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Piano Marshall (e.r.p.)
Siamo nel secondo dopoguerra, e l'Europa, da un punto di vista sociale, culturale ed economico è in una condizione disastrata. Povertà e distruzione dei mezzi di produzione caratterizzano quegli anni.
Il problema maggiore e di più urgente risoluzione era la fame: in Europa (Italia soprattutto) dominava l'insufficenza degli approvvigionamenti di grano, elemento indispensabile dato che il pane era la base dell'alimentazione.
Gli Stati Uniti, usciti vittoriosi dalla guerra, non avendo avuto il conflitto in casa, e ripresosi dalla crisi del '29, capirono che occorreva dare un aiuto ad un' Europa in grave crisi, cercando una serie di misure atte a rilanciare l'economia del continente. Aiuti che erano indispensabili per riprendere vigore economico e non cadere nelle restrizioni e sofferenze che successivamente caratterizzarono quella parte d'Europa che rifiutò l'intervento statunitense: i paesi ad economia
collettivista dominati dal socialismo dissero di no su decisione indiscutibile di Stalin (alcuni paesi satelliti, come l'ex-Cecoslovacchia, avrebbero però voluto aderire).
La natura degli aiuti fu per il 90% risorse alimentari (il denaro poteva essere più facilmente utilizzato per altri fini attraverso dei raggiri) e il tutto venne concesso a fondo perduto.
Il progetto fu portato avanti da George C. Marshall, capo allora delle forze armate americane e insignito segretario di Stato da Truman (fu anche Nobel per la pace nel 1953), da cui prese il nome.
Spostandosi sulla situazione italiana (che ci interessa più da vicino) occorre dire che nel 1946, quando l'allora Presidente del Consiglio De Gasperi iniziò a muoversi, il nostro paese non riusciva mediamente a disporre della razione minima di pane al giorno (300 g) ma si avvicinava più ai 150 g (studio dell'OMS).
De Gasperi nel novembre del '46 aveva dovuto chiedere al capo provv. dello Stato De Nicola di intermediare con Truman per l'invio in Italia di 240mila tonnellate di grano entro la quindicina di gennaio '47. Successivamente, ai principi di gennaio '47 si incontrò con le autorità americane in un Forum nell'Ohio (il tema era "Che cosa attende il mondo dagli Stati Uniti?") per decidere come far fronte alle esigenze.
Gli Stati Uniti stanziarono tantissime risorse per la nostra penisola:
prestito di 100 ml di $ della Import Export Bank;
fondi per la continuazioni di soccorsi già garantiti dall'Unnra ad alcuni paesi nel 1946;
50 milioni si $ come compenso per le spese sostenute dall'Italia per la presenza delle truppe americane;
assegnazione di 50 navi;
220mila tonnellate di grano nel febbraio 19
dirottamento di 6 piroscafi con grano germanico;
fornitura di 700mila tonnellate di carbone mensili.
Gli italiani erano fermamente convinti che l'intervento fosse positivo (seguendo quindi i liberal-democratici) e la vittoria alle elezioni del 18 aprile 1948 venne soprattutto da questo.
I comunisti e i socialisti erano anch'essi favorevoli all'intervento americano, lo riconoscevano, non aderire sarebbe stata follia pura. E quando la prima Conferenza di Parigi per stendere un piano Marshall comune a tutta Europa nel 1947 si concluse senza accordi (per il rifiuto sovietico) i socialisti, tra cui Pietro Nenni, ammisero che il non accordo avrebbe significato problemi d'ordine internazionale e interno, e che la Conferenza fu la prima concreta affermazione del blocco occidentale. Contestavano anche la testardaggine dei comunisti nel non accettare queste evidenze.
Il problema era, però, che in Italia, invece di sfruttare interamente i benefici degli aiuti, il potere decisionale prese il progetto come un ottimo strumento elettorale e pubblicitario, adagiandosi sulle posizioni provocatorie del PCI.
E proprio il Pci prese coraggio, cosicchè, con Palmiro Togliatti, sostenne che il piano Marshall sarebbe stato negativo, perchè in grado di coprire solo metà del deficit pubblico (400 mld) e di subordinare la nostra economia e sviluppo ad interessi stranieri. Egli stesso, poi sostenne l'idea che unirsi ai paesi dell'Est europeo caratterizzati da un rapido processo di industrializzazione sarebbe stato l'ideale per la nostra economia (proponeva dati falsi, e senz'altro poi si è visto come l'economia collettivista abbia giovato a quei paesi).
Chiaramente tutto ciò dipendeva esclusivamente da interessi di tipo politico per sostenere gli interessi del socialismo.
La scelta per l'Italia del piano Marschall è stata senz'altro positiva (in mezzo a tanti errori), ma tutto l'insieme degli interventi è un elemento positivo della storia: in una situazione d'emergenza, oggi, si dice che ci vorrebbe un nuovo piano Marshall.
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