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seconda guerra mondiale - SECONDA parte




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seconda guerra mondiale

SECONDA parte



L'espandersi del conflitto


Durante l'attacco tedesco agli Stati occid., l'U.R.S.S. procedette alla definitiva incorporazione dei territori baltici, già sottoposti alla sua 'protezione', e occupò, a danno della Romania, la Bessarabia e la Bucovina settentrionale. Per fermare l'avanzata russa, Hitler, da un lato, si preoccupò d'intervenire nelle regioni orient. dell'Europa, instaurando in Romania il governo filonazista di Ion Antonescu; dall'altro, firmò con il Giappone il 27 settembre 1940 un patto (detto tripartito per la partecipazione anche dell'Italia) che rappresentava un'aperta minaccia per l'U.R.S.S., a causa dell'impegno sottoscritto dalle potenze dell'Asse di costituire una 'grande Asia'. Intanto Mussolini, il quale si sentiva schiacciato dalla potenza politico-militare della Germania e tentava quindi di bilanciarne l'offensiva con una propria condotta autonoma di guerra (guerra parallela), combatteva gli Inglesi nel Mediterraneo e in Africa. Qui nell'agosto del 1940 l'esercito italiano occupò la Somalia, evacuata dalle forze britanniche, e nel settembre dello stesso anno avanzò, al comando di Graziani, verso l'Egitto, conquistando le località di Salûm e Sidi Barrani. La flotta italiana, che teneva sotto controllo il canale di Sicilia, riforniva le truppe impegnate in Africa, ma dovette subire da levante e da ponente gli attacchi di quella inglese, superiore per il numero delle corazzate e per l'impiego tattico dell'aviazione in appoggio alle unità navali. Tale superiorità si manifestò, agli inizi della lotta nel Mediterraneo, nello scontro di Punta Stilo (luglio 1940) e fu ribadita nel novembre dalla battaglia diCapo Teulada. Nel contempo la nostra flotta fu duramente colpita nella base di Taranto dagli aerei siluranti inglesi. Per rafforzare le basi del Mediterraneo e per controbilanciare in qualche misura l'influenza politica di Hitler, Mussolini tentò la conquista della Grecia. L'attacco ebbe inizio in ottobre: nei primi due mesi l'armata italiana non solo non riuscì a occupare il territorio greco, ma fu costretta ad arretrare in Albania di fronte alla controffensiva di truppe ben addestrate alla guerra di montagna. Il fallimento dell'attacco provocò una crisi nello Stato Maggiore italiano: a capo di questo Cavallero venne a sostituire il dimissionario Badoglio, che già si era dichiarato contrario alla campagna di Grecia. I primi mesi del 1941 videro la fine della 'guerra parallela' di Mussolini. L'apertura da parte dell'Italia di due nuovi fronti non aveva significato per l'Asse alcuna conquista degna di rilievo per il futuro andamento del conflitto. Già alla fine del 1940, infatti, si registrarono i primi successi degli Inglesi nella loro controffensiva in Africa orientale. Fu tuttavia lungo il litorale egiziano che le truppe britanniche concentrarono i loro sforzi per riconquistare il territorio perduto. Il generale Wavell contrattaccò agli inizi di dicembre con forze massicce e gli Italiani furono costretti a ritirarsi fino a Bengasi (6 febbraio 1941). Anche in Africa orient. essi, non riforniti dall'Italia e attaccati da divisioni corazzate inglesi, inviate a sud dopo i primi successi conseguiti sul fronte libico, cedettero, sia pure lentamente, all'offensiva nemica: dopo avere opposto un'accanita resistenza sull'Amba Alagi, al comando del duca d'Aosta, furono costretti ad arrendersi e ad abbandonare la lotta (maggio). In Grecia fallì un nuovo attacco portato nel marzo dal generale Cavallero. Nello stesso mese si registrò il disastro che colpì la flotta italiana a Capo Matapan (28 marzo), causato soprattutto dalla mancanza dell'aviazione in appoggio alla squadra navale e dall'impiego, da parte inglese, del radar. Hitler