1555: Pace di Augusta
Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, decise di rinunciare all'unità
politica e religiosa dell'Impero: coi protestanti accettò la loro libertà
religiosa, anche se impose due principi restrittivi:
1) cuius regio eius religio, secondo cui i sudditi di uno Stato avrebbero
dovuto conformarsi alla religione del loro principe o, in caso contrario,
emigrare;
2) reservatum ecclesiasticum, secondo cui i beni ecclesiastici secolarizzati
prima del 1552 non sarebbero più stati rivendicati dalla chiesa cattolica,
mentre se qualche prelato cattolico si fosse convertito al luteranesimo dopo
tale anno avrebbe dovuto rinunciare a tutti i benefici e possessi goduti in
virtù della propria carica e restituirli alla chiesa cattolica. Poi decide di
dividere l'Impero: a Ferdinando I l'Impero e la Boemia e a Filippo II la Spagna, i Paesi Bassi e
l'Italia.
Ma nonostante gli sforzi di molti principi per far funzionare le antiche
istituzioni imperiali, erano le alleanze religiose a dominare ora la scena. La
necessità di una politica confessionale era accettata senza minima riserva nel
Palatinato del Reno (Elettore Federico III, calvinista). Sotto Federico IV il
Palatinato era controllato da Cristiano di Anhalt. Costui pensava che per
difendere la causa protestante, la restaurazione cattolica andava combattuta su
tutti i fronti, non solo entro i confini dell'Impero, ma anche attraverso la
promozione di un'alleanza protestante internazionale. Le relazioni più strette
erano con la Repubblica Olandese.
L'affaire
Cleves-Julich
All'inizio del 1600 si era definito un nuovo centro d'interesse con la discussa
successione al cattolico Giovanni Guglielmo, duca di Cleves-Julich, che non
aveva figli. Entrambi i pretendenti alla successione erano di fede luterana: l'Elettore
Giovanni Sigismondo del Brandeburgo e Philipp Ludwig, duca di Neuburg. Ma gli
stati dello Cleves-Julich avevano ricevuto garanzie di appoggio dai cattolici
Elettore di Colonia e da Filippo II di Spagna.
Il candidato favorito da Cristiano di Anhalt e dagli olandesi era l'elettore
del Brandeburgo. Cristiano concentrò la sua attenzione sulla creazione di
un'alleanza esclusivamente tedesca, visto che non aveva trovato alleanze
all'estero.
Nel 1607 egli siglò un trattato tra Palatinato, i mangravi di Ansbach e
Kulmbach e la città di Norimberga, con lo scopo di proteggere l'Alto Palatinato
da un'aggressione della Baviera. Comunque il futuro dell'Unione protestante era
lungi dall'essere chiaro.
L'alleanza non era dotata di un programma politico comune e all'interno degli 8
firmatari solo la metà era convinta dell'inevitabilità di una grande guerra di
religione. I principi pretendenti al ducato di Cleves-Julich (Giovanni
Sigismondo del Brandeburgo e Philipp Ludwig) erano ora sostenuti dall'Unione
protestante. Ora Cristiano di Anhalt chiese l'aiuto di Enrico IV di Francia (4
febbraio 1610). L'intervento di Enrico IV trasformò l'affaire Cleves-Julich da
crisi intestina l'Impero in crisi internazionale. Ma le ambiziose manovre
francesi furono frenate dall'assassinio di Enrico IV il 14 maggio 1610.
Sempre nel 1610, ma il 10 luglio, fu fondata la Lega cattolica (andava a sostituire la lega di
Landsberg, sciolta per bancarotta nel 1599).
La nuova lega era comandata da Massimiliano di Baviera, ma esitava ad intervenire
nella crisi di Cleves-Julich fino a quando il timore che la guerra potesse
estendersi dopo la caduta di Julich spinse la Lega a mobilitare un esercito, ma questo provocò
dall'altra parte un incremento dei membri dell'Unione protestante: l'Inghilterra
nel 1612 e le Province Unite nel 1613 e 13 città. Nessuna delle due parti però
voleva entrare in guerra e venne firmata una tregua: il governo dei ducati
venne diviso: il Brandeburgo ricevette il Cleves e Neuburg il Julich.
Ma la crisi non era finita: all'interno dell'alleanza si verificò una
spaccatura tra le città ed i principi: Nel 1615 le città rifiutarono di una
guerra che rivendicasse le pretese del Brandeburgo sul Julich: le città non
esitarono a utilizzare il loro predominio economico per dettare i termini della
nuova alleanza: le città ottennero un diritto di veto per futuri interventi
militari comuni. Così l'Elettore del Brandeburgo si ritirò.
Finito il problema Cleves-Julich si aprì un nuovo affaire: la designazione del
successore dell'Imperatore Mattia. La casa degli Asburgo sosteneva Ferdinando
di Stiria, i signori del Palatinato gli preferivano Massimiliano di Baviera,
nella speranza di dividere gli Elettori cattolici visto che per Federico V non
c'erano chances di ottenere la maggioranza nel collegio elettorale. Cristiano
di Anhalt ("capo" del Palatinato) decise allora di sollecitare gli Stati
rappresentativi protestanti d'Austria e Boemia: nell'Italia settentrionale poi
era coinvolto nella costituzione di un fronte anti-asburgico con Venezia e la Savoia.
Per Anhalt la sfida agli Asburgo non era persa in partenza: la Lega cattolica era al
collasso per disaccordi intestini, inoltre se i suoi alleati (Francia e
Inghilterra) non erano affidabili di li a poco sarebbe scaduta la Tregua dei Dodici anni tra
Spagna e Olanda (nel 1621) e l'Inghilterra la Francia sarebbero state
obbligate e schierarsi con il fronte anti-asburgico.
La
guerra degli uscocchi
La difesa della frontiera austro-turca era parzialmente affidata ai rifugiati
dei Balcani, che avevano trovato asilo nei territori asburgici. Essi erano
chiamati uscocchi (parola serba per "rifugiati"). Alcuni di loro si insediarono
nei piccoli porti della costa orientale e conservavano la zona libera dalle
navi turche, ma sfortunatamente anche da quelle cristiane: nessuna nave era al
sicuro dai loro attacchi pirateschi. Il loro obiettivo privilegiato erano le
navi dei mercanti veneziani.
