RELIGIONE E MEDIOEVO
LA
CRISTIANIZZAZIONE DELL'EUROPA CENTRALE, DEI BALCANI E DELLA
RUSSIA MEDIEVALE
La formazione degli Stati
feudali marciò di pari passo con la necessità di modificare la sovrastruttura
ideologica (compresa quindi la religione) sulla base dei nuovi rapporti
sociali. Benché dei predicatori musulmani avessero cercato di fare dei seguaci
in Bulgaria, non si poneva neppure il problema di una scelta fra cristianesimo
e islam. Anzi, proprio il cristianesimo poteva permettere alla Bulgaria di assimilare
l'esperienza sociale dei paesi vicini più evoluti e, in definitiva, di
'rompere', in maniera radicale, con l'universo concettuale
geneticamente legato al sistema pre-feudale in declino, del tutto incompatibile
con i fondamenti d'uno Stato feudale unificato in fieri.
Inoltre l'introduzione della
nuova religione permetteva di stabilire relazioni d'uguaglianza reciprocamente
vantaggiose con le potenze cristiane. Forse solo nel caso dei sovrani russi si
può parlare di possibilità di scelta 'ideologica' fra le due
religioni allora più importanti, la cristiana e l'islamica. L'islam venne
rifiutato non tanto perché i suoi usi e costumi parevano troppo estranei al
principe Vladimir, quanto perché le posizioni politiche dei paesi musulmani
(specie del califfato arabo) erano allora seriamente compromesse a livello
internazionale. Ciò naturalmente non significa che la scelta fra Roma e
Costantinopoli fosse per la Russia cosa facile. La decisione di adottare il
cristianesimo rifletteva gli interessi della classe dominante. Lo dimostra il
fatto che scoppiarono non poche rivolte popolari contro l'imposizione di questa
nuova religione. I sovrani battezzati erano ricorsi all'aiuto di forze esterne
perché ancora non avevano l'autorità sufficiente per pretendere l'assoluta
obbedienza del popolo al potere centrale. L'adozione del cristianesimo veniva
proprio a coincidere con il processo di formazione dello Stato feudale. La
difesa della sovranità politica, nazionale e territoriale si esprimeva nella
necessità di avere una propria chiesa indipendente: ciò che, in effetti, sin
dai secoli X e XI riuscirono ad ottenere gli Stati politicamente più forti.Le
nomine ai principali posti della gerarchia clericale russa avvenivano secondo
la volontà del sovrano; in secondo luogo gli edifici del culto venivano
costruiti su richiesta e a spese del potere laico; in terzo luogo la proprietà
fondiaria della chiesa allora era appena in gestazione, e quindi la vita
materiale del clero era sostanzialmente assicurata da una parte dei redditi del
principe; in quarto luogo il potere laico fruiva di ampi diritti di controllo
sui redditi del clero; in quinto luogo, la chiesa non riconosceva il diritto di
asilo e per molte questioni giuridiche e civili sottostava ai tribunali
laici.Come noto, la dipendenza della chiesa ortodossa nei confronti dello Stato
diventerà, in seguito, più forte di quella del clero latino, ma agli inizi
questa differenza era meno marcata: la neonata chiesa aveva un gran bisogno
della tutela del potere laico. In Russia, all'inizio del XII sec., talune
istituzioni clericali possedevano già vasti domini fondiari (donati dai
principi) e disponevano di varie immunità fiscali e giudiziarie. Le decime
venivano tratte dai tributi e dalle tasse giudiziarie e commerciali imposte dai
principi. Nelle prime tappe della cristianizzazione, ovvero durante i primi
decenni che seguirono il battesimo, l'attività della chiesa si estendeva
soprattutto alle città e ai centri amministrativi dello Stato, quasi senza
toccare le campagne, ove il rituale funerario, tanto per fare un es., restava
rigorosamente pagano. Le maggiori difficoltà che il clero doveva affrontare
erano dovute all'atteggiamento della nobiltà locale, la quale, pur avendo
accettato il battesimo, restava indifferente alla nuova religione e non mutava
