Prima
guerra mondiale
SECONDA
parte
Il secondo
anno di guerra sugli altri fronti
Nel 1915 Falkenhayn concentrò gli sforzi
contro la Russia, sia perché era il punto più debole dell'Intesa, sia per
rafforzare la posizione dell'alleata Austria prima che l'intervento italiano la
minacciasse da Sud. L'esercito russo subì gravissime disfatte ed enormi perdite
da parte di Hindenburg e Ludendorff
(seconda battaglia dei Laghi Masuri a febbraio) e di von Mackensen e Conrad (sfondamento di Gorlice a
maggio e occupazione austriaca della Galizia). Allontanata la minaccia russa
dai Carpazi, l'offensiva tedesca e austro-ungarica di luglio-settembre si
concludeva con l'occupazione dell'intera Polonia. Falliva intanto un tentativo
franco-inglese di ristabilire i collegamenti con la Russia per mezzo di una
spedizione navale contro la Turchia: lo sbarco a Gallipoli (aprile-novembre) si
risolse con pesanti perdite. Mentre l'entrata in guerra della Bulgaria a fianco
degli Imperi Centrali segnò il crollo della Serbia (ottobre-novembre): i resti
dell'esercito serbo furono tratti in salvo a Corfù
dalla flotta italiana col concorso di unità alleate. Ancora una volta i
successi austro-tedeschi erano notevoli ma non decisivi. La Russia,
scarseggiando di artiglieria e munizioni, aveva dovuto subire la guerra di
movimento del nemico su un fronte troppo esteso da fortificare e trincerare:
perse così oltre due milioni di uomini e tuttavia le sue riserve umane erano
tali che non si poteva ancora considerarla fuori combattimento. Sul fronte
occid., dove i Tedeschi si erano limitati alla difesa, i Franco-Inglesi avevano
cercato di approfittare del concentramento nemico a oriente per sferrare una
serie di offensive nell'Artois e nella Champagne (Ypres, Arras) che, al solito, costarono più delle perdite
inflitte ai Tedeschi senza produrre risultati significativi. La guerra navale
non registra fatti di rilievo. Dopo che la corsa agli armamenti navali era
stata un importante elemento di tensione fra Gran Bretagna e Germania,
scoppiata la guerra nessuno dei due Paesi osò impegnare la propria flotta:
quella tedesca restava nei porti, mentre gli ammiragli inglesi esercitavano il
blocco a distanza, ritenendo di mantenere la supremazia sui mari senza
rischiare una disfatta. Solo unità veloci come gli incrociatori di von Spee esercitavano azioni di
disturbo contro questa supremazia: vincitori nel novembre 1914 presso le coste
cilene, vennero però quasi tutti distrutti dagli Inglesi nel dicembre 1914 alle
is. Falkland. Nel teatro del Mare del Nord, dove le due flotte antagoniste si
fronteggiavano, i Tedeschi tentarono, nei primi sei mesi di guerra, di
provocare scontri con importanti frazioni della flotta britannica effettuando
scorrerie di grandi incrociatori sulle coste orient. della Gran Bretagna. Questa
attività culminò, il 24 gennaio 1915, nello scontro del Dogger
Bank, che impegnò le forze veloci delle due flotte e
dopo il quale i Tedeschi dovettero ripiegare. Il controblocco
era esercitato attivamente invece dai sommergibili tedeschi, che dal febbraio
1915 minacciarono anche le navi neutrali: finché la decisa reazione americana
all'affondamento del piroscafo inglese Lusitania
il 7 maggio 1915 (in cui persero la vita 1200 passeggeri, 118 dei quali erano
cittadini americani) spinse la Germania a limitare le azioni di guerra
sottomarina. Questo secondo anno del conflitto diede, in conclusione, un nuovo
colpo alle illusioni di una soluzione a breve scadenza: a causa di ciò venivano
