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Ungaretti e il fascismo




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Ungaretti e il fascismo


LA VITA


Nasce ad Alessandria d'Egitto il 10 febbraio 1888 da genitori lucchesi (Toscana), Maria Lunardini e Antonio Ungaretti, emigrati in Egitto nel periodo dei lavori per lo scavo del Canale di Suez. Il padre muore quando il poeta ha appena 2 anni e la madre continua a gestire un forno alla periferia della città.

Dagli otto ai sedici anni frequenta il collegio salesiano, dove soffre la pesante disciplina, continua gli studi del diritto nella scuola migliore della città, "L'Ecole Suisse Jacot".

Il periodo africano è fecondo di amicizie, con il compagno di scuola Moammed Sceab e il compagno e il contemporaneo Enrico Pea che emigrato ad Alessandro d'Egitto all'età di 16 anni, commercia in armi ed ha formato il circolo anarchico, la "Baracca rossa" cui aderisce anche Ungaretti. Insieme hanno collaborato a riviste e giornali anarchici.




Ungaretti parte per l'Italia, poi si trasferisce a Parigi dove studia per due anni alla Sorbona seguendo le lezioni del filosofo Bergson senza, tuttavia, laurearsi. Frequenta intanto i maggiori esponenti delle Avanguardie: Afallinaire, Picasso, Braque, De Chirico, Modigliani, e nei loro frequenti soggiorni a Parigi, Soffici, Papini, Palazzeschi, Martinetti, Boccioni.

Gli anni parigini furono segnati da un evento tragico che turbò fortemente il giovane Ungaretti: il suicidio dell'amico Moammed Sceab, che si era trasferito con lui dall'Egitto a Parigi.




Rientra in Italia per prendere l'abilitazione a Torino per l'insegnamento della lingua francese; poi si dedica all'insegnamento in una scuola secondaria di Milano. Partecipa poi alla campagna interventista e si aruola volontario combattendo sul Carso.

L'esperienza gli ispira "temi" della sua prima raccolta di poesie. La prima poesia dal fronte (Porto Sepolto) è datata 22 dicembre 1915.




Vive a Parigi lavorando presso l'ambasciata italiana e scrivendo corrispondenza per il "POPOLO D'ITALIA" (il giornale di Mussolini).

          Sposa Jeanne Dupoix.

          La difficile condizione economica lo induce a trasferirsi ai Castelli Romani.

          Si impiega presso il Ministero degli Esteri.

          Nel 1925 pubblica a La Spezia "L'Allegria" in cui confluiscono le raccolte "IL PORTO SEPOLTO" 1916 - "ALLEGRIA DI NAUFRAGI" 1919 - La prefazione è di Benito Mussolini.

          Il 1926 muore la madre.

          Il 1928 è l'anno della conversione alla religione cattolica, dopo un periodo trascorso a Subiaco, nella settimana di Pasqua.

          Nel 1931 diventa corrispondente della "Gazzetta del Popolo" e compie numerosi viaggi in Europa e in Egitto.




Accetta l'incarico di insegnamento di letteratura italiana all'Università di S.Paolo in Brasile.

Nel 1939 è colpito da un grave lutto: la morte del figlio Antonietto di 9 anni, dovuta ad un'appendicite mal curata (in realtà aveva la difterite).

Nel 1937 era morto il fratello Costantino. Nel 1942 rientra in Italia  dopo che il Brasile ha dichiarato guerra all'Asse di cui fa parte l'Italia; fu nominato Accademico d'Italia; in seguito gli venne conferito un insegnamento universitario a Roma per "chiara fama".

Dopo una vecchiaia attivissima, costellata di viaggi, premi, conferenze, nella quale Ungaretti recita volentieri la parte di protagonista e di simbolo enfatico del "poeta", muore a Milano nella notte tra il primo e il due giugno del 1970.

LE IDEE

Non si ha alcuna notizia di un ripensamento di Ungaretti sulla sua adesione al fascismo, neppure dopo la sua caduta. L'adesione al fascismo da parte di Ungaretti è un problema notevole della critica letteraria e biografica, che andrebbe indagato a fondo e che non è mai stato preso seriamente in considerazione. Le sue poesie contro la guerra e poi la sensibilità e l'umanità dimostrata dal poeta sono in stridente contraddizione con l'adesione ad un movimento che faceva delle persecuzione politica e poi dell'alleanza con il nazismo (anche avallando e praticando direttamente le persecuzioni ebraiche), i suoi mezzi di lotta correnti. Contraddizione ancor più evidente se si pensa al nuovo massacro del secondo conflitto mondiale, del tutto simile a quello a cui si riferiva e che condannava lo stesso Ungaretti nelle sue liriche del 1915-1916. Ungaretti visse personalmente questo periodo