il proprio stile di vita. Questo comportava forti attriti, specie nei paesi
soggetti all'influenza culturale e politica dell'occidente latino. In oriente i
rapporti fra clero e nobiltà erano generalmente migliori, ma la dipendenza
completa della chiesa dallo Stato non facilitava affatto i mutamenti nel
costume di vita della nobiltà. Nella seconda tappa il cristianesimo cominciò a
espandersi anche verso la campagna. Apparvero i primi atti legislativi miranti
a stabilire norme di vita cristiana per tutta la nazione. Si generalizzava la
pratica di seppellire i morti presso la chiesa. Si formavano le prime
organizzazioni parrocchiali. Si consolidavano l'autonomia e il prestigio
sociale della chiesa. Probabilmente in Russia fu la politica flessibile del
clero, che cercava di far convivere pacificamente pagani e cristiani, ad
evitare quegli aspri conflitti fra chiesa e nobiltà scoppiati in taluni paesi
centroeuropei nei secoli IX e X. Sarebbe tuttavia assurdo sostenere che la
chiesa ortodossa fosse completamente assoggettata allo Stato. Essa in realtà ha
sempre cercato di giocare un ruolo autonomo, perseguendo e a volte raggiungendo
obiettivi non del tutto coincidenti con quelli della nobiltà laica. E questo
mediante il solo insegnamento sui castighi dell'aldilà, oppure con i racconti
agiografici e le descrizioni dei miracoli postumi, che incarnavano gli ideali
da essa propagandati. I santi erano proclamati difensori dei poveri, dei
malati, dei sofferenti. L'attività della chiesa in Russia andava oltre il mero
rapporto 'prete-fedeli', in quanto ambiva a criticare le ingiustizie
compiute dai principi: prassi, questa, senza precedenti nella regione
centroeuropea. Tuttavia la chiesa russa non chiedeva di modificare
sostanzialmente i rapporti feudali esistenti. Tanto è vero che predicava al
popolo l'obbedienza come norma fondamentale della dottrina cristiana. E di
fronte a quanti cercavano di contestare il sistema si comportava, né più e né
meno, come il governo in carica. Essa voleva sì la pace sociale, ma a vantaggio
soprattutto della classe dominante, cui apparteneva anche il clero medio-alto.
Poteva rimproverare il principe sul piano morale, senza subire particolari
ritorsioni, ma continuava a frenare sul piano politico le rivendicazioni
popolari. Diversamente dalla chiesa cattolica, la chiesa ortodossa era meno
lontana dalle masse popolari, meno legata alla gerarchia ecclesiastica
straniera (la chiesa latina, infatti, con l'idea del papato, pretendeva una
totale sottomissione a Roma da parte di tutte le chiese cattoliche del mondo).
A conferma di ciò, basta osservare il diverso modo di considerare le lingue
nazionali. Nei paesi cristiani orientali gli uffici venivano celebrati nella
lingua dei fedeli; in quelli cattolici invece era d'obbligo il latino. Come
noto, la scrittura slava venne creata verso la metà del IX sec. proprio per
diffondere il cristianesimo. In certi paesi (ad es. la Carinzia) la scrittura
slava era del tutto sconosciuta al momento della cristianizzazione.
Nell'occidente latino la scrittura in lingua locale veniva ammessa solo per un
numero assai ristretto di testi sacri. La scrittura in lingua magiara era
praticamente inesistente. In Polonia si conosceva l'alfabeto slavo ma il suo
uso era minimo. Nella Grande Moravia e più tardi in Boemia la sua importanza fu
grande all'inizio, ma poi divenne oggetto di persecuzioni. Così pure in
Croazia. Dopo lo scisma del 1054 la situazione invece di migliorare peggiorò:
la chiesa latina cominciò a considerare la scrittura slava come un segno di appartenenza
alla confessione ortodossa. Di tutti i paesi cristianizzati a partire dal IX
sec. la Bulgaria (e parzialmente i principati serbi) fu la sola in cui questa
scrittura si sviluppò liberamente. Naturalmente i contatti culturali erano più
intensi fra quei paesi che utilizzavano una medesima scrittura.