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Unità d'Italia
Nella seconda metà dell'ottocento l'Italia realizzò la propria unificazione.
In quel periodo le posizioni dominanti fra i patrioti italiani erano due: quella liberale moderata e quella democratica.
I moderati ritenevano che il processo di unificazione dovesse essere guidato dall'alto cioè da un sovrano evitando momenti insurrezionali pensando all'Italia come una monarchia costituzionale e parlamentare.
I democratici, il cui maggior esponente era Giuseppe Mazzini, pensavano invece che la nuova Italia non dovesse essere fatta dai principi, ma dal popolo attraverso un'insurrezione (Ricorso alla forza delle armi per ottenere un cambiamento di governo o di regime politico); progettavano di costruire una repubblica basata sulla sovranità popolare. Il biennio 48-49 aveva rappresentato la sconfitta di tutte le ipotesi di indipendenza ma nel decennio successivo maturarono le condizioni interne ed internazionali per la soluzione del problema italiano.
In questi dieci anni il Piemonte si affermò come il principale punto di riferimento per il processo di unificazione del paese. Unico, il Regno di Sardegna mantenne in vigore lo Statuto Albertino concesso da Carlo Alberto e avvio un processo di sviluppo economico e di rinnovamento politico.
Dopo il 1848 si accentuarono i caratteri oppressivi e polizieschi dei vari regimi e in Piemonte poté verificarsi un'alleanza politica fra la monarchia e la classe dirigente liberali (proprietari terrieri, imprenditori, intellettuale) ma negli altri stati si aprì una frattura sempre più profonda tra i governi e le forze sociali e politiche progressiste, che iniziarono a guardare il Piemonte sempre con maggior fiducia.
Il 17 marzo 1861 l'Italia, tranne il Veneto e Roma, si unifica sotto il potere di Vittorio Emanuele II. Questo grazie alla seconda guerra di indipendenza perché nella prima I piemontesi subirono una pesante sconfitta a Novara.
La seconda guerra d'indipendenza era stata preparata diplomaticamente da Cavour (aveva fondato con alcuni moderati piemontesi il giornale 'Il Risorgimento', che diresse per un anno (1847-48), continuando poi a collaborarvi fino al 1850, quando venne nominato ministro dell'Agricoltura nel governo di Massimo d'Azeglio, Dopo essere stato ministro delle Finanze, il re Vittorio Emanuele II lo nominò capo del governo (1852), carica che gli permise di adottare misure per lo sviluppo economico del Piemonte e per la costruzione di una rete ferroviaria) con degli accordi segreti con l'imperatore francese Napoleone III che impegnava la Francia ad entrare in guerra a fianco del Piemonte, ottenendo in cambio Nizza e Savoia, ma se questo sarebbe stato attaccato dall'Austria era prevista una divisione dell'Italia in tre parti.
Vienna inviò un ultimatum che Cavour respinse e così il 26 aprile 1859 l'Austria dichiarò guerra al Piemonte invadendone il territorio cominciando cosi la seconda guerra di indipendenza. Napoleone III, dopo che il corpo degli uomini di Garibaldi vinse a Magenta, Solferino e San Martino, si ritirò perché preoccupato dalle reazioni dell'opinione pubblica francese. Firmò un armistizio con l'Austria chiamato di Villafranca, la delusione fra i patrioti italiani fu enorme e Cavour per protesta si dimise. La ripresa dell'iniziativa democratica diede una svolta decisiva alla vicenda. Parma, Modena e Toscana decisero con un plebiscito (votazione popolare su questioni inerenti la sovranità o l'autodeterminazione di un popolo) l'annessione al Piemonte.
Cavour ritornato al governo riuscì ad ottenere dalla Francia la ratifica di queste annessioni cedendo Nizza e Savoia.
Si era accesa in Sicilia una rivolta separatista e i democratici cercarono di riavviare li la lotta finita nel nord del paese.
Garibaldi con circa mille volontari tra studenti, intellettuali, artigiani e operai salpò a Quarto , con l'appoggio delle popolazioni abbattono il governo borbonico in Sicilia, prosegue la liberazione fino a Napoli e dopo l'intervento piemontese nell'Italia centrale si giunse alla proclamazione del regno di Italia che esclude Roma e il Veneto.
Per liberare il Veneto dagli austriaci l'Italia si allea con i Piemontesi, si apriva la questione romana cioè la presenza dello stato pontificio nel Lazio, per unificarlo un reggimento di bersaglieri entrò a Roma e si completò il processo di unificazione, le leggi dello statuto Albertino si estengono in tutta Italia. Le cause si questa unificazione erano molteplici:
La dominazione straniera e la presenza di ordinamenti politici e amministrativi antiquati erano un ostacolo insuperabile per lo sviluppo economico e civile, l'amministrazione austriaca era un freno intollerabile, Vienna non garantiva un adeguato sviluppo delle comunicazione ed imponeva una politica doganale sfavorevole, l'Italia era divisa economicamente con dogane, leggi commerciali, monete, sistemi di peso, misure differenti che rendono difficilissimi li scambi.
E poblemi post-unitari
I problemi dell'Italia unita sono di natura politica, economica e sociale.
POLITICI, C'è lo statuto albertino, i rappresentanti non sono di tutta Italia, il potere accentrato fa sentire il sud escluso, ci sono die territori non ancora unificati come lo St. Chiesa, Veneto e Trentino.
ECONOMICI, Bisogna fare un'economia unita con un libero scambio bisogna costruire strade e vie di comunicazione per collegare il nord al sud.
SOCIALI, il sud vuole poteri politici quindi bisogna estendere il potere a tutti, bisogna costruire scuole al sud e questo accompagnato alla costruzione di vie di comunicazione porterà ad una forte imposizione fiscale, si istituisce l'obbligo scolastico e la leva obbligatoria ma il sud dice che i giovani devono lavorare, questione romana
Il parlamento è diviso in due camere, il senato e i deputati, a destra ci sono i conservatori (ne facevano parte i liberali, borghesi e i nobili) a sinistra vi erano i democratici ex mazziniani che volevano un'economia protezionista, l'abolizione della tassa sul macinato, una politica meno conservatrice e una politica estera coloniale, l'Italia si spinge in Africa.
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