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Il contenuto del Trust: soggetti ed oggetto




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Il contenuto del Trust: soggetti ed oggetto




In Knight vs Knight del 1840 è scolpita una regola paradigmatica per la corretta costituzione di un trust, la cosiddetta regola delle "tre certezze": elementi indefettibili nell'atto istitutivo di un express trust sono la certezza dell'intenzione (di dar vita ad un trust), la certezza dei beni, la certezza dei beneficiari(38).

Con riguardo alla prima delle tre certezze, la certainty of intention, lo studioso si troverà calato in uno scenario ricco di spunti di approfondimento e di riflessione.

Il primo requisito fa da corollario ad una massima di equity che ammonisce: "Equity reguards to the intent rather than the form"; da ciò si deduce che un trust può essere creato anche senza pronunciare o inserire (se si tratta di un atto scritto) la parola trust, ma anche che non sarà sufficiente riferirsi espressamente alla parola trust per costituirne validamente uno. In Inghilterra si possono avere trusts contenuti in un atto, costituiti oralmente o per fatti concludenti, non sono previste forme di pubblicità dell'esistenza di un vincolo su beni o diritti: è comprensibile che in un contesto del genere, in assenza di una stretta disciplina che riguardi la forma (e la pubblicità) degli atti, alla prima certezza sia dato notevole rilievo.

Dopo aver istituito il trust - ed averlo trasferito ed affidato al trustee - il disponente, se non anche beneficiario o gestore (quando consentito), esce di scena: non gli spettano perciò quei diritti di controllo o quei rimedi contro l'inadempimento del trustee che - invece - sono allocati presso i beneficiari. La volontà del settlor tuttavia "governs the meaning of trust" (39), è per questo che gli è data la facoltà sia di riservarsi alcuni poteri (reserved powers), sia di instaurare un rapporto di consultazione permanente con il trustee, nel rispetto dell'affidamento riposto e del ruolo di quest'ultimo(40).

Il rapporto tra disponente e trustee non è così lineare ed imperturbabile come sembra: esiste, in realtà, una recentissima giurisprudenza la quale ha dimostrato che anche questa relazione può incorrere in patologiche e perniciose mutazioni.

Quando il conferimento in trust è tale solo in apparenza, quindi non è effettivo, ha luogo una versione fraudolenta del nostro istituto il quale dovrà essere dichiarato nullo (void). Un trust simulato è denominato sham trust, come recita il passaggio di una storica sentenza della Court of Appeal del 16.01.67' (che, a dire il vero, non si occupava di un trust bensì di un contratto): "Può essere dichiarato sham, e quindi nullo, l'atto o il documento che le parti abbiano compiuto o sottoscritto con il comune intento di ingenerare nei terzi il convincimento che esse desiderassero creare un particolare diritto o obbligo, intendendo in realtà farne sorgere uno differente".

Nella versione patologica il disponente può essere mosso a tale pratica simulatoria(41) per la convenienza di non apparire all'esterno come proprietario dei beni, pur essendo in concreto lui stesso l'unico beneficiario finale, oppure per la decisione di conservare per sé un consistente fascio di poteri direttivi sul trust (svolgendo - di fatto - anche la funzione di trustee).

Due sentenze successive, una dell'11.07.2003 della High Court of Justice-Chancery Division ed una del 19.05.2005 Family Division della stessa Court, ci fanno capire che il trust c.d. sham in Inghilterra (e non solo!) non è ancora univocamente inquadrato(42): secondo la prima delle due pronunce, perché possa dirsi integrato, è sufficiente lo stato d'animo soggettivo del disponente senza la connivenza del trustee, mentre, secondo l'altra, lo sham deve avvantaggiarsi quantomeno dell'acquiescenza del trustee.

Occupiamoci della seconda certezza: la certainty of subject matter.

