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STORIA: LA SECONDA GUERRA D'INDIPENDENZA
Nel 1852 Camillo Benso, conte di Cavour, salì alla guida del governo. Egli sosteneva che Stato e Chiesa fossero due istituzioni distinte, che dovevano rimanere assolutamente separate:
Nominato presidente del Consiglio, Cavour potè mettere mano alla realizzazione del suo progetto politico per l'indipendenza italiana.
Sosteneva che solo il Piemonte poteva realizzarla, perché non era sottomessa all'Austria; solo il Piemonte, inoltre, poteva garantire alle monarchie europee che l'Italia non si sarebbe spinta troppo in là, verso ideologie democratiche e radicali.
Avuta questa garanzia le potenze come la Francia e l'Inghilterra avrebbero potuto aiutare il Piemonte. Inoltre, l'Inghilterra poteva avere una ragione in più per sostenere la causa italiana: quella di creare nell'area del Mediterraneo una nuova Nazione sufficientemente forte da limitare l'influenza della stessa Francia.
Per realizzare il piano di Cavour era però necessario che il Piemonte trovasse il modo per di farsi prendere in considerazione dalle potenze di cui ricercava l'appoggio. L'occasione fu trovata nella guerra di Crimea. Nel 1854 la Russia aveva dichiarato guerra alla Turchia, per impadronirsi delle regioni affacciate sul Mar Nero. Francia e Inghilterra, preoccupate dall'espansione dell'impero russo, avevano sostenuto militarmente la Turchia.
La guerra si rivelò molto dura, anche per le grandi epidemie che scoppiarono fra le truppe alleate.
Il Piemonte inviò in Crimea un corpo di spedizione comandato dal generale Alfonso La Marmora.
Quattro mesi dopo , il nuovo corpo dei bersaglieri partecipò alla battaglia vittoriosa della Cernaia.
Poco meno di 200 uomini morirono sul campo, ma circa 1500 piemontesi persero la vita per l'epidemia di colera.Le conseguenze politiche di questo sacrificio furono estremamente positive:
Vittorio Emanuele II, in visita ufficiale a Londra e a Parigi, fu accolto con grandi dimostrazioni di simpatia e il giornale inglese Daily Telegraph salutò il giovane sovrano "come nostro alleato";
nel congresso per la pace, riunitosi a Parigi nel 1856, fu riservato un giorno a Cavour nel quale potè parlare della questione dell'indipendenza italiana.
Dopo gli accordi di Parigi i rapporti di amicizia tra il governo piemontese e l'imperatore dei Francesi , si fecero più stretti. Tuttavia, nel 1858, un drammatico episodio rischiò di far crollare l'abile costruzione politica di Cavour.Un repubblicano italiano, Felice Orsini, attentò con una bomba alla vita di Napoleone III. L'imperatore si salvò ma vi furono morti e feriti.Orsini voleva punire Napoleone per l'intervento militare del 1849 contro la repubblica romana. Prima di essere giustiziato, scrisse all'imperatore chiedendo perdono per il proprio gesto e raccomandandogli la causa della libertà italiana.
Dopo lunghe trattative diplomatiche tra Napoleone III e Cavour, un accordo segreto fu firmato a Plombières, nel 1858:Cavour ottenne l'impegno di un intervento militare francese in caso di aggressione austriaca al Piemonte e Napoleone III ebbe la promessa della cessione di Nizza e Savoia alla Francia.
Cavour si impegnò con l'imperatore, che temeva un'Italia troppo forte, a dividerla in quattro Stati: Nord, Centro, Sud e Stato Pontificio. In questo modo al Piemonte sarebbe toccata solo l'Italia Settentrionale;ma in realtà Cavour pensava di riuscire a volgere la situazione a proprio vantaggio una volta che l'Austria fosse stata sconfitta.
Il trattato di alleanza, stabiliva che la Francia sarebbe intervenuta per difendere il Piemonte da un attacco dell'Austria, non per aiutarlo ad attaccare il Lombardo-Veneto.Quindi Cavour mise in atto una serie di provocazioni per spingere l'Austria a dichiarare guerra al Piemonte.
Nei primi mesi del 1859 il Piemonte radunò le sue truppe sul Ticino. Ai soldati regolari si affiancarono migliaia di volontari giunti da tutta Italia, "i Cacciatori delle Alpi", comandati da Garibaldi.
Il governo Austriaco cadde nella trappola e inviò un ultimatum a Torino. Il re Vittorio Emanuele II rifiutò e le truppe austriache varcarono il Ticino per attaccare Novara e Vercelli, dando inizio alla Seconda Guerra D'Indipendenza Italiana. I piemontesi rallentarono l'invasione, allagando le risaie della zona e lentamente si riunirono ai francesi che, rispettato l'impegno assunto, scesero in Italia con un forte esercito comandato dallo stesso Napoleone III.
La prima battaglia avvenne presso Magenta, dove i francesi sconfissero nettamente gli austriaci. Garibaldi e i suoi cacciatori delle Alpi, conquistarono Varese, Como, Bergamo e Brescia.
Pochi giorni dopo i francesi batterono nuovamente gli austriaci a Solforino, mentre l'esercito piemontese otteneva una vittoria a San Martino.
