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Rivoluzione industriale




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La rivoluzione industriale


LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Nella seconda metà del XIX sec. In tutta Europa
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RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

(Inghilterra 1750-1850) cambiamento profondo dei modi di produzione e dei rapporti di lavoro. I contadini sono costretti a lasciare le campagne, perché si sfrutta la terra in modo sempre più razionale, passando dalle colture estensive a quelle intensive e i terreni vengono recintati (enclosures), eliminando così le terre comuni. Nascono gli imprenditori agricoli, che appartengono alla gentry, la quale è costituita da commercianti arricchiti. Di conseguenza i contadini affluiscono verso le città e si stabiliscono negli slums (bassifondi). Nelle città è quindi disponibile, anche grazie alle migliorate condizioni igieniche, sempre maggior manodopera, la quale viene impiegata nelle crescenti industrie. Proletariato: persone, che come unica ricchezza hanno la prole e quindi dispongono solo della forza lavoro.


SOCIALISMO: si propaga per l'Europa a partire dal 1830. Cause: rapporto di lavoro sperequato tra il capitalista (colui che possiede il capitale e i mezzi di produzione) e l'operaio, al quale viene dato solo un salario di sussistenza; alienazione dal lavoro per il fatto che l'operaio non è proprietario del lavoro finito, ma prevale il lavoro parcellizzato. Socialismo: movimento in difesa dei lavoratori sfruttati, che vuol promuovere una coscienza di classe. Ci sono vari rami del socialismo: i socialisti utopisti, che propongono soluzioni irrealizzabili, le quali si scontrano con la realtà di fatto. Si propongono gli Atelier nazionali, cioè fabbriche di proprietà dello Stato dove quello che si produce viene gestito dagli operai in maniera cooperativa. Tra i massimi esponenti del socialismo utopistico abbiamo Robert Owen , che voleva impostare i rapporti di fabbrica secondo razionalità, andando incontro alle esigenze degli operai. Questo socialismo è detto utopistico perché Owen, partendo dalla fabbrica, vorrebbe allargare le sue innovazioni alla società. Di questo ramo del socialismo fa parte anche Fourier, che critica l'organizzazione del lavoro, affermando che si deve andare incontro alle esigenze dei lavoratori permettendo a ciascuno di fare ciò che vuole. Il socialismo tecnocratico di Saint Simon, il quale porta avanti il concetto di una società diretta da tecnici. Il socialismo rivoluzionario di Blanqui e infine il socialismo scientifico di Marx ed Engels, i quali criticano gli altri socialisti, che predicano un mondo migliore senza, però, far nulla per cambiare lo stato di cose. Liberismo: teoria secondo la quale bisogna dare libertà di azione al mercato, senza interventi da parte dello Stato ( contrario di protezionismo); i suoi principali teorici sono Ricardo e Maltus. Liberalismo: corrente di pensiero, che propone le libertà della Rivoluzione Francese, ma anche di Locke (nei Trattati sul Governo) e di altri filosofi giusnaturalisti (esistono al di là delle leggi positive delle leggi naturali, che limitano il potere del sovrano. I suoi principali teorici sono Constant, Bentham e Toqueville e tutti aspirano ad una costituzione, alla divisione dei poteri, onde evitare l'assolutismo, all'uguaglianza giuridica, alla diseguaglianza sociale, cioè devono rimanere le classi sociali, alle libertà pubbliche (d'opinione, d'espressione, di riunione, di stampa, di professione religiosa) e al suffragio non universale, bensì censitario per evitare che vengano eletti dalle masse dei tiranni o despoti.In Italia il liberalismo si divide in due tendenze: il cattolicesimo liberale e il liberalismo radicale. Il primo sostiene (sulle orme di Lamnaise e Guizot) l'introduzione nella cultura italiana delle libertà fondamentali, venendo però osteggiato dalla Chiesa. I cattolici liberali o moderati affermano che la Chiesa deve farsi sostenitrice della liberazione dell'Italia dallo straniero e guidare l'Italia verso l'unità (neoguelfismo). Gioberti, massimo esponente del neoguelfismo auspica ad una monarchia guidata dal Papa. L'altra corrente è il liberalismo radicale, che proponeva di arrivare all'unità d'Italia attraverso una rivoluzione di popolo operando un cambiamento della società, mentre i moderati sostengono che l'importanza è arrivarci e non importa la coscienza degli italiani.


