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Seconda guerra mondiale - Italia




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Seconda guerra mondiale

Italia


La genesi del fascismo

Il Partito socialista e il Partito popolare raccolgono intorno a sé le grandi masse del paese, ma anche altri gruppi sociali vanno organizzandosi. Alla fine del 1918 sorge il movimento dei "combattenti", che rivendica il valore degli ideali della guerra, esprimendo confuse esigenze di una nuova giustizia sociale. I combattenti raccolgono piccoli borghesi e si conquistano posizioni notevoli nel mezzogiorno, si pongono come obiettivo la convocazione di una Costituente. Nella crisi sociale e politica si inserisce l'azione dell'ex dirigente socialista Mussolini, che nel marzo 1919 fonda a Milano i "fasci di combattimento". È entrato negli alti vertici del partito socialista, ottenendo la direzione del quotidiano "Avanti!". Durante la "Settimana Rossa", nel 1914, ha assunto posizioni di sostegno delle azioni insurrezionali. Allo scoppio della guerra, prima si è schierato su posizioni neutraliste, poi si è spostato a favore dell'intervento. Nel novembre 1914 fonda il quotidiano "il popolo d'Italia". Il 24 novembre i socialisti lo hanno espulso dal partito per indegnità e tradimento. Sul suo quotidiano, Mussolini si è fatto sostenitore della tesi che l'Italia dovesse intervenire a fianco delle potenze dell'Intesa e che la guerra avrebbe creato le condizioni favorevoli per la rivoluzione sociale. Il partito fascista nacque ufficialmente a Milano il 23 marzo 1919, quando Mussolini da vita ai "Fasci di combattimento". Principi fondamentali:

  • Difesa della guerra e dell'intervento;
  • Messa sotto accusa della classe dirigente liberale;
  • Richiesta di mutamenti sociali e politici.

Il programma appare poco coerente, ma bene esprime le contraddizioni di certi strati piccolo-borghesi, la loro posizione intermedia tra le grandi classi, la volontà di fare, con rivendicazioni democratiche, mostrando la propria avversione ai proletari. I fascisti individuano nei combattenti la propria base naturale. Quasi subito Mussolini e i fascisti mettono in piena luce quale sia l'obiettivo principale delle loro azioni. Il 15 aprile 1919, durante uno sciopero generale, una colonia fascista insedia la sede dell'"Avanti!". Mussolini assume subito tutta la responsabilità dell'impresa.


L'occupazione delle fabbriche. Movimento operaio e controffensiva fascista

Nel settembre 1919 si costituisce alla Fiat il primo Consiglio di fabbrica, di orientamento "sovietico". Nel marzo 1920 gli industriali decidono di creare alla Confederazione generale dell'industria, per concordare una strategia comune di fronte alle lotte operaie. Tra giugno e agosto 1920 il sindacato dei lavoratori metallurgici, FIOM, chiede aumenti salariali, ma è rifiutato. Il 30 agosto, la FIOM decide l'occupazione delle fabbriche; dilaga un movimento di dimensioni colossali. I dirigenti dei sindacati si dichiarano contrari alla rivoluzione, così la protesta si esaurisce. Giolitti promuove un accordo sulla base di un progetto di "controllo operaio" delle aziende, progetto che non sarà mai attuato. L'occupazione delle fabbriche ha inasprito la situazione politica generale del paese. La grande industria inizia a considerare i fascisti come un utile strumento da contrapporre al movimento operaio e a finanziarli in modo consistente. Ma è nelle campagne che il fascismo si è sviluppato e ha preso quota. Nato in città, esso dilaga nel mondo agrario, mantenendo le sue caratteristiche originarie:

Esasperazione nazionalista;

Odio antisocialista;

Aspirazione ad un governo antiparlamentare;

Esaltazione della violenza come metodo di lotta politica;

Boria di classe;

Disprezzo per le masse.

