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L'OLOCAUSTO
Il termine Olocausto deriva dal greco "Holocaustos", parola composta, in cui la radice "Holos" significa "totale", mentre "Kaustos" indica "l'atto di distruggere con il fuoco". Nel suo significato originario il termine descrive quindi un'immolazione mentre, d'altra parte, indica la distruzione di massa o totale della vita, solitamente mediante l'utilizzo del fuoco. È in quest'ultimo senso che esso descrive perfettamente le volontà del regime nazista di distruggere il popolo ebreo e le misure adottate per raggiungere tale scopo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il termine Olocausto è stato a tal punto utilizzato per descrivere lo sterminio degli Ebrei per mano dei nazisti. Se però si risale più indietro nel tempo ci si rende conto che il termine era già utilizzato prima della Seconda Guerra Mondiale per indicare grandi catastrofi e casi di massacri collettivi ancora più antichi. Il termine, quindi, era utilizzato ben prima dell'epoca nazista per indicare genocidi di Ebrei ma anche massacri d'altri popoli; inoltre, non sarebbe corretto dimenticare gli altri popoli sterminati dai nazisti, contemporaneamente agli Ebrei.
Ora ci concentreremo però solo sul fenomeno che ha flagellato il popolo Ebreo durante il Terzo Reich.
Inizialmente, sino allo scoppio della guerra, l'obiettivo principale apparente del nazismo e di Hitler consistette nel "ripulire" la Germania dagli ebrei costringendoli ad emigrare, questo attraverso una legislazione sempre più oppressiva. Il bilancio di questa fase, che va dal 1933 al 1939, non ebbe egli esiti sperati. Occorre dire che ad ogni conquista territoriale fatta dalla Germania, il regime nazista vedeva il numero di ebrei da gestire in costante aumento. Nacque allora l'idea di ampliare il concetto stesso di deportazione trasferendo forzatamente in un luogo distante gli ebrei tedeschi. Il luogo venne individuato nell'isola di Madagascar, ma la resistenza della Gran Bretagna tuttavia impediva la realizzazione del progetto e il Führer fu costretto a studiare nuove possibili soluzioni.
In piena guerra il problema si aggravò ulteriormente. L'invasione di mezza Europa fece aumentare ulteriormente il numero degli ebrei caduti nelle mani del nazismo. La soluzione non poteva più essere quella di far emigrare gli ebrei all'estero. Si fece così strada un'altra soluzione: deportare gli ebrei europei all'Est concentrandoli nei territori polacchi occupati. Creare in Polonia dei grandi ghetti apparve la soluzione "transitoria" più appropriata in attesa della fine della guerra.
La soluzione di sterminare sul posto gli ebrei rappresentò un "salto di qualità" nel progetto di eliminare il giudaismo europeo. Lo sterminio degli ebrei occidentali non poteva essere attuato con mezzi brutali ed evidenti come le fucilazioni compiute in Unione Sovietica. Vi erano state diverse esperienze di sterminio negli anni precedenti che concorsero ad ideare la soluzione finale: il programma di eutanasia aveva formato un gruppo di specialisti che aveva ideato le uccisioni con i gas. All'inizio del 1942 la soluzione finale del problema ebraico era stata varata.
Il punto di partenza per ogni persecuzione sta nell'esatta definizione del perseguitato. Con un decreto del 1933 lo Stato Tedesco stabilì che erano da considerarsi di ascendenza non ariana tutti coloro che avevano uno o ambedue i genitori ebrei o uno o tutti e due i nonni ebrei. Padre, madre e nonni erano da considerarsi presunti ebrei qualora professassero la religione giudaica.
Il processo successivo fu l'espropriazione che non investì soltanto i beni materiale degli ebrei ma che colpì anche i diritti fondamentali dell'individuo. L'ebreo diventa una "non persona" e viene disumanizzata. A questo punto il persecutore ha ottenuto un duplice vantaggio: si è appropriato di beni ed è in grado di non considerarsi malvagio. La malvagità infatti si esercita verso gli esseri umani, gli ebrei in questa logica non sono più umani ma sub-umani.