La Repubblica
di Venezia tentò prima di difendere le proprie navi con flotte più consistenti,
poi decise di attaccare direttamente e nel dicembre del 1615 le sue truppe
assediavano Gradisca.
Nello stesso tempo gli agenti veneziani organizzarono all'estero una campagna
diplomatica per procurarsi alleati nella lotta contro Ferdinando. La Repubblica Olandese
invia allora aiuti militari ai veneziani; più tardi giunse anche un contingente
di volontari inglesi. Nel frattempo una flottiglia di navi inglesi ed una
olandese presidiavano l'Adriatico impedendo così che arrivassero degli spagnoli
di Napoli in aiuto a Ferdinando.
Anche per via terra gli aiuti a Ferdinando erano negati: nel ducato di Milano
era scoppiata la "guerra di Mantova": si era aperto il conflitto per la
successione al feudo di Mantova. I pretendenti erano il fratello del duca
Francesco (sostenuto dagli Asburgo) e la figlia di Francesco (che chiese aiuto
alla Savoia).
Solo la Spagna
era in grado di fornire i rinforzi necessari ed ora la cessione dell'Alsazia e
dei due enclaves imperiali (Finale Ligure e piombino) alla Spagna sembrava un
equo prezzo da pagare in cambio del riconoscimento spagnolo della legittimità
di Ferdinando come erede di Mattia.
Nell'inverno 1617-18 Ferdinando venne nominato sovrano designato e la corte
imperiale si ritirò a Vienna lasciando un governo di reggenti a Praga
[L'elezione imperiale doveva essere poi confermata dal pontefice, che procedeva
all'incoronazione ufficiale. In origine, tutti i principi dell'impero
partecipavano all'elezione del re, ma nel 1263 il papa Urbano IV emise due
bolle che limitavano tale privilegio a sette principi.
Tuttavia, l'autorità e la composizione di tale elettorato non furono stabilite
definitivamente fino al 1356, quando con la Bolla d'Oro l'imperatore Carlo IV nominò gli
arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri e quattro laici, il margravio di
Brandeburgo, il duca di Sassonia, il conte palatino del Reno e il re di Boemia.
Nel 1623 il voto del duca di Baviera fu sostituito a quello del conte palatino
del Reno, poi riammesso nel 1648. Gli elettori salirono a nove nel 1692, quando
fu ammesso anche l'Hannover, per tornare a otto con l'estinzione dei duchi di
Baviera nel 1778.]
Agendo sui reggenti di Praga, Ferdinando introdusse una serie di misure
provocatorie: controllo dei libri stampati, vietò il ricorso a sussidi da fondi
ecclesiastici per pagare i ministri protestanti e infine proibì l'ammissione di
non-cattolici a cariche civili.
I leader boemi decisero di opporre resistenza all'imperatore e si attendevano
una mobilitazione di massa per la loro causa da parte degli alleati stranieri,
ma se le nazioni si potevano permettere di venire in aiuto di uno stato
indipendente, non altrettanto potevano fare con dei ribelli.
La
fase boema
Il 5 marzo del 1618 gli Stati rappresentativi del regno di Boemia convocarono
un incontro per discutere la politica antiprotestante dei reggenti. Il nocciolo
era la predilezione del re per i prelati cattolici nella cessione di terre.
L'assemblea venne immediatamente sciolta da Mattia, ma due mesi più tardi se ne
apri un'altra, chiusa anche quella.
L'ordine di chiudere un'assemblea sembrava incostituzionale e provenendo dal
consiglio dei reggenti che sedeva a Hradschin i delegati protestanti si
recarono a palazzo e defenestrarono due reggenti e un loro segretario.
L'esercito imperiale era impegnato nelle guerre contro gli uscocchi e Mantova e
quindi non disponeva di uomini per sedare la rivolta di Boemia. Gli Stati
generali della Boemia, come seconda mossa, fecero domanda di essere ammessi
nell'Unione protestante ed offrirono la loro corona a chi prestasse aiuto
(un'offerta un po' doppiogiochista).
Comunque si fecero avanti il duca di Savoia, Bethlen Gabor di Transilvania,
l'Elettore della Sassonia (Giovanni Giorgio) e Federico del Palatinato (sarà
quest'ultimo a ricevere la corona). Nell'estate del 1619 venne posto l'assedio
a Vienna, ma grazie agli aiuti della Spagna e del Papato venne tolto quasi
immediatamente.
Un confitto generale sembrava inevitabile allo scadere della tregua dei Dodici
anni in Olanda. L'impressione era che se la rivolta boema fosse stata repressa,
sarebbe finita la libertà religiosa del regno. Nell'agosto del 1619 Bethlen
Gabor diede inizio alla conquista dell'Ungheria asburgica.
Il 28 settembre Federico accettò la corona boema. In novembre le forze della
Transilvania si unirono alle truppe di Thurn (capo dell'esercito dei
confederati protestanti e uno dei protagonisti della defenestrazione) e posero
il secondo assedio a Vienna. Offerte di aiuti giunsero da molte parti: arrivò
pesino l'offerta del sultano turco Osman II.
L'Impero
si organizza
Tattica dell'Impero è acquisire aiuti e disperdere i nemici. Figura di spicco è
l'ambasciatore spagnolo conte di Onate. Ferdinando II si recò a Monaco da
Massimiliano di Baviera (capo della Lega cattolica) per valutare quale aiuto
avrebbe potuto fornire alla causa asburgica. Ma Massimiliano era titubante e
Onate convinse Ferdinando ad offrirgli anche le terre conquistate in Palatinato
dalla Lega e la promessa che la carica di Elettore sarebbe passata da Federico
del Palatinato alla Baviera..