RESTAURAZIONE: 1815 Congresso di Vienna nel quale si traccia un nuovo quadro dell'Europa basandosi sul principio di legittimità (ritorno alle dinastie regnanti prerivoluzionarie) e di equilibrio (nessuno Stato deve essere tanto grande da turbare gli equilibri europei). In questo periodo nascono le società segrete (massoneria, carboneria, adelfi e filadelfi), che si oppongono alle tendenze autoritarie dei governi. Inoltre si sviluppano intorno agli anni trenta numerosi moti rivoluzionari con l'obbiettivo di ottenere la Costituzione dai governi della restaurazione.


RISORGIMENTO: col termine Risorgimento si indica quel processo culturale, politico e militare avente come scopo la realizzazione dell'unità d'Italia e che fu favorito sia dal contesto culturale dominato dal Romanticismo, con l'esaltazione dello spirito nazionale sia dal coinvolgimento di casa Savoia. All'interno dell'area democratico rivoluzionaria basata sulle idee del liberalismo radicale ci sono la tendenza democratica - repubblicana - federalista di Cattaneo e Ferrari  e quella democratica - repubblicana - unitaria di Mazzini e Garibaldi. Mentre all'interno dell'area moderato riformista, basata sulle idee del liberalismo moderato spiccano la tendenza neoguelfa di Gioberti e quella filo - sabauda di D'Azeglio, Balbo e Cavour. Nel 1848 esplose la


