriali quanto alla loro opportunità
- ragioni tecniche, organizzative e produttive: formula collaudata (vedi anche somministrazione di lavoro, con esplicito limite per il giudice: art. 27, comma 3, d.lgs. n. 276/03); ragioni sostitutive: solo di lavoratori assenti e con diritto alla conservazione del posto o in ogni caso?
- requisito della specificazione delle esigenze aziendali: non basta il richiamo alla formula di legge; è requisito di validità del termine o metro per valutare la plausibilità delle ragione?
necessario un nesso causale fra le ragioni aziendali e il singolo contratto
- ragioni aziendali che giustificano il termine e ragioni aziendale che stanno alla base anche di un contratto a tempo determinato: è necessario individuare un criterio di distinzione:
- - la direttiva: ragioni oggettive o data: ancora troppo genericità
requisito della temporaneità: sembra l'unico criterio valido per distinguere; ora c'è il riferimento alla "ordinaria attività del datore di lavoro": ma questo non interferisce con la temporaneità (anche esigenze ordinarie possono essere temporanee); la giurisprudenza è orientata in questo senso; obiezione ricavata dall'art. 10, comma 7 (niente limitazioni quantitative per i contratti a termine nel caso di termine "necessario"), ma ci sono anche casi diversi (avvio di nuove attività) e comunque questo non esclude che anche la clausola generale sia nel senso della temporaneità
- l'onere della prova della sussistenza delle ragioni aziendali: non c'è una norma specifica (prevista solo per la proroga), ma si deve ritenere a carico del datore di lavoro (il termine è elemento aggiunto, i cui presupposti vanno provati da chi li invoca)
- la sanzione nel caso di insussistenza delle ragioni aziendali: nullità; però:
- - si applica l'art. 1419 c.c., comma 1 (conservazione della volontà delle parti)
- - o si applica il comma 2 (conservazione del contratto, depurato dal vizio, e dunque trasformato in un contratto a tempo indeterminato?
soluzione preferibile: 2°comma, perché: si dice che l'apposizione del termine "è consentita" in presenza delle ragioni aziendali, per cui se queste non ci sono, l'apposizione non è consentita, cioè è come se non ci fosse; perché la diversa volontà comune (che si vorrebbe conservare) non c'è, essendoci in realtà solo quella del datore
c3. I divieti
- ipotesi fraudolente, che diventano contrarie alla legge: casi di precedente Cig o licenziamenti collettivi e successivi contratti a termine per le stesse mansioni
- ipotesi di sanzione: in caso di mancata valutazione dei rischi
- sostituzione di lavoratori in sciopero (c.d. crumiraggio esterno); problemi di costituzionalità?
c4. La forma
- forma scritta ad substantiam per la previsione del termine e per la specificazione delle ragioni
- il rilievo "indiretto":
- - o riguarda l'atto (a forma vincolata) che può non essere il contratto ma un atto diverso (ma pur sempre bilaterale, non una semplice proposta del datore non sottoscritta dal lavoratore, né la semplice richiesta di avviamento al lavoro)
- - riguarda la determinazione della durata, che si può fare in modo indiretto, in relazione alle caratteristiche delle ragioni invocate (termine certus an, incertus quando: es. nel caso di sostituzione per maternità); in ogni caso deve esserci certezza nella individuazione del termine
- necessaria anteriorità (o almeno con testualità) dell'atto scritto rispetto all'inizio dell'attività lavorativa; entro 5 giorni vi è solo la consegna dell'atto scritto al lavoratore
- sanzioni in caso di assenza di forma scritta: si parla di inefficacia, in sostanza il contratto si trasforma a tempo indeterminato
c5. La proroga
- solo per il contratto inferiore a 3 anni
- una volta sola, per ragioni oggettive e per la stessa attività del primo contratto; non sembra necessario che si tratti di ragioni sopravvenute, possono permanere quelle originarie; limite di tempo complessivo: 3 anni
c6. La prosecuzione oltre il termine
- ratio: evitare conversioni "pesanti" magari per un errato computo del termine;
- maggiorazione retributiva (strana conseguenza); quel rapporto, in realtà, sembra un rapporto di fatto (non c'è l'obbligo di lavorare)
c7. La successione di contratti a termine
