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Vita nel lager
L'arrivo
La facciata principale di Auschwitz II-Birkenau, la Bahnrampe è all'interno del grande portoneI convogli di deportati (circa 2.000 - 2.500 prigionieri per treno), spesso chiamati trasporti, composti da vagoni merci contenenti dalle 80 alle 120 persone in immaginabili condizioni di vita ed igieniche, che spesso viaggiavano per 10-15 giorni per raggiungere la loro ultima meta, erano organizzati da uno speciale dipartimento dell'RSHA (ufficio centrale per la sicurezza del Reich): l' Amt IV B 4 comandato da Adolf Eichmann. Eichmann ed i suoi collaboratori in qualità di esperti di 'problemi ebraici' gestirono l'intera parte logistica dello sterminio suddividendo i convogli sui diversi centri di sterminio in base alla capacità 'ricettiva' dei centri stessi: il grande complesso di Auschwitz ricoprì sempre un ruolo fondamentale nel processo di 'soluzione finale'. Le azioni di sterminio (chiamate Aktion), della durata di 4-6 settimane, si susseguirono per tutta la durata del conflitto coinvolgendo successivamente diversi gruppi provenienti dalle nazioni sotto il controllo tedesco.
Dal 14 giugno 1940 (data del primo arrivo di deportati al campo) al 1942 (data di attivazione della Judenrampe), i treni sostavano sui binari nel pressi del lager principale di Auschwitz I - i grandi impianti di sterminio di Birkenau non erano ancora stati costruiti. Anche in seguito, soprattutto per nel caso di convogli di rastrellati polacchi (non ebrei) da internare nel lager principale, questa soluzione continuò ad essere utilizzata. Si ebbero anche casi di treni 'scaricati' nella stazione della cittadina di Oświęcim a causa dell'eccessivo numero di convogli in arrivo.
I treni di deportati, a partire dal 1942 fino al maggio 1944, arrivarono ad una piccola banchina ferroviaria, universalmente nota come la rampa degli ebrei o, in tedesco, Judenrampe e situata a circa 800 metri all'esterno del campo di Aushwitz II-Birkenau, nei pressi dello scalo merci della stazione di Oświęcim. La maggior parte dei convogli di deportati italiani ebbero come ultima fermata proprio la Judenrampe, compreso il treno che trasportava Primo Levi che ha vividamente descritto la scena del suo arrivo notturno come «una vasta banchina illuminata dai riflettori» in Se questo è un uomo. Dopo la guerra la Judenrampe, luogo di arrivo (e selezione) di almeno 800.000 deportati da tutta Europa non venne inclusa nell'area divenuta museo del campo e scomparve quasi completamente. Solo nel 2005 è stata in parte recuperata ed inserita all'interno dei percorsi di visita al campo di Auschwitz.
Nel maggio 1944, per semplificare le operazioni di sterminio dei numerosi convogli provenienti dall'Ungheria, la linea ferroviaria venne prolungata all'interno del campo di Birkenau fino ad una nuova banchina a tre binari chiamata Bahnrampe. La Bahnrampe, resa famosa dalle evocative scene del film Schindler's list di Steven Spielberg, venne utilizzata fino al novembre 1944 quando, per ordine del comandante delle SS Heinrich Himmler, le operazioni di sterminio vennero sospese.
La selezione
Appena arrivati a destinazione i treni venivano rapidamente scaricati dal loro triste carico umano ed avveniva la selezione, tra gli «abili al lavoro» e coloro da inviare direttamente alla morte.
L'area veniva circondata da uomini delle SS armati e da altri internati che provvedevano ad accostare rampe in legno alle porte dei vagoni per semplificare e velocizzare la discesa dei nuovi arrivati. Gli stessi internati - che avevano l'assoluto divieto, pena la morte, di parlare con i nuovi arrivati per evitare il panico negli stessi - provvedevano a scaricare i treni in arrivo dei bagagli che successivamente venivano portati presso il settore Kanada di Birkenau dove si effettuava la cernita e l'imballaggio dei beni per il successivo invio in Germania.