QUESTIONE SOCIALE: questione relativa ai diritti dei lavoratori sfruttati e causata dalla crisi economica, che tra il '46 e il '47 colpì tutti i paesi del continente. In Francia la società era divisa in due parti: il paese reale, cioè le classi attive e produttrici e il paese legale, costituito dai vecchi ceti nobiliari. La richiesta comune dell'opposizione ai ceti nobiliari è il suffragio universale, contrastata dal moto del primo ministro Guizot: arricchitevi e diventerete elettori. L'opposizione si esprimeva attraverso i "banchetti" nei quali si discutevano i temi politici più scottanti e fu proprio il divieto di tenere uno di questi banchetti a provocare i primi scontri. La folla invase l'Assemblea legislativa e proclamò la Repubblica (rivoluzione di Febbraio). Si instaurò al potere un governo provvisorio con a capo Lamartine, e Blanc i quali annunciarono la convocazione dell'Assemblea costituente nella quale il partito socialista ottenne una grande sconfitta. Gli operai indignati insorsero ma tale sommossa venne repressa nel sangue dal generale Cavaignac. Contro lo "spettro del comunismo" nelle elezioni per la presidenza della Repubblica ottenne una maggioranza schiacciante Luigi Napoleone, che fece approvare una Costituzione analoga a quella del1800 con un presidente decennale, un Senato e un Consiglio di nomina presidenziale e un corpo legislativo privo di qualsiasi potere, inoltre proclamò la restaurazione dell'Impero. In Germania per opera dei liberali scoppiò una violenta rivoluzione per ottenere la Costituzione e l'unificazione politica, trasformando la confederazione germanica in impero federale tedesco. Così si radunò a Francoforte un'Assemblea Costituente formata dai deputati di tutti gli Stati tedeschi, che propose la corona del nuovo Impero al re di Prussia, ma in seguito al rifiuto di questo l'assemblea si sciolse. Nell'Impero Asburgico scoppiò una violenta rivoluzione a Vienna per ottenere dall'imperatore Ferdinando I non solo la Costituzione, ma anche l'autonomia amministrativa per i singoli popoli della monarchia (Italiani, Ungheresi, Boemi, Sloveni e Croati). Ferdinando concesse la Costituzione, ma fu poi costretto ad abdicare in favore del figlio, che la revocò. Italia: La rivoluzione di Vienna ebbe immediate ripercussioni nel Lombardo Veneto, infatti subito insorse Venezia seguita da Milano e dai ducati di Parma e Modena. In un'atmosfera di entusiasmi Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria (prima guerra d'indipendenza) e ciò fu seguito dall'invio di truppe da Napoli, da Roma e da Firenze, così che si ottennero subito diversi successi. Ma quando Pio IX richiamò le proprie truppe e fecero lo stesso gli altri sovrani, le parti si rovesciarono e i Piemontesi vennero sconfitti a Custoza e il 9 Agosto venne firmato l'armistizio di Salasco. Intanto a Roma venne emanata una Costituzione, con la quale si dichiarava decaduto il potere dei Papi, si dichiarava la Repubblica e si affidavano i poteri ad un triumvirato formato da Mazzini, Saffi, Armellini. Contro lo "scandalo di Roma" si mobilitarono i principali Stati cattolici: Francia, Austria, Spagna. In difesa della Repubblica romana accorsero democratici e repubblicani da tutta Italia tra cui Mameli e Pisacane e sotto la guida di Garibaldi. Poi questi uomini si mobilitarono in difesa di Venezia . Il '48 si era quindi concluso col fallimento dei programmi federalista, neoguelfo e democratico. L'iniziativa passò quindi nelle mani della monarchia sabauda e in particolare del conte di Cavour. L'Italia non si sarebbe fatta quindi per "virtù di popolo", come aveva sognato Mazzini, bensì con la diplomazia, con l'intervento della Francia e con le annessioni, realizzando, così, il compromesso storico tra la monarchia e la borghesia liberale. Un primo progetto di laicizzazione dello Stato furono le tre leggi Siccardi 1850, con le quali si abolivano molti privilegi di cui godevano gli ecclesiastici e si imponeva alla Chiesa di non interferire in materia Statale (libera Chiesa in libero Stato) e l'istituzione del matrimonio civile. Cavour, che appoggiò questa proposta di legge si ispirava al modello americano, dove vigeva la tolleranza religiosa e si distaccava dal giurisdizionalismo (tendenza dello Stato a interferire in materia religiosa). Cavour seguace del liberismo e del liberalismo, inspirandosi al modello inglese propugnò numerose riforme atte a prevenire l'avanzata del socialismo. Nel 1852 divenne presidente del Consiglio dei ministri e strinse alleanza con quella parte della sinistra, cui faceva capo Urbano Rattazzi, creando un accordo di tutte le forze liberali noto col nome di "Connubio". Del Connubio facevano parte centro - destra cavouriano, portatore degli interessi del patriziato progressista e centro - sinistra rattazziano, sostenitore degli interessi della borghesia, che aspirava alla liberalizzazione degli scambi coi paesi transalpini. In seguito al Connubio l'opposizione si indebolì fino a scomparire quasi del tutto, costituendo le premesse per il trasformismo. Le innovazioni introdotte durante la presidenza del consiglio di Cavour favorirono soprattutto la grande proprietà terriera favorendo l'esportazione dei prodotti ma penalizzarono il sistema manifatturiero - industriale, che, in seguito all'abolizione delle barriere doganali, subì la concorrenza dei prodotti stranieri. La Chiesa solitamente era contraria alle innovazioni introdotte dal liberalismo, perché si riteneva unica detentrice della vera interpretazione della Bibbia e della moralità in contrapposizione col libero pensiero del liberalismo. Un duro scontro tra liberali e clericali si ebbe nel 1855 in seguito ad un progetto di legge per la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento e per l'incameramento dei loro beni. Nacque, così, la crisi Calabiana, per risolvere la quale intervenne persino il re, che costrinse Cavour a mitigare le proposte della legge. Le numerose riforme politiche ed economiche di Cavour si spiegano col fatto che lui credeva, sull'esempio dell'inglese Robert Peel, che per evitare la rivoluzione si dovessero fare delle concessioni (teoria del giusto mezzo). Mazzini dalle ceneri del partito nazionale repubblicano crea nel 1853 il Partito d'Azione composto e guidato da rivoluzionari professionisti. Nello stesso anno organizza tentativi insurrezionali tra i quali nel 1857 quello sotto il nome di spedizione di Sapri. All'azione di Mazzini doveva corrispondere lo scoppio di moti insurrezionali anche a Genova e Livorno. Ma queste insurrezioni falliscono a causa dell'inazione del popolo, che possedendo una mentalità chiusa considerava i mazziniani come briganti, provocando quindi la crisi del Partito d'Azione. Venne proclamata la società nazionale, il cui motto era "Italia e Vittorio Emanuele": la società raccoglieva quanti erano disposti ad agire con il Piemonte e con la monarchia per l'unità nazionale e Cavour si mise alla direzione di questo movimento. Nel 1858 presso Plombieres Napoleone III si accordò con Cavour e si impegnava ad entrare in guerra a fianco del Piemonte nel caso in cui l'Austria avesse aggredito il Regno Sardo. In cambio dell'aiuto i Savoia avrebbero ceduto alla Francia i possessi di Nizza e della Savoia. Dopo che Vittorio Emanuele aveva arruolato un corpo di volontari, capeggiato da Garibaldi, l'Austria lanciò un ultimatum ai Savoia per indurli a sciogliere l'esercito. Cavour respinse tale ultimatum e in virtù degli accordi contratti a Plombieres, Napoleone mosse guerra all'Austria e alla testa dell'esercito italiano varcò le Alpi e ottenne numerosi successi tra cui Solferino e San Martino. Contemporaneamente a Firenze una grande manifestazione popolare promossa da democratici e liberali-moderati, indusse Leopoldo ad abbandonare lo Stato e si formò un governo provvisorio guidato da un Commissario regio piemontese. Analoghe insurrezioni si verificarono a Parma, Modena e Bologna e allo stesso modo furono richiesti commissari sabaudi. La liberazione del Veneto sembrava imminente, ma all'improvviso Napoleone III propose all'Austria di trattare l'armistizio.