Il trust fund, quand'anche costituito da un solo bene, è da considerarsi un patrimonio a tutti gli effetti: gli incrementi, o le eventuali modificazioni, che lo interessino devono ascriversi ad esso.

Il fondo in trust segue le regole della comunione di diritto germanico (detta, per differenziarla da quella di diritto romano, comunione "senza quote" o "per mano comune"), pertanto - ad esempio - qualora si aggiunga un trustee egli sarà titolare di un diritto sull'intero, identico a quello degli altri trustees.

Il disponente non è tenuto a trasferire tutto e subito il fund al trustee, gli è consentito effettuare inizialmente un'attribuzione, anche minima o simbolica, per poi incrementarla(43) in un secondo momento; addirittura se il fondo fosse vuoto il trust non sarebbe invalido ma gli adempimenti del trustee, poiché inattuabili, risulterebbero inesigibili.

Ciò che conta è la determinazione della trust property, indipendentemente dal fatto che essa sia consegnata o meno fin dall'inizio ai trustees(44).

Ricordiamo che oggetto del trust può essere qualsiasi posizione soggettiva, anche una semplice aspettativa giuridicamente protetta.

Quanto sopra asserito ci consente di comprendere, in primis, la ragione per cui la predisposizione del negozio dispositivo (o dei negozi dispositivi) e del negozio istitutivo del trust non debbano essere necessariamente contestuali ed, ancor più, la peculiare funzione del negozio dispositivo: senza di esso non può realizzarsi l'effettiva segregazione patrimoniale, né la conseguente esigibilità delle obbligazioni del trustee.

La forma del negozio dispositivo è mutuata, ove contestuali, da quella del negozio istitutivo se più solenne.

Il trust cessa quando viene meno il fondo, questo può avvenire nel corso dell'esercizio delle attività del trustee (e - quindi - per sua opera) per la fisiologica ridistribuzione fra i beneficiari, oppure per una sopravvenienza che colpisca il fondo.

La terza certezza riguarda i beneficiari, che possono essere individuati dal disponente per nome, o per semplice categoria o in base ad altri criteri; tale identificazione può aver luogo in un

momento successivo rispetto a quello in cui viene costituito il trust.


Vista la quantità e la varietà dei casi controversi in quanto a certezza dei beneficiari, ci limiteremo a registrare quella che è una regola generale e di massima, usata dai giudici inglesi per districarsi nella soluzione di tortuose vicende giudiziarie a riguardo: un trust per beneficiari è sempre nullo qualora, al momento della sua istituzione e calcolata ogni variabile, non vi sia assoluta certezza (in termini di determinatezza o determinabilità) che l'individuazione dei beneficiari possa avvenire entro - e non oltre - 21 anni dalla morte di una o più persone indicate nell'atto istitutivo.

Si tratta di una regola contro "l'investitura remota"(45).


I soggetti investiti del diritto di pretendere il fondo (vested beneficiaries), ed individuati, possono scegliere - se maggiorenni e capaci - di esercitare il diritto al trasferimento dei beni in trust loro spettante, anche a prescindere dal termine fissato dal disponente, oppure di far proseguire il trust secondo le proprie indicazioni, previa accettazione del trustee.

Le obbligazioni del trustee sono obbligazioni legali, intendendo per legali anche quelle obbligazioni che abbiano come fonte normativa pronunce giudiziarie. Il trustee, in qualità di gestore del patrimonio conferito, è tenuto ad amministrare e disporre dei beni in trust secondo le istruzioni impartite nell'atto istitutivo; egli esercita dei poteri che possono essere definiti fiduciari e, qualora lo faccia in

modo improprio, incorre in una "fraud on a power"(46).

Gli atti compiuti con fraud saranno nulli, in quanto privi di quella base legale da cui traggono origine e giustificazione.