sempre più in primo piano problemi quali la resistenza economica e la mobilitazione
industriale di ciascun Paese a fini bellici, il rafforzamento degli accordi
politici e del coordinamento militare nell'ambito di ciascuno dei due blocchi,
il mantenimento dell'unità politica e della pace sociale in seno a ogni Paese,
al fine di conservare un'adesione il più possibile di massa alla continuazione
della guerra sino in fondo. Un'opposizione alla guerra cominciò a crescere fra
le forze socialiste: alcune frazioni minoritarie, che propagandavano una pace
senza annessioni ne indennità, promossero nel settembre 1915 una conferenza a Zimmerwald. Questa opposizione, presente con diversa forza
in ogni Paese, si rafforzò e divenne più incisiva a partire dall'anno
successivo (Congresso di Kienthal, aprile 1916),
allorché si sviluppò un'azione diretta per la cessazione immediata della guerra
e si andò affermando la concezione di dirigenti rivoluzionari come Lenin e Rosa
Luxemburg mirante a trasformare la guerra in
rivoluzione sociale anticapitalistica in tutti i Paesi. Ma, per ora, i governi
restavano sufficientemente saldi e gli esecutivi erano dotati di estesi poteri.
Quanto alla compattezza dei due campi, il problema era relativamente più acuto
per l'Intesa: tra Francia, Russia e Gran Bretagna (legate dal Patto di Londra,
5 settembre 1914), nonostante l'unità raggiunta contro il comune nemico,
sussistevano contrasti di interessi, di fini, nonché divergenze di vedute sulla
condotta della guerra. L'accordo anglo-francese Sykes-Picot
del marzo 1915, stabilendo una divisione di zone d'influenza (Mesopotamia alla Gran Bretagna, Siria alla Francia),
contribuì a spianare alcuni motivi d'attrito. Dal punto di vista militare
invece non si fecero passi avanti nella creazione di un comando unico,
nonostante vi fosse in quell'anno un primo tentativo fra Anglo-Francesi, Russi
e Italiani di coordinare un'azione simultanea per l'anno successivo. Del resto,
anche nel campo degli Imperi Centrali le discordie tra Conrad
e Falkenhayn impedivano che si pervenisse a un
comando unificato.
Il 1916:
la strategia tedesca di logoramento
Nel 1916 Falkenhayn tornò a concentrare le forze tedesche sul fronte
occid. considerandolo il solo che poteva decidere l'esito della guerra. Questa
volta la Germania prese atto del carattere di immobilismo assunto dalla guerra
e adottò una strategia di logoramento, fidando nella propria superiorità
tattica rispetto agli Anglo-Francesi e nella propria potenza di fuoco.
Scegliendo la fortezza di Verdun come punto su cui sferrare l'attacco, Falkenhayn schierò in pochi chilometri quadrati diciannove
divisioni sostenute da un enorme concentramento di artiglieria. Il suo piano
non consisteva più nel cercare di sfondare le linee nemiche, ma nel costringere
la Francia a esaurire tutte le proprie riserve nella difesa di una posizione
essenziale, fino a dissanguarsi definitivamente. L'attacco tedesco cominciò con
un improvviso violentissimo bombardamento il 21 febbraio, e la battaglia si
protrasse per oltre cinque mesi, fino a luglio: persero la vita in questa
carneficina ca. 700.000 soldati, equamente distribuiti tra le due parti. Anche
questo nuovo piano tedesco era dunque sostanzialmente fallito, sia per il costo
ulteriormente dimostrato dell'offensiva nella guerra delle trincee e delle
mitragliatrici, sia perché la Gran Bretagna (passata proprio all'inizio del