Pace di Villafranca: Napoleone convinse Vittorio Emanuele, e quindi l'Austria dovette cedere la Lombardia ai Piemontesi, mentre nei ducati insorti venne ripristinato lo status quo. Cavour, che era stato lasciato all'oscuro di tutto, presentò al re le proprie dimissioni. Modena, Parma, Bologna e Firenze chiesero di essere annesse al Piemonte. Il sentimento patriottico-nazionale andava ormai conquistando tutta l'opinione moderata e nel gennaio Vittorio Emanuele richiamò al governo Cavour, il quale riprese la direzione del governo prospettando a Napoleone III la possibilità della cessione di Nizza e della Savoia, purché consentisse che si tenessero plebisciti in Emilia, Romagna, Toscana per l'annessione al Piemonte, i quali sancirono il passaggio di queste regioni al regno Sabaudo. Garibaldi insistette con il re per riprendere le azioni dei volontari. A Palermo scoppiò una rivolta popolare, promossa dal mazziniano Francesco Riso; Garibaldi, insieme a molti giovani mazziniani, decise di intervenire in Sicilia. I leggendari mille si imbarcarono a Quarto e dopo sei giorni sbarcarono a Marsala. La spedizione non era avversata da Vittorio Emanuele, ma ad essa era contrario Cavour, preoccupato per le ripercussioni internazionali possibili, il quale dovette accettare a malincuore. I decreti, che Garibaldi prometteva in Sicilia ( abolizione dei dazi, sgravi fiscali ecc.) non appartenevano ad un disegno riformatore, ma miravano ad ottenere soprattutto il consenso popolare per proseguire l'avanzata. La guerra patriottica, che i garibaldini stavano combattendo si trasformò presso i contadini in una guerra sociale contro i proprietari terrieri Nino Bixio dovette reprimere i contadini in rivolta con fucilazioni e punizioni di massa. Garibaldi intanto era giunto a Messina e affidando il governo provvisorio dell'isola a Francesco Crispi si diresse alla volta di Napoli, dove assunse la dittatura del Regno delle due Sicilie. A mano a mano che la spedizione procedeva, Cavour temeva che Garibaldi proseguisse fino a Roma e decise l'intervento dell'esercito piemontese per sbarrare la strada di Roma e arrestare il movimento garibaldino. Garibaldi sconfisse ancora una volta l'esercito borbonico al fiume Volturno e incontrò Vittorio Emanuele a Teano consegnando a quest'ultimo il Regno delle due Sicilie. In seguito le popolazioni meridionali furono convocate per l'annessione al Piemonte e votarono a favore. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele proclamò l'Unità d'Italia.  


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