Il trustee sarà altresì tenuto al duty of care(47), ad agire cioè con prudenza, perizia e diligenza nella gestione dei beni; i fondamentali ed originali criteri di valutazione della condotta del trustee sono

l'honesty e la good faith. Altra obbligazione per il trustee è quella di conservare, finché ragionevolmente possibile, l'integrità ed il valore patrimoniale del trust o di incrementarlo; egli assume personalmente nei confronti dei terzi le obbligazioni riguardanti il trust, in ossequio della c.d. "non delegation rule", a meno che non vi sia una pluralità di trustees nel qual caso, per gli atti compiuti congiuntamente, tutti rispondono in solido.

I beni oggetto del trust devono essere mantenuti segregati dal patrimonio personale del trustee (duty to earmark the trust property and duty not to commingle), essi pertanto non rientrano nel suo attivo ereditario, né possono essere reclamati dai suoi creditori personali.

Un ruolo preponderante ha il duty of loyalty, che impone al trustee di astenersi dal compiere atti che perseguano l'interesse proprio o di altri soggetti (per non cadere in conflitto di interessi); la lealtà, a cui è chiamato il trustee, sottintende e prescrive un'azione imparziale anche con riguardo agli interessi dei beneficiari.

Le scelte gestorie del trustee non possono essere arbitrarie e, soprattutto, dovranno essere trasparenti e ben motivate: egli dovrà opportunamente rendicontare l'attività svolta (duty to be ready with the trust account, duty to keep records), contemperando il rigore richiestogli con la libertà di gestione e la discrezionalità che sono da considerare requisiti essenziali del trust in quanto atto squisitamente

fiduciario(48).


Non di rado nella pratica il disponente manifesta la tendenza ad interferire, poiché considera come ancora suoi i beni conferiti in trust: il ricorso a letters of wishes (lettere di intenti/desideri) o un ad protector, se non adeguatamente monitorato e dosato, può trasformare l'ingerenza del disponente in un vero e proprio fenomeno interpositorio.

Il trust ha spesso non uno ma più trustees: le modalità per la loro designazione e sostituzione sono ampiamente discrezionali e devono essere fissate nell'atto istitutivo. Trustees possono essere anche persone giuridiche, anzi, questa è di norma la soluzione preferibile onde evitare gli inconvenienti che potrebbero insorgere al decesso del trustee-persona fisica.

Il ruolo di trustee oggigiorno è - di solito - ricoperto da una persona giuridica che svolge professionalmente tale attività: si tratta delle cosiddette Trust Companies, società che nei Paesi anglosassoni hanno raggiunto una consolidata tradizione ed un'elevata affidabilità nella gestione di patrimoni conferiti in trust; altrettanto di frequente il ruolo di trustee è affidato ad una banca.

Si ha inadempimento del trustee (breach of trust) quando egli violi un'obbligazione che gli deriva dalla legge o dall'atto istitutivo, compiendo attività ultra vires o infra vires. Qualsiasi beneficiario può agire in ristoro ("equitable compensation") per i pregiudizi arrecati alla trust property dalla "mala gestio" del trustee.

Si parla di ristoro(49) disposto dall'equity - e non di risarcimento del danno - quando l'inadempimento (o il cattivo adempimento) abbia avuto ripercussioni sul trust fund (esempio classico: l'azione per la restituzione del bene sottratto dal trustee dal fondo in trust); si ha invece risarcimento, nella comune accezione, quando il trustee cagioni un danno diretto, indipendente ed aggiuntivo, non al fund ma ad uno specifico beneficiario.


Il trustee acquista la proprietà del trust fund "fiduciae causa"(50), con l'obbligo di amministrarla a beneficio del costituente medesimo o di un terzo beneficiario: è proprio il modo in cui il diritto inglese ha scelto di definire e tutelare le aspettative del fiduciante - o del beneficiario - a fare del trust il simbolo della smaccata singolarità, rispetto alle esperienze giuridiche continentali, non già di un istituto bensì di un interno ordinamento.