1916 dal servizio militare volontario alla coscrizione obbligatoria) stava
rapidamente restaurando l'equilibrio di riserve umane. Tale maggiore capacità
d'impegno della Gran Bretagna sul fronte occid. spinse l'Intesa a tentare,
nell'ultimo mese della battaglia di Verdun, una massiccia offensiva sulla Somme
(1s luglio): in questa occasione fecero la prima comparsa i carri armati
inglesi, che non ebbero però adeguato impiego e non produssero risultati di
rilievo, sciupando l'effetto della sorpresa. Anche la battaglia della Somme,
durata fino a novembre, non ebbe esiti significativi e si risolse in una
carneficina come Verdun: se costò ai Tedeschi mezzo milione di uomini, gli
Inglesi ne persero 400.000 e i Francesi 200.000. Pressappoco in coincidenza con
questa offensiva, la Russia si rifaceva viva attaccando a giugno col generale Brusilov sul fronte orient., costringeva le divisioni
austro-ungariche a ripiegare profondamente e catturava in pochi giorni 200 mila
prigionieri sul fronte della Volinia e della Bucovina. I successi di Brusilov
ebbero importanti risultati: costrinsero Falkenhayn a
spostare truppe dal fronte occid. impedendogli un contrattacco sulla Somme;
contribuirono al fallimento della 'Strafexpedition'
lanciata da Conrad contro l'Italia sull'altopiano dei
Sette Comuni (maggio-luglio 1916), permettendo a Cadorna una vittoriosa
controffensiva (sesta battaglia dell'Isonzo, agosto-novembre) iniziata con la
conquista di Gorizia (agosto) ma proseguita con un pesante logoramento umano;
favorì infine la decisione presa dalla Romania di entrare in guerra contro gli
Imperi Centrali (27 agosto). Ciò non fu però di alcun aiuto per l'Intesa, in
quanto la Romania venne in breve tempo invasa da truppe tedesche,
austro-ungariche e bulgare (Bucarest cadde il 6 dicembre), senza poter ricevere
appoggio dalla Russia la cui offensiva era ormai bloccata dall'endemica
scarsità di equipaggiamento e munizioni: l'esercito russo, duramente provato,
cominciava a entrare quell'anno in gravissima crisi. Intanto lo scacco tedesco
portava alla destituzione di Falkenhayn, che venne
sostituito al comando supremo da Hindenburg e Ludendorff. Sugli altri fronti è da segnalare la vittoria
turca sul corpo di spedizione britannico in Mesopotamia
(aprile). La Gran Bretagna riuscì però a conservare Suez, mentre il colonnello Lawrence incitava contro la Turchia le tribù arabe con la
promessa della creazione di uno Stato arabo indipendente. La guerra sui mari
vide nel 1916 l'unico scontro importante tra grandi unità di tutta la guerra:
la battaglia dello Jütland (31 maggio-1s giugno),
provocata dall'ammiraglio tedesco von Scheer per cercare di allentare la pressione del blocco
infliggendo un grave colpo alla flotta britannica dell'ammiraglio Jellicoe, fece registrare effettivamente alla Gran Bretagna
perdite in uomini e navi circa doppie rispetto a quelle tedesche. Ma la
Germania dovette prendere atto che simili successi tattici erano lontani dallo
spezzare l'egemonia navale inglese, e fino alla fine della guerra la sua flotta
rinunciò a contrastare agli Inglesi il dominio del Mare del Nord.
Nel complesso la fine di quell'anno vedeva perdurare l'equilibrio delle forze
opposte e una situazione di stallo generale. La durata della guerra e i
sacrifici e le privazioni sofferti dalle popolazioni facevano intanto
intravedere un aggravarsi della situazione interna dei vari Stati. Perciò nel
corso del 1916 si assistette a un tentativo di rafforzamento dei vari governi.