La Spagna
aveva un quadro fin troppo chiaro della situazione: se la Spagna non fosse
intervenuta in aiuto di Ferdinando II, i ribelli avrebbero affidato il
controllo dell'Impero ai protestanti e ciò significava per la Spagna la perdita dei Paesi
Bassi e delle posizioni in Italia. Ma anche un aiuto significava provocare un
conflitto destinato a durare per lungo tempo.
Allora Filippo III di Spagna decise che la via più efficace per far allentare
la pressione su Vienna fosse quella di creare un attacco diversivo rivolto al
Palatinato. Un esercito di 20.000 uomini partì dai Paesi Bassi diretto verso il
Palatinato e comandato da Ambrogio Spinola.
La rivolta dio Boemia si era trasformata nella "guerra dei Trent'anni". Ora i
diplomatici degli Asburgo avevano convinto alcuni nemici a ritirare i loro
sostegni alla causa dei confederati: il sultano turco Osman II, Bethlen Gabor
di Transilvania. Invece il Brandeburgo e la Sassonia vennero neutralizzati dal collasso
finanziario.
Il colpo finale alla causa protestante fu inferto dalla Francia. Anche Luigi
XIII aveva affrontato rivolte e altre traversie per mano dei suoi sudditi
protestanti, e perciò aveva all'inizio guardato con solidarietà alla situazione
di Ferdinando. Allora venne mandata in Germania una missione diplomatica
plenipotenziaria guidata dal duca di Angolueme. Egli convinse i comandanti dei
due schieramenti (Lega e Unione) al cessate il fuoco (trattato di Ulm, 3 luglio
1620). Ma la tregua aveva dato all'Imperatore un vantaggio decisivo di cui
volle servirsi.
Un esercito comandato da conte Tilly si diresse nell'Austria superiore; a
settentrione i Sassoni occuparono la
Lusazia e ad occidente Spinola avanzò facilmente attraverso
il Palatinato. Perciò le truppe di Tilly e di Massimiliano di Baviera
avanzarono inesorabilmente all'interno della Boemia. L'8 novembre 1620 i
ribelli tentarono una disperata resistenza alla Montagna Bianca, proprio sotto
le mura di Praga. Solo un'ora ci volle ai cattolici per assicurarsi la
vittoria. La rivolta boema era terminata.
L'Europa
e la guerra del Palatinato
Alcuni sostenitori attivi di Federico in Germania abbandonarono la causa
(Cristiano di Anhalt e Ansbach conclusero la pace con l'imperatore nel 1621).
Solo un manipolo di principi continuavano a sposare la causa del Palatinato: i
duchi di Sassonia-Weimar e Cristiano di Brunwick-Wolfenbuttel. Cristiano di
Danimarca tendeva a non esporsi e nel 1621 proclamò che sarebbe intervenuto
solo se sostenuto dall'Inghilterra. In questo modo l'Inghilterra diventava
fulcro della diplomazia del Palatinato, e di tutti i protestanti.
Nel 1621 Giorgio I d'Inghilterra tentò di negoziare una sospensione generale
delle ostilità nell'Impero, come primo passo verso il riassetto totale, nel
quale contava di ottenere la restaurazione di Federico nel Palatinato in cambio
della rinuncia alle sue pretese boeme.
Ma Federico non si convinceva a rinunciare incondizionatamente alle proprie
rivendicazioni boeme. Nel maggio del 1621 l'Unione protestante si sciolse. Alla
fine dell'estate del 1621 Tilly guidò l'esercito della Lega nell'Alto
Palatinato e lo occupò. Alla fine anche Federico era pronto a negoziare, ma i
cattolici vittoriosi non avevano tuttavia più interesse a intavolare negoziati.
L'imperatore aveva promesso grandi ricompense a Massimiliano di Baviera -
soprattutto la cessione sia dell'Alto Platinato sia del titolo di Elettore - in
cambio di assistenza militare contro Federico. L'offerta era stata fatta
avventatamente, dando per scontato che Massimiliano non sarebbe riuscito mai a
mobilitare un esercito abbastanza forte da sedare una rivolta senza farsi
aiutare: ma dopo la
Montagna Bianca, prima o poi il debito andava pagato.
Ferdinando promise dunque di dare corso al trasferimento della carica
elettorale nella successiva Dieta imperiale, con l'approvazione di Sassonia e
Spagna. Ma il governo spagnolo era ostile alla cessione del titolo. Nonostante
ciò a gennaio del 1623 una ristretta assemblea di principi si riunì a Ratisbona
per ratificare la cessione: Ferdinando concesse a Massimiliano il titolo, ma a
lui solo e senza possibilità di trasmetterlo ai suoi eredi; comunque il
problema del Palatinato continuava ad essere irrisolto.
La cessione era più di quanto la maggior parte delle potenze europee fosse
disposta a tollerare. Federico, una volta deposto trovò più alleati che mai.
Federico progettò un nuovo attacco all'imperatore per riprendersi terre e
titoli, Tilly glielo impedì (Stadtlohn, 6 agosto 1623).
Federico alla notizia della disfatta del suo esercito, rinunciò a ulteriori
ambizioni militari, cedendo senza riserve la propria causa alla meditazione di
Giacomo I d'Inghilterra. Quest'ultimo cercava un'alleanza con la Spagna (attraverso il
matrimonio spagnolo di suo figlio Carlo) per accomodare la questione del
Palatinato. Ma la Spagna
in cambio chiedeva la riconversione al cattolicesimo di Carlo e dell'erede di
Federico.
Le trattative si conclusero immediatamente e l'Inghilterra cercò di avvicinarsi
alla Francia per organizzare una sedizione militare congiunta che
riconquistasse il Platinato al deposto elettore. Federico aveva sondato anche
la possibilità di aiuto dalla Svezia: il re Gustavo Adolfo era notoriamente
favorevole alla cosa, ma il resto del consiglio svedese, capeggiato da
Oxenstierna, considerava più pericolosa la Polonia della Germania.
