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PAROLE STRAPPATE A FERRO E FUOCO
Un salto nel tempo: ci troviamo nel XIII secolo, in un tribunale.
I giudici che abitano questa porzione di storia sono, in gran parte, crudeli e usano la tortura umana per ottenere delle confessioni da malviventi accusati di reati gravi, che si sono rifiutati di confessare durante l'interrogatorio.
Esercitare la tortura è una funzione puramente giudiziaria; ne siamo sicuri? Alcuni giudici medioevali non ne facevano un uso strettamente professionale, bensì lo utilizzavano quotidianamente con l'alibi di una legge trovata nei codici di Gistiniano che consentiva ai giudici di utilizzare la tortura e il carcere ai fini della giustizia.
Questo atto di tormento si svolgeva in svariati modi, così che il giudice o i giuristi potessero scegliere la tortura più appropriata da applicare al reo.
Emerge come pena più utilizzata, dicono le fonti, la prova della corda (o comunemente chiamata prova della colla) che consiste in un moderno Bungyjumping, ripetuto anche più volte, finché il reo non confessa e raramente viene proprio lanciato e fatto cadere a terra, anche se non da una elevata altezza. La più atroce tortura è, probabilmente, la pena delle membra: si applicano all'imputato degli strumenti alle gambe che stretti forzatamente riescono a spezzare le ossa. Il fuoco, invece, offre mille possibilità di tormento; una, per esempio, consiste nell'ungere i piedi del malcapitato, accendendovi sotto un buon fuoco.
Queste sono le torture del passato, ma anche se sparite nel XVIII secolo, sono ancora in mezzo a noi, l'esempio più eclatante è la pena di morte.
L'articolo ci proietta nella vera e cruda realtà del passato; il procedimento di tortura si può, inoltre interpretare in due modi: malvagio dal punto di vista morale; democratico dal punto di vista della giustizia, poiché, dicono gli storici di diritto, era un modo di giustizia abbastanza equo per i tempi, perché i giudici non seguivano solo una procedura accusatoria, ma aspettavano una confessione del reo.
Questo articolo, correlato di rappresentativi disegni artistici, è stato scritto da Jean-Claude Marie Vigeur (ordinario di Storia Medievale all'Università di Firenze).
"Parole strappate a ferro e fuoco" è un ramo dell'inserto "Giustizia", un argomento che "Medioevo" tratta in questo numero e si dispone su quattro facciate scritte in colonne di tre.
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