fu costretto a far intervenire le proprie armate sui fronti aperti da Mussolini per rimediare agli scacchi da questi subiti. Tali sconfitte ebbero l'effetto d'indicare nel settore mediterraneo il punto debole dello schieramento dell'Asse e di riportare così in equilibrio quella situazione bellica che pareva irrimediabilmente favorevole alla Germania dopo i successi conseguiti in Europa. Il momento appariva critico per il futuro sviluppo della guerra: mentre Hitler stava già preparando il suo piano d'attacco all'U.R.S.S., la ripresa della Gran Bretagna - che nel marzo del 1941 cominciò a ricevere aiuti dagli U.S.A. in seguito alla legge 'affitti e prestiti' - fece sì che alcuni Stati europei tesero a uscire dall'alleanza con Berlino. Quindi la Germania doveva sia contrattaccare sul fronte libico per arginare la supremazia inglese in Africa, sia conquistare gli Stati balcanici per assicurare alle spalle la futura avanzata verso l'U.R.S.S. L'esercito tedesco intervenne nella guerra libica con l'Afrika Korps, affidato al comando di Erwin Rommel e composto di divisioni corazzate e motorizzate. Di fronte a queste gli Inglesi, che nel frattempo avevano inviato uomini e materiali in Africa orient. e in Grecia, si trovarono in condizioni d'inferiorità rispetto ai Tedeschi e furono costretti a retrocedere per tutta la Cirenaica, mantenendo solo la base di Tobruch (24 marzo-13 aprile). Intanto nell'Europa orient. Hitler, dopo aver ottenuto nel marzo l'adesione della Bulgaria al patto tripartito, cercò di assoggettare con lo stesso metodo la Iugoslavia. Questa però, in seguito al colpo di Stato che portò al trono Pietro IIS, interruppe irapporti diplomatici con Hitler e prese contatto con Gran Bretagna e U.R.S.S. Il 6 aprile la Germania iniziò la campagna dei Balcani con un imponente schieramento di truppe e l'appoggio degli eserciti italiano, bulgaro e ungherese. La Iugoslavia, assalita per tutta l'estensione delle sue frontiere, dovette cedere in soli tredici giorni (6-18 aprile). La Grecia rimase isolata di fronte alle truppe tedesche, che all'inizio della campagna avevano già lanciato le divisioni di montagna a conquistare la Macedonia fino a Salonicco. Mentre al corpo di spedizione inglese di Maitland Wilson non restava che ritirarsi lentamente per evitare uno scontro diretto con forze troppo superiori, i Tedeschi conquistarono entro il 3 maggio l'intero territorio greco e riuscirono a occupare, con un deciso attacco di paracadutisti, Creta (1s giugno). È da dire tuttavia che Hitler non riuscì a estendere il suo dominio anche a est di Creta e - cosa rilevante per il futuro sviluppo della guerra d'Africa - sul Medio Oriente, dove anzi forze inglesi e golliste reprimevano un tentativo di rivolta fomentato dai nazisti e strappavano la Siria alla Francia di Vichy. L'occupazione della Grecia e della Iugoslavia costituì il preludio della campagna di Russia. In effetti Hitler, che fino ad allora aveva riportato vittorie su ogni fronte senza peraltro averne conseguita alcuna decisiva per l'esito finale del conflitto, si trovò nella necessità di affrontare l'U.R.S.S. Il fallimento della guerra-lampo e la conseguente presenza attiva della Gran Bretagna (che intensificò i bombardamenti sulla Germania con grave danno per l'industria bellica tedesca), le conquiste russe e il profilarsi dell'intervento americano spinsero Hitler ad aprire il nuovo fronte. La nuova mossa del Führer assunse diversi significati e tese a realizzare molteplici fini. Infatti al programma di distruggere, con una vera e propria crociata ideologica, il tradizionale avversario bolscevico s'accompagnavano l'obiettivo di assicurarsi le materie prime necessarie al proseguimento della guerra e la prospettiva di creare una grande potenza asiatica che, rafforzando quella nipponica, eliminasse ogni possibilità di un efficace intervento americano a sostegno della Gran Bretagna.