A questo punto la Francia
si rese conto che stava per sostenere la causa protestante quando invece la sua
confessione era quella cattolica e Richelieu respinse i tentativi di
Massimiliano di Baviera di mettersi sotto la protezione francese in modo da
sganciarsi dagli Asburgo. Fu in parte per questo che Richelieu si risolse a
concentrare i suoi sforzi in Italia piuttosto che in Germania.
In questa fase così delicata, una nuova potenza arrivò a salvare il Palatinato:
l'ambizioso e ricco Cristiano IV di Danimarca.
L'intermezzo
danese
Cristiano IV venne coinvolto nella guerra dei Trent'anni da due serie di
circostanze diverse: La Svezia,
timorosa di ulteriori attacchi danesi, firmò nel 1614 un'alleanza con la Repubblica Olandese.
Alleanza che mirava ad indebolire il dominio danese dei traffici del Baltico.
Ma l'alleanza non funzionò e il potere restava ai danesi.
Nel 1621 terminò la tregua tra Spagna e Olanda e quest'ultima allora privilegiò
la politica rispetto ai commerci e decise di fare uno sforzo decisivo per
intrappolare Cristiano nella causa protestante, sostenendo tacitamente le sue
ambizioni dinastiche in Germania.
Per Cristiano il territori tedeschi potevano costituire un comodo appannaggio
per i suoi figli e anche un comodo modo per controbilanciare l'espansione svedese
nel Baltico orientale. I sostenitori di Federico del Platinato, avidi di
alleati, riuscirono a sfruttare le rivalità scandinave e le ambizioni tedesche
di Cristiano, al punto che il re si trovò costretto a condividerne la sorte e
salvaguardare l'ossatura del suo sistema politico in Scandinavia e nel nord
della Germania.
All'inizio Cristiano rifiutò di intervenire da solo contro l'imperatore, così
si limitò a prestare denaro. La situazione si capovolse nel 1624 quando i capi
di Olanda, Inghilterra, Brandeburgo e Palatinato decisero di invitare Gustavo
Adolfo di Svezia a guidare un esercito di coalizione in Germania ( per invadere
la Boemia).
Questi sviluppi allarmarono Cristiano di Danimarca che temeva che se al suo
rivale fosse stato consegnato un esercito di grandi dimensioni, magari
appoggiato dalla flotta olandese, il Baltico si sarebbe trasformato in un lago
svedese.
Nel gennaio del 1625, Cristiano si offrì di intervenire personalmente
organizzando una campagna diversiva nei Paesi Bassi. Dopo la morte di Giacomo I
d'Inghilterra, Cristiano assunse bruscamente il ruolo di Difensore della fede
protestante e scese in guerra senza essersi procurato alcun sostegno politico
ed economico. Ma Cristiano aveva scelto il moneto più sbagliato per un'invasione.
Nella primavera del 1625, dietro suggerimento dei capi della Lega, l'imperatore
decise di mettere in piedi un esercito di ampie proporzioni per conto suo
affidandone il comando a Wallenstein. Ora Cristiano doveva affrontare gli
eserciti della Lega (comandato da Tilly) e dell'imperatore (comandato da
Wallenstein). Adesso che Cristiano aveva disperatamente bisogno di aiuto i suoi
alleati si dileguarono.
L'alleanza anglo-francese fu la prima a collassare. Intrappolato nei dilemmi di
politica confessionale Richelieu abbandonò la guerra e accettò di cedere la Valtellina alla Spagna.
Pochi mesi dopo, il governo francese rifiutò formalmente di unirsi all'alleanza
antiasburgica e nel marzo del 1627 concluse un'alleanza con la Spagna per muovere guerra
all'Inghilterra .
Nell'estate del 1625 anche Gustavo Adolfo abbandonò la coalizione. Restavano
nella coalizione Inghilterra, Danimarca e Province Unite. Nello scontro del 26
agosto 1626 Tilly sconfisse Cristiano a Lutter. L'imperatore ora pretendeva un
prezzo terribile per la pace. A Cristiano venne imposto di cedere tutto lo
Jutland, di pagare riparazioni di guerra esorbitanti e di rinunciare per sempre
ai suoi territori nell'ambito dell'Impero. Cristiano non intendeva accettarle
ed i suoi alleati non potevano permettersi di consentirglielo.
Gustavo Adolfo firmò un'alleanza difensiva con Cristiano, suo rivale di un
tempo. L'esercito imperiale non riuscì così ad impadronirsi delle isole danesi,
premessa necessaria alla resa totale. Ma era chiaro che l'Impero necessitava
della pace altrettanto della Danimarca, perciò furono intrapresi seri negoziati
a Lubecca. Con la pace, Cristiano recuperò tutti i territori perduti, in cambio
promise di non intervenire mai più negli affari interni dell'Impero. Così si
concluse l'intermezzo danese. A che cosa era dunque approdato l'intermezzo
danese? Cristiano era sconfitto e caduto in discredito e Carlo I d'Inghilterra
si ritirò definitivamente dal conflitto. A quell'ora la causa protestante era
in rovina, ma almeno era sopravvissuta.
Guerra
totale
Nell'estate del 1630 gli Elettori s'incontrarono a Ratisbona per risolvere le
controversie recentemente maturate tra di loro. Ferdinando doveva ottenere il
consenso degli Elettori sul suo sostegno finanziario e militare alla Spagna in
guerra contro la
Repubblica Olandese. Inoltre egli aveva bisogno del loro
appoggio contro la minaccia di un'aggressione franco-svedese.
La preoccupazione dominante degli Elettori era d'altro canto quella di
assicurarsi le dimissioni di Wallenstein. Quest'ultimo versava in condizioni
finanziarie precarie: la quota inviata dall'imperatore per il mantenimento del
suo esercito non era sufficiente tanto che sembrò alquanto sollevato quando
l'imperatore acconsentì alle richieste di dimissioni degli Elettori. Toccò a Tilly
il compito di ridurre l'esercito imperiale del 75%, unendo le truppe residue a
quelle della Lega.
