L'Europa
Feudale
Il feudalesimo è un rapporto di concessione-obbligazione.
Ciò che uno concede, non è proprietà di quello che lo riceve ma lo può
utilizzare e deve compiere lavori per il proprietario. Questo valeva sia nei
rapporti tra il signore e i vassalli nella nobiltà, sia nei rapporti tra il
feudo ecclesiastico e coloro che ne facevano parte, sia in tutti gli altri
rapporti della società. Questo sistema si evolve verso altro, si trasforma. Il
centro del problema è l'economia al cui centro c'è la terra. Il rapporto con la
terra, in una economia chiusa, è contraddistinto dalla produzione dei beni
necessari alla sopravvivenza propria e di chi si serve per produrre altri beni.
Ad esempio, il fabbro non ha la possibilità di coltivare la terra e quindi ha bisogno
di un sostentamento. Con l'evoluzione della struttura produttiva, cresce la
specializzazione e appaiono nuove specializzazioni. D'altra parte, il contadino
che lavora deve anche mantenere le imprese che legittima i rapporti e fornisce
modelli ideali in cui vivere. Proprio per questo il contadino, come unica forma
di digressione ha quella di andare in chiesa e ammirare i quadri esposti e lo
spettacolo della liturgia, che è una rappresentazione di tipo teatrale, infatti
da qui nascono le rappresentazioni teatrali nelle piazze. Quindi, l'economia
chiusa non è mai perfettamente chiusa, perché presuppone il mantenimento di
determinate strutture che non partecipano direttamente al rapporto di
produzione. Ciò che la contraddistingue è l'assenza del guadagno. L'obiettivo è
solo quello di far sopravvivere tutti. Poi la situazione comincia a cambiare,
aumenta la capacità di produrre e arriva la tentazione del guadagno. Questa
tentazione è percepita per prima dal signore che col suo gran numero di
possedimenti terrieri può avere un guadagno elevato. Hanno una quantità
produttiva che permette di trasferire altrove le risorse. Quindi, i signori
cominciano a vendere i prodotti e i contadini si accorgono che questa cosa va
bene e a loro volta cercano di nascondere una piccola quantità del prodotto per
poi rivenderlo parallelamente. Cambiano allora di fatto i rapporti sulla terra.
Il feudo è diviso tra pars dominica e pars massaricia. Nella pars dominica il
prodotto è interamente del signore che ne dispone come vuole, lo vende o lo
accantona; nella pars massaricia, invece, una parte significativa del raccolto
è dei contadini e se il raccolto è in eccedenza anche i contadini ne dispongono
come vogliono. Il signore concede una quantità crescente di terra ai contadini
perché trova conveniente convertire in misura crescente in vendita il suo
diritto nei confronti della produzione agricola. Qui arriva l'errore storico
della grande nobiltà agraria. Nel medioevo, dove prevaleva una economia chiusa,
l'inflazione, cioè la perdita del potere di acquisto della nobiltà, è
inesistente. La moneta non sostiene lo scambio, dunque il suo potere d'acquisto
subisce delle oscillazioni molto modeste e non c'è inflazione e non ci può
essere perché non c'è guadagno. Nell'economia di baratto, la moneta è puramente
e semplicemente qualcosa che si tiene da parte per lo più e quindi conserva più
o meno un valore stabile. Man mano che il mercato cresce, cioè che la quantità
economica in profitto aumenta, appare
prima in maniera impercettibile poi in maniera sempre più evidente un fenomeno
nuovo, ovvero la perdita di valore della moneta. Ovvero, misurando in moneta il
prezzo della merce, aumentando la quantità di prodotti, questi prodotti
finiscono per costare di meno, il che si traduce in una simmetrica di valore
della loro unità di misura. A quel tempo il signore si faceva pagare in parte
in natura, in parte in una quantità crescente di denaro, così poteva acquistare
e investire in altre attività. Questi pagamenti diventano col tempo inadeguati
e i signori non contenti decidono di aumentarli. Se il contadino non accetta,
nasce il conflitto nelle campagne tra aristocrazia e contadino. Il contadino
incomincia a ribellarsi prima per un signore che era dio sulla terra, poi per
uno che non mantiene la parola. Alla fin fine il signore non è più in grado di
mantenere il controllo sulla terra e quindi converte il suo diritto in una
liquidazione fissa, cioè se può aliena una parte del feudo potendo continuare
ad avere un guadagno ma sicuramente inferiore. Quindi chi ha accumulato il
profitto, comprando la terra trasforma il denaro in terra e il profitto in
rendita. Si ha una mutazione sociale nel tempo altamente significativa. Lo
scambio merce-moneta continua ad avvenire sottoforma di un baratto, ma non ha
lo stesso valore del baratto. Non c'è una equivalenza di necessità, ma lo
scambio è ineguale perché a chi acquista basta quella merce, ma a chi vende non
basta un altro bene di consumo ma tramuta la merce in una quantità di denaro che comprende il
valore della merce più un guadagno. Questa è l'economia del guadagno che sposta
una quantità crescente di denaro da chi tiene il bene a chi produce la merce.
Quindi, quando guadagno e rendita si incontrano, rispetto alla rendita il
guadagno tende a prevalere sempre più fino a che la rendita non regge e con il
denaro guadagnato, l'uomo può acquistare senza problemi quel bene che generava
la rendita. Se questo processo di acquisto-vendita non avviene, la società
entra in una crisi economica. Il signore, proprietario della terra, per
togliersi dai problemi dei contrasti decide di vendere alla fine la terra a chi
ha il denaro per acquistarlo. Quindi, nasce una aristocrazia del denaro,
discendente dai mercanti, che tende a convertire una parte di quello che
possiede in rendita ma con criteri diversi, tramite contratti che prevedono un
aumento obbligatorio del costo dell'affitto sulla terra. Il feudo, quindi, ha
conservato la sua connotazione nobiliare, ma di fatto è diventato un luogo
economico.