"I can't understand your trust, said Gierke(51) to me"; questa la frase emblematica di Otto von Gierke che Maitland, a seguito di un incontro avuto con il celebre giurista tedesco, riporta nella sua già citata opera su l'Equity.

Non sono due semplici correnti dottrinali a fronteggiarsi in questa sfida interpretativa e di inquadramento sistematico del trust: è

solo saggiando per via di comparazione la storia e le peculiarità della common law, come tradizione giuridica e come ordine istituzionale, che si può arrivare a comprendere la difficoltà di rinvenire nel trust tratti assimilabili a quelli delle categorie romanistiche e civilistiche e la necessità al contempo, vista l'odierna diffusione dell'istituto fuori patria, di conferirgli una qualificazione di genere con caratteristiche di internazionalità, a prescindere dalla varietà delle specificazioni tipologiche e di contesto da esso di volta in volta assunte.

Il proprium del trust è quello che i giuristi continentali chiamano "sdoppiamento della proprietà"(52) o "proprietà divisa", la "dual ownership", cioè una congenita ed originale dicotomia del diritto di proprietà; negli ordinamenti di diritto codificato sappiamo che è possibile scindere la proprietà solo nel caso di comunione, o nel caso di diritti reali (in re aliena) di godimento, senza comunque intaccarne

- nelle seppur varie declinazioni giuridiche - l'assolutezza, la tutelabilità erga omnes e l'intensa correlazione fra titolarità formale e concreta disponibilità.

Il beneficiario, proprietario at equity, di quali mezzi dispone per tutelare le proprie aspettative sulla trust property contro eventuali negligenze del trustee, proprietario at law?

Abbiamo affermato che il diritto del beneficiario(53) è opponibile al trustee ed ai terzi ma non abbiamo definito la natura di tale diritto (e della conseguente azione!) e, per farlo, dobbiamo dar conto di un acceso dibattito che ha visto illustri giuristi - inglesi prima ed italiani poi - schierarsi tra le fila degli assertori ora della natura reale (jus in re sui beni ed in rem che, insistendo sui beni, possa farsi valere erga omnes), ora della natura obbligatoria (jus in personam, contro il trustee per le obbligazioni da lui assunte e non ottemperate), ora addirittura e - così nei contributi più recenti - di un diritto geneticamente caratterizzato da un'insuperabile natura "ibrida".


Forniamo qui seguito una breve disamina delle posizioni dominanti dei giuristi inglesi, demandando e procrastinando ai capitoli successivi la rassegna delle tesi e delle considerazioni più rilevanti nell'ambito del nostro ordinamento.

Tra i sostenitori della prima impostazione dottrinale, uno per tutti, J.W. Salmond scrive(54) che della trust property sono titolari (owners), allo stesso tempo, due soggetti ed il rapporto fra questi è tale che uno dei due è obbligato ad usare la sua proprietà (trust- ownership) per il beneficio dell'altro (beneficial-ownership).

Secondo Maitland, invece, si tratta essenzialmente di un diritto di obbligazione, di natura creditoria e non reale, uno jus in personam assimilabile ad uno jus in rem, in quanto esercitabile contro il trustee, sebbene con una forza estensiva che lo rende quasi equivalente ad un diritto azionabile erga omnes. Maitland raffigura un dominium, che

certamente esiste come tale, anche se solo in termini di equità(55).


La lettura fornita dagli studiosi inglesi, in tempi più recenti, non aiuta a sciogliere l'antico(56) ed amletico dilemma ma trova un'amena mediazione: la natura del diritto del beneficiario non è ontologicamente pura bensì "ibrida" ed, in quanto tale, non suscettibile di essere affidata in toto ad alcuna delle suddette

categorie.


