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Storia: tracce di riflessione
Capitolo uno: l'età dell'assolutismo
Riassumi le tappe principali della "gloriosa rivoluzione" inglese. Riprendendo anche il tema della prima rivoluzione inglese, delinea la peculiare evoluzione del sistema politico dell'isola nel corso del Seicento.
Nel 1625 a Giacomo I successe sul trono d'Inghilterra il figlio Carlo I (1625-1649). Egli intraprese una politica accentratrice e assolutistica secondo il modello francese di Luigi XIV che stava diffondendosi tra le varie monarchie d'Europa. Ma la realtà inglese era diversa da quella francese e un simile modello non poteva attecchire con altrettanto successo di quello d'oltre Manica. Ai progetti di Carlo I si opponeva una nuova classe borghese, forte e molto determinata ad ottenere un proprio peso nella gestione del paese, ostacolo questo, che Luigi XIV non si era trovato a fronteggiare.
Con la Petition of Rights il parlamento si era espresso contro l'incarceramento arbitrario da parte del re dei suoi avversari e dell'imposizione di tasse senza previa autorizzazione delle camere. L'imposizione dell'anglicanesimo alla Scozia aveva causato la ribellione degli scozzesi: convocato il parlamento per far approvare le necessarie spese di guerra, questo si rifiutò di stare alla volontà del sovrano dal quale fu sciolto. Perciò Carlo I convocò un nuovo parlamento che intraprese una dura opposizione verso tutti i punti della politica assolutistica del re. Il tentativo da parte del sovrano di incarcerare i suoi oppositori provocò la guerra civile tra il re ed il parlamento. Schierati dalla parte del re stavano la Chiesa anglicana e la camera dei Lord, mentre il parlamento era appoggiato dalla gentry e dai presbiteriani che miravano alla realizzazione di un governo equilibrato tra monarchia e parlamento. Un esercito forte ed efficiente fu messo su dal puritano Oliver Cromwell, col quale sbaragliò l'esercito del re costringendo il sovrano a fuggire in Scozia dove questi sperava di trovare appoggio ma questa preferì venderlo agli Inglesi. Al rientro a Londra Carlo I fu processato e condannato a morte con l'accusa di aver tradito il popolo da cui egli era stato eletto.
Successivamente alla morte di Carlo I (1649) fu istituito in Inghilterra un regime repubblicano, il Commonwealth. Il parlamento abolì la Chiesa anglicana, la Corte delle tutele e della Camera dei Lord.
I rivoluzionari non erano coesi e fra essi esisteva una moltitudine di "sette" che proponevano diverse soluzioni per l'organizzazione di un nuovo stato. Governare risultava impossibile perciò Cromwell decise di imporre la sua dittatura autodichiarandosi lord protettore d'Inghilterra.
Cromwell nel 1658 e gli successe il figlio Riccardo, il quale però non seppe proseguire la politica del padre. Il generale Monk, approfittando del clima generale di aspettativa di un nuovo equilibrio tra monarchia e parlamento, riuscì a reintrodurre la vecchia dinastia reale. Salì al trono Carlo II, figlio di Carlo I, che fino a quel momento si era rifugiato presso la corte di Versailles in Francia.
Egli era intenzionato a proseguire la politica del padre e ad annullare tutte le riforme attuate dalla rivoluzione del '49. Da subito ripristinò la camera dei Lord e la Chiesa anglicana e diede inizio ad un'opera di persecuzione dei superstiti di coloro che avevano partecipato all'uccisione del padre.
Nel 1662 Carlo II aveva sposato Caterina di Braganza, una cattolica e nel 1672 aveva promulgato una dichiarazione di tolleranza nei confronti dei cattolici. Queste sue azioni avevano preoccupato il parlamento che con I Test Acts confermò la necessità dell'adesione alla fede anglicana per accedere ai pubblici uffici e con l'Habeas Corpus Acts aveva sancito l'inviolabilità della libertà dell'uomo.
Alla morte di Carlo II salì al trono il figlio Giacomo I sostenitore dell'assolutismo e convertito al cattolicesimo. Quando gli nacque l'erede maschio del trono il parlamento fu scosso da ulteriori preoccupazioni che in Inghilterra potesse insediarsi una dinastia cattolica. Per questa ragione il parlamento si rivolse a Guglielmo III d'Orange, Statolder d'Olanda e marito della figlia di Giacomo II, che sbarcò sull'isola senza alcuna difficoltà con un piccolo esercito. Al suo arrivo Giacomo I fuggì dal paese e Guglielmo poté insediarsi sul trono per volere del parlamento che nominò lui e sua moglie re e regina d'Inghilterra. Fu confermato il sistema costituzionale dal Bill of Rights che affidava al parlamento il potere legislativo e al re quello esecutivo. Al sovrano era inoltre vietato possedere un esercito in tempo di pace.
Nel Seicento l'Inghilterra fu l'unico caso in cui si sviluppò un potere costituzionale in cui i vari poteri dello stato non sono concentrati in un unico individuo e sono legati al controllo degli elettori.
In che modo Luigi XIV proseguì in Francia quel programma di centralizzazione del potere che era stato di Richelieu e di Mazarino?
