LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI
Da quando è cominciato lo sviluppo
industriale moderno, ossia da due secoli, abbiamo avuto periodi di poco più di
mezzo secolo dominati, ciascuno, da una, due, grandi innovazioni. Le
"rivoluzioni industriali" nell'epoca moderna sono tre; a queste noi oggi
possiamo aggiungerne une quarta. La prima è la rivoluzione industriale vera e
propria che ebbe luogo in Inghilterra (1780-1840), in cui il processo di
sviluppo è dominato dall'introduzione e dalla diffusione della macchina a vapore
per usi fissi (per es. nell'industria tessile). La seconda rivoluzione
industriale (1840-1900) è dominata dalla macchina a vapore per usi mobili (per
es. navi a vapore). La terza rivoluzione industriale (1900-1950) vede una
maggiore varietà di grandi innovazioni: elettricità, motore a scoppio, chimica.
Accanto al carbone compaiono l'elettricità e il petrolio. Quella
dell'automobile è una delle industrie più dinamiche di questo periodo. Oggi
stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale, dominata dall'elettronica,
dal trasporto aereo e dall'energia atomica. Le innovazioni tecnologiche non
sono una novità, ma sono l'essenza della civiltà moderna e dello sviluppo
economico. Oggi di nuovo c'è l'accelerazione e la diffusione del processo e c'è
la crescente integrazione fra invenzioni e innovazioni, ossia fra il progresso
scientifico e le applicazioni delle invenzioni all'attività economica. Smith è
ben consapevole di un tale processo d'interazione: il suo liberalismo non è
riconducibile al solo liberismo; sotto l'aspetto politico, il suo non era un
programma solo puramente passivo, non si limitava ad auspicare il non
intervento dello stato nell'economia: al contrario, era un programma che
comportava lunghe lotte politiche e legislative, giacché si trattava di
abbattere le barriere ereditate dai tempi feudali che ostacolavano lo sviluppo
economico e civile. Smith vede nella sicurezza delle leggi e dei contratti e in
un amministrazione pubblica tollerabile efficiente ed onesta la prima premessa
per lo sviluppo. Le innovazioni tecnologiche sono essenziali per lo sviluppo
economico: senza tali innovazioni i rendimenti decrescenti delle terre e delle
miniere porterebbero inevitabilmente al rallentamento, prima, poi all'arresto e
infine al declino di una crescita produttiva portata avanti soltanto da una
crescente popolazione. Tuttavia le innovazioni non sono necessariamente
decisive nel ciclo economico, che oggi anche più che nel passato è influenzato,
oltre che dalle innovazioni, da impulsi provenienti da mercati internazionali e
dalla politica fiscale. In molti paesi sviluppati alla crescita
dell'occupazione nei servizi si è accompagnato il declino, prima relativo e poi
anche assoluto, dell'occupazione nell'industria; ciò ha indotto a parlare di un
processo di deindustrializzazione. Del resto in una prospettiva di lunghissimo
periodo, va ricordato che tante attività che oggi sono classificate come
industriali un tempo erano svolte, in forma primitiva, nelle campagne. Il
moderno processo di deindustrializzazione ha diversi aspetti in comune con
l'antico processo di deruralizzazione: entrambi possono essere visti come
grandiose manifestazioni di quella crescente divisione del lavoro di cui
parlava Smith.