Le campagne di Russia e d'Africa, l'intervento degli Stati Uniti e i successi Giapponesi nel Pacifico (1941-42)


Il 22 giugno 1941 ebbe inizio l'attacco a sorpresa, senza ultimatum e dichiarazione di guerra, della Germania all'U.R.S.S. Le armate tedesche, che iniziarono l'offensiva divise in tre gruppi (comandati a nord da von Leeb, al centro da von Bock, al sud da von Rundstedt), sfondarono le frontiere russe secondo tre diverse linee di marcia, dirette la prima verso Leningrado, la seconda verso Mosca, la terza verso Kijev e Harkov. Le colonne tedesche raggiunsero in meno di un mese la linea fortificata Stalin, che andava dal golfo di Finlandia al Mar Nero . I Panzer, sostenuti dall'aviazione, guadagnavano ogni giorno chilometri su chilometri, facendo breccia a ondate successive negli schieramenti russi. Questi si trovarono stretti fra i mezzi corazzati, che si allargavano a ventaglio alle loro spalle, e le fanterie motorizzate, che seguivano i primi e completavano l'accerchiamento . Nella regione sett. le armate tedesche conquistarono la costa del golfo di Finlandia e giunsero nel retroterra fino a Novgorod, per poi convergere verso Leningrado: questa in ottobre restò isolata dal resto dell'U.R.S.S., mentre veniva accerchiata a nord dalle truppe finniche. Al centro von Bock procedette lungo la grande autostrada Minsk-Mosca, riuscendo a pervenire, dopo la battaglia di Smolensk, a ca. 100 km dalla capitale sovietica. Nell'Ucraina (dove operava con reparti romeni e ungheresi anche il corpo di spedizione italiano, C.S.I.R., in seguito portato alla consistenza di un'armata, A.R.M.I.R.) le forze russe opposero una tenace resistenza. Ciò non impedì che in agosto la parte occid. della regione fosse in mano alle armate di von Rundstedt. Queste in settembre conquistarono Kijev e passarono il Dnepr, dirette verso il bacino del Donec. Si era agli inizi del grande inverno russo. Nonostante le rilevanti conquiste, il piano di Hitler, che prevedeva la distruzione dell'esercito nemico nel giro di otto settimane, poteva dirsi già a questo punto fallito. Stalin infatti non aveva buttato allo sbaraglio il grosso delle sue forze, ma l'aveva mantenuto al di là delle zone conquistate dai Tedeschi. Inoltre la rapida avanzata dei Panzer non aveva significato ancora l'occupazione effettiva di vasti territori: alle loro spalle si formarono attivi centri di resistenza che costrinsero i mezzi corazzati a compiere veloci ripiegamenti in appoggio alla fanteria, col rischio di rimanere isolati senza possibilità di rifornimento, esposti ai contrattacchi delle forze di riserva. Così, al termine dell'offensiva-lampo i Tedeschi non solo dovevano accusare perdite rilevanti, di certo sproporzionate ai risultati raggiunti (le loro armate erano assai lontane dalla linea Arcangelo-Astrahan prevista dal 'piano Barbarossa'), ma dovevano subire anche, dopo il loro inutile tentativo di conquistare Mosca, la controffensiva invernale dei Sovietici. Questi riuscirono a ottenere qualche risultato di rilievo, come l'alleggerimento della pressione su Leningrado, ma soprattutto impedirono al nemico di approfittare di una sosta nelle operazioni per riorganizzare le truppe e prepararle ai rigori della stagione. La mancata conquista della capitale sovietica doveva considerarsi, alla stessa stregua del fallito attacco alla Gran Bretagna, come un duro colpo ai piani strategici di Hitler. Essa inoltre avvenne, se si esamina lo svolgimento del conflitto nel resto del mondo, in un momento favorevole nel suo complesso agli avversari. In Africa gli Inglesi poterono riunire le forze fino ad allora impegnate nella definitiva conquista dell'Africa Orientale Italiana, il che rese possibile l'11 novembre l'inizio della controffensiva che portò alla rioccupazione da parte delle truppe britanniche dell'intera Cirenaica. Quasi contemporaneamente alla ripresa degli Inglesi in Africa avvenne l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Roosevelt aveva già