"Equitable rights under trust are rights in personam", pertanto, ciascun trust-beneficiary ha un diritto personale nei confronti del trustee ad assicurargli che questi non disattenda i doveri cui è tenuto ma, d'altra parte ed allo stesso tempo, vanta uno jus in rem (nel senso di un real or proprietary right "where he can exercise the equitable tracing remedy against stranger in possession of the trust property"), cioè un diritto reale o di proprietà, che segue la res e che lo legittima ad esercitare un'azione nella sostanza reipersecutoria - in equity -

contro terzi illegittimamente in possesso della trust property(57).


La giurisdizione di equity concepita come giurisdizione di coscienza, attraverso l'emanazione di injunctions - ossia di ordini di fare o non fare accompagnati da salatissime sanzioni - rivolte ai trustees fedifraghi, ha costruito un vero e proprio apparato di remedies a difesa della proprietà equitativa del beneficiario.

Da un punto di vista rimediale preponderante rilievo ha assunto il c.d. e suddetto "tracing"; il tracing consta di due profili: il primo poc'anzi enunciato è quello della perseguibilità e rivendicabilità della res in mano a terzi illegittimi detentori, il secondo coessenziale al primo riguarda la fungibilità o non fungibilità - intesa come sostituibilità - dei beni oggetto del trust.

Il tracing implica il following, che può essere tradotto come uno jus sequelae gravante sui beni del trust appannaggio del beneficiario; partendo da questo assunto qualunque bene facente ab origine parte del trust fund, che sia sostituito (in cambio ad es. di denaro) nell'ambito dell'attività di gestione del trustee, può essere a certe condizioni inseguito e riscattato dal beneficiario poiché "tracciato".

Il beneficiario nelle condizioni di far valere un equitable tracing claim (una fondata pretesa equitativa di tracing), nonostante le metamorfosi subite dai beni, mantiene integro ed immutato il suo diritto a meno che questo non si scontri con il prevalente legal interest di un "bona fide purchaser for value, without notice of a preexisting equitable interest".

Nell'ordinamento giuridico inglese si è venuto a creare - e sussiste tutt'oggi - un perfetto equilibrio fondato sul fatto che

l'equity rispettosa della common law non interferisce negli atti di disposizione del trustee, ritenendoli pienamente efficaci e liberi, finché non giungano a ledere l'interesse del beneficiario ed i principi di moralità e giustizia su cui essa stessa vigila. Laddove - però - si verifichino abusi, frodi o mala fede, l'equity subentra e prevale ed il trustee non può bloccare l'azione del beneficiario in virtù del suo titolo, né possono farlo i terzi suoi aventi causa e complici.

La legittimazione ad agire del beneficiario non comporta che egli possa far valere un generico interesse proprietario nei confronti del trustee: il trustee deve e può muoversi incontrastato fin quando non abusi della sua posizione, pertanto, l'interesse ed il diritto del beneficiario emerge solo in fase patologica ed esiste soltanto in equity.

L'attribuzione al beneficiary non è piena, e non deve esserlo, poiché si deduce che il disponente, il quale ritenga di non poter provvedere personalmente alle gestione dei beni del trust, parimenti debba ritenere - per qualche ragionevole motivo - che non possa provvedervi direttamente nemmeno il beneficiario.

Ricapitoliamo: tra il 1465 ed il 1660 le Corti di equity ampliarono la protezione concessa al trust, fino ad estendere la responsabilità di gestione in favore del beneficiary:

- al creditore del fiduciario che fosse entrato in possesso dei beni del trust, ai successori del fiduciario (eredi o legatari);

- a chiunque - a conoscenza o meno del trust - il fiduciario avesse trasferito quei beni a titolo gratuito;

- ai terzi acquirenti che avessero cognizione attuale, effettiva o presunta (c.d. constructive notice) dell'esistenza del trust.

Solo l'acquisto del terzo senza notice - dunque - è al riparo dai rimedi esecutivi del beneficiario e tale acquisto, vista la rigidità della disciplina della notice(58), può inverarsi allorquando il trustee voglia preordinatamente ingannare il terzo sottraendogli i documenti che provano la costituzione del trust.


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