Aristide Briand in Francia guidava un governo di
larga coalizione; in Italia, dopo la 'Strafexpedition',
il gabinetto Salandra cadeva attaccato dalla destra
nazionalista e dalla sinistra socialista e veniva sostituito dal governo di
'concentrazione nazionale' di Paolo Boselli;
al posto del gabinetto Asquith subentrava in Gran
Bretagna il 'gabinetto di guerra' di David Lloyd
George. In Germania l'ascesa di Hindenburg
e Ludendorff al comando supremo dell'esercito acuiva
i contrasti fra il potere militare e quello civile: mentre lo Stato Maggiore
premeva per la ripresa della guerra sottomarina senza restrizioni, il
cancelliere Bethmann-Hollweg e il nuovo imperatore
d'Austria Carlo I (succeduto nel novembre 1916 a Francesco Giuseppe) erano
inclini a negoziati di pace. Proposte in tal senso vennero avanzate nel
dicembre dagli Imperi Centrali, con la mediazione del presidente americano
Wilson: ma il tentativo fallì ben presto, anche perché la Germania voleva
trattare sulla base del riconoscimento dei vantaggi territoriali fin allora
acquisiti. Lo Stato Maggiore tedesco ebbe infine la meglio sul governo e
all'inizio dell'anno successivo (febbraio 1917) impose la ripresa della guerra
sottomarina illimitata: anche perché, sia pur lentamente, la Germania
cominciava a risentire degli effetti del blocco. L'inverno 1916-17 fu assai
duro per lo scarseggiare delle riserve di cibo, nonostante l'occupazione della
Romania avesse procurato nuove scorte di frumento e petrolio. Davanti alla
prospettiva di un nuovo anno di stasi della guerra in terraferma, gli Imperi
Centrali preferirono correre l'estremo rischio, fidando di riuscire a piegare
la Gran Bretagna entro sei mesi, prima cioè che l'eventuale intervento
americano spostasse definitivamente la bilancia a favore dell'Intesa.
L'anno di
crisi: 1917
Il 1917 fu un anno di acuta crisi
per tutti i Paesi belligeranti, ma soprattutto per l'Intesa. Il morale delle
truppe era deteriorato dall'estenuante sforzo della guerra, dalle inutili
carneficine e dall'immobilismo senza prevedibile sbocco degli eventi bellici.
In Italia si cominciava a diffondere uno spirito di sfiducia verso Cadorna
soprattutto in seno ai giovani ufficiali di complemento. In Francia la crisi si
manifestò ancor più gravemente in occasione dell'offensiva dell'aprile 1917 che
il generale Nivelle (succeduto a Joffre
al comando supremo) sferrò nella Champagne su un fronte di 80 km contro una munitissima linea difensiva tedesca: non solo questo
inutile attacco costò 100.000 uomini, ma aggravò la stanchezza e la confusione
fra le truppe, causando l'ammutinamento di vari reparti combattenti a Soissons. In seguito a questi avvenimenti, Nivelle fu sostituito dai generali Pétain
e Foch con l'incarico di rimettere in piedi
l'esercito francese. In questa fase il maggior sforzo gravò sul corpo di
spedizione britannico e sui resti dell'esercito russo. Anche i tentativi
offensivi inglesi furono pagati duramente: l'avanzata di 8 km permessa dalla
lunga battaglia di Passchendaele, su un terreno
sconvolto e ridotto a un mare di fango dai bombardamenti d'artiglieria, costò
400.000 vittime. Non maggior fortuna ebbe l'attacco a sorpresa sferrato a fine
anno a Cambrai, che pure riuscì, con l'appoggio di
400 carri, a sfondare in parte le linee tedesche: il successo parziale non poté
essere consolidato per la scarsità di rifornimenti, truppe fresche e nuovi
carri. Il 1917 si chiuse ancora per il fronte occid. in una situazione di