- la direttiva europea e il problema dell'abuso
- la disciplina del d.lgs. n. 368/01:
- - successione di contratti senza soluzione di continuità (ma non succede mai): conversione in contratto a tempo indeterminato
successione con intervalli: se si rispettano gli intervalli tutto è legittimo
- - la frode rileva secondo le regole generali (nullità e 2126) e dunque non serve al lavoratore
- la l. n. 247/07: limite complessivo di 36 mesi (si computano i periodi di non lavoro o no? Si debbono computare periodi anche lontani nel tempo?); possibilità, oltre i 36 mesi, di un ulteriore contratto, ma davanti alla Dpl e con l'assistenza sindacale; l. n. 133 e salvezza di una diversa disciplina ad opera della contrattazione collettiva
c8. Impugnazione del termine illegittimo: è azione di nullità, non si impugna un licenziamento (che non c'è, salvo che il datore non manifesti chiaramente una volontà di comunque non proseguire il rapporto)
c9. Pubblico impiego: le conseguenze della illegittimità del termine non sono mai quelle della costituzione di un rapporto a tempo indeterminato (vincolo costituzionale del concorso pubblico); l'art. 36 d.lgs. n. 165/01 (come riscritto dall'art. 49 della l. n. 133/08) e la sanzione risarcitoria (non censurata dalla Corte di Giustizia, a condizione che vi siano garanzie effettive ed equivalenti di tutela per il lavoratore)
Diritto di precedenza
- il diritto di precedenza nelle riassunzioni in casi di attività stagionali o punte stagionali:
- - introdotto dalla l. n. 56/87
- - abrogato dal d.lgs. n. 368/01, che lo ha previsto solo su base contrattuale: ma questa norma è stata dichiarata incostituzionale per eccesso di delega (Corte cost. n. 44/08)
- - reintrodotto dalla l. n. 247/07 (art. 4-quinquies dell'art.5. d.lgs. n. 368), insieme a un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato (art. 4-quater)
- - resi derogabili entrambi ad opera della contrattazione collettiva dalla l. n. 133/08
c9. I limiti quantitativi (c.d. contingentamento) art. 10, comma 7
- ruolo della contrattazione collettiva
- conseguenze della mancata previsione collettiva: si può stipulare a termine solo nei casi sottratti al contingentamento
- conseguenze della stipula a termine oltre i limiti quantitativi previsti: illegittimità del termine e conversione
- le eccezioni (commi 7 e 8): in ogni caso l'eccezione vale solo per il limite quantitativo, non per la sussistenza delle ragioni giustificative
c10. Le esclusioni (art. 10,
commi da
c11. Non discriminazione e formazione (art. 6 e 7)
10. Il patto di prova
Natura: combinazione fra termine e condizione; in realtà si tratta di un patto, di una clausola che può essere apposta al contratto di lavoro, provvista di una sua specifica disciplina; non è un contratto a sé stante
funzione: consentire il reciproco esperimento fra le parti circa la convenienza del rapporto; in tal senso è previsto lo specifico obbligo di fare e consentire l'esperimento
requisiti:
- forma scritta ad substantiam
previsione specifica delle mansioni oggetto della prova (c'è lo ius variandi? sembra di no)
durata: stabilita dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale; eventuale durata minima; la durata massima di 6 mesi è fissata solo nei confronti del datore di lavoro, che oltre i 6 mesi non può avvalersi della disciplina tipica del patto di prova (vedi subito oltre); computo del tempo: rileva solo il tempo effettivo di lavoro
disciplina: recesso libero e senza preavviso né indennità sostitutiva del preavviso; è essenziale per salvaguardare la funzione dell'istituto; rilievo della durata minima, come limite a questo tipo di recesso
ci sono obblighi di motivazione in relazione alla funzione del patto? Sembra di no, spetta al lavoratore dimostrare che il recesso non dipende dal mancato gradimento, ma da ragioni illecite (discriminatorie, di elusione degli obblighi di assunzione dei disabili)
illegittimità del recesso: quali conseguenze?
- si rifà la prova
- diritto al risarcimento del danno (da perdita di occasione di lavoro)
- si instaura un rapporto normale (senza prova) se le mansioni svolte sono diverse da quelle per le quali era prevista la prova
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