Ciò che abbiamo visto sino a questo momento rappresenta la parte meno percepibile del problema storico ed umano dell'Olocausto. Siamo abituati a vedere la distruzione degli ebrei europei nell'ottica del suo ultimo stadio: la distruzione fisica. Si stenta così a comprendere l'atrocità dello sterminio psicologico che è stato il dolore maggiore per il popolo ebreo. Basti pensare ad alcune leggi emanate dal Terzo Reich:
I passi successivi alla espropriazione e alla disumanizzazione furono il concentramenti nei ghetti dell'Est europea conquistati e il trasferimento successivo nei campi di sterminio.
Nel 1938 ci fu l'evento che colpì maggiormente lo spirito della popolazione ebraica tedesca: la Notte dei cristalli che avvenne in tutta la Germania la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938. Complessivamente vennero uccise 91 persone, rase al suolo dal fuoco 267 sinagoghe e devastati 7500 negozi. Circa 30 mila ebrei vennero deportati nei campi di concentramento. La polizia ricevette l'ordine di non intervenire e i vigili del fuoco badavano soltanto che il fuoco non attaccasse altri edifici. Nessuno tra i vandali, assassini e incendiari venne processato. L'origine della definizione "notte dei cristalli" non è chiara, presumibilmente nasce da riferimenti alle vetrine infrante.
Dopo aver definito gli ebrei da perseguitare e averli espropriati di ogni bene e diritto, la macchina della distruzione compì un terzo passo: il concentramento.
Il concentramento assunse due aspetti differenti: in Germania si creò una segregazione della comunità ebraica, all'Est, in Polonia, si sviluppò una ghettizzazione.
In trenta giorni, dal 1° al 30 settembre 1939 la Polonia venne sconfitta dalle truppe tedesche che l'invasero da occidente e dalle truppe russe che l'assalirono da oriente. I generali dell'esercito tedesco però non desideravano che "operazioni spontanee" contro gli ebrei fossero condotte mentre erano responsabili dell'amministrazione del territorio polacco. Heydrich, capo della Polizia di sicurezza, comunicò allora la decisione di eliminare gli Ebrei dalle regioni maggiormente germanofone, di cacciarli da tutta la campagna polacca, e di concentrarli in ghetti situati nelle grandi città.
Nel 1940 cominciò la ghettizzazione con la costruzione del primo ghetto, quello di Varsavia.
Sorsero ghetti in tutti i territori incorporati alla Germania. I ghetti non erano chiusi tutti allo stesso modo: in alcuni venne eretto un vero e proprio muro, in altre palizzate di legno, in altri ancora furono stesi reticolati. Venivano prescelte aree degradate della città dalla quale venivano fatti evacuare gli abitanti "ariani" e reinsediati gli ebrei.
Il primo problema nei ghetti era l'alimentazione. Appare evidente che non potendo uscire dai ghetti gli ebrei non potevano lavorare e quindi non avevano modo di acquistare il cibo che occorreva loro per vivere. Allora si decise che all'interno del ghetto si sarebbero dovute includere delle strutture produttive, ma i calcoli fatti furono sbagliati. L'unico modo per sopravvivere era dare fondo alle poche ricchezze rimaste. Ma ovviamente chi possedeva qualcosa era una minoranza. Per riequilibrare questa situazione i dirigenti dei ghetti imposero tasse: era il disperato tentativo di ridistribuire le ricchezze rimaste. Il risultato inevitabile di tutto ciò fu la fame. Una fame continua e lacerante che prima favorì l'insorgere di tutta una serie di malattie, e poi condusse alla morte i più deboli: anziani e bambini. Un funzionario della propaganda scrisse che il numero dei decessi nel ghetto oscillava intorno ai 5000 al mese.
Ciò che non era successo in Germania accadde in Polonia. Gli 800mila ebrei tedeschi ed austriaci erano decisamente più ricchi dei 2milioni e mezzo ebrei e polacchi, però, il grande numero di ebrei polacchi spinse il Terzo Reich a sfruttarne i suo lavoro. I lavori nei campi erano massacranti: si lavorava sette giorni su sette, senza abiti adatti, con cibo insufficiente. Ovviamente questa manodopera a bassissimo costo non veniva rispedita indietro ma girava da un campo all'altro laddove vi era bisogno di sfruttarla. In definitiva, un ebreo che voleva rimanere in vita doveva essere uno schiavo indispensabile.