L'incontro di Ratisbona si trasformò in una corte d'inquisizione sulla politica
interna ed esterna di Ferdinando. Egli dovette promettere che: "non verrà
dichiarata nessuna nuova guerra senza il consulto degli Elettori" in cambio non
ottenne nulla: non fu eletto il re dei Romani e non venne garantito il sostegno
della Lega alle truppe asburgiche nei Paesi Bassi. La sua unica vittoria
consistette nella conferma dell'Editto di restituzione [Decreto emanato il 6
marzo 1629 dall'imperatore Ferdinando II che prevedeva la restituzione alla
Chiesa cattolica dei beni ecclesiastici incamerati dai principi protestanti a
partire dal 1555 (trattato di Passau).
Le disposizioni dell'editto non entrarono mai in vigore, poiché, incontrarono
l'opposizione sia dei principi protestanti sia di quelli cattolici, che
intendevano porre un freno al potere degli Asburgo. Con la pace di Vestfalia
del 1648 l'editto
di restituzione fu annullato.] Temporaneamente rafforzato dal presunto ritiro
di Luigi XIII dal conflitto, Ferdinando II si dispose ad affrontare il piccolo
esercito svedese che Gustavo Adolfo aveva fatto sbarcare in Pomerania il 6
luglio 1630, senta minimamente tentare di rendere la sua politica più
accettabile per i protestanti tedeschi. Il gesto gli fu fatale, poiché nel
momento in cui gli imperiali realizzarono di non poter ritirare le loro truppe
dall'Italia, era troppo tardi per scacciare gli svedesi dalla Pomerania.
Nel novembre del 1630 i cattolici, allarmati dal ripudio francese della pace di
Ratisbona, comunicarono che delle concessioni sull'Editto di restituzione erano
ancora possibili, e proposero un incontro con i protestanti; Francoforte 1631.
L'incontro era deliberatamente programmato per impedire ai protestanti di unire
le proprie forze.
I protestanti si riunirono allora per escogitare una strategia comune per
Francoforte. Il 6 febbraio 1631
a Lipsia si riunirono tutti i più prestigiosi principi
protestanti. Fu allora pensato che un'alleanza difensiva protestante, senza
alcun obiettivo particolare, ma finalizzata solo a garantire i diritti dei
principi contro chiunque potesse minacciarli potesse essere allestita senza
violare la costituzione dell'Impero. Contraltare cattolico del Manifesto
protestante di Lipsia fu il trattato di Fontainebleau, firmato nel maggio del
1631 tra Francia e Baviera. Fontainnebleau e Lipsia costituivano la risposta
immediata al fallimento dell'incontro di Ratisbona ed inoltre aspiravano alla
creazione di una terza forza neutrale che facesse da cuscinetto tra
l'imperatore e i suoi avversari stranieri, in modo da impedire al conflitto di
diffondersi; ma alla fine fallirono perché nessuno dei due riuscì a frenare gli
svedesi.
L'intervento
della Svezia
Nell'autunno del 1629, con la pace in Polonia , una nuova ricchezza in tasca e
la promessa dell'aiuto francese per il futuro, Gustavo Adolfo era pronto ad
intervenire in Germania. La
Francia si impegnò a versare 400.000 talleri annualmente per
5 anni così da finanziare l'impegno svedese.
Gustavo Adolfo aveva intrapreso la guerra animato dall'idea che gran parte
delle necessità delle truppe sarebbe stata soddisfatta dalle risorse dei
territori occupati, ma fino all'agosto del 1631 questi erano semplicemente
troppo poco estesi per riuscire a provvedere ad una simile concentrazione di
truppe. Allora, l'oro di Richelieu non avrebbe potuto arrivare in un momento
più opportuno.
Nell'aprile del 1631 l'esercito svedese avanzò verso sud nel Brandeburgo, ma
era troppo lontano per salvare l'unico alleato in armi della Svezia, Il
Magdeburgo, che venne occupato dalle truppe imperiali.
L'intera città venne immediatamente sottoposta al saccheggio dai soldati
furibondi e gran parte della popolazione venne massacrata ed ancor più perì
nell'incendio scoppiato dopo la resa della città. Solo pochissimi riuscirono a
salvarsi. In tutta Europa si sparse la notizia dell'eccidio in modo che tutti
sapessero quale trattamento l'imperatore riservasse ai suoi sudditi protestanti.
Il riluttante Giorgio Guglielmo del Brandeburgo si convinse al allearsi alla
Svezia. Conclusa la pace di Cherasco con l'Italia settentrionale, Ferdinando II
diresse Tilly contro Gustavo.
La Sassonia
era tra i due fuochi. Tilly invase la Sassonia per scontrarsi con Gustavo e Giovanni
Giorgio di Sassonia si unisce alla Svezia. I protestanti erano più forti del
30% dei loro avversari e misero Tilly in fuga. La vittoria di Breitenfeld
costituì la prima grande vittoria protestante in campo dall'inizio della
guerra. Ma re Gustavo non aveva predisposto piani adeguati a una vittoria di
così vaste proporzioni.
La Svezia
continuava ad attirare alleati che avevano poco o nulla da perdere:
Brandeburgo-Kulmbach, Assia-Dramstad. Morto Tilly nel 1632 e messo in rotta il
suo esercito non c'era più nulla che potesse ostacolare l'invasione della
Baviera. Ora era la causa cattolica votata al fallimento: l'esercito della Lega
era disperdo e la Baviera,
la sua roccaforte, era in cenere. Per di più la Spagna era bloccata
dall'esercito olandese nei Paesi bassi e anche l'Italia devastata dalla peste
non potevano prestare aiuto all'imperatore.
Quando l'ondata del successo svedese si avvicinò a Monaco e a Vienna, fu deciso
che l'unica salvezza sarebbe stato un nuovo esercito imperiale e che solo
Wallenstein era in grado di reclutarlo.
Wellenstein si stanziò appena fuori Norimberga ed ottenne i primi successi su
Gustavo, ma commise anche l'errore più grave della sua carriera: dopo aver
tenuto in assetto da guerra per due settimane l'esercito concluse che la
campagna era finita e diede ordine alle truppe di disperdersi nei quartieri
invernali, ma gli svedesi stavano avanzando e al momento della battaglia
Wallenstein disponeva di pochissimi uomini. Non gli restò che il ritiro. Il 17
novembre del1632 moriva anche Gustavo Adolfo. Ora le due parti erano di nuovo
più o meno in una situazione di parità. Le speranze della Svezia erano puntate
alla Francia, quelle dell'imperatore verso la Spagna.