stasi, con l'Intesa molto logorata e gli Imperi Centrali in attesa di sferrare
l'ultima disperata offensiva. Per questi ultimi la guerra era divenuta, più che
mai, una lotta contro il tempo. La reazione americana alla guerra sottomarina
non si era fatta attendere: il 1s febbraio Wilson ruppe i rapporti diplomatici
con la Germania e il 2 aprile 1917 gli Stati Uniti, dietro la spinta della
grande industria e dell'alta finanza (legate all'Intesa dalla concessione di
larghi crediti), dichiararono guerra alla Germania, seguiti dalla maggior parte
degli Stati americani. Ma l'intervento americano non avrebbe potuto influire in
modo decisivo sul corso degli eventi se non l'anno seguente. Nel frattempo per
la Germania si trattava di sfruttare il vantaggio offertole dall'uscita della
Russia dalla scena della guerra. Come già era accaduto in occasione del
conflitto russo-giapponese del 1904, la guerra aveva precipitato la crisi
dell'Impero zarista mettendone in luce l'arretratezza, la disorganizzazione e
la corruzione. Una serie di rivolte spontanee, scioperi e ammutinamenti
scoppiati nel marzo 1917, provocati inizialmente dalla mancanza di pane, furono
appoggiati dalle truppe di Pietroburgo e si politicizzarono
rapidamente trasformandosi in rivoluzione politica e portando il 15 marzo
all'abdicazione dello zar Nicola II. La lotta di classe si sviluppò
impetuosamente e per alcuni mesi la vita politica russa fu caratterizzata da un
'dualismo di potere' che vide contrapposte le organizzazioni
spontanee di operai, contadini e soldati (Soviet) ai resti in disgregazione del
potere statale (la Duma) a capo del quale si
succedettero i cadetti (nobili liberali e alta borghesia moderata) e il governo
menscevico di Aleksandr Kerenskij.
Questi governi provvisori cercarono di far accettare ai contadini e alle masse
russe la continuazione della guerra promettendo un regime democratico-costituzionale
e procedendo a nuove distribuzioni delle terre: ma, nonostante qualche iniziale
successo contro l'Austria, l'offensiva del giugno-luglio in Galizia voluta da Kerenskij ebbe risultati disastrosi e confermò
l'impossibilità di continuare la guerra mentre le armate si disgregavano e la
rivoluzione seguiva il suo corso. Nel novembre 1917 i bolscevichi di Lenin,
guadagnatisi il controllo dei Soviet, conquistarono il potere proclamando la
Repubblica Socialista Federativa dei Soviet, conclusero subito (dicembre) un
armistizio con la Germania e infine, il 3 marzo 1918, sottoscrissero il Trattato
di Brest-Litovsk pagando la pace separata a durissimo
prezzo (perdita dell'Ucraina, dei Paesi baltici e della Finlandia). Questi
avvenimenti diedero respiro agli Imperi Centrali, permettendo loro di spostare
su altri fronti le armate fino ad allora immobilizzate sul fronte russo; anche
se, nel contempo, la vittoria delle forze popolari in Russia contribuì ad
acuirne le difficoltà politico-sociali interne (rafforzarsi delle correnti
favorevoli alla pace, scioperi e rivolte). Si era soprattutto andato
accentuando, nel corso del 1917, il processo di sfaldamento dell'Impero asburgico con la creazione di un governo cecoslovacco in
esilio e la conclusione del Patto di Corfù (luglio
1917) tra Serbi, Croati e Sloveni per la creazione di uno Stato unitario iugoslavo,
con l'appoggio dei governi dell'Intesa e l'opposizione invece del ministro
degli Esteri italiano Sonnino. La politica
