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'Ritratti di Nerone' - dagli Annales di Tacito; le Megalomanie e le Follie dell'Imperatore
Dalle pagine dei libri XIII-XVI degli Annales di Tacito emerge chiaramente il
progressivo svelarsi della natura malvagia di Nerone, principe dal 54 al 66
d.C.
Tale degenerazione procede di pari passo con l'emancipazione dal controllo
della madre Agrippina e con il venir meno della positiva influenza di Afranio
Burro, prefetto del pretorio, e di Seneca, il filosofo suo precettore.
La morte della madre toglie ogni freno alla degenerazione dei costumi privati
dell'imperatore che si abbandona ad ogni sorta di dissolutezze e sempre più
deliberatamente manifesta la suo sconveniente passione per le gare ippiche, la
musica e il canto.
L'emancipazione avviene attraverso una serie terribile di delitti:
* L'UCCISIONE DI BRITANNICO (Annales,
XIII, 15-16)
Il giovinetto Britannico è la prima vittima del perfido Nerone, che vede in lui
un pericoloso aspirante all'Impero in quanto figlio di Messalina, la prima
moglie di Claudio. Egli era invece figlio di Agrippina e del primo marito di
lei, Domizio Nerone, ed era stato adottato da Claudio, che si era unito in
seconde nozze con la stessa Agrippina. Quest'ultima poi, sentendo sempre
più indebolita la sua autorità presso il figlio, si servì di Britannico per
intimorire Nerone, minacciandolo di appoggiare il giovane che secondo molti era
stato illegittimamente privato dei diritto di succedere al padre naturale.
LA MORTE DI
AGRIPPINA (Annales, XIV, 7)
Nel 59 d.C., già da tempo in rotta con la madre, di cui non sopportava più le
ingerenze e che si opponeva al suo matrimonio con Poppea Sabina, la fece
uccidere affidando l'incarico di sopprimerla ad un liberto, su suggerimento di
Seneca e di Afranio Burro.
La svolta politica del regno di Nerone, caratterizzato fin ad allora da una relativa
autonomia accordata al Senato, è posta nel 62 d.C. in diretta relazione con la
morte di Burro, il ritiro a vita privata di Seneca e l'ascesa del nuovo
prefetto del pretorio Tigellino. Da questo momento l'eliminazione fisica delle
persone sgradite e degli oppositori, veri o anche solo presunti, diventa una
pratica consueta.
MORTE DI BURRO E FINE DELL'INFLUENZA DI SENECA (Annales, XIV, 52)
La morte di Burro compromise il potere di
Seneca, perché la sua positiva influenza, ora che era sparita l'altra guida,
non aveva più la presa di prima, e Nerone si lasciava attrarre dai peggiori.
Costoro presero di mira Seneca con accuse di vario tipo: ad esempio che
aumentava ulteriormente le sue enormi ricchezze, eccessive per un privato; che
intendeva concentrare su di sé le simpatie dei cittadini; che superava, quasi,
il principe nella raffinata bellezza dei giardini e nella sontuosità delle
ville. Gli rinfacciavano anche di volersi accaparrare tutta la gloria dell'eloquenza
e di aver intensificato la produzione di versi, da quando Nerone vi si era
appassionato. Lo indicavano come avverso agli svaghi del principe, pronto a
sprezzare la sua abilità nel guidare i cavalli e a schernire la voce, quando
cantava. E fino a quando si doveva credere che nell'impero non ci sarebbe stato
niente di buono che non provenisse da lui? Senza dubbio, l'infanzia di Nerone
era trascorsa ed egli era nel pieno vigore della sua giovinezza: si tolse
dunque di dosso quel precettore ora che poteva valersi dei suoi avi, come veri
e preziosi maestri. INCENDIO DI ROMA (Annales, XV, 38-39)
Nel 64 d.C. Nerone è sospettato di aver provocato deliberatamente l'incendio di
Roma per ricostruire gli antichi edifici con nuove e moderne costruzioni, in
primo luogo con la grandiosa residenza imperiale detta 'domus
aurea'. Si era infatti sparsa la voce che, mentre la città bruciava,
Nerone fosse salito sul palcoscenico del suo palazzo e avesse cantato la rovina
di Troia, raffigurando nell'antico disastro le presenti sciagure.
* PERSECUZIONI DEI CRISTIANI (Annales,
XV, 44-45)
Nerone decide di addossare la colpa del rovinoso incendio ai Cristiani, dando
inizio alla prima persecuzione per troncare la diceria. Arrestò dapprima tutti
quelli che professavano la dottrina apertamente, e successivamente altri in
grandissimo numero furono arrestati. Li fece dilaniare dai cani o inchiodare
sulle croci oppure venivano bruciati.
LA FINE DI
SENECA (Annales, XV, 45)
Si sparse la voce che Seneca, il vecchio precettore di Nerone, a causa della
smodata ricerca del consenso di questo, e della sua politica-spettacolo, sempre
più caratterizzata da elementi autocratici che andava a scontrarsi con
l'atteggiamento filo-senatorio dello stesso, avesse chiesto di potersi ritirare
a vita privata in una campagna lontana ma, poiché non lo ottenne, non uscì più
dalla propria camera fingendosi malato di nervi. Nerone, a quanto narrano
alcuni, fece anche preparare un veleno, da cui questi si salvò grazie alla sua
vita ascetica. Nel 62 d.C. finalmente arrivò il ritiro di Seneca, ma
questi non riuscì tuttavia a mettersi al riparo dalle ostilità dell'Imperatore.
Quando, infatti, nel 65 d.C. fu scoperta una congiura di un gruppo di senatori
capeggiati da Calpurnio Pisone, il filosofo fu considerato fra i colpevoli ed
egli affrontò la morte con serenità, nobiltà e coraggio, secondo l'esempio di Socrate
e dei grandi sapienti del passato.
* UCCISIONE DI POPPEA (Annales, XVI,
6-7)
A causa di un'improvvisa collera del marito Nerone, Poppea morì, colpita da un
calcio. L'ipotesi del veleno non viene seguita da Tacito che propone invece un
atto di pura follia dell'Imperatore in quanto questi era sia desideroso di
figli, sia perdutamente innamorato della moglie.
* ELIMINAZIONE DI TRASEA PETO (Annales,
XVI, 21-22)
Traseo Peto fu senatore imminente e capo morale degli aristocratici che
rifiutavano il principato in nome degli ideali repubblicani che si suicidò nel
66 d.C. Questi infatti fu 'colpevole' di numerosi atti che accrebbero
la profonda ostilità dell'Imperatore:
- Trasea Peto propose pene meno gravi per i condannati a morte quali il pretore
Antisio, autore di versi oltraggiosi contro Nerone;
- Non partecipò né al conferimento degli onori divini a Poppea, né ai suoi funerali;
- Non aveva mai offerto sacrifici per la salvezza dell'Imperatore.
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