Oxenstierna contro Wallenstein
Alla morte di Gustavo Adolfo la politica estera svedese fu affidata alla
direzione di Axel Oxenstirna. La sua tattica consisteva nel rendere permanente
la presenza svedese in Pomerania e in Prussia, così da assicurarsi il Baltico
sia contro la Polonia
sia contro l'imperatore; in secondo luogo organizzò una confederazione di
principi amici nella Germania centrale.
Magonza era il quartier generale svedese e venne allestito un programma di
rifondazione economica, fu coniata una nuova moneta e introdotta una chiesa
luterana. Ma la pietra angolare della Magonza svedese fu un vasto campo
fortificato battezzato "Gustavburg", nel punto in cui il Meno confluiva nel
Reno. La fortezza aveva lo scopo di garantire il controllo della zona e di
servire da rifugio in caso di bisogno. Nel 1633 fu costituita una Lega
difensiva legata alla Svezia, detta Lega di Heilbronn.
I tre obiettivi di tale unione erano: le libertà tedesche, la restaurazione
degli stati protestanti e la soddisfazione della corona di Svezia: la Lega di Heilbronn acconsentì
a mantenere un esercito con un costo annuale di quasi 10 milioni di talleri e
gli alleati accettarono di pagare anche gli arretrati delle unità in servizio.
Questi ultimi erano così enormi che si rivelò impossibile accordarsi su una
cifra totale.
Il problema si aggravava di giorno in giorno perché quante più aree venivano
destinate al saldo degli arretrati, meno ne restavano disponibili per la
retribuzione corrente. Per la fine del 1633 era chiaro che la Lega di Heilbronn non era in
grado di reggere il peso dell'esercito: per vivere doveva necessariamente
espandersi.
La Svezia era
intenzionata ad annettere la
Pomerania incurante dei diritti del Brandeburgo. Allora
Giorgio Guglielmo del Brandeburgo si convinse che una riconciliazione con l'imperatore
era l'unico modo per ottenere la pace, ma le condizioni degli Asburgo erano
talmente dure che il Brandeburgo e la Sassonia si unirono nuovamente alla Svezia per
un'altra campagna. La tensione tra Svezia e i suoi alleati ormai non era più un
segreto e Wallenstein lo sapeva, quindi cercò di sfruttare la spaccatura.
Oxenstierna mise a capo dell'esercito svedese Thurn , ma Wallenstein lo
costrinse alla resa nel giro di una settimana.
Nel 1634 Wallenstein fu assassinato. Le possibili cause furono: l'imperatore
era esasperato per aver dovuto pagare il mantenimento di un gigantesco esercito
che non aveva concluso grandi cose; poi ci fu una diatriba sul comando
dell'esercito quanto alle truppe di Wallenstein si unirono a quelle spagnole,
ma l'ipotesi più probabile sull'assassinio di Wallenstein e lo misero in
cattiva luce agli occhi dell'imperatore erano le manovre diplomatiche che
Wallenstein condusse di propria iniziativa con la Sassonia e il
Brandeburgo, rifiutandosi per di più di intraprendere le azioni militari
prescritte da Vienna.
In ogni caso, l'uccisione di Wallenstein diede alla Svezia il tempo per cercare
di riparare alcune delle divisioni sorte nella Lega di Heilbronn.
Successivamente Ferdinando cinse d'assedio la città protestante di Nordlingen,
aspettando l'arrivo del cugino, il cardinale-infante Ferdinando (pure lui).
Quando i due eserciti si trovarono di fronte, la città cadde immediatamente.
Ora solo la Francia
sarebbe stata in grado di salvare la causa protestante.
Nel 1635 venne concluso un cessate il fuoco con la Sassonia e il
Brandeburgo: pace di Praga, 30 maggio 1635. La pace di Praga segnò una svolta
significativa nella guerra dei Trent'anni: provocò un declino notevole
dell'aspetto religioso del conflitto. Nello stesso mese in cui venne firmata la
pace di Praga, il re di Francia dichiarò guerra a Filippo IV.
La
"guerra di diversione" della Francia
La dichiarazione di guerra della Francia alla Spagna avvenne a seguito
dell'arresto dell'Elettore di Treviri, alleato francese, da parte di una
colonna di soldati spagnoli. Da parte spagnola si dichiarò che la questione
dell'Elettore di Treviri non era che un pretesto, e che i francesi erano decisi
ad entrare in guerra in qualsiasi caso. La Spagna pensò allora di predisporre un attacco
preventivo alla Francia in modo che il campo di battaglia fosse uno dei
territori asburgici, piuttosto che si trovasse a combattere una guerra
difensiva nelle viscere della Francia.
Fra il 1630 e il 1635, il governo francese aveva stretto accordi con la Repubblica Olandese
e con la Svezia. Lo
scopo di queste alleanze era quello di combattere gli Asburgo per procura,
evitando l'intervento aperto della Francia nella guerra dei Trent'anni. Tra le
altre considerazioni strategiche si inseriva la vulnerabilità della frontiera
francese e la vicinanza di due stati clienti degli Asburgo: Savoia e Lorena; e
queste furono le prime conquiste francesi.
Inizialmente i francesi volevano comunque che il loro intervento fosse sia
limitato sia indiretto. La
Francia avrebbe portato avanti una massiccia "guerra di
diversione" mantenendo il suo coinvolgimento in Germania a livelli minimi. La
premessa di questa strategia stava nella convinzione che era il re di Spagna,
non l'imperatore, a costituire la minaccia più seria alla sicurezza europea.
Richelieu mirava a ad attirare fuori dall'alleanza asburgica Massimiliano di
Baviera in cambio della conservazione da parte sua del titolo di Elettore.