nazionalista di quest'ultimo verso le terre ottomane e i Balcani
alla conferenza alleata di San Giovanni di Moriana
(19-20 aprile 1917) - durante la quale aveva anche posto il veto a un tentativo
di pace separata avanzata dall'imperatore d'Austria - provocò una decisa
opposizione da parte dell'opinione pubblica democratica italiana e una grave
crisi del gabinetto Boselli. Alla fine dell'anno,
dopo il fallimento di un ultimo tentativo di pace di Benedetto XV (agosto), i
governi dell'Intesa assunsero il carattere di gabinetti della guerra a
oltranza, con poteri quasi dittatoriali (Lloyd George in Gran Bretagna, Clemenceau
in Francia, Orlando in Italia dopo Caporetto). Nel
settembre 1917 Ludendorff, con l'obiettivo
dell'eliminazione dell'avversario più debole, appoggiò finalmente il piano del
comando austriaco di scatenare una massiccia offensiva sul fronte italiano. Dal
maggio del 1917 Cadorna aveva logorato l'esercito italiano in una serie di
offensive che, malgrado successi parziali come la conquista dell'altopiano
della Bainsizza (agosto), erano costate circa 400.000
vittime senza raggiungere l'obiettivo sognato di Trieste. Contro questo
esercito esaurito e sfiduciato gli Austro-Tedeschi lanciarono l'attacco il 24
ottobre 1917 sfruttando la testa di ponte di Tolmino sull'Isonzo: Cadorna, pur
preavvisato, si dimostrò incerto e passivo e il crollo del fronte italiano fu
quasi immediato. Dopo lo sfondamento austro-tedesco di Caporetto,
l'esercito italiano iniziò una disastrosa ritirata per evitare
l'accerchiamento: in seguito a nuovi attacchi, dovette ripiegare dal
Tagliamento al Piave (9 novembre), perdendo complessivamente 600.000 uomini. Il
disastro provocò la caduta del governo Boselli,
sostituito dal governo di coalizione nazionale di Vittorio Emanuele Orlando,
mentre a Cadorna subentrava il generale Armando Diaz. Dopo cinque giorni di
durissima lotta un nuovo attacco nel settore fra il Piave e il Brenta venne
fermato, mentre cominciavano ad affluire aiuti da parte degli alleati.
L'estremo
sforzo: 1918
Nell'attesa dell'ultima offensiva degli Imperi Centrali prima
dell'arrivo in Europa delle forze americane, i comandi dell'Intesa erano
finalmente riusciti a creare un comitato esecutivo interalleato (febbraio 1918)
con a capo il maresciallo francese Foch. La forza
economica e produttiva degli Stati Uniti aveva bilanciato le perdite causate
dai sommergibili tedeschi e l'uscita della Russia dalla guerra; si trattava ora
di resistere al meglio, per poter poi sferrare la controffensiva decisiva con
l'apporto delle divisioni statunitensi. Perciò l'Intesa, abbandonata la tattica
delle massicce offensive frontali, adottò una linea di difesa elastica.
L'attacco di Ludendorff iniziò il 21 marzo su un
fronte di 65 km nella regione di San Quintino, alla congiunzione delle armate
britanniche con quelle francesi di Pétain che
difendevano Parigi. Ludendorff intendeva produrre una
rottura fra le truppe inglesi e le armate francesi, costringendo le prime a
ritirarsi a protezione della Manica e le seconde in direzione di Parigi, e
occupare il nodo ferroviario di Arras. La rottura fra lo schieramento inglese e
quello francese di Pétain si produsse, ma gli Inglesi,
pur travolti con pesanti perdite, riuscirono a conservare Arras, mentre Foch difendeva strenuamente Amiens.
Una serie continua di violente offensive in aprile e maggio portava i Tedeschi
a raggiungere nuovamente la Marna (30 maggio, battaglia dello Chemin des Dames).