Nella campagne operano i RAS fascisti che aggrediscono con le loro squadre socialisti e sindacalisti e commettono ogni sorta di violenza. I proprietari agrari non lesinano sui finanziamenti; nuovi sindacati fascisti impongono con la forza contratti favorevoli agli agrari. È un po' in tutta l'Italia centro-settentrionale che le "squadre d'azione" fasciste prendono d'assalto le sedi dei sindacati e del Partito socialista. Esse sono formate prevalentemente da giovani borghesi, piccolo-borghesi e sotto-proletari. Il 1921 è l'anno che segna una svolta decisiva nella crisi dello stato liberale perché emerge che questa crisi avrebbe avuto uno sbocco dichiaratamente autoritario. Nel gennaio matura la scissione dell'ala di estrema sinistra; nasce il Partito Comunista d'Italia. L'ipotesi che lo guida è: la rivoluzione italiana è ormai matura, se essa non avviene è perché la direzione del partito è inadeguata. Mussolini si è reso esattamente conto che il movimento operaio va indebolendosi. La crisi dei primi mesi si abbatte su una classe operaia stanca, il numero degli scioperi diminuisce drasticamente. Giolitti è sempre più sgradito agli industriali, che invece guardano con simpatia a Mussolini. Ora, anche i settori dell'industria finanziano il fascismo. Giolitti fa sciogliere le Camere e indice nuove elezioni, nel maggio 1921. I primi mesi del 1921 offrono un panorama devastante e desolante della violenza fascista. Sono mesi "barbarici", durante i quali centinaia di persone vengono uccise.


L'avvento del fascismo

Le elezioni del maggio 1921 non hanno dato a Giolitti quella forte maggioranza che ha cercato: dà le dimissioni da presidente del Consiglio. Idea forte ma perdente di Giolitti è stata quella di "costituzionalizzare" il fascismo, ma il fascismo non si è disperso negli altri partiti, ma entra in Parlamento come partito autonomo e ben definito. A Giolitti succede Bonomi. Mussolini entra per la prima volta in Parlamento come uno dei deputati fascisti eletti nei "blocchi nazionali". Si appresta a raccogliere tutti i frutti delle violenze extraparlamentari e cerca di stabilire buoni rapporti con il Vaticano, rendendosi conto che il fascismo non sarebbe potuto diventare forza di governo senza l'approvazione della chiesa e del re. Al Congresso di Roma, nel novembre 1921, il movimento fascista si trasforma in Partito nazionale fascista. Vi è un'unica possibilità di fermare il fascismo: un'alleanza tra Partito Socialista e Partito Popolare, ma ogni intesa è impossibile, sono troppi i sospetti, le diffidenze e le ostilità. Nel febbraio 1921 il governo di Bonomi cade, lo succede Facta, che forma il governo con una coalizione di liberali e popolari, l'ultimo governo prima di un ventennio di dittatura. Nel 1922 il fascismo si organizza sul piano sindacale. Il 31 luglio l'Alleanza del lavoro (sinistra) proclama uno sciopero "per la libertà", contro il terrorismo fascista. È un completo insuccesso, i fascisti organizzano un'offensiva violentissima contro le sedi dei partiti antifascisti. In ottobre la crisi dello stato liberale precipita. Giolitti inizia trattative in varie direzioni, nel tentativo di fare del fascismo una forza subalterna allo stato liberale. Il 20 settembre, in un discorso ad Udine, Mussolini enuncia 4 punti di fondo:

  1. Disciplinare la violenza fascista;
  2. Pace per dare al paese una politica di respiro internazionale;
  3. La monarchia non sarà più messa in discussione;
  4. Lo Stato deve tornare al liberismo e favorire l'iniziativa privata in economia.

Mussolini rassicura così l'opinione pubblica, ma i suoi seguaci si preparano ad offensive meno pacifiche. Sotto la guida di un quadrunvirato: Balbo, De vecchi, De Bono e Bianchi. Il 30 ottobre i fascisti entrano a Roma, Mussolini è ricevuto dal re e proclamato presidente del Consiglio. Il ministero Mussolini assume la forma di un governo di coalizione, ma in realtà è una dimostrazione della vittoria del fascismo. È dominante la convinzione che il governo fascista sarebbe stato un episodio transitorio nella vita dello stato italiano.