La Francia,
inoltre, non era disposta a concedere libertà d'azione alla Svezia nel condurre
il conflitto dato che godeva di un consistente contributo francese in uomini e
denaro e per questo in cambio di una garanzia di assistenza in caso di
aggressione per venti anni dopo la pace, la Svezia doveva cedere la suprema direzione del
conflitto a rinunciare al sostegno francese.
Naturalmente Oxenstierna rifiutò e fu costretto a recarsi personalmente da
Luigi XIII. Conclusione dell'incontro fu il trattato di Compiègne del 28 aprile
1635, con il quale entrambi le parti si impegnavano a sostenere con le armi il
partito protestante in Germania, mentre nessuna delle due avrebbe firmato paci
separate. Una delle ragioni che avevano spinto Richelieu a dilazionale il più
possibile l'intervento nella guerra dei Trent'anni era quella di rinsaldare l
posizione finanziaria della monarchia francese, e la sua capacità di sostenere
una guerra prolungata.
Per questo, nel 1635, nel momento di massimo declino delle sorti delle cause
svedese e protestante in Germania, entrò in gioco un nuovo potente fondo
bellico, con il quale, né l'imperatore né la Spagna erano in grado di competere. Di fatto
praticamente nulla andò per il verso giusto nelle prime due campagne francesi.
La campagna franco-olandese del 1635 sfociò nel fallimento: l'esercito spagnolo
delle fiandre riuscì a respingere gli invasori francesi. Poi la Francia occupò la Valtellina, ma nel 1637
il mancato versamento del sussidio provocò una sommossa generale contro tutti
gli stranieri. Nella Francia settentrionale le forze asburgiche avanzavano, ma
furono arginati. Se la programmata invasione della Linguadoca fosse avvenuta
allora, invece di essere ritardata fino al 1637, il regno di Francia avrebbe
potuto essere costretto a una resa ignominiosa. Ma la grande occasione per la
causa asburgica venne persa nel 1636.
Ma le vere grandi vittorie francesi nella guerra contro gli Asburgo giunsero
dopo la rivolta dei catalani nel maggio del 1640; dunque gli anni della "guerra
di diversione" non erano stati del tutto vani.
Conto
alla rovescia per la pace
Alla morte di Gustavo Adolfo gli obiettivi bellici della Svezia erano stati
raggiunti. Oxenstierna era convinto che la Svezia dovesse uscire dal conflitto, ma pace in
che modo? Pace a quali condizioni?. La Svezia doveva negoziare la pace da una posizione
di vantaggio. L'interesse principale della Svezia doveva essere quello di
garantirsi da eventuali aggressioni da parte della Danimarca e soprattutto
dalla Polonia.
Il rifiuto della Svezia alle sue pretese sulla Pomerania implicò il netto
rifiuto di Giorgio Guglielmo del Brandeburgo di unirsi alla Lega di Heilbronn.
La strada per la disgregazione della Lega di Heilbronn era aperta. A questo
punto la Germania
centrale era perduta e a Oxenstierna appariva evidente che l'unico sostituto
valido a Heilbronn era la
Francia. Ma un'alleanza francese avrebbe sbarrato la strada a
qualsiasi pace separata. Fu questo il dilemma col quale Oxenstriena continuò a
confrontarsi fino alla decisione finale del 1641.
Nel marzo del 1636 stipulò il trattato di Wismar che gli garantiva - se
ratificato - l'alleanza francese; ma egli fece in modo di non firmarlo. Solo
nel 1638 il trattato di Wismar venne ratificato col trattato di Amburgo:
vincolava ognuna delle due parti a non concludere paci separate per altri 3
anni, e dotò la Svezia
dei sussidi di cui aveva urgente bisogno. Nel 1641 l'alleanza venne di fatto
rinnovata e la Svezia,
in cambio di sussidi più frequenti, si impegnò a combattere a fianco della
Francia per l'intera durata della guerra.
Nel frattempo, il 15 febbraio del 1637 Ferdinando II morì. Gli successe suo
figlio Ferdinando III, il quale pur proseguendo in Germania la politica del
padre, fu sempre meno disposto ad impegnare i suoi eserciti e le sue finanze a
favore della Spagna, che entrava proprio allora in una situazione di crisi interna.
Torstensson, uno dei comandanti più validi svedesi venne mandato in Germania
per vincere la guerra. Invase la
Sassonia e raggiunse la Moravia passando per la Slesia, infine cinse Lipsia
d'assedio. Il 2 novembre si scontrò con l'esercito imperiale e lo mise in
rotte. Dopo quasi un quarto di secolo di guerra, l'imperatore era stato alla
fine abbandonato da quasi tutti i suoi alleati tedeschi. Ora bisognava solo
obbligare gli Asburgo a piegarsi all'inevitabile.
La
disfatta degli Asburgo
Ferdinando III venne spinto a rispondere positivamente agli inviti di pace dal
collasso improvviso e apparentemente totale della potenza spagnola. I francesi
comunque non erano gli unici nemici della Spagna. La Repubblica Olandese
continuava ad essere un osso duro, sia in Europa che nell'America del Sud. Come
se non bastasse nel 1640 la provincia di Catalogna si ribellò e di seguito il
Portogallo fece lo stesso. Ma anche la Francia stava ormai incontrando pesanti
difficoltà nel sostenere il suo sforzo bellico. Poi nel maggio del 1643 spirò
anche Luigi XIII, Richelieu era morto nel 1642.
Dovunque in Germania si moltiplicavano gli appelli alla pace. Così per l'inizio
del 1643, la pace era certo nell'aria respirata dai partecipanti alla guerra,
tedeschi e non, e in breve si aprirono due sessioni di conferenze di pace. A
Francoforte le rappresentanze di molti principi tedeschi, inclusa la maggio
parte degli Elettori, si riunirono nel gennaio del 1643 per discutere le
questioni esclusivamente tedesche. La Francia, la Spagna e altri stati cattolici stabilirono la
propria sede a Munster; la
Svezia ed i suoi alleati a Osnabruck. L'intenzione di
Ferdinando III era quella di tenere le assemblee separate, poiché sperava che i
suoi inviati particolari sarebbero stati in grado di condurre trattative a nome
di tutto l'Impero. Ai principi cattolici stava bene, a quelli protestanti no e
per questo le delegazioni protestanti si spostarono a Osnabruck. Le
deliberazioni della conferenza in Vestfalia vennero dotate dello status di
Dieta, in modo che le decisioni prese in quella sede avrebbero goduto delle
prerogative delle leggi emanate dall'Impero.