Contemporaneamente l'esercito austriaco riprendeva l'offensiva sul Piave (15
giugno) e, mentre veniva fermato nella zona di Asiago e del Grappa, riusciva a
passare il fiume sulla direttrice di Treviso e occupava il massiccio del Montello:
in dieci giorni di battaglia l'attacco venne contenuto e respinto e il 22-23
giugno si aveva la ritirata austriaca. Nel luglio 1918 anche l'offensiva di Ludendorff si era ormai spenta: intanto, dall'aprile, le
truppe americane arrivavano in Europa al ritmo di 300.000 uomini al mese,
permettendo all'Intesa di sferrare tra agosto e settembre il contrattacco
decisivo: questo iniziò con la seconda battaglia della Marna (18 luglio) poi,
sfruttando la deficienza di riserve e lo sbilanciamento dell'esercito tedesco,
l'Intesa lo costrinse con una serie di attacchi combinati (Soissons,
Amiens, Ypres) a ripiegare
sino alle ultime linee di difesa (Wotan, Hindenburg e Grunilde), sferrando
nelle Ardenne il colpo di grazia. Il 24 ottobre aveva
inizio anche la controffensiva italiana che, sfondato il fronte austriaco a
Vittorio Veneto dopo una dura lotta sul Grappa e sul medio Piave, si concluse
il 3 novembre con la conquista di Trento e Trieste e la firma, lo stesso
giorno, dell'armistizio di Villa Giusti che segnava la resa senza condizioni
degli Austro-Ungarici (v. Italia, storia). La vittoria dell'Intesa maturava
pure su altri fronti. A metà settembre un attacco di Francesi, Serbi e Inglesi
a Salonicco permise la liberazione di Serbia, Montenegro e Albania portando alla
resa della Bulgaria per la fine del mese. Sul fronte turco (dove, l'anno
precedente, i rapporti arabo-inglesi erano entrati in crisi per la promessa di
lord Balfour al movimento sionista della costituzione
di uno Stato ebraico in Palestina) le truppe inglesi di Allenby
catturavano in Palestina l'intero esercito turco, e invadevano la Siria e
l'Asia Minore entrando a Damasco il 1s ottobre. Il 30 ottobre la Turchia era
costretta alla resa. Gli Imperi Centrali erano ormai in completo sfacelo:
l'impero asburgico si disfaceva e, alla fine di
ottobre, si costituivano gli Stati di Iugoslavia, Cecoslovacchia, Austria e
Ungheria, e Carlo I abdicava. Il comando supremo tedesco invitava il Kaiser
a chiedere l'armistizio (riunione di Spa, 29
settembre): ma il nuovo cancelliere Max von Baden, formato un gabinetto liberale su base parlamentare,
voleva continuare la lotta, mentre ormai gli eserciti dell'Intesa non
incontravano resistenza e la Germania stava per essere invasa. Scoppiarono
rivolte popolari e dell'esercito, il 3 novembre la flotta si ammutinò a Kiel, mentre il movimento rivoluzionario si estendeva a
tutta la Germania, da Monaco a Berlino, dove sorgevano Soviet di lavoratori e
soldati sull'esempio della Russia. Il 9 novembre Guglielmo II dovette abdicare
e l'11 l'Armistizio di Rethondes segnava la
capitolazione della Germania, mentre la fine della guerra veniva sanzionata
definitivamente dal Trattato di Versailles che concluse i lavori della
Conferenza di Parigi il 28 giugno 1919. Il cancelliere socialdemocratico Friedrich Ebert aveva appena
proclamato la Repubblica e si accingeva con l'aiuto dell'esercito a reprimere i
tumulti popolari e a impedire la svolta rivoluzionaria guidata dalla Lega di
Spartaco di Liebknecht e Rosa Luxemburguerra
Bilancio
della guerra
Con lo smembramento degli ultimi imperi supernazionali (Austria-Ungheria, Russia, Turchia) la I guerra mondiale
concludeva il periodo storico della formazione delle nazionalità europee e,
soprattutto, apriva una nuova epoca caratterizzata non tanto dai notevoli
mutamenti territoriali apportati dal conflitto quanto dalla crisi economica e
politico-sociale sul piano internazionale e interno ai vari Stati: da un lato
la guerra aveva aperto la via alla vittoria delle forze rivoluzionarie