1922-26: il Fascismo alla conquista del potere totale. La disfatta delle opposizioni

Il quinquennio dal 1922 al 1926 è il periodo di trapasso, durante il quale il fascismo distrugge le istituzioni dello Stato Liberale; lo stato viene trasformato nello Stato di un dittatore. Per consolidare il suo potere, il fascismo crea propri strumenti politici e militari permanenti.

  • Nel 1922 nasce il Gran Consiglio del fascismo, una sorta di suprema direzione politica del governo, con il compito di fare da tramite tra il partito e il governo;
  • Nel Gennaio 1923 si costituisce la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN);
  • Nel Marzo 1923 si realizza la fusione tra Partito fascista e Partito nazionalista, unione di grande importanza, perché il nazionalismo dà al fascismo un'ideologia ufficiale.
  • Nei confronti del mondo cattolico, Mussolini agisce con abilità, cercando di stringere buoni rapporti con il Vaticano. Il 27 Aprile 1923 viene approvata dal governo la riforma scolastica Gentile, che dovrà segnare la fine della scuola laica, dare un nuovo e grande peso alla dottrina cattolica, favorire la scuola provata con l'introduzione dell'Esame di Stato. Nel Luglio 1923, don Sturzo è costretto alle dimissioni da segretario del Partito Popolare, fascismo e Vaticano cercano l'intesa.
  • Nuova legge elettorale il 13 Marzo 1923 (Legge Acerbo), stabilisce che la lista di maggioranza relativa che abbia raggiunto minimo il 25% dei voti, avrebbe ottenuto 2/3 dei seggi in Parlamento. Alle elezioni dell'Aprile 1924, si presenta una lista unica, in questo modo i fascisti si assicurano il controllo del Governo.
  • Matteotti denuncia le violenze fasciste nel corso delle campagne elettorali, ma il 10 Giugno 1924 viene rapito e ucciso da sicari fascisti. Questo provoca una grande reazione nel paese, ma in pratica non accade nulla, perché l'opposizione non è in grado di organizzarsi per formare una controffensiva.
  • Il 3 Gennaio 1925, alla Camera, Mussolini, con un discorso duro e violento, respinge ogni addebito riguardante il delitto Matteotti, assume personalmente la responsabilità dell'accaduto, difende apertamente tutto ciò che la violenza delle camicie nere ha fatto e farà. Questo discorso segna la fine della politica dell'opposizione, la conquista da parte del fascismo del monopolio politico.
  • Il 2 Ottobre 1925, viene messa fuori gioco la Confederazione generale del lavoro; i sindacati fascisti sono riconosciuti come gli unici rappresentanti dei lavoratori.
  • La legge del 24 Dicembre stabilisce che:

Il presidente del consiglio diventi Capo del Governo;

Il capo del governo sia nominato e revocato dal Re, e i ministri su consiglio del Capo del Governo;

I Ministri non siano più responsabili davanti al potere legislativo;

È il capo del governo a decidere che cosa viene discusso in Parlamento. Il Parlamento è così ridotto alla volontà del Capo del Governo, che ormai è un dittatore.

  • Nel Febbraio 1926 vengono abolite le norme di amministrazione locale elettive, e vengono sostituiti con i podestà, nominati dal capo del governo.
  • Nel Novembre 1926 sono annullati tutti i passaporti, sciolti i partiti di opposizione e bruciati i giornali antifascisti; viene anche creato un tribunale speciale per la difesa dello Stato, formato da ufficiali delle forze armate e dalla Milizia, affiancato all'Organizzazione per la vigilanza e la repressione dell'antifascismo (OVRA); viene introdotta la pena di morte.
  • A partire dal 1930 il controllo sulle scuole diventa capillare e totale; impiegati e insegnanti sono obbligati ad iscriversi al Partito, pena il licenziamento; il loro operato viene costantemente sorvegliato.
  • Anche ambienti dell'alta cultura si allineano su posizioni di adesione alla dittatura, nasce così un apposito ministero, per la Cultura Popolare (MINCULPOP) che controlla la stampa.
  • Viene creato un apposito organismo con l'incarico di produrre documentari per celebrare la grandezza del Duce e del regime; da proiettare obbligatoriamente nelle sale cinematografiche prima dell'inizio del film.