firmato nell'agosto con Churchill la Carta atlantica, progetto di ricostruzione del mondo fondato sui principi di autodecisione dei popoli e della collaborazione internazionale, senza essere riuscito tuttavia a togliere l'opinione pubblica americana dalla sua tradizionale posizione di isolazionismo. L'episodio che provocò l'intervento statunitense nella IIS guerra mondiale fu l'attacco dei Giapponesi alla base aeronavale di Pearl Harbor nelle Hawaii (7 dicembre 1941) . Il Giappone mirava da tempo a estendere il suo dominio in Estremo Oriente: aveva occupato la Manciuria nel 1931 e invaso la Cina nel 1937, occupando Pechino, Nanchino e Shanghai; nel luglio 1941 aveva esteso la sua occupazione all'Indocina francese, suscitando la reazione di Roosevelt e Churchill, che avevano deciso la sospensione dei rifornimenti di petrolio essenziali all'economia giapponese. Da qui la decisione di attaccare gli Stati Uniti con la sorpresa iniziale di Pearl Harbor (affondamento di otto corazzate), come premessa per la conquista della supremazia navale nel Pacifico. Tre giorni dopo Pearl Harbor due importanti unitàbritanniche, le corazzate Repulse e Prince of Wales, furono affondate nel mare della penisola di Malacca dai bombardieri nipponici. Il piano operativo giapponese tendeva alla creazione di una fascia difensiva intorno al Giappone, estesa dalle isole Wake e Marshall fino ai territori della Malesia e della Birmania, con la possibilità di sfruttare entro questo 'perimetro difensivo' le notevoli ricchezze offerte dalle terre del Pacifico sud-occidentale. L'episodio di Pearl Harbor segnò una svolta decisiva nello svolgimento del conflitto: il Congresso americano votò lo stato di guerra con il Giappone (8 dicembre); Germania e Italia, su richiesta del governo giapponese che si valeva del patto tripartito, dichiararono guerra agli Stati Uniti (11 dicembre); il 1s gennaio del 1942 venticinque Stati firmarono l'atto costitutivo delle Nazioni Unite e formarono un blocco compatto contro la coalizione nazifascista. Questa tuttavia per tutta la prima metà del 1942 mantenne su ogni fronte la propria spinta iniziale. I Giapponesi avanzavano nell'entroterra cinese e indocinese: occupavano Hong Kong e Singapore, penetravano attraverso l'Indocina - già in loro possesso fin dal 1940 - nella Thailandia. Di qui entravano in Birmania e sottraevano agli Anglo-Cinesi la strada che collega questo Paese alla Cina. Contemporaneamente attaccavano con vigore l'arcipelago dell'Insulindia; nel gennaio conquistavano le Filippine e giungevano nel marzo a Giava, completando i propri successi nelle Indie olandesi. Realizzarono nello stesso tempo il loro piano di attacco nel Pacifico con la conquista, a nord, delle isole di Guam e Wake, a sud, degli arcipelaghi Gilbert, Ellice e Bismarck. Gli Americani decisero di tenere in questa prima fase della guerra nel Pacifico una condotta puramente difensiva. Decisione questa che rientrava nel più vasto piano d'azione concordato a Washington da Churchill e Roosevelt e consistente nel concentrare la maggior parte dei mezzi bellici in Gran Bretagna e in Africa, al fine di resistere dapprima all'avanzata tedesca e di muovere in un secondo tempo al contrattacco. Sono da rilevare nel frattempo i successi ottenuti dall'Asse in Africa e in U.R.S.S. Sul fronte libico fin dal gennaio del 1942 Rommel aveva iniziato la controffensiva che doveva portare le truppe italo-tedesche a el-Alamein, distante ca. 100 km da Alessandria (fine giugno). Per questa operazione seppe sfruttare un momento favorevole alle truppe dell'Asse: mentre il comando britannico, in seguito all'attacco giapponese, aveva destinato alcuni contingenti alla difesa di Singapore, gli Italo-Tedeschi, effettuate con successo alcune operazioni nel Mediterraneo (tra cui un riuscito assalto alla flotta inglese ad Alessandria), fecero affluire in Libia un notevole gruppo di forze. A el-Alamein però si spense la spinta iniziale dell'Afrika Korps, sia per la