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URSS e USA nella guerra




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URSS e USA nella guerra



Nella presunzione di poter impostare la guerra con­tro l' URSS come un semplice episodio del conflitto con l'Inghilterra, Hitler attaccò improvvisamente la Russia il giugno immediatamente seguito dall'Italia, dall'Ungheria, dalla Romania e dalla Finlandia.


Egli pensava che, prima dell'in­verno, il grosso del potenziale militare e industriale sovietico sareb­be stato liquidato e che ciò gli avrebbe concesso di riprendere con maggior lena la guerra contro il Commonwealth e di costringerlo ad accettare una pace nazista.

I fatti avrebbero però smentito punto per punto le speranze di Adolf Hitler e dello stato maggiore germanico

Al contrario degli altri paesi vittime dell'aggressione nazista, la Russia disponeva di enormi spazi, capaci, se opportunamente sfruttati, di assorbire an­che i balzi in avanti di centinaia di chilometri delle Panzerdivisio­nen e di fiaccare la furia di movimento del Blitzkrieg tedesco

Na­turalmente gli spazi, un tempo sufficienti a stancare il piede del fante e a frapporre difficoltà insormontabili ai rifornimenti, non potevano, da soli, essere un mezzo di difesa adeguato contro un esercito motorizzato e modernamente attrezzato qual era la Wehrmacht; perciò l'esercito sovietico, cui i piani quinquennali avevano procurato adeguati armamenti, pur retrocedendo e usando degli spazi, si impegnò sin dal territorio polacco in una strenua resisten­za, imparando a non lasciarsi scomporre neppure quando era supe­rato dai cunei avanzati delle Panzerdivisionen nemiche, e oppo­nendosi validamente alle fanterie che le seguivano.

Ciò nondimeno l'avanzata tedesca, sebbene più len­ta e più costosa del previsto, ingoiò presto la Polonia già in mano russa e penetrò nel suolo dell'URSS: nel luglio cadde Vitebsk, nel settembre Kiev, la capitale dell'Ucraina.

Il 12 otto­bre il Führer annunziò ai Tedeschi e al mondo che l'Unione Sovie­tica sarebbe stata annientata prima dell'inverno

Nel novembre la Wehrmacht prese contatto con il sistema difensivo della stessa Mo­sca. Ma qui, dopo una ventina di giorni di accaniti combattimenti, resi anche più duri prima dal fango e poi dall'inverno incombente, il Blitzkrieg tedesco, logorato dall'immane sforzo e dall'allunga­mento delle vie di rifornimento, fu inchiodato al suolo (6 dicembre e l'armata germanica fu costretta a sua volta a difendersi dai durissimi attacchi dei Russi, che si protrassero sino al feb­braio dell'anno seguente.


Nello stesso andavano maturando sul piano mondiale altre condizioni che, considerate global­mente, potevano far sospettare, contro tutte le appa­renze, che la potenza del Tripartito, nel momento stesso in cui per­veniva al suo apogeo, fosse avviata ad un inevitabile tramonto.

Nel marzo era stata votata a Washington la famosa legge affitti e prestiti, che autorizzava il presidente degli Stati Uniti a fornire ma­teriale ai paesi belligeranti (cioè praticamente all'Inghilterra), die­tro il semplice impegno di questi a restituirlo dopo l'uso; si trattava di un rilevante passo avanti verso l'intervento americano contro quel Tripartito che, associando l'imperialismo giapponese nel Paci­fico a quello germanico in Europa, costituiva una trasparente mi­naccia anche per gli Stati Uniti.

Il 14 agosto 1941 Roosevelt e Churchill si incontra­vano a bordo di una nave da battaglia ancorata nella baia di Terranova e fissavano nella Carta Atlantica i princìpi di una politica comune, ai quali il mese dopo avrebbe aderito anche la Russia


In tale documento gli Anglo-americani dichiaravano:

di non mirare ad alcun ingrandimento territoriale;

di opporsi ad ogni mutamento di confini che non fosse sancito dalla libera volontà dei popoli interessati;

di rispettare il diritto di ogni popolo a darsi la forma di governo sotto la quale intendeva vivere;

di voler restituire i diritti di autogoverno a quei popoli che ne erano stati privati con la forza;

di auspicare il libero accesso di tutti i popoli alle materie prime e ai commerci mondiali (contro le tesi autarchiche nazifasci­ste);

di voler attuare fra tutti i popoli la più piena collaborazione economica;

di impegnarsi perché, «dopo la definitiva distruzione della tirannia nazista», si stabilisse una pace che garantisse a tutti i popoli di vivere sicuri e «liberi dal timore e dal bisogno» entro i lo­ro confini;

di desiderare che mari ed oceani fossero aperti alla libe­ra navigazione di tutti;

di auspicare, infine, l'abbandono dell'uso della forza nelle controversie internazionali, il progressivo disarmo e l'istituzione di un sistema di sicurezza generale.


L'importanza della Carta Atlantica stava soprattutto in questi tre punti:


la Carta costituiva una specie di manifesto ideologi­co-politico che si contrapponeva alla barbarie del Nuovo Ordine hitleriano;

definiva un ampio denominatore comune fra le po­tenze a democrazia liberale e la Russia comunista;

impegnava implicitamente gli Stati Uniti, per quanto non ancora belligeranti, alla distruzione del nazismo. L'intervento dell'America era del re­sto ormai prossimo.




