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L'ITALIA E IL MIRACOLO ECONOMICO
IL MIRACOLO ECONOMICO
All'inizio degli anni '50 l'Italia era ancora un paese povero, con un livello di vita molto lontano da quello eglia altri stati dell'Europa occidentale: una parte molto consistente (il 42,2% nel 1951) della popolazione lavorava in agricoltura e poche case (solo il 7,4%) avevano elettricità, acqua potabile e servizi igienici interni. La mancanza di lavoro e la miseria favorirono l'emigrazione verso l'America (.100.000 tra il 1946 ad il 1957) e verso l'Europa centro-settentrionale (Francia, Svizzera, Belgio).
La situazione cambiò profondamente tra gli anni '50 ed i primi anni '60: prima (1951-1958) la crescita della domanda interna (cioè da parte degli italiani), poi l'integrazione economica europea nella CEE e quindi l'aumento delle esportazioni (1958-1963) favorirono l'industria italiana, che conobbe una crescita rapidissima, nota come "Miracolo Economico" o "Boom".
La crescita fu resa possibilr dai bassi costi di produzione. Il lavoro era pagato poco, cioè i salari rimanevano molto bassi, perché, a causa della forte disoccupazione, l'offerta di lavoro era di gran lunga superiore alla domanda. Inoltre la scoperta di giacimenti di metano e di idrocarburi nella pianura Padana permise alle industrie di ottenere anche energia a basso costo.
Lo stato non intervenne per regolare la crescita, lasciando completa libertà d'azione agli imprenditori: in Italia mancò una politica di programmazione, che avrebbe potuto permettere una crescita più equilibrata. Vennero però create grandi aziende pubbliche, tra cui l'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), costituito nel 1953 per sfruttare i giacimenti di metano e petrolio della pianura Padana.
Perciò il miracolo economico si verificò nelle regioni in cui vi erano più industrie, in primo luogo quelle del triangolo industriale (formato da Torino, Genova e Milano). Qualche anno dopo si verificò un forte sviluppo anche nella "terza Italia" (terza rispetto al triangolo industriale e all'Italia meridionale, sottosviluppata), cioè nelle regioni dell'Italia nord-occidentale e centrale: qui non esistevano grandi complessi industriali, ma un grann numero di piccole fabbriche (di abbiglimento, calzature, ceramiche, pellame, mobilio), in grado di produrre sia il mercato interno, sia quello estero. In queste condizioni si aggravarono gli squilibri all'interno dell'Italia e in particolare quello tra Nord e Sud: il Nord fu rapidamente trasformato dal miracolo economico, che ne fece una delle regioni ricche dell'Europa, il Sud ne fu appena sfiorato. Gli investimenti pubblici nel Sud non favorirono lo sviluppo di queste regioni, perchè vennero impiantate industrie ad alta tecnologia, che richiedevano poco manodopera e non favorirono la nascita di altre industrie o attività sul territorio.
LE MIGRAZIONI
A causa di questo squilibrio si verificò la più massiccia migrazione interna mai avvenuta in Italia: tra il 1955 ed il 1971 oltre nove milioni di italiani furono coinvolti in migrazioni da una regione ad un'altra. Dalle campagne di tutta Italia milioni di contadini si spostarono verso le città del triangolo indutriale, verso altri centri minori del Nord (da Padova a Varese, da Ivrea a Mestre): qui era possibile trovare lavoro nelle indusitrie, nei centri edilizi, nel settore terziario, con un salario per tutto l'anno ed un orario regolare. Anche le grandi città del Centro, prima fra tutte Roma, e del Sud conobbero un'ommifrazione dalle campagne. Accanto alle migrazioni interne continuò ad esserci un'emigrazione verso gli altri stati europei, soprattutto la Germania e la Svizzera: si trattava però di migrazioni temporanee, per cui gli immigrati non portavano con sé la famiglia. Invece coloro che si trasferivano nell'Italia settentrionale si facevano raggiungere dalla famiglia, perché il loro era di solito un trasferimento definitivo.
LA CRESCITA URBANA
Nelle città settentrionali nno vi erano appartamenti per tutti e trovare alloggio divenne un problema. Moltissimi immigrati si stabilirono in scantinati o solai, in edifici destinati alla demolizione, in cascine abbandonate alla periferia della città. Qui non mancavano acqua, elettricità, gabinetti e le condizioni igieniche erano pessime.
I comuni non realizzarono programmi di interventi pubblici per risolvere il problema degli alloggi e le case vennero costruite, senza nessun controllo, dagli immigrati stessi (le cosiddette "coree" dell'area di Milano) o da speculatori. Molti edifici vennero costruiti senza rispettare le più elementari norme di sicurezza, badando soltanto a realizzare il massimo guadagno: intere famiglie vennero distrutte nel crollo di palazzi costruiti dagli speculatori. Nelle grandi città non mancavano soltanto le case: a causa del sovraffollamento tutti i servizi pubblici esistenti divennero gravamente insufficienti: nelle scuole si fecero i doppi (e talvolta i tripli) turni per poter ospitare tutti i bambini immigrati e negli ospedali i malati venivano regolarmente sistemati nei corridoi. I nuovi quartieri erano spesso privi di tutti i servizi pubblici: trasporti, impianti sportivi, negozi, biblioteche, uffici postali.