La vittoria dell'esercito franco-piemontese sembrava ormai certo, ma la volontà dei governi dell'Italia Centrale di unirsi al Piemonte e il timore di un intervento della Prussia a sostegno dell'Austria indussero Napoleone III a chiedere un armistizio all'imperatore austriaco Francesco Giuseppe senza consultare i piemontesi.Napoleone III si spaventò: egli comprese che Cavour non si sarebbe limitato al governo dell'Italia Settentrionale I due sovrani si incontrarono a Villafranca dove firmarono i preliminari della pace(11 luglio 1859). L'intesa stabilì che:
Vittorio Emanuele II non si sentì abbastanza forte da respingere l'accordo e accettò. Per protesta Cavour diede le dimissioni da capo del governo.
Ma il piano di Cavour continuò a realizzarsi. Richiamato a capo del governo(1860), egli riprese a trattare con Napoleone III . L'imperatore non aveva ricevuto le ricompense promesse(Nizza e la Savoia) poiché il Piemonte sosteneva che firmando l'armistizio di Villafranca non aveva rispettato i patti. Cavour gliele offrì nuovamente pur di aver mano libera con la Toscana, l'Emilia Romagna, Parma e Modena. L'imperatore francese accettò la proposta.
La scelta se unirsi o no al Piemonte venne affidata a un plebiscito, una votazione con la quale i cittadini avrebbero dovuto dire si o no all'annessione. Veniva così stabilito un importante principio: ciascun popolo doveva decidere da se, con un voto, il proprio destino. L'Italia Centrale approvò a stragrande maggioranza dei votanti, con il 97% dei si.
Il 2 Aprile 1860 si inaugurava a Torino il nuovo Parlamento, allargato ai rappresentanti dell'Italia Centrale. Nello stesso mese scoppiarono alcune rivolte in Sicilia.
Forte era la presenza di Siciliani a Torino e a Genova: erano fuggiti o esiliati dalla loro isola. Fra questi, Francesco Crispi; un uomo politico. Egli convinse Garibaldi a organizzare una spedizione militare( la spedizione dei Mille) in Sicilia, garantendogli l'appoggio popolare.
Vittorio Emanuele II era segretamente favorevole all'impresa, mentre Cavour diffidava dei democratici garibaldini. Alla fine Cavour accettò il progetto.
Nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, 1070 garibaldini (i Mille) si imbarcarono presso lo scoglio di Quarto, vicino a Genova, su due piroscafi. Erano volontari che lasciavano la famiglia, il lavoro, la vita quotidiana, le professioni, lo studio per combattere con Garibaldi.
Dopo essersi fermati nel porto toscano di Telamone, per imbarcare armi e munizioni, i due piroscafi giunsero nel porto di Marsala, dove i Mille sbarcarono. A Salemi Garibaldi indirizzò un proclama alle popolazioni, invitandole alla rivolta e assumendo il comando in nome di Vittorio Emanuele II. Molti lo seguirono, non solo borghesi e artigiani, ma anche contadini, che spesso si sollevarono contro i grandi proprietari. Pochi giorni dopo lo sbarco, Garibaldi sconfisse le truppe borboniche a Calatifimi e occupò Palermo.
Il re di Napoli, Francesco II di Borbone, cercò di correre ai ripari. Andò alla ricerca di alleanze con le potenze europee e si affrettò a concedere una costituzione, per conquistarsi le simpatie dei liberali.
Ma era troppo tardi:le truppe garibaldine batterono nuovamente i borbonici a Milazzo e sbarcarono in Calabria. Il 7 settembre 1860 Garibaldi entrò in Napoli, accolto trionfalmente dalla popolazione, mentre Francesco II si rifugiava a Gaeta.
A questo punto Cavour decise di intervenire per prendere il controllo della situazione. Le sue motivazioni erano molteplici:
Alle potenze europee, e soprattutto alla Francia, Cavour dichiarò che era costretto a far intervenire l'esercito per evitare pericoli di una rivoluzione democratica a Napoli. In realtà questa scusa gli servì per far penetrare le truppe nello Stato Pontificio. Le truppe mercenarie del Papa furono battute a Castelfidardo.
Le Marche e l'Umbria, con voto plebiscitario, proclamarono l'annessione al Piemonte.
Nel frattempo Garibaldi aveva sconfitto definitivamente le truppe borboniche sul fiume Voltumo e Vittorio Emanuele II aveva raggiunto il suo esercito.
Il 26 ottobre 1860 Garibaldi e Vittorio Emanuele II s'incontrarono presso Teano. Qui Garibaldi salutò il sovrano come re d'Italia, affidandogli tutti i territori liberati. Nel mese di novembre la Sicilia e il Regno di Napoli votarono con il 99% di sì l'annessione all'Italia.
Garibaldi aveva compiuto un'impresa straordinaria, che gli valse un'enorme popolarità non solo in Italia, ma in tutta Europa. Per sé non volle onori e ricompense di nessun tipo. Chiese solo un posto per gli ufficiali garibaldini nel nuovo esercito italiano.
Garibaldi si ritirò a Caprera, un'isoletta nel nord della Sardegna. Ci si può chiedere perché lo fece. Era l' uomo più popolare e amato d'Italia e avrebbe potuto rimanere nella vita politica con grandi prospettive. Ma innanzi tutto era un uomo semplice e poco ambizioso: la sua casa di Caprera fu modestissima ed egli coltivò personalmente la sua terra.
Il primo atto del nuovo Parlamento Italiano (17 marzo 1861) fu la proclamazione del Regno d'Italia, con capitale Torino. Per completare l'unità del paese mancavano soltanto Roma e il Veneto.
Vittorio Emanuele II assunse per sé e i suoi discendenti il titolo di "re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione".
Neppure tre mesi dopo moriva Cavour. Fu una grave perdita, che privò l'Italia del solo uomo politico di alto livello, proprio quando era necessario dare inizio all'organizzazione del nuovo stato.
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