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Nuove invasioni e la politica del Valentino
A Carlo VIII, morto precocemente nel 1498, succedette il cugino Luigi XII (1498-1515), che alle pretese sul regno di Napoli unì quelle sul Milanese, in quanto discendente da una Visconti.
La questione del Milanese fu risolta facilmente e in breve tempo. Accordatosi col papa e con Venezia, che ottenne Cremona e la Ghiara d'Adda, Luigi XII prese Ludovico il Moro tra due fuochi, lo sconfisse e lo fece tradurre prigioniero in Francia (1499-1500) dov'egli morì pochi anni dopo.
Impadronitosi del Milanese, il re di Francia s'accordò segretamente con Ferdinando II di Spagna per una spartizione del Napoletano (trattato di Granada, novembre 1500). Liquidato agevolmente l'esercito del re di Napoli Federico I, i due alleati vennero però a guerra fra di loro per la divisione del bottino. La Spagna ebbe la meglio e Luigi XII dovette sottoscrivere l'armistizio di Lione col quale riconosceva il dominio spagnolo sull'intero regno di Napoli
Intrecciato a questi sviluppi è il tentativo di Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI, di costituire un forte stato nell'Italia centrale e di porre termine in tal modo al disordine che regnava nei domini del pontefice.
Questi - secondo quanto osserva Corrado Vivanti (Storia d'Italia, Einaudi) - «erano un coacervo di baronie feudali, di signorie e di città-Stato, mentre la stessa Roma era spesso soggetta ai disordini provocati dalle lotte fra i Colonna e gli Orsini». La Romagna, in particolare, era - secondo la testimonianza del Machiavelli - «un esemplo d'ogni scelleratissima vita, perché quivi si vedeva per ogni leggiera cagione seguire occisioni e rapine grandissime», non già stroncate, ma anzi promosse dai prìncipi locali.
Si poneva dunque il problema reale di superare l'arbitrio e il particolarismo dei signori e delle città e di costruire un organismo politico solido e centralizzato, capace di imporsi a tutti e di garantire l'ordine.
Grazie agli accordi di Alessandro VI con Luigi XII, Cesare Borgia era stato fatto duca di Valentinois e aveva ottenuto il benestare e l'appoggio della Francia per la progettata impresa. Fra il 1499 e il egli riesce in tal modo a impadronirsi delle Romagne, usando spregiudicatamente contro i signorotti locali gli stessi metodi da questi abitualmente impiegati. Si impossessa poi dei ducati di Urbino e di Camerino, eliminandone rispettivamente i Montefeltro e i Da Varano I nemici dei Borgia non hanno tregua: i Colonna e gli Orsini subiscono il sequestro dei loro beni; i condottieri al servizio del Valentino che hanno tramato contro di lui vengono invitati a Senigallia per ottenere il perdono e trattare la conciliazione, e qui vengono fatti arrestare e strangolare. «Perché lui - commenterà il Machiavelli - avendo l'animo grande e la sua intenzione alta, non si poteva governare altrimenti».
Machiavelli vide nel Borgia una plausibile incarnazione del suo Prìncipe, freddo realista ma animato dall'alta intenzione di edificare uno stato solido, necessario per creare le condizioni preliminari della libertà dei cittadini. Non è detto però che il Valentino meritasse pienamente tanta stima: il suo motto, «Aut Caesar aut nihil» (O Cesare o nulla), sembra piuttosto essere espressione di un individualismo e di un'ambizione sfrenati.
Sta comunque di fatto che la costruzione da lui edificata non resistette alla prova de] tempo. Quando nel 1503 Alessandro VI morì, gli succedette - dopo il brevissimo pontificato di Pio III - Giuliano della Rovere, nemico giurato dei Borgia, che prese il nome di Giulio II; il Valentino, che in quel momento si trovava a Roma egli stesso gravemente malato, venutagli meno la protezione del padre, non poté neppure rientrare nei suoi possedimenti, che in massima parte ritornarono agli antichi signori. Egli si rifugiò pertanto in Navarra, dove morì pochi anni dopo.
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