Le vicende della guerra in Europa avevano facilitato l'attuazione del programma imperialistico nipponi­co in Estremo Oriente

Il Giappone infatti, mentre continuava con successo la guerra contro la Cina iniziata nel 1937, poté approfittare della sconfitta della Francia per oc­cupare le colonie francesi in Indocina.

Gli Stati Uniti, però, veden­do che le loro posizioni economiche e strategiche in Asia e nel Pa­cifico erano minacciate dall'espansione nipponica, cercarono di contrastarla inviando consistenti aiuti militari alla Cina e facendo mancare al Giappone le forniture di petrolio, essenziali per la sua sopravvivenza.

Il Giappone credette allora di risolvere la questione a suo vantaggio attaccando improvvisamente con i propri aerosiluranti la flotta statunitense stanziata a Pearl Harbor nelle isole Hawaii dicembre e riuscì effettivamente, grazie al vantaggio della sorpresa, a uccidere più di marinai ameri­cani e a mettere fuori combattimento corazzate, incrociatori e aerei. Gli Stati Uniti subivano così un colpo durissimo, che pe­raltro intaccava solo localmente e temporaneamente la loro poten­za complessiva.


Il giorno dopo Pearl Harbor seguirono le dichiarazioni di guerra del Giappone anche all'Inghilterra, al Canada e all'Australia, men­tre 1'11 dicembre le potenze dell'Asse dichiaravano a loro volta la guerra agli Stati Uniti

Rimase invece in vigore sino alla vigilia del­la resa del Giappone un trattato di non aggressione russo-nipponi­co, stipulato nell'aprile del 1941.


Il bilancio della seconda metà del 1941 era dunque virtualmente disastroso per l'Asse Roma-Berlino: sino al 22 giugno la Germania e l'Italia avevano contro di sé solo l'Inghilterra; dall'11 dicembre esse avrebbero dovuto affrontare le tre massime potenze indu­striali del mondo.

Nei primi mesi di guerra, comunque, i Giapponesi passarono di vittoria in vittoria: s'impadronirono dell'Indocina respingendo gli Inglesi sui confini dell'India, espu­gnarono le basi britanniche di Hong Kong (25 dicembre e di Singapore febbraio e operarono una serie di sbarchi nel Borneo, nelle Filippine, a Sumatra, a Giava e nella Nuova Guinea, giungendo a minacciare pericolosamente l'Australia.

Di fronte alle coste di questo continente essi subirono però la prima battuta d'ar­resto: nella battaglia del Mar dei Coralli (7-8 maggio infatti, le sopraggiunte unità navali statunitensi inflissero alla flotta nipponi­ca durissime perdite e iniziarono, come vedremo, il rovesciamento della situazione.


La guerra in Estremo Oriente ebbe ripercussioni an­che sul fronte libico-egiziano

Dopo la vittoriosa campagna di Rommel dell'aprile, sullo scorcio del 1941 gli Inglesi erano nuovamente riusciti ad occupare tutta la Cirenaica, ma due offensive sferrate dagli Italo-tedeschi fra il gennaio e il giugno del (la seconda delle quali particolarmente favorita dal fatto che i rinforzi inglesi destinati all'Africa settentrionale avevano dovuto essere dirottati verso lo scacchiere nipponico) costrinsero gli Ingle­si, prima, a ritirarsi sin quasi a Tobruch, poi a retrocedere ulterior­mente sino ad el-Alamein, che segnò il punto di massima penetra­zione delle truppe dell'Asse sul suolo egiziano.


Eppure, come dicevamo sopra, se si procede ad un raffronto fra le potenze del Tripartito e gli Alleati anglo-russo-americani, il vantaggio strategico rimane dei secondi.

La Germania, per quanto abbia imposto il suo dominio in Europa, vi si trova come assediata e, per giunta, minata all'interno dalla re­sistenza attiva e passiva dei paesi sottomessi, che impegnano centi­naia di migliaia di soldati tedeschi nella trista opera di presidio e di repressione.

Lo stesso può dirsi del Giappone, che controlla una porzione relativamente non troppo ampia del Pacifico.

Queste due enormi fortezze d'Europa e d'Asia non sono fra di loro comunican­ti, mentre gli Alleati anglo-russo-americani controllano le grandi vie di comunicazione mondiali, oceaniche ed aeree, e costituiscono un sistema unico le cui parti sono perfettamente intercomunicanti.

Se si passa a considerare la capacità produttiva dei due blocchi contrapposti, basteranno alcuni dati ad illuminare sul processo che va spostando la situazione in favore degli Alleati. Nel 1941 la Ger­mania ha costruito 3800 carri armati, ma l'Inghilterra ne ha co­struiti 4800 e gli Stati Uniti ben 5000. Nel 1942 i soli Stati Uniti passarono da uno a cinque milioni e mezzo di tonnellate di naviglio mercantile varate, e produssero 48 000 aerei e 32 000 carri armati; mentre persino nella produzione agricola, dove ci si sarebbe potuti attendere una flessione a causa della guerra, realizzarono, dal 1941 al 1942, un incremento del 12%.

Grazie alla loro potenza economi­ca, gli USA poterono pertanto, lungo il corso della guerra, inviare cospicui aiuti - specialmente in mezzi motorizzati - all'Unione Sovietica

I progetti del Nuovo Ordine erano dunque mal fondati anche da un punto di vista tecnico ed economico; ma, come ora vedremo, erano soprattutto assurdi e mostruosi dal punto di vista etico-poli­tico.




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