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Stalingrado
la battaglia di Stalingrado e l'operazione Uranus
Nell'estate del 1942 l'Heeresgruppe (gruppo di armate) B dell'esercito tedesco si spinse nel Caucaso con l'obbiettivo di occupare i pozzi petroliferi e la città di Astrachan.
Con l'obbiettivo di coprire il fianco sinistro dell'Heeresgruppe A la 6° armata del generale Paulus e la 4° Panzerarmee mossero verso Stalingrado, l'area era difesa dalla 62° armata sovietica. Il 23 agosto i tedeschi iniziarono la fase finale dell'offensiva contro Stalingrado, con un attacco a tenaglia: la 6° armata attaccò da nord-ovest, la 4° Panzerarmee da sud-ovest.
Lo stesso giorno 600 aeroplani della Luftwaffe bombardano Stalingrado distruggendo la periferia.
Al 12 settembre i russi si erano ormai ritirati dentro la città, il comando della 62° armata venne affidato al generale Chujkov. Questi organizzò in reparti di combattimento la popolazione della città per sfruttare la teoria della Landwhere di von Clausewitz, queste nuove unità, insieme ai rinforzi che attraversavano il fiume Volga di notte (65000 uomini, 24000 tonnellate di munizioni) gli permisero di tenere due teste di ponte al di là del fiume sino all'inverno.
La situazione dei tedeschi all'inizio di novembre era piuttosto precaria: avendo subito perdite ingenti nell'assedio di Stalingrado erano stati costretti a guarnire il fianco sinistro e destro della 6° armata con due armate rumene di dubbia affidabilità a causa delle armi inefficaci di cui erano dotate, nonchè della porzione di fronte troppo lunga che erano chiamate a difendere (65 Km. per ogni divisione).
L'unico ostacolo geografico che potevano sfruttare era il fiume Don che d'inverno però ghiacciava!
I generali Zhukov e Vasil'evskij progettarono un'offensiva per salvare la 62° armata e sfruttare la locale debolezza delle forze dell'Asse: ormai i russi avevano imparato, a loro spese, a usare la Blitzkrieg (guerra lampo).
Il piano prevedeva lo spostamento di una parte della riserva centrale (un milione di uomini) nel settore meridionale da ripartirsi in tre Fronti (equivalenti a piccoli gruppi di armate), i quali avrebbero dovuto lanciare un attacco a doppia tenaglia con l'intento di accerchiare la 6° armata, rendere precaria la posizione del gruppo di armate A.
Il 19 novembre scattò l'offensiva con l'attacco del fronte sud-occidentale del generale Vatutin (1° armata, 21° armata, 5° armata carri) che iniziò una marcia verso Kalach sul fiume Don; e del fronte del Don del generale Rokossovskij (65° armata, 66° armata, 24° armata) che uscendo dalla testa di ponte di Kleckaja puntò anch'esso su Kalach.
Salvo che nella zona di Kleckaja i rumeni tengono abbastanza bene, nonostante la potentissima preparazione di artiglieria e Katiusce.
Il giorno dopo, il 20 partì all'attacco anche il fronte di Stalingrado, del generale Emerenko (51° armata, 57° armata, 64° armata), queste tre armate si trovano sul fianco destro dei tedeschi che sono quindi minacciati di aggiramento, la 51° armata punta anch'essa su Kalach per chiudere i tedeschi.
Il 22 novembre le due branche della manovra a tenaglia si incontrano a Kalach, la 6° armata di Paulus e contingenti della 4° Panzerarmee sono virtualmente accerchiati nelle rovine di Stalingrado: Hitler e parte del suo Stato Maggiore non si rendono conto della gravità della situazione, gli ordini per Paulus sono di conseguenza di non provare a ritirarsi ma di resistere a oltranza.
