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Sviluppo della religione romana




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SVILUPPO DELLA RELIGIONE ROMANA













I  SACERDOTI


In età monarchica la massima autorità religiosa romana era il re; col crollo della dinastia dei Tarquini la direzione religiosa della città fu condivisa invece per un certo periodo dal rex sacrorum e dal pontifex maximus . Col passare del tempo, però fu quest'ultimo ad assumere la guida effettiva dei rapporti tra la società degli uomini e il mondo divino.

Il pontifex maximus presiedeva il collegio dei pontefici; assistito dai loro consigli, vigilava a che le tradizioni si conservassero ed era il custode di tutti i culti della città. L'intero collegio aveva stretti rapporti con le Vestali, le sei sacerdotesse di Vesta, la dea  del fuoco, che risiedevano nel Foro in una casa accanto al tempio della dea. Spettava al pontefice sceglierle tra le fanciulle dai sei ai dieci anni e vigilare al fine che esse rimanessero vergini per trent'anni al servizio della dea: esse vestivano di bianco ed erano le custodi del fuoco della città, che non dovevano mai lasciar spegnere.Le circondava un'aurea di venerazione e di rispetto generale , ma la minima trasgressione all'obbligo di castità implicava la condanna a morte immediata: venivano sepolte vive, separate per sempre dal contatto col consorzio umano, che ne sarebbe stato contaminato.

Un altro importante collegio era quello degli auguri che, essendo gli interpreti della volontà degli dei, affiancavano i magistrati in ogni loro atto pubblico  e seguivano i comandanti in guerra verificando nei segni celesti l'opportunità delle loro iniziative militari.

Altrettanto importanti erano i sacerdoti addetti ai Libri Sibillini, prima in numero di due, poi di dieci, infine di quindici.Questi ultimi avevano tra l'altro l'effettivo potere di accogliere o respingere i culti delle divinità straniere, un argomento sul quale i Libri legiferavano nel loro modo oscuro, tutto affidato all'interpretazione di chi li custodiva.  


La religione romana




La religione romana, nella fase più antica, è caratterizzata da una concezione animistico-politeistica tendente a riconoscere una quantità di essenze divine e spiriti protettori (penati, lari, mani).

Solo verso il V secolo a.C si giunge alla costituzione di un vero e proprio Olimpo, in cui gli dei o derivano direttamente da divinità greche o vengono progressivamente ad esse assimilate. Come la religione greca, anche quella romana è una religione utilitaristica che offre sacrifici agli dei in cambio di vantaggi materiali; per ogni problema c'è una divinità specifica a cui rivolgersi e c'è un preciso rituale da rispettare.

La religione romana  non conosce né rivelazione, né libri sacri, ma trasmette , per lo più oralmente, delle norme rituali che diventano parte della condotta istintiva di ogni Romano. Nel culto conta solo l'esteriorità e non la disposizione interiore, per questo i Romani sono liberi di accostarsi ad ogni dottrina che non sia contraria alle leggi dello stato.

La religione romana è quindi tollerante e si modifica continuamente, attraverso l'assimilazione di nuovi culti e nuove divinità.

Il culto religioso si articola in 45 feste fisse e in altre cerimonie collettive affidate ai collegi sacerdotali.

La religiosità individuale compare in Roma relativamente tardi, attraverso le forme di culti misterici di derivazione greca, cui si affiancano, in età imperiale altri culti orientali. Questi culti, al contrario della religione tradizionale romana, rispondono alle domande sul senso della vita e, promettendo sopravvivenza dopo la morte, trovano facilmente nuovi fedeli.





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