Solo con il passare degli anni la situazione migliorò, furono costruiti nuovi ospedali e scuole ed i nuovi quartieri furono dotati dei servizi necessari. Molti dei danni dovuti alla crescita rapida ed incontrollata non poterono più essere cancellati: le città italiane rimasero le più povere di spazi verdi di tutta l'Europa occidentale, i i centri storici delle città vennero devastati ed i sobborghi divennero giungle di cemento.
LE RIVENDICAZIONI OPERAIE
Le fabbriche in rapida espansione continuavano a richiedere nuova manodopera e per l prima volta nel dopoguerra la richiesta di manodopera superò l'offerta. Questa situazione permise agli operai di chiedere mihlioramenti senza dover temere il licenziamento: le richieste più frequenti erano quelle di ridurre i ritmi di lavoro, molto intensi, e di aumentare i salari e la durata delle ferie (spesso ancora limitate a due settimane). A partire dal 1962 vi furono spesso grandi scioperi e menifestazioni operaie, soprattutto nelle città del Nord. Attraverso questi scioperi gli operai ottennero un miglioramento dei contratti di lavoro. Un'altra ondata di scioperi si verificò nel 1969.
LA VITA POLITICA
Le trasformazioni economiche e sociali dei primi anni '60 portarono ache ad alcuni cambiamenti politici: a partire dal 1962 si ebbe un'allenza tra la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista (PSI), che portò poi a governi di centro-sinistra.
Vennero annunciate molte riforme, ma poche furono effettivcamente realizzate. Le principali furono la nazionalizzazione dell'industria elettrica (1962), che passò dai privati alla stato (ENEL: Ente Nazionale Energia Elettrica), e la creazione della scuola media unificata, con l'elevamanto dell'obbligo scolastico (1962): mentre fino ad allora al termine della scuola elementare alcuni si iscrivevano alla scuola media, altri ai corsi di aviamento professionale ed altri non continuavano gli studi, con la nuova legge fu imposti l'obbligo fino al termine della scuola media ( o al compimento dei 15 anni).
Negli anni '60 la vita politica fu sempre più dominata dai partiti ed un numero sempre maggiore di posti nelle industrie di stato ed in tutti gli enti ppubblici venne assegnato non in base alla competenza, ma in base all'appartenenza ad un partito: questo fenomeno, chiamato lottizzazione, portò in posizioni incompetenti, più interessate ad arricchirsi ed a favorire i propri sostenitori che a far finzionare gli enti o le industrie che dirigevano. Ebbe un grande sviluppo anche il fenomeno del clientismo (dal rapporto cliente-patrono tipico dell'antica Roma): gli uomini politici usavano il proprio potere e il denaro pubblico per favorire uomini potenti che erano in grado di garantire loro un certo numero di voti. In questa situazione i grandi investimanti dello stato per il Sud, come ad esempio quelli per la ricostruzione della zona Belica, devastata da un terremoto nel 1968, venivano sperperati in lavori inutili, cha andavano ad esclusivo vantaggio di alcuni imprenditori lagati bagli uomini politici.
LA SOCIETÀ DEI CONSUMI
Il miracolo economico modificò profondamante il modo di vita degli italiani, soprattutto dell'Italia del Nord. Il reddito medio crebbe più rapidamante che in qualunque altro paese europeo, Germania occidentale esclusa, e si ridusse la distanza che separava l'Italia dai paesi europei più ricchi. Molti italiani poterono infine procurarsi i prodotti decantati dalla pubblicità:difatti la publicità televisiva diffuse un nuovo modelll di vita, quello della società dei consumi. In pochi anni televisione, automobile, ffigorifero furono alla portata di moltissime famiglie: nel 1958 solo il 12% delle famiglie italiane possedeva un televisore, nel 1965 la percentuale salì al 49%, nel 1975 al 92%. Aumentò il tempo libero disponibile e quindi la tendenza a viaggiare: le gite domenicali e le ferie in automobile deSud la povertà rimase molto diffusa, anche se vi furono alcuni miglioramenti del tenore di vita, grazie soprattutto alle rimesse degli emigranti cioè del denaro che essi mandavano alla famiglia.
LE TRASFORMAZIONI SOCIALI
In quegli anni si verificarono alcuni profondi cambiamenti sociali, gli stessi già avvenuti nei paesi più sviluppati dell'Europa occidentale. Alcuni cambiamenti riguardarono le famiglie: diminuì il numero di figli per famiglia, in particolare al Nord, e, soprattutto nelle città, i figli ottenero una maggiore libertà. Cambiò invece poco la condizione femminile: se alcune donne ottennero una maggiore autonomia, le donne che lavoravano fuori casa rimasero una minoranza e l'Italia continuò ad avere una delle percentuali più basse in Europa di donne che lavoravano.
LA DISTRUZIONE DELL'AMBIENTE
La crescita incontrollata ebbe conseguenze devastanti anche sull'ambiente: in mancanza di un controllo sul territorio, vennero costruite anche molte seconde case per le vacanze e migliaia di chilometri di costa vennero cementificati, mentre boschi e valli alpine furono devastati dalla costruzione di strade, impianti di risalita, alberghi. Mentre i danni all'ambiente si moltiplicavano, la protezione del patrimonio naturale venne trascurata: dal 1945 al 1968 In Italia non venne creato neppure un parco nazionale, mentre quelli esistenti furono spesso attaccati dalla speculazione edilizia.
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