difesa opposta dagli Inglesi sia per il difetto di rifornimenti: quattrocento chilometri di deserto separavano le divisioni italo-tedesche dalle basi. Dalla stessa linea difensiva partì nell'ottobre il contrattacco alleato che segnò la fine della guerra d'Africa. Intanto sul fronte russo aveva inizio il 3 luglio la seconda offensiva tedesca. Mentre nel 1941 la Wehrmacht aveva proceduto su tre diverse linee, ora l'armata di von Bock si muoveva nel territorio compreso fra il Mare d'Azov e la zona di Kursk: una volta occupata Stalingrado, essa avrebbe dovuto, secondo il progetto di Hitler, risalire il corso del Volga e puntare su Mosca. Di fronte all'avanzata tedesca i Russi usarono la stessa tattica dell'anno precedente: evitarono lo scontro frontale, si ritirarono lentamente e distrussero all'esercito invasore ogni possibile mezzo di rifornimento, senza cessare di tenerlo continuamente impegnato con azioni di guerriglia, ammassando nel contempo truppe di riserva dietro il Volga e sul Caucaso. L'armata di von Bock, occupata Rostov il 25 luglio, si divise in due sezioni: l'una proseguì la marcia verso il Don e il Volga, l'altra puntò verso il Caucaso. I Tedeschi mutarono il piano iniziale perché pensavano di poter sfruttare in breve tempo le immense ricchezze del territorio compreso fra il Mar Nero e il Caspio. In realtà nella nuova manovra si andava già delineando il fallimento della seconda offensiva nazista. I Tedeschi infatti non concentrarono i loro sforzi nell'attacco contro la linea del Volga, assai importante quale mezzo di collegamento fra le truppe dell'interno e i pozzi petroliferi del sud, ma cercarono di raggiungere obiettivi distanti e difficilmente comunicabili fra di loro, indebolendo entrambi i settori ed esponendosi all'ormai imminente offensiva sovietica.


La controffensiva alleata su ogni fronte (1942-43)


A partire dal maggio 1942 gli Stati Uniti, terminata la fase difensiva della guerra nel Pacifico, iniziarono una fase di difesa attiva. La flotta americana, che stava sviluppando un imponente programma di costruzioni, si rivelò più efficiente di quella giapponese nell'impiego delle poche portaerei momentaneamente disponibili e meglio organizzata per la disponibilità di numerose basi, utili per il rifornimento di combustibili e carburanti e l'imbarco delle truppe. Essa ottenne importanti successi nelle battaglie del Mar dei Coralli (6-8 maggio) e di Midway (4-6 giugno). Gli Americani s'impegnarono soprattutto nella conquista degli arcipelaghi a E dell'Australia per evitare l'attacco giapponese alle coste del continente: la campagna delle Salomone (agosto-novembre) si concluse con l'occupazione dell'intero arcipelago, dopo che nella battaglia di Guadalcanal i Giapponesi dovettero subire una battuta d'arresto. Le parti erano ormai invertite: il Giappone modificò il proprio piano operativo riducendo in modo notevole il progettato 'perimetro difensivo', mentre gli Stati Uniti tendevano alla conquista sistematica delle isole del Pacifico. La disparità di forze divenne evidente durante il 1943, quando entrarono in funzione parecchie decine di nuove portaerei statunitensi con un gran numero di unità di scorta. Gli Americani avanzarono sia nel Pacifico centr. sia in quello sud-occid., muovendo da una parte verso le isole Gilbert, dall'altra verso l'arcipelago di Bismarck. Alla fine del 1943, conquistate le Gilbert, le forze americane si preparavano a scatenare l'attacco contro le Marshall. Si stavano dunque volgendo a loro favore le sorti di una guerra giunta, dopo le conquiste giapponesi del 1942, a un punto critico per l'esito dell'intero conflitto mondiale. La 'presenza' americana, tuttavia, si faceva sentire in modo rilevante anche sui fronti occidentali. Mentre infatti il Giappone conduceva una guerra quasi del tutto estranea a quella dei suoi alleati, le forze inglesi e americane eseguivano su ogni mare e in ogni territorio le direttive di un unico comando (il comitato misto dei capi