Egli suddivise il territorio in trentadue province per poterlo gestire per intero. In ogni provincia il potere era affidato agli intendenti di giustizia, polizia e finanze che avevano compiti in campo amministrativo, giuridico, fiscale nei quali affiancarono i vecchi ufficiali regi. Nonostante ciò l'amministrazione della giustizia nelle campagne restava in mano ai nobili anche se poi, in effetti, questi non avevano più alcun rapporto coi propri dipendenti e con i loro possedimenti, legati com'erano alla vita di corte nella reggia di Versailles. Era stato proprio questo l'intento di Luigi XIV nella costruzione della sua immensa residenza. Col suo stile di vita lussuoso Versailles attirava la nobiltà del paese che non riusciva più ad allontanarsene e che da questa dipendeva inevitabilmente e senza accorgersene vi era imprigionata.
Luigi XIV aveva accentrato nelle sue mani tutti i poteri. Aveva posto sotto il controllo dello stato la gestione della giustizia bandendo tutte quelle forme di giustizia personale (duelli, sfide) molto diffuse: solo lo stato doveva detenere il controllo della forza. Si era posto col suo esercito a difesa del regno che perciò dipendeva necessariamente da lui. Aveva creato un complesso apparato per la riscossione delle imposte.
Parigi, con la vicina Versailles divenne il centro di un sistema di comunicazioni attraverso le quali ogni parte del regno gravita sul centro politico e amministrativo: un solo centro di potere, non vincolato ne limitato, dal quale tutti gli apparati dello stato ricevono competenze e autorità, come i pianeti ricevono la luce dal sole. E' questo il significato del nome "Re Sole" che Luigi XIV volle associare alla sua persona.
Descrivi le linee essenziali della politica finanziaria ed economica di Luigi XIV
La politica finanziari di Luigi XIV era una politica mercantilistica che aveva come scopo principale quello di accumulare moneta all'interno del regno. La quantità di moneta circolante è, infatti, indice delle condizioni economiche di uno stato: scarsa moneta circolante non permette la nascita di attività e lo scambio di merce con l'estero. Luigi XIV, ma soprattutto il suo primo ministro Jean Baptiste Colbert, fece in modo che non si verificasse una fuga di capitali all'estero cercando quindi di rendere la Francia il più possibile indipendente dagli altri stati. Per favorire la produzione interna sfavorì gli acquisti di merce estera ponendo alti dazi doganali ed eliminando quelli interni al paese e imponendo inoltre severi controlli sulla qualità dei prodotti importati. Attraverso privilegi, sgravi fiscali, ed esenzioni cercò di incrementare la produzione artigianale e industriale favorendo quelle industrie che esportavano i loro prodotti all'estero permettendo in questa maniera un ulteriore ingresso di moneta nel regno. Organizzò delle compagnie di navigazione che monopolizzarono le rotte del commercio verso l'Africa e le Americhe.
Luigi XIV perseguì, nei confronti delle minoranze religiose, una politica restrittiva. Illustra ragioni di tale scelta e ricostruisci modalità e scopi che ispirarono la sua politica nei confronti del cattolicesimo
Anche in campo religioso Luigi XIV operò al fine di consolidare il suo regno ritenendo necessaria un'unica religione di stato in cui i francesi potessero identificarsi, un ideale comune a tutta il regno.
Si opponevano evidentemente a questo progetto le varie minoranze religiose che erano localizzate in vari punti del territorio e che ne minavano l'unità. Tra queste furono un problema per il sovrano le varie comunità ugonotte. I calvinisti francesi non si erano mai inseriti completamente nel tessuto del regno, nel quale avevano sempre costituito piccole comunità isolate quasi indipendenti e concentrate in città abitate quasi solo da loro. Queste comunità erano particolarmente attive dal punto di vista del lavoro, fedeli all'impostazione della loro dottrina. Il re per costringere questa minoranza religiosa ad abbandonare adottò una politica di terrore, obbligando le famiglie ugonotte ad ospitare i soldati del re che saccheggiavano di continuo i loro beni e li maltrattavano. Ma il sovrano dovette ricorrere alla revoca dell'editto di Nantes per liberarsi definitivamente del problema degli ugonotti. Luigi XIV riuscì quindi nel suo intento che però ebbe una ricaduta negativa per l'economia del paese: gli Ugonotti erano stati per la Francia una gran fonte di denaro, poiché col loro spirito imprenditoriale riuscivano a vendere un grossa quantità di prodotti sia all'interno che all'estero.
L'altra minoranza religiosa che diede a Luigi XIV filo da torcere fu quella dei giansenisti, una "setta" di cattolici rigoristi che predicavano il ritorno alle origini per la chiesa e che condannavano le condizioni e la degradazione in cui vigeva l'ordine ecclesiastico. Il re non combatté da solo la lotta contro i giansenisti contro i quali ottenne l'aiuto della Chiesa romana che su richiesta del sovrano scomunicò la setta, azione questa che fece scaturire una serie di ritorsioni da parte del popolo e dello stesso Luigi XIV sulla comunità. In seguito intervennero alcuni esponenti del clero francese che bloccarono il provvedimento papale che era ritenuto lesivo delle libertà gallicane.
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