Il nazionalismo degli Ebrei: il
Sionismo
In tutta l'Europa della fine del XIX secolo ci fu un risveglio generale
del nazionalismo.
Questo fenomeno si registrò soprattutto
in alcune nazioni, quali Germania, Francia, Italia, ma si manifestò anche
presso il popolo ebraico. Ciò accadde per alcune cause particolari, come
l'"Affaire Dreyfus" in Francia o a causa dei pogrom russi. Tutto ciò scosse la
coscienza degli Ebrei, che iniziarono a desiderare una loro patria. Fino a quel
momento, gli Ebrei avevano desiderato solo l'integrazione, ora il loro nuovo
obiettivo era l'emancipazione. Nacque così un nuovo movimento
politico-religioso: il Sionismo. il fondatore di tale movimento fu Theodor
Herzl, il quale espose le sue teorie in un opuscolo intitolato "Die Judenstaat"
(lo Stato Ebraico). Herzl basava gli ideali del movimento sul desiderio di
fondare uno stato che potesse accogliere tutti gli Ebrei che non potevano o non
volevano integrarsi con gli altri popoli. Questo nuovo stato ebraico doveva
sorgere possibilmente in Palestina, antica patria ebraica, oppure in Argentina.
Il Sionismo dunque cercava una risoluzione alla questione ebraica.
Questo movimento al suo interno ebbe non solo
numerosi consensi ma anche tanti dissensi. I consensi li trovò presso gli
abitanti dell'Europa orientale soprattutto ma anche in parte di quella
centrale. Tra i dissensi, gli Ebrei più accaniti furono quelli americani ed
europei occidentali. Questi preferirono una politica di assimilazione e
temevano che il movimento potesse far dubitare i Paesi che li ospitavano del
loro patriottismo. Anche alcuni rabbini si opposero, denunciando le idee
sioniste come "violazione della missione di Israele", e perciò furono detti protestatari. Pure alcuni scrittori si
occuparono della faccenda, accusando Herzl di accrescere i disaccordi tra le
nazioni sostenendo che gli Ebrei non erano adatti all'agricoltura, l'attività
che, secondo Herzl, doveva essere la base economica del nuovo Paese. Herzl
comprendeva che per attuare qualsiasi programma politico dovevano riunirsi i
rappresentanti della popolazione ebraica dispersa in tutto il mondo. Per
pubblicizzare l'evento, fondò un settimanale intitolato "Die Welt" (il Mondo).
Il congresso avrebbe dovuto riunirsi a Monaco, ma i rabbini del luogo
protestarono fortemente, così si scelse la città di Basilea. L'impresa era
ardimentosa, perché finalmente, dopo ben 1800 anni, cioè dopo l'antichissima
Diaspora, gli Ebrei poteva nuovamente riunirsi. Il congresso durò tre giorni,
vi presero parte ben 204 rappresentanti di tutte le comunità ebraiche del
mondo. Si ebbe una così grande adesione che i vari discorsi furono tradotti in
ben cinque lingue diverse: tedesco, russo, inglese, francese e hyddish. Tutte
le decisioni che vennero prese al congresso di Basilea vertevano su un unico
obiettivo: la creazione di una nuova patria ebraica. Per questo si incoraggiava
a consolidare la coscienza nazionale ebraica, a colonizzare la Palestina con
operai, agricoltori ed artigiani Ebrei e ad organizzarsi in società locali.