Nel 1924, per esempio, non si ha notizia di una sua reazione di fronte all'omicidio del deputato socialista Matteotti. Certo, nel 1944 scrisse nuovamente contro la guerra: 'Non gridate più', e la raccolta del 'Dolore'. E tuttavia mantenne i suoi rapporti con il fascismo ed addirittura le sue relazioni personali con Mussolini, che gli fece avere la cattedra universitaria Roma. L'adesione di Ungaretti al fascismo rimane dunque una grande ombra sulla sua vita e sulla sua integrità morale. D'altra parte la sua poesia e le sue riflessioni, cariche di umanità, testimoniano la genuinità della sua lirica che non era certo al servizio del 'regime'.




LE RACCOLTE POETICHE


All'interno della produzione ungarettiana possono essere riconosciute quattro fasi principali. La prima è identificabile con la raccolta l'Allegria, edita nel 1931, e fu caratterizzata dall'uso continuo della pausa e del verso di poche sillabe per comunicare gli attimi delle illuminazioni.

La seconda fase coincise con la pubblicazione del Sentimento del tempo (1933 e 1936). Ungaretti si mostrò sensibile alla tendenza, italiana, ma anche e soprattutto europea, di «richiamo all'ordine»: recuperò la tradizione, a partire da Petrarca, poi Tasso e Leopardi; riprese le forme metriche tradizionali; assunse un lessico e una sintassi decisamente auliche.

La terza fase è quella del Dolore (1947) e della Terra premessa (1950) dove, alla tematica della sofferenza individuale e collettiva, si accompagnò nuovamente un'accanita volontà di sperimentazione linguistica.

Infine abbiamo l'ultima produzione ungarettiana, che accolse materiali più eterogenei.



L'ALLEGRIA


Alle spalle della prima raccolta complessiva delle liriche ungarettiane si pongono due prove giovanili: i trentadue testi dell'orto sepolto, edito nel 1917, in soli ottanta esemplari a spese del giovane ufficiale, amico del poeta, Ettore Serra; e le ottantaquattro liriche dell'Allegria di naufragi (1919).

I titoli di queste prime sillogi rivelano già le tematiche fondamentali della poesia di Ungaretti. Il primo fa riferimento alla probabile esistenza, al di sotto dell'attuale porto di Alessandria, di un bacino di attracco molto più antico, precedente l'epoca tolemaica e l'arrivo di Alessandro. Esso diviene per l'autore simbolo del «segreto» della poesia, nascosto e indecifrabile all'interno di noi, che il poeta deve fare-emergere.

Allegria di naufragi è, invece, un ossimoro e rappresenta, come Ungaretti stesso disse nella Nota introduttiva, «quell'esultanza d'un attimo, quell'allegria che, quale fonte non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare». Il poeta fece propria l'esperienza della guerra e del dolore, dalla quale apprese, come disse in Veglia, che l'amore della vita, l'attaccamento a essa, scaturiva spesso, se non sempre, dall'orrore della morte.

Su questi esperimenti iniziali Ungaretti lavorò per quasi quindici anni, cercando di raggiungere un suo ideale di essenzialità. Da tale attività scaturirono le cinque sezioni dell'Allegria (1931, poi rielaborata e pubblicata di nuovo nel 1942).

Il libro risulta profondamente unitario sia per contenuti sia per forma. Fra i temi principali troviamo la rievocazione dell'infanzia e della giovinezza trascorse ad Alessandria, con le immagini del deserto, dei miraggi, dal mare e del porto, sullo sfondo delle cantilene arabe; il tema del viaggio, che accentua i connotati di esilio e di estraneità e, infine, l'esperienza del fronte, della guerra di trincea e del contatto con la propria gente.

Tutte queste tematiche trovano terreno comune nella rappresentazione di sentimenti elementari, come l'amore, il dolore, l'aridità, le passioni, in una realtà di vita e di morte che scopre la fraternità degli uomini nella sofferenza. L'individuo si sente costantemente in oscillazione fra essere e nulla, realtà e mistero, presenza e assenza, gesto e immobilità. La sua identità si ritrova nell'«attimo», nell'improvvisa rivelazione del rapporto assoluto con la natura (I fiumi).

Sul piano formale a tutto ciò corrisponde l'isolamento della parola, le relazioni analogiche fra gli oggetti, il silenzio dello spazio bianco, simbolo di un'immagine di uomo sospeso fra memoria e morte (San Martino del Carso), precario e fragile (Natale).







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