Il regime totalitario in Italia

Scuola

A partire dal 1926 inizia l'inquadramento sistematico dei bambini sotto i 12 anni (fotocopia)


Leggi

Nel 1928 la camera vara una nuova legge elettorale: è il tramonto definitivo del sistema parlamentare. Il Gran Consiglio del fascismo sceglie 400 candidati con cui costituire la Lista Unica, presentata agli elettori. Gli elettori avrebbero solo dovuto scegliere tra il sì e il no. Le elezioni diventano così un Plebiscito. Il 24 marzo 1929 si tengono le elezioni, e chiaramente vincono i "Sì". A questo punto il fascismo, basato sul culto del Duce infallibile e sul consenso, costruito sulla base dell'annientamento delle opposizioni, può presentarsi come "Una democrazia di tipo nuovo", uno "Stato di popolo".


Rapporto con la chiesa

Le elezioni del '29 ebbero un esito positivo, anche perché la Chiesa invitò il popolo a votare "Sì". Dopo una lunga controversia per la "Questione Romana", l'11 Febbraio 1929 avviene la Conciliazione, nel palazzo del Laterano, a Roma. I punti centrali del trattato comprendono:

  1. Il riconoscimento della religione cattolica come unica religione di Stato;
  2. Riconoscimento dell'indipendenza dello Stato Vaticano;
  3. Riconoscimento da parte della Chiesa dello Stato Italiano e di Roma come sua capitale.

La convenzione include anche il pagamento da parte dello Stato di 1 miliardo e 750 milioni. Le clausole più importanti prevedono:

  1. La protezione del clero e il riconoscimento del carattere sacro di Roma;
  2. Lo Stato non interverrà sugli affari ecclesiastici, ma i vescovi verranno nominati solo se graditi allo Stato;
  3. Esonero dei chierici dal servizio militare;
  4. Impegno dello stato a non mantenere negli uffici pubblici sacerdoti che non sono più tali;
  5. Riconoscimento degli effetti civili del matrimonio cristiano;
  6. Introduzione, nelle scuole di stato, della dottrina cattolica;
  7. Riconoscimento delle organizzazioni cattoliche, a patto che siano al di fuori degli altri partiti politici.

La laicità dello stato è abbandonata, si realizzano due propositi:

v    Mussolini mira a far diventare il cattolicesimo un pilastro del nuovo ordine politico;

v    La Chiesa conta sullo Stato italiano per rinsaldare la propria influenza nella società.

Nonostante i patti, Chiesa e fascismo entrano in contrasto nel 1931, per la questione dell'Azione cattolica. Oggetto della contesa sono la gioventù e l'educazione. La Chiesa intende mantenere in piedi e in modo autonomo, l'organizzazione cattolica, soprattutto in gioventù. Il conflitto tocca l'apice nel Maggio, con violenze fasciste contro le sedi cattoliche; ma nel Settembre viene raggiunto di nuovo l'accordo. L'Azione cattolica rimane in vita, ma con l'impegno di limitarsi solo all'ambito religioso, e di espellere tutti gli antifascisti e i non fascisti. La Chiesa si mostra un'organizzazione amica, ma non è proprio in linea con il regime; stesso discorso vale per la monarchia. Pare nelle mani dl fascismo, ma non è così: il re resta la più alta autorità dello stato, a lui spettano il comando supremo delle forze armate, la scelta dei senatori, il diritto di nominare e rievocare il capo del governo.


Lo stato totalizzante

L'ideologia fascista pone come suo scopo supremo, l'integrazione totalitaria del cittadino nello Stato. Lo statalismo si manifesta nell'aspirazione alla generalizzata militarizzazione della società, da intendersi come etica e organizzazione della società, e come mezzo per l'espansione imperiale dell'Italia fascista, orientata a far rivivere la grandezza di Roma antica. La guerra è considerata legge storica, inevitabile, positiva, selezionatrice di popoli, ad essa la nazione deve continuamente prepararsi. L'imperialismo è rivolto sia verso gli altri stati europei, sia verso le nuove colonie da conquistare. Il fascismo esalta l'unità tra Stato e popolo, ma un'unità piramidale: in alto il Duce e i suoi gerarchi, detentori del potere decisionale. Questo potere deve trovare il suo veicolo nel partito unico, con compiti di organizzare, disciplinare, indottrinare, dirigere e mobilitare le masse, chiamate a "Credere, obbedire, combattere!".