socialiste in Russia con la creazione del primo regime sovietico e aveva creato
condizioni rivoluzionarie in numerosi altri Paesi occid.; dall'altro, aveva
sancito la fine del predominio esclusivo del continente europeo sul mondo
intero, portando alla ribalta nuove potenze come Stati Uniti e Giappone. Il
centro di gravità del commercio mondiale era passato dall'Europa agli Stati
Uniti, le cui capacità produttive erano talmente aumentate che le esportazioni
nel periodo bellico furono triplicate. Enormi erano i debiti dei Paesi
dell'Intesa verso gli U.S.A. ai cui prestiti anche la Germania nel dopoguerra
dovette ricorrere per la ricostruzione: questo danaro tornava poi negli Stati
Uniti nella forma di acquisti di merci americane o riparazioni di guerra o
restituzioni di debiti, permettendo ai capitali e ai prodotti americani di
invadere i mercati europei, asiatici e sudamericani. Alle nazioni europee il
conflitto - che aveva provocato complessivamente la morte di ca. 13 milioni di
persone - causò la perdita di incalcolabili ricchezze in impianti industriali e
raccolti agricoli, di molto superiori al pur elevatissimo costo finanziario
della guerra. Il Paese più provato dalle distruzioni belliche fu la Francia
che, col Trattato di Versailles e il suo atteggiamento nella questione delle
riparazioni di guerra, mirò a impedire la rinascita economica della Germania
facendole pagare il peso della propria ricostruzione: quest'ultima dovette
cedere l'Alsazia-Lorena e lo sfruttamento per 15 anni
del bacino minerario della Saar alla Francia e perse interamente i possessi
coloniali in massima parte a vantaggio della Gran Bretagna. Quanto al problema
delle riparazioni, che contribuì ad avvelenare gravemente il clima
politico-diplomatico del dopoguerra, fu fissata una cifra astronomica che prostrò
finanziariamente la Germania per lungo tempo. In tutti i Paesi europei gli anni
della guerra e del primo dopoguerra videro il costante sviluppo di una profonda
crisi economico-sociale, che si manifestava nella tendenza inflazionistica di
una continua ascesa dei prezzi dei prodotti. Se, da un lato, questa crisi
portava a un processo di immiserimento delle masse popolari (in tempo di guerra
i salari non conobbero infatti aumenti corrispondenti al crescere del costo
della vita) e alla rovina di ceti piccolo-borghesi e di quanti vivevano di
redditi fissi, dall'altro poterono approfittarne grandi imprenditori
industriali, banchieri, grandi azionisti, realizzando grandi profitti grazie
alle condizioni di monopolio in cui vennero a trovarsi nel periodo bellico. Queste
classi conquistarono il controllo sempre più stretto dello Stato, le cui
funzioni si estendevano ora anche sul terreno economico attraverso le commesse
belliche e i finanziamenti che poteva accordare alle industrie, rastrellando
danaro pubblico e piccoli risparmi. Proprio in quegli anni si assistette
infatti a un vertiginoso sviluppo dell'industria italiana (meccanica,
elettrica, chimica). Gli sconvolgimenti apportati dalla guerra nella vita
economica delle nazioni furono alla base dell'esasperazione dei contrasti di
classe e della lotta politica dell'Europa postbellica. Al desiderio dei ceti
dominanti di far pagare tutto il peso della guerra e della ricostruzione alle
masse popolari si opponeva un nuovo livello di coscienza e organizzazione del
proletariato internazionale (sorsero in quegli anni partiti comunisti in tutti
i Paesi, guardando all'esempio russo). Ma le forme della lotta di classe
divenivano più complesse per l'innestarsi dei risentimenti dei ceti intermedi
rovinati, per le difficoltà della riconversione dell'economia di guerra, per il
riacutizzarsi dei nazionalismi (anche in seguito alla impostazione data dalle
potenze alla conferenza della pace, in cui l'idealismo wilsoniano
uscì sconfitto dalle mire imperialistiche dei vincitori).