Gli uomini venivano separati dalle donne e dai bambini formando due distinte file. A questo punto personale medico delle SS decideva chi era «abile al lavoro». Mediamente solo il 25% dei deportati aveva possibilità di sopravvivere. Il restante 75% (donne, bambini, anziani, madri con figli) era inviato direttamente alle camere a gas. Le percentuali abili/gassati fluttuarono per tutto il corso del conflitto, in base alle esigenze dell'industria bellica tedesca diretta da Albert Speer. Vi furono casi di interi treni di deportati inviati direttamente alle camere a gas senza nessuna selezione a causa del sovraffollamento del campo e del preventivato rapido arrivo di nuovi convogli, soprattutto durante lo sterminio degli ebrei ungheresi nel 1944.
La selezione era operata esclusivamente da personale medico delle SS, uno o più dottori a turno operavano «servizio alla rampa».
È importante notare come in questa fase le SS mantenessero un comportamento gentile ed accondiscendente al fine di mascherare le loro intenzioni e velocizzare le operazioni di scarico e selezione, infondendo falsa fiducia nei prigionieri appena arrivati, normalmente stanchi e confusi dal lungo viaggio.
Destino dei selezionati per l'eliminazione
Coloro considerati «non utili allo sforzo bellico» venivano inviati immediatamente in una delle quattro camere a gas mascherate da docce situate a Birkenau dove, in gruppi, i prigionieri venivano uccisi con gas letali (di solito Zyclon B). Un'altra camera a gas, la prima costruita, era presente anche ad Auschwitz I e fu operativa dal 15 agosto 1940 al luglio 1943, quando venne definitivamente abbandonata in favore delle più 'efficienti' camere presenti a Birkenau.
Arrivo al campo
I prigionieri dichiarati abili al lavoro venivano condotti negli edifici dei bagni, dove dovevano, anzitutto, consegnare biancheria ed abiti civili, nonché tutti i monili di cui erano in possesso; venivano privati, inoltre, dei documenti d'identità eventualmente posseduti. Uomini e donne potevano conservare solo un fazzoletto di stoffa; agli uomini era concesso conservare la cintura dei pantaloni.
Successivamente, i prigionieri venivano spinti nel locale in cui erano consegnati ai barbieri, che li radevano su tutto il corpo. L'operazione era condotta in maniera sbrigativa, dopo aver inumidito le zone sottopsote a rasatura con uno straccio intriso di liquido disinfettante.
Passaggio successivo era la doccia, cui seguiva la distribuzione del vestiario da campo: una casacca, un paio di pantaloni ed un paio di zoccoli.
Rivestiti dell'abbigliamento da campo, i prigionieri venivano poi registrati: veniva compilato un modulo con i dati personali (Häftlings-Personabogen) e con l'indirizzo dei familiari più prossimi. I detenuti ricevevano, poi, un numero progressivo che, per tutta la durata del soggiorno all'interno del campo di concentramento, ne avrebbe sostituito il nome. Il numero era tatuato sul braccio sinistro del prigioniero, dapprima attraverso uno speciale timbro di metallo, sul quale venivano fissate cifre interscambiabili, fatte di aghi della lunghezza di circa 1 centimetro e successivamente attraverso il ricorso a singoli aghi, utilizzati per eseguire punture sull'avambraccio.
Dalla pratica del tatuaggio erano esentati i cittadini tedeschi ed i prigionieri 'da educare', nonché i detenuti trasporti da Varsavia durante l'insurrezione dell'agosto-settembre 1944 ed alcuni ebrei deportati dopo il 1944.
La registrazione proseguiva poi con tre foto, che ritraevano il detenuto di fronte, di profilo destro e di profilo sinistro. Dal 1943, a causa delle difficoltà nel reperire materiale fotografico, le foto furono generalmente limitate ai soli detenuti tedeschi.
I detenuti ritenuti 'abili al lavoro' dovevano lavorare fino allo stremo per numerose ditte tedesche, tra cui la I.G. Farben, produttrice del gas che serviva a sterminarli, la Metal Union e la Siemens. Nel campo non c'erano servizi igenici, nessuna assistenza medica, fame ed epidemie erano all'ordine del giorno.
Oggi
Il campo di concentramento di Auschwitz è oggi un luogo dedicato alla memoria delle vittime che lì vennero uccise. In Germania, dal 1996, il 27 gennaio (giorno della liberazione di Auschwitz) è la giornata ufficiale del ricordo delle vittime del nazionalsocialismo; ed anche in Italia la stessa data è ricordata come Giorno della Memoria.
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