di Stato Maggiore avente sede a Washington). Ciò fece sì che l'apporto giapponese alla guerra d'invasione nazista risultasse assai meno efficace di quanto si potesse prevedere, mentre quello statunitense si rivelava determinante nel prosieguo delle operazioni. I bombardieri Flying, Fortress e Liberator, inviati in Gran Bretagna, iniziarono nell'agosto del 1942 i loro voli sull'Europa, arrecando gravi danni all'industria bellica tedesca. Le truppe americane, alcomando del generale Dwight Eisenhower, sbarcarono l'8 novembre in Marocco e in Algeria, risolvendo in breve tempo, di concerto con l'offensiva sferrata il 23 ottobre dall'VIISI armata britannica del generale Montgomery, la guerra d'Africa. Dall'agosto del 1942 si era proceduto da parte inglese alla riorganizzazione del comando e al rinnovo dell'armamento. Le truppe corazzate, dotate dei carri armati Sherman di costruzione americana, erano sostenute da una forza aerea di prim'ordine, che conquistò in breve tempo il dominio dell'aria, rendendo difficile alle forze dell'Asse il collegamento con l'Europa. L'Afrika Korps, schiacciato dalla preponderanza dei mezzi bellici avversari e in difficoltà per l'incertezza dei rifornimenti, tentò un'estrema difesa sulla linea di el-Alamein. Sconfitto (23 ottobre-4 novembre), dovette ripiegare, senza che Rommel potesse, per la carenza di ulteriori linee difensive, contrastare l'avanzata britannica . Tripoli fu occupata da Montgomery il 23 gennaio 1943. I Tedeschi, serrati tra le due armate anglo-americane che si dirigevano verso la Tunisia, giocarono la loro ultima carta, creando la 'testa di ponte' tunisina, al fine di evitare il rapido congiungersi delle forze alleate e ritardarne in tal modo l'avanzata nel Mediterraneo. Nell'aprile tuttavia, dopo che Rommel aveva tentato invano di penetrare nel territorio algerino per aggirare le truppe americane, queste si congiunsero con quelle inglesi. Le ultime forze italo-tedesche, chiuse a ogni lato dalle armate nemiche, furono costrette, dopo aver perso Biserta e Tunisi, a firmare la resa (maggio). Le coste tunisine costituirono la base per la campagna d'Italia. Conquistate nel giugno le isole di Lampedusa, Pantelleria e Linosa, gli Alleati effettuarono lo sbarco sulle coste merid. della Sicilia. Caratteristici mezzi anfibi, dal fondo piatto e dotati di ponte levatoio, scaricarono fra Gela e Siracusa 160.000 uomini, 1400 autoveicoli, 600 carri armati, 1800 cannoni. Ad affrontare queste massicce forze d'attacco si trovavano pochi distaccamenti italo-tedeschi: a questi non restò che ritirarsi lentamente al fine di guadagnare tempo e imbarcare le truppe. Gli Alleati occuparono l'isola in ca. 40 giorni: erano a Messina il 17 agosto. Le previsioni ottimistiche fatte da Mussolini nel discorso del 'bagnasciuga' (24 giugno) erano crollate in breve tempo. In Italia, del resto, solo una minoranza, legata a Mussolini, credeva ancora nella vittoria dell'Asse. La situazione si presentava matura per un cambiamento al vertice: le masse popolari avevano dato una significativa dimostrazione di forza con gli scioperi del marzo; i partiti politici, disciolti dal regime, avevano ripreso dal 1942 clandestinamente la propria attività; nello stesso Partito nazionale fascista e nell'ambiente vicino alla corona alcuni gruppi avevano posto come urgente il problema dell'uscita dell'Italia dalla guerra. Per Vittorio Emanuele IISI, che non si risolveva a prendere una decisione risolutiva, la campagna di Sicilia si presentò come l'occasione ideale. Il 19 luglio Mussolini s'incontrò a Feltre con Hitler, ma non riuscì né a ottenere dalla Germania le forze necessarie per opporre una valida resistenza agli Alleati né a esporre chiaramente al Führer l'impossibilità per l'Italia di continuare la guerra. Alla stessa data Roma subì il primo bombardamento aereo. Il 25 luglio, dopo il voto del Gran Consiglio del fascismo che aveva posto in minoranza Mussolini, Vittorio Emanuele IISI lo fece arrestare e affidò