Mentre viene allestita la 'fortezza' Stalingrado, il generale von Mainstein porta la sua 11° armata dalla regione di Leningrado a quella meridionale, unendo questa armata ad altri reparti costituisce un'improvvisata unità che chiama Heeresgruppe Don con cui spera di contrattaccare i russi e aprire una via di fuga per la 6° armata.
A questo punto Stavka, comando supremo dell'armata rossa, si trova di fronte a due possibilità:
1) ammassare forze per distruggere la 6° armata,
2) limitarsi a bloccare la 6° armata, obbiettivo che richiede un numero minore di reparti per lasciare gli altri liberi di appoggiare l'avanzata verso Rostov na Donau.
Credendo che a Stalingrado siano rimasti accerchiati solo pochi reparti Stavka opta per la prima soluzione, compiendo un gravo errore strategico:anche se a stento, il gruppo di armate A dal generale von Kleist, riuscirà a ritirarsi dal Caucaso attraverso Rostov, quando l'Armata Rossa disterà dalla città solo 8 km.
La 6° armata, accerchiata, viene rifornita per via aerea dagli Ju 52 della Luftwaffe, ma il ponte aereo dura per poco: l'Armata Rossa, avanzando alla volta di Rostov, occupa gli aeroporti e distrugge attrezzature essenziali come i pre-riscaldatori per i motori.
Il gruppo di armate Don contrattacca i sovietici pe liberare la 6° armata, ma la resistenza dell'armata rossa gli impedirà di avvicinarsi a più di 50km da Stalingrado, e la 6° armata non può venirgli incontro perchè è priva di carburante.
Gli sforzi del gruppo di armate Don sono stati inutili.
Il 10 gennaio sette armate comandate dal generale Rokossovskij, con l'appoggio di 7000 pezzi d'artiglieria danno l'assalto a Stalingrado che capitola il 31 di gennaio.
Dei 290000 tedeschi che erano rimasti nella sacca, 160000 hanno perso la vita, 34000 sono stati evacuati dalla Luftwaffe, 90000 sono stati fatti prigionieri fra cui 24 generali e Paulus (promosso Feldmaresciallo il giorno prima!), la Luftwaffe nel tentativo di rifornire Stalingrado ha perso 500 aerei.
La catastrofe avrebbe potuto facilmente essere evitata, a patto che la 6° armata fosse stata velocemente ritirata da Stalingrado in quanto difficilmente i russi sarebbero stati capaci di inseguire le retro-guardie tedesche.
L'Armata Rossa nell'inverno del 1942 non era ancora molto veloce e la meccanizzazione era ancora parziale, i russi non sarebbero riusciti a rimontare all'attacco per inseguire l'esercito tedesco,anche perchè la catena di comando sovietica era ancora un pò lenta, per quanto fosse stata sveltita da vari accorgimenti.
L'operazione 'Uranus' (controffensiva sovietica) può comunque essere considerata un successo, dovuto soprattutto all'ottima pianificazione e azione di comando del generale Zhukov, che coordinò bene l'attacco dei tre fronti del settore meridionale; il colpo, militare ma soprattutto psicologico, fu molto duro, il morale della Germania fu molto scosso da una catastrofe umana di quelle dimensioni.
Una svolta nella guerra? Così ce la presentano di solito i Russi, ma effettivamente il punto di svolta della guerra sul fronte orientale fu la battaglia di Kursk, che tolse ai tedeschi la capacità di lanciare nuove grandi offensive, ma Stalingrado avrebbe dovuto rappresentare per Hitler e i suoi generali un campanello dall'arme della rinnovata forza dell'Armata Rossa.
Grazie alla strategia dell'approccio indiretto la Stavka era riuscita quasi ad accerchiare l'Heersgruppe A nel Caucaso; il fatto che il generale von Kleist abbia salvato le sue truppe dall'accerchiamento e dalla distruzione ebbe come risultato quello di allungare la durata della guerra, ma anche di dimostrare agli alleati che l'esercito tedesco non era imbattibile.
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