Nel 1643 la Svezia
aveva dichiarato guerra alla Danimarca. Cristiano IV, il cui desiderio di
gloria non era svanito neppure dopo le sconfitte patite, aveva cercato di
ostacolare sempre la Svezia
occupando il porto di Amburgo, dando rifugio agli avversari politici del
governo svedese e depredando le navi svedesi nel Baltico. Quando si diffuse la
notizia che Cristiano godeva di un'alleanza segreta con l'imperatore, la Svezia decise di attaccare
per prima. Le forze di cristiano furono sconfitte e il 23 agosto fu firmata la
pace a favore della Svezia. L'alto comando svedese decise allora di allestire
un'operazione in grado di provocare l'immediato collasso della resistenza
asburgica: l'invasione della Boemia avrebbe ferito l'imperatore dritto al
cuore. Nello scontro di Jankau (5 marzo 1645) gli imperiali furono sconfitti.
Ad agosto si raggiunse l'accordo secondo cui tutti i principi e le città con un
seggio nella Dieta imperiale avevano diritto a una rappresentanza effettiva ai
colloqui di pace. In settembre l'imperatore concesse un'amnistia a tutti i suoi
vassalli ribelli. Il 29 novembre del 1645 il consigliere dell'imperatore nonché
capo dei negoziati, il conte Trauttmannsdorf, arrivò a Munster. I problemi
squisitamente tedeschi vennero trattati per primi. I punti salienti erano: il
riconoscimento ufficiale del calvinismo; la restituzione dei terreni
secolarizzati della Chiesa e la restaurazione dell'Elettore del Palatinato. I
protestanti riuscirono a restare compatti fino a quando la frammentazione del
Corpus Catholicorum non segnò la vittoria per loro. Un accordo finale su tutte
le questioni religiose venne concluso dal Congresso il 24 marzo 1648. La data
di decorrenza per tutte le controversie religiose diventava il primo gennaio
1624. La tolleranza per il culto privato delle minoranze religiose sarebbe
stata rispettata dovunque tali minoranze preesistessero alla data di
decorrenza. In questo modo il principio del cuius regio eius religio venne
abbandonato.
Ora il congresso doveva affrontare le richieste delle potenze straniere. La Svezia adesso voleva anche
il Meclemburgo, Brema e Verden, non gli bastava più solo la Pomerania. La
Francia allora decise di rafforzare il Brandeburgo (sempre interessato alla
Pomerania) per controbilanciare la potenza della Svezia. Alla fine la Svezia decide di
suddividere la Pomerania
e gli restò la parte occidentale più Brema e Verden, cedutegli dalla Danimarca.
Le pretese territoriali della Francia erano più moderate. Mazzarino chiedeva il
riconoscimento delle conquiste fatte nel territorio del Reno e la
legalizzazione del controllo francese su Alsazia e Lorena.
A settembre del 1646 fu conclusa la pace preliminare tra Francia e l'imperatore;
ma la guerra continuò ancora per due anni. Furono le nuove richieste di
Mazzarino. I suoi negoziatori a Munster cercavano ora di procurare a Luigi XIV
lo status di principe dell'Impero, un'indennità di guerra e una soluzione per
la questione del Platinato che non era do nessun vantaggio per la Baviera. Allora
Massimiliano di Baviera rinnovò nel 1647 la sua antica alleanza con
l'imperatore. Fu una mossa imprudente: l'esercito di Massimiliano non
costituiva certo una minaccia per la Francia. Nemmeno
gli aiuti imperiali salvarono Massimiliano dalla sconfitta.
La Francia
ora avrebbe sfruttato anche questa vittoria per ottenere altri vantaggi se non
fosse scoppiata una grave rivolta in Francia (nota come "la Fronda parlamentare": una
serie di rivolte contro la corona francese, consumatesi tra il 1648 e il 1653,
sotto il regno di Luigi XIV. Iniziata come protesta del parlamento di Parigi
contro la politica fiscale del primo ministro del re, il potente cardinale
Giulio Mazzarino, la Fronda
degenerò presto in insurrezione armata.
L'ordine fu ristabilito solo nel marzo 1649, quando le forze governative
condotte da Luigi II principe di Condé stroncarono con la forza la rivolta,
realizzando intanto un accordo tra parlamento e monarchia. Nel 1650 fu la volta
dell'aristocrazia a ribellarsi all'autorità centrale; l'insuccesso di questo
tentativo finì per rafforzare l'immagine e l'effettiva autorità del re. )
Nonostante la Fronda
Mazzarino era deciso a proseguire gli scontri finché gli
Asburgo d'Austria non si fossero decisi ad abbandonare la Spagna. Ferdinando
crollò: non poteva permettersi di proseguire i combattimenti a solo beneficio
della Spagna. I legami tra Spagna e Austria erano finalmente indeboliti.
La "pace preliminare" tra Svezia e imperatore venne fatta dopo essersi messi
d'accordo l'ammontare dell'indennità che spettavano all'esercito svedese: 5
milioni di talleri.
Le condizioni definitive per porre termine alla guerra vennero firmate a
Munster il 24 ottobre 1648.
Nell'aprile del 1649, le città imperiali, costrette ad ammettere la parità
delle confessioni, ottemperarono alle clausole del contratto. L'amnistia
generale venne proclamata e l'Elettore del Platinato riprese il suo posto nel
consiglio degli Elettori.
Il 26 giugno del 1650 i delegati svedesi e gli imperiali firmarono un accordo
di ritiro graduale di tutte le truppe, in giorni prestabiliti, dalle aree della
Germania.