il governo a Badoglio e ad alcuni 'tecnici'. I partiti antifascisti, esprimendo le istanze della popolazione, reclamavano lo sganciamento dalla Germania e l'armistizio con gli Alleati. Badoglio dapprima ordinò di continuare la guerra; poi, con notevole ritardo, iniziò le trattative per l'armistizio, mentre Hitler ebbe tempo di far scendere dal Brennero nuove truppe di rinforzo. L'8 settembre, al momento dell'annuncio dell'armistizio - firmato a Cassibile il 3 dello stesso mese - l'esercito italiano si trovò indifeso di fronte alla reazione tedesca. Il re e Badoglio con i principali capi politici e militari fuggirono da Roma verso Pescara, senza lasciare ordini precisi alle forze armate per la difesa della capitale. Mentre la flotta raggiungeva Malta, l'esercito si sfasciava, salvo opporre in casi isolati un'onorevole resistenza ai Tedeschi (Lero e Cefalonia). Gli Anglo-Americani, sbarcati il 3 settembre in Calabria e l'11 settembre a Salerno, entrarono il 1s ottobre a Napoli ormai in mano alla popolazione insorta contro i Tedeschi. La loro marcia al nord incontrò delle forti linee di resistenza: al termine del 1943, mentre Mussolini, liberato dai Tedeschi, costituiva una Repubblica satellite della Germania, le truppe alleate erano ferme sulla linea Gustav che univa, prima di Cassino, il Garigliano alla foce del Sangro. È da dire, peraltro, che la lentezza delle operazioni rientrava nel piano alleato. Lo scopo dello sbarco e della successiva avanzata non era di raggiungere la Germania attraverso l'Italia, bensì d'indebolire la difesa tedesca, tenendo impegnato nella penisola un rilevante numero di divisioni avversarie ed evitandone così l'impiego sugli altri fronti, strategicamente più importanti, della Francia e dell'U.R.S.S. Qui nel novembre del 1942 era iniziata la controffensiva sovietica, organizzata con grande cura e mezzi considerevoli, ricevuti in parte dalle potenze occidentali. Essa era stata preceduta dalla strenua resistenza opposta nel territorio compreso fra il Don e il Volga. L'epicentro della difesa russa era costituito dalla città di Stalingrado. Questa, raggiunta dalle armate tedesche nel settembre e attaccata da ogni lato, non capitolò: i Tedeschi entrarono nella città, ma non riuscirono a occuparla, subendo anzi notevoli perdite. Quando nel novembre i Sovietici sotto la guida di Zukov iniziarono la controffensiva, diretta a dividere in due tronconi l'esercito avversario e a isolare le armate operanti a sud della linea Don-Volga i Tedeschi assedianti Stalingrado divennero assediati. Hitler diede ordine di resistere: la VI armata di von Paulus dovette arrendersi nel febbraio del 1943 dopo aver perduto quasi 250.000 uomini. Nel frattempo i Tedeschi, impegnati per tutta l'estensione del fronte, erano costretti, nella zona sett., ad allontanarsi da Leningrado dopo 17 mesi d'assedio e ad abbandonare, in quella merid., il territorio compreso fra il Caucaso, il Don e il Volga (febbraio). Dopo quattro mesi, alla ripresa delle operazioni, l'O.K.W. (comando supremo della Wehrmacht) tentò di riassumere l'iniziativa, ma i suoi piani fallirono: nell'agosto Harkov - rioccupata nel frattempo dai Tedeschi - tornò in mano sovietica; nello stesso mese e in quello seguente furono liberate Orel, Smolensk, Briansk e Dnepropetrovsk; nell'ottobre cadde la testa di ponte del Kuban, ultimo caposaldo germanico oltre il Mar d'Azov. Alla fine del 1943 anche Kijev fu riconquistata dall'esercito russo. Questo aveva rioccupato ormai buona parte dell'Ucraina e aveva costretto i Tedeschi a retrocedere quasi fino alla linea della prima estate di guerra. Nella ritirata, resa ancora più difficile dai ghiacci e dalla neve, persero la vita migliaia di soldati italiani, facenti parte dell'A.R.M.I.R., l'armata che Mussolini aveva inviato in U.R.S.S. nel luglio del 1942 senza un adeguato armamento e i mezzi necessari per combattere in avverse condizioni atmosferiche.


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