Un altro passaggio fondamentale per capire l'orrore che vissero gli ebrei riguarda i campi di concentramento. Il governo nazista iniziò ad utilizzare campi di concentramento subito dopo il suo arrivo al potere ed erano destinati ad ospitare gli oppositori, ma erano spesso luoghi caotici e indipendenti gli uni dagli altri. Fu la riorganizzazione di un comandante tedesco a trasformare questi luoghi in veri e propri luoghi di sterminio.
Il 1940 segna una svolta importante nella storia dello sterminio degli ebrei d'Europa: venne costruito il campo di concentramento di Auschwitz. Il luogo aveva diversi vantaggi: isolata, espandibile, raggiungibile attraverso ferrovia.
Il problema era come trasportare tutti questi ebrei. Il meccanismo della deportazione visto dalla parte delle ferrovie tedesche era piuttosto semplice: le ferrovie infatti chiedevano che tutti i prigionieri pagassero il costo del loro trasporto verso la morte. Benché le vittime venissero trasportate su carri bestiali, le ferrovie tedesche calcolavano il prezzo dei biglietti in base alla tariffa passeggeri di terza classe.
Una volta viste le metodologie di questa grande persecuzione analizzeremo l'atteggiamento ebraico di fronte alle deportazioni.
Gli ebrei concentrati nei ghetti della Polonia avevano due scelte: sottomettersi agli ordini dei nazisti o resistere. La prima delle due possibilità venne perseguita nella quasi totalità dei casi. Noi oggi conosciamo la realtà e le proporzioni di ciò che accadde ma, all'epoca, per molti l'idea dello sterminio di un numero così alto di persone appariva un controsenso, una opzione impossibile.
Furono ben pochi che tentarono di resistere con fughe o che cercarono di nascondersi, e ancor di meno furono quelli che si salvarono.
Quando nel Gennaio 1942 fu presa la decisione di sterminare gli ebrei europei esistevano numerosi campi di concentramento destinati a giocare un ruolo fondamentale nel processo di sterminio. In realtà i campi ebbero modalità di sterminio differenti. I campi nati non per l'esclusiva eliminazione fisica produssero impressionanti quantità di vittime attraverso sistemi di eliminazione diversi dalle camere a gas. La principale e più comune metodologia di sterminio fu la fame e lo sfinimento attraverso l'impressionante mole di lavoro.
Da quella data fino al 1945 morirono due terzi degli ebrei presenti in Europa, più di quanti furono uccisi nei diciotto secoli precedenti e non c'è molto ci cui parlare se non di morte e distruzione di una civiltà. Il 1945, oltre ad assumere un significato particolare per la fine della Seconda Grande Guerra, diventerà nella mente di ogni ebreo l'anno della propria rinascita.
Dopo aver vinto la guerra gli eserciti statunitensi con l'appoggio degli alleati puntarono dritto verso i campi dell'orrore e abbatterono i cancelli. Lo scenario che si trovarono davanti fu agghiacciante: migliaia di ebrei accatasti in grandi vagoni, tutti morti. La maggior parte dei generali tedeschi, infatti, alla notizia della sconfitta diede l'ordine di sterminare quanti più ebrei fosse possibile. Fu un vero disastro che segnerà per sempre la storia e la cultura mondo ebraico.
Ricordarsi ora di tutte queste vittime serve a mantenere memoria delle loro esistenze e del perché esse vennero troncate. E la memoria di questo passato serve ad aiutarci a costruire il futuro. Molti stati hanno istituito "il giorno della memoria". L'Italia lo ha fissato al 27 gennaio: la data in cui nel 1945 fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz. In effetti altri ebrei, d'Italia e d'Europa, vennero uccisi nelle settimane seguenti. Ma la liberazione di quel campo è stata giudicata più adatta di altre a simboleggiare la Shoah e la sua fine.
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