Antisemitismo

L'ideologia fascista, di base, non è razzista; auspica allo stato nazionale fascistizzato. Nel 1938, il regime compie una svolta spinto dalla volontà di dare un carattere "virile", adeguato alla "razza dominatrice", e sotto un'influenza sempre maggiore del nazismo, fa suo il razzismo. Queste gravissime misure discriminatorie, colpiscono gli ebrei, che vengono "ghettizzati".Contro gli ebrei non vengono però attuate misure di violenza fisica; l'antisemitismo non trova appoggio nella popolazione e neanche nel partito, ma paura e conformismo prevalgono.


Economia

I primi anni del governo fascista sono contraddistinti da una politica economica liberista. La produzione aumenta, ma questa situazione ha dei punti deboli:

  1. Cessa l'emigrazione verso gli Stati Uniti;
  2. Inflazione e perdita del potere d'acquisto dei salari.

Dal 1925 si avvia un accentuato intervento statale. Gli obiettivi sono la rivalutazione e la stabilizzazione della lira. La legge del 21 Dicembre 1927 fissa a 92,45 lire in cambio di una sterlina (quota 90), ma i risultati sono peggiorativi; la lira così rivalutata non corrisponde al valore reale, e limita le nostre esportazioni. Sempre con il proposito di ridurre il deficit commerciale con l'estero, si cerca una "autosufficienza" nel settore dei cereali. La crisi americana del 1929, giunge in Italia sul finire del 1930. Ci sono flessioni dei titoli azionari, crollo dei prezzi agricoli e industriali. Il fascismo interviene con alcuni provvedimenti:

  Facilita e difende le concentrazioni industriali;

  Per alleviare la disoccupazione, si vara un impegnativo programma di lavori pubblici;

  Interviene nel settore industriale: nel 1931 crea l'Istituto Mobiliare Italiano, nel 1933 crea l'Istituto per la ricostruzione industriale, con il compito di salvare dal crollo banche e industrie. Ora lo Stato ha il controllo dei maggiori istituti finanziari del paese e di alcune industrie strategiche;

  Dal 1934, il regime si lancia nell'impresa di rendere il più possibile autonomo il paese dalle importazioni straniere e proclama l'autarchia, una sorta di autosufficienza produttiva, si cerca di trarre tutto il possibile dal sottosuolo, ma è una politica devastante e totalmente antieconomica.


Gli oppositori del fascismo.

In Italia l'opposizione al fascismo dal 1926 è diventata un delitto contro lo Stato; chi si oppone al regime, va incontro al tribunale speciale. Il regime ha invece un atteggiamento di tolleranza verso gli esponenti di alta cultura. Il caso più emblematico è Benedetto Croce, filosofo, che viene lasciato libero di svolgere il proprio ufficio intellettuale, a dimostrazione che il fascismo è ancora tollerante. Fra coloro che dovevano emigrare dall'Itali, c'erano alcune fra le più eminenti personalità della politica italiana: Nitti, Sturzo, Godetti, Treves e Turati, Nenni, Sforza, Rosselli, Lussu, Togliatti, Gramsci e De Gasperi. In Francia, Rosselli e Lussu, prendono l'iniziativa e danno vita, nel 1929 al movimento "Giustizia e Libertà", con l'intento di costituire una terza via tra fascismo e comunismo, entrambi da respingere perché totalitari. Nel Novembre 1929 il manifesto programmatico ne indica gli obiettivi: lotta al fascismo, repubblica, democrazia politica, profonde riforme sociali fondate sulla riforma agraria, nazionalizzazione delle grandi imprese capitalistiche e monopolistiche che costituiscono il sostegno del regime fascista. L'azione antifascista più organica è svolta dal Partito comunista. Nel 1933 la polizia fascista può dire di essere riuscita a distruggere quasi completamente l'organizzazione clandestina comunista. Gramsci è condannato a quasi 20 anni